Dimensione delle lastre sepolcrali e percolazione delle acque meteoriche

Nota dell’autore: già in passato, su un’altra rivista on line, mi occupai della questione oggetto di quest’articolo. Mi è sembrato quasi doveroso rivisitare completamente il pezzo alla luce delle preziose indicazioni desunte da uno studio del Dr. Corrado Cipolla d’abruzzo, intitolato, appunto, “La mineralizzazione dei cadaveri”.

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Il fine della permanenza dei cadaveri in cimitero, almeno per il periodo di sepoltura legale, è la loro completa mineralizzazione (“[…] ed in polvere ritornerai!”, secondo il tragico monito biblico) come si evince dal combinato disposto tra gli Artt. 57 commi 5 e 6, 60, 67, 68, 71, 75, 82 commi 2 e 3, 85 comma 1, 86 comma 2 del DPR 10 settembre 1990 n. 285.

Da circa 10 anni a questa parte rileviamo con sempre maggior frequenza che le salme sepolte in terra, nei loculi o nelle tombe, decorso il periodo usuale di sepoltura (rispettivamente 10 e 30-35 anni) hanno elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione. Il fenomeno, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è in effetti la sommità di un iceberg, perché solo in questi e nei prossimi anni cominceranno ad entrare in rotazione i loculi o i posti salma in tomba frutto della crescita delle tumulazioni degli anni sessanta. Già in molte città si avvertono percentuali di indecomposti che variano fra il 20-30% e il 50-60% ed anche più in caso di estumulazione.

Il DPR 285/1990 definisce, con gli Artt. del Capo IX, le caratteristiche per 1111111fosse e bare da inumazione. I campi destinati all’inumazione ai sensi degli Artt. 57 comma 5 e 68 debbono esser asciutti (altrimenti si forma l’adipocera), dotati di alto grado di porosità e capacità per l’acqua.
Invero queste disposizioni sembrano troppo prudenti e, quindi, ormai inadeguate per le esigenze dei congestionai cimiteri di oggi; l’Emilia Romagna, per esempio, con l’Art. 2 comma 3 del Regolamento regionale 23 maggio 2006 n. 4 ha introdotto una formulazione modificatrice dell’art. 57 commi 5,6 e 7, nonché art. 68 del D.P.R. 285/90, la Regione, infatti, valutato come situazione idro-geologica della pianura padana sia difficilmente in grado di garantire la presenza di tutti i requisiti previsti per i suoli dal D.P.R. 285/90, allora, si limita a richiedere il raggiungimento dell’obiettivo, ossia che le aree per inumazione (vengono, così, escluse le zone su cui vanno realizzati manufatti a sistema di tumulazione) debbano essere ubicate in suolo idoneo alla scheletrizzazione di cadaveri (senza specificare come debba essere) o capace di essere.

Si può, dunque, definire “scheletrizzazione” dei cadaveri” la riduzione di quest’ultimi in prodotti di degradazione biologica ben assimilabili in natura o, comunque, non nocivi alla salute pubblica e non inquinanti per l’ambiente, come appunto i minerali.

Il compito di questa trasformazione controllata è affidato, ex Artt. 337 e 340 del Regio Decreto 27 Luglio 1937 n. 1264, ai cimiteri e costituisce la funzione precipua di tutta l’attività cimiteriale ed essa, se si eccettuano i cimiteri particolari preesistenti all’entrata in vigore del Testo Unico Leggi Sanitarie (Regio Decreto 12651934) così come stabilito dall’Art. 104 comma 4 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, è di competenza comunale (Artt. 337, 343 e 394 Regio Decreto 1265/1937, Art. 824 Codice Civile, Artt. 49 e seg. DPR 285/1990, Art. 14 Decreto Legislativo 267/2000).

È, dunque, agile individuare nel nostro ordinamento giuridico l’obbligo per i Comuni di istituire campi comuni di inumazione rispetto alla facoltà di edificare loculi o altri sepolcri in cui a prevalere sia la conservazione dei cadaveri (sino al paradosso della concessione perpetua possibile sino al 10 febbraio 1976) e non la loro consunzione.

