Duplice cassa: il passaggio dal DPR 803/75 a quello 285/90

Data la notevole compressione spazio temporale in cui stiamo vivendo noi contemporanei, sembrerebbe quasi un anacronistico esercizio di memoria ricordare quali fossero i problemi realmente percepiti tra gli operatori della polizia mortuaria all’entrata in vigore dell’attuale regolamento nazionale, più di 32 anni fa. Eppure non è così. Studiare la storia, in fondo, serve anche a  non commettere nuovamente gli stessi errori.
In effetti, con una notevole innovazione, rispetto a quanto precedentemente disposto dal D.P.R. 21.10.1975, n. 803, il «nuovo» regolamento di polizia mortuaria, approvato con il D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, consente e riconosce a pieno diritto prassi che nel passato si sarebbero dovute considerare del tutto illegittime.
Non si può dire certo che il D.P.R. 285 del 1990 sia fortemente innovativo, ma qualche novella pure (suo malgrado?) ha introdotto.
In particolare, qui ci si riferisce al caso in cui le salme siano destinate all’inumazione e il feretro utilizzato per il trasporto risulti composto dalla duplice cassa, lignea e metallica.
Tale prescrizione operava, come noto, in vigenza del precedente richiamato D.P.R. 803/1975, allorché la distanza del trasporto funebre eccedesse i 25 chilometri.
In tale situazione vi erano Comuni che, ritenendo illecita ogni forma di intervento manomissivo sul feretro, come effettivamente sarebbe stato, inibivano il ricorso all’inumazione, consentendo la sepoltura esclusivamente nella forma della tumulazione.
È notorio come l’inumazione in campo comune sia ancora l’unica forma di sepoltura istituzionale assicurata di default (oggi ordinariamente a titolo oneroso) e “normale” per la legge italiana.

Per ovviare a questo inconveniente, che sarebbe entrato in contrasto con la libertà di scelta da parte dei familiari per l’una o l’altra delle modalità di sepoltura, e con lo stesso principio di buon funzionamento del cimitero (garantire il turno ordinario di rotazione almeno in un reparto a sistema di inumazione), il Ministero della Sanità, con propria circolare n. 73 del 24 novembre 1982, intervenne, prescrivendo che in tali evenienze (necessità del doppio feretro e destinazione all’inumazione) la cassa metallica dovesse essere esterna rispetto a quella lignea.
Così essa sarebbe riuscita più facilmente rimovibile, o quanto meno…”neutralizzabile” con modalità operative forse ante art. 75 comma 2 dell’odierno D.P.R. n.285/1990, non, però, tanto dissimili dalle tecniche impiegate ancora oggi nei cimiteri italiani.
L’indicazione dell’atto istruttivo, in sé era legittima, non sussistendo nell’ora abrogato d.P.R. 803/1975 una norma concernente l’«ordine» di posizionamento dei due tipi di cofani.
Non veniva, infatti, stabilito, né suggerito quali dei due tra quello ligneo e quello metallico dovesse contenere l’altro).
Si percepì subito e vide ben presto la reazione negativa delle famiglie, per motivi ovviamente estetici ed emotivi, la fredda lamiera di zinco non è accogliente come una nobile essenza lignea, più adatta al concetto di pompa funebre e tributo di estreme onoranze (il dolente non sta certo a ponderare sulla ratio profonda della doppia cassa insita nello spirito della Legge e forse anche poco gli importa di queste tecnicismi settoriali, i quali sono materia oscura per il grande pubblico!)
Va poi sottolineato come la più aspra contestazione a questo indirizzo impresso dal Ministero fosse, poi, giunta non propriamente dalle famiglie in lutto, quanto dalle imprese di onoranze funebri (forse le più vicine alle esigenze più simboliche ed immateriali dell’evento luttuoso, e questa prossimità ai bisogni della società italiana deve esser onestamente riconosciuta), tanto che si esperirono – qualche volta, rimedi amministrativi nei confronti di quei Comuni che avessero formalmente recepito l’indirizzo ministeriale, in sede di revisione/integrazione del regolamento comunale.
I soggetti più propriamente imprenditoriali in questo modo si trovavano limitati nell’esibizione, nella ostentazione di cofani lignei particolarmente curati sotto il profilo ornamentale e, quindi, con maggiore valore aggiunto.
In altre parole, la resistenza a questa indicazione presentava connotati di contenuto fortemente commerciale, più che di legittimità o anche semplicemente di ordine estetico, sul quale si potrebbe, al limite, anche convenire.
Con l’emanazione del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 la questione si atteggia  sotto ben diverso aspetto…non solo di forma.
È, infatti, assunto a obiettivo che i materiali da utilizzare nei contenitori atti al trasporto dei cadaveri debbano assicurare la resistenza meccanica per il necessario supporto del corpo (legno massiccio) e l’impermeabilità del feretro (zinco o lastra di piombo) quando quest’ultima sia richiesta, come requisito minimo per il corretto confezionamento del feretro.
La cassa di legno può essere indifferentemente interna o esterna a quella metallica, anche se per motivi di sensibilità e bellezza è invalso, quasi all’unanimità l’abitudine di utilizzarla all’esterno.

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Carlo Ballotta

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