Come ha rettamente rilevato il Bonilini nel suo “Trattato delle Successioni e delle Donazioni”, volume I (edizioni Giuffrè), il nostro Ordinamento Giuridico non contempla una disciplina organica affidata ad un unico luogo normativo, seppur figurato e simbolico del c.d. jus sepulchri, il quale rinviene la sua regola o da consolidati principi pretori, raramente cristallizzati, poi, nello jus positum (esempio: lo stesso criterio di poziorità nasce dapprima come omogenea e costante, nel tempo, elaborazione giurisprudenziale) oppure, anzitutto, nella consuetudine preter legem, portato, non di rado, di una lunghissima tradizione plurisecolare, ed in norme frammentate nel sistema giuridico in disposizioni sia di carattere pubblicistico (e l’allusione è, innanzi tutto, alle norme amministrative e penali che sorreggono la polizia mortuaria propriamente intesa, più modernamente, come funzione di autorizzazione, vigilanza, supervisione e coordinamento delle attività funerarie, nonché di repressione degli eventuali illeciti), sia di natura privatistica.
Vi concorrono ora, per complicare – se possibile, maggiormente il quadro dogmatico di riferimento anche normative regionali o, soprattutto locali, come i regolamenti municipali di polizia mortuaria, i quali addirittura assurgono ad atti con valore normativo di rango costituzionale ex art. 117 comma 6 III Periodo Cost.
Si può riscontrare, per altro, come le norme giuridiche recepiscano soprattutto, in codesto ambito così delicato e nebuloso, i valori etici e religiosi vissuti e condivisi nella convivenza sociale, risentendo, quindi, dei mutamenti culturali che i costumi funerari conoscono nel tempo e nel rivolgere delle diverse epoche storiche, ognuna delle quali è contraddistinta da una sua particolare sensibilità verso i temi proiettati nell’oscuro del post mortem che, spesso sforano se non nella metafisica pura, almeno in uno spazio meta-giuridico, rispetto all’algida e fredda asetticità della codicistica, laddove applicabile e – magari – presente.
Una “reductio ad unum” di questo mare magnum di pronunciamenti o rilievi dei Tribunali Italiani, spesso di segno opposto, cavilli, chiose e codicilli, regolamenti comunali, determinazioni ed atti dirigenziali o capillari strumenti d’attuazione dei piani regolatori cimiteriali, è opera pressoché infattibile e forse, persino inutile, perché irrigidirebbe ulteriormente la già precaria tassonomia delle – purtroppo disordinate – fonti cui attingere, per fornire anche solo una timida risoluzione alla fattispecie in esame, invero assai rarefatta e del tutto sui generis, per la sua intrinseca complessità.
Mi spericolerò così in un attento tuziorismo espositivo, conscio di aggredire un dilemma su cui vi è scarsissima, scarna e lacunosa letteratura.
È, pertanto, consentaneo tentare di focalizzarci su alcuni principi sviluppati ed enucleati, innanzi tutto, da una copiosa dottrina, poiché gli studiosi del diritto funerario (…quelli veri!) hanno lungamente dissertato, disquisito e discettato, anche aspramente (ma su queste dissonanze si veda infra!) nel loro monumentali calepini sulla natura del c.d. diritto secondario di sepolcro che spesso, in alcuni quesiti posti qui su www.funerali.org, pare proprio esser stato leso, inibito ed ingiustamente compresso da gestioni cimiteriali poco attente, senza però reperire, ancor oggi, una sua classificazione ufficiale nei dizionari giuridici, del nostro settore.