Il sistema funerario italiano è impostato su alcune logiche di fondo.

Il cimitero è collocato al di fuori del centro abitato, è recintato, e dimensionato in rapporto al “fabbisogno” secondo parametri dati e fissati ex lege.

Il “fabbisogno” si basa sostanzialmente sull’ipotesi della sepoltura ad areeinumazione come pratica generalizzata, quasi esclusiva; la tumulazione, infatti, è solo ammessa e comunque posta concettualmente al di fuori dello spazio minimo necessario per le inumazioni. L’estensione dell’area cimiteriale è, quindi, calcolata sulla base di una valutazione della mortalità in relazione al turno ordinario di rotazione ( originariamente, si stimava che fossero necessari 6 anni, poi, ed abbastanza presto, elevati agli attuali 10 anni). Tale criterio permane fino al 1990 con l’entrata in vigore dell’attuale Regolamento Nazionale (si veda il paragrafo 10 della Circ.Min. n.24/1993), anche se già da molto tempo si erano venuti a creare fenomeni di superamento, tra l’altro rilevante, di altre pratiche funebri rispetto all’inumazione, assunta originariamente quale unica.

In dottrina (Sereno Scolaro, ISF 2/2005) si ritiene che i cimiteri particolari, pur sempre sottoposti alla vigilanza del comune, possano continuare a seguire il loro regime tecnico-normativo, in qualche misura anche derogando anche alla disciplina nazionale (e regionale laddove si sia legiferato a tal proposito) vigente in materia di servizi cimiteriali.

Il principio implicito e, quindi, fondativo del nostro ordinamento di polizia mortuaria, del riuso-cicilico degli impianti cimiteriali (anche per ovvi motivi di spazio) è stato più volte ribadito anche dalla giurisprudenza, si mediti a tal proposito su questa sentenza:

Cassazione civile, 29 marzo 1957Il regolamento di polizia mortuaria, R.D. 21.12.1942 n. 1880, dispone che quando sia trascorso un decennio dalla inumazione dei cadaveri ovvero è scaduto il periodo di concessione per la tumulazione dei feretri (salvo che si tratti di sepolture private a concessione perpetua), il custode del cimitero deve provvedere alla rimozione dei resti mortali destinando le ossa esumate all’ossario comune, ed inumando i feretri estumulati: tale adempimento non è condizionato all’assenso dei congiunti del defunto. Pertanto non costituisce reato (né nella forma di violazione di sepolcro, art. 407 C.P. né in quella di sottrazione di cadavere, art. 411 C.P.) il fatto del custode del cimitero che provvede all’adempimento suddetto senza l’assenso dei congiunti del defunto”.

Il DPR 285/1990 è, a questo proposito categorico: se l’indecomposizione dei cadaveri diventa un problema di massa ed “endemico” il Comune e l’A.S.L. devono valutare se sussistano le condizioni per l’applicazione dell’art. 82 comma 2 (prolungamento del periodo legale di sepoltura).

II periodo supplementare di sepoltura viene determinato dalla regione dopo il DPCM 26 maggio 2000 (o dal comune se via sia stata un attribuzione di compiti e poteri in questo senso da parte della regione stessa con apposita legge regionale).

Si rimanda, però, alla relazione svolta dal Dr. Leonardo Toti. Direttore dei servizi di igiene pubblica del Ministero della Sanità (ANTIGONE 3/91 pag. 12 e segg.) ed agli articoli di Massimo Massellani e Giovanni Pierucci (ANTIGONE 4/91).

In particolare si richiama l’attenzione su questo aspetto: lo stesso Ministero della Sanità ha riconosciuto che, data la natura del fenomeno. spesso “il protrarsi del tempo di inumazione non servirebbe ad altro se non a rendere indisponibili ulteriormente fosse per successive inumazioni”.

In caso di insufficienza di quadre di terra in cui ricavare nuove fosse (per cadaveri in seguito a funerali o per resti mortali provenienti da esumazioni/estumulazioni ordinarie) si concorda sull’opportunità di emettere una ordinanza sindacale per congelare la possibilità di inumazione in un cimitero “saturo”, con la quale, poi, indicare anche in quale altro cimitero “convogliare” le inumazioni della zona.

Nell’ambito della pianificazione cimiteriale, qualora il comune disponga di più campisanti, il fabbisogno (inteso come superficie necessaria e bastevole dei lotti da adibire a campi di inumazione) può esser assicurato anche attraverso solo di questi.

Nei casi più gravi può esser deliberato il cambio di destinazione del campo di terra, sino ad arrivare all’extrema ratio dell’ultimo paragrafo Art. 82 comma 2 (trasferimento del cimitero) e del successivo Capo XIX (soppressione del camposanto per inidoneità ed inefficienza conclamate).

Per la Lombardia, invece, si applica il Capo VI, Art. 26 del Regolamento Regionale 9 novembre 2004 n. 6, in cui l’unica grande differenza è rappresentata dal ruolo dell’ASL, la quale non solo esprime un parere, ma addirittura autorizza tutti i lavori di smantellamento e rimozioni, mentre rimangono pur sempre in capo al comune le responsabilità meramente operative.

Il ruolo della naturale percolazione delle acque piovane negli strati più profondi del terreno è determinante per una rapida e certa decomposizione della materia organica attraverso la lisciviazione.

Il motivo del riciclo di terra previsto dall’art. 71 del DPR 10/9/1990 n. 285 è creare le premesse chimico-fisiche perché il terreno, nell’intorno del feretro, sia nelle migliori condizioni possibili per favorire processi di scheletrizzazione.

La terra che affiora dalla profondità, allora, può anche essere collocata in altre parti nel cimitero.

All’Atto dell’esumazione, se il meccanismo della mineralizzazione e delle conseguente turnazione delle sepolture ha mantenuto l’efficienza che la Legge gli richiede, ci si troverà di fronte a terreno di due tipi:

a) un strato che normalmente costituisce un franco di circa 1,50 m. dal livello di campagna, che è da trattare senza alcuna precauzione;

b) uno spessore esteso attorno al feretro per 20 cm. circa (o più a seconda dei terreni) che è bluastro e contenente residui organici (come i nitrati) tipici della decomposizione dei corpi. Esso, invece, se non riutilizzato va avviato a discarica destinata all’accoglimento di materiali lapidei ed inerti ai quali è parificato ex Art. 2 comma 1 lettera f) DPR 15 luglio 2003 n. 254 con le norme applicative di cui al Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22.

Se le terre di scavo provenienti dal cimitero vanno fuori del perimetro cimiteriale (soluzione estrema e, prudenzialmente da evitare), le zolle devono essere vagliate con diligenza, per evitare che accidentalmente escano le ossa, dovendo queste essere avviate ad ossario comune.

In genere anziché sostituire il terreno, diviene più conveniente ed economico ricondizionarlo in sito, con l’aggiunta di sostanze capaci di correggerlo, con il tempo provvederà da solo a bonificarsi.

II tumulo sopra la sepoltura è costituito dalla sagomatura del terreno affiorato dalla profondità (o altro terreno di riporto). Per effetto del naturale compattamento del terreno (o per cedimento del coperchio del feretro) nei mesi immediatamente successivi alla inumazione, si ha un assestamento del terreno con abbassamento del tumulo.

E’ anche per questo motivo che in vari Comuni italiani viene previsto un periodo di 6 mesi dalla inumazione in cui non collocare cippi o copritomba, ma solo lapidine provvisorie.Ai sensi dell’Art. 70 ogni fossa deve esser dotata di un cippo identificativo, che il comune è tenuto a fornire assieme all’uso della fossa per il turno di rotazione delle quadre di terra ordinariamente fissato in 10 anni.

Il legislatore sembra non aver considerato la pia pratica molto diffusa di porre arredi tombali sulle tombe ad inumazione, infatti l’Art, 62 prevedeGilles che si possano innalzare monumenti ed applicare lapidi per le sepolture private date in concessione. Molti comuni, però, anno integrato il regolamento nazionale con proprie norme, in alcuni cimiteri ad esempio si è imposto l’obbligo di non applicare lastre tombali nel campo indecomposti, proprio per permettere una miglio penetrazione dell’acqua. L’Art 15 del regolamento regionale lombardo 9 novembre 2004 n. 6 preso atto di questa lacuna normativa dispone che La superficie della fossa lasciata scoperta per favorire l’azione degli agenti atmosferici nel terreno sia pari ad almeno 0,60 metri quadrati per fossa di adulti e a 0,30 metri quadrati per fossa di bambini.

Questa soluzione favorisce la naturale percolazione dell’acqua piovana negli strati inferiori del terreno, a diretto contatto con il feretro ed ad essa potrebbe esser abbinato uno spessore di ghiaia posto sotto il piano di posa della cassa proprio per favorire il trafilaggio dei liquidi e la loro parallela depurazione.

Anche la regione Emilia Romagna con l’Art. 2 comma 8 del proprio regolamento 23 maggio 2006 n. 4 ha adottato un provvedimento analogo.

In realtà l’allora Ministero della Sanità aveva già preso in considerazione questo problema verso la fine degli anni ’70 con la circolare 400/4/9l n. 62 del 19/06/1978 qui di seguito testualmente riproposta:

DPR 21.10.1975, N. 803. REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA. ART. 72. DIMENSIONI MONUMENTI FUNEBRI.

E’ stata segnalata a questo Ministero l’usanza che si va diffondendo in alcune Regioni, di ricoprire le fosse di inumazione con pesanti lastre di marmo di superficie debordante quella della fossa stessa.
Detta pratica, riducendo notevolmente la superficie libera esposta agli agenti atmosferici, di fatto rallenta il fenomeno della mineralizzazione della sostanza organica con la conseguenza che, frequentemente, al termine del ciclo di rotazione si lamenta il fenomeno della non completa decomposizione della salma.


Considerato che il vigente Regolamento di Polizia Mortuaria (D.P.R. 21/10/1975, n. 803) nulla prescrive al riguardo rinviando unicamente a speciali norme e condizioni da stabilirsi nei regolamenti comunali di igiene (art.62 D.P.R. citato) al fine di emanare disposizioni unitarie per tutto il territorio nazionale, è stato investito della questione il Consiglio Superiore di Sanità.

II predetto Alto Consesso, con le considerazioni sopra esposte, ha espresso il parere che non debba essere consentito l’uso di monumenti e lastre che coprano una estensione maggiore dei due terzi della fossa.
Tanto si porta a conoscenza delle SS.LL. per i conseguenti provvedimenti di competenza in relazione alle pratiche di inumazione future.

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Carlo Ballotta

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8 thoughts on “Dimensione delle lastre sepolcrali e percolazione delle acque meteoriche

  1. sulla lapide di una celletta oppure di loculo o tomba a terra, è possibile NON apporre le date di nascita e di morte del defunto?
    E’ possibile, mi chiede un fruitore dei nostri servizi, apporre solo il nome di battesimo senza cognome ed altri estremi anagrafici?

    1. X Gestioni Cimiteriali,

      attualmente (vado a memoria e spero vivamente di non sbagliarmi) solo l’art. 17 del vigente regolamento regionale lombardo 9 novembre 2004 n. 6 tutela questo estremo desiderio di privacy del defunto, nello jus positum, consentendo di omettere parte dei dati anagrafici identificativi delle sepolture, a patto di adottare un codice alfanumerico di riferimento.
      Molto, poi, dipende dai regolamenti municipali di polizia mortuaria che possono esser più o meno permissivi sul lavoro dei marmisti.
      Comunque il principio da rispettare, sancito dal lontano Congresso di Igiene tenutosi a Bruxelles nel XIX secolo è:

      a) la registrazione amministrativa negli appositi libri cimiteriali delle sepolture
      b) la certezza del luogo ove i cadaveri sono stati sepolti e la chiara individuabilità delle sepolture stesse, ad esempio attraverso cippi o lastre sepolcrali riportanti nome, cognome, data di nascita e morte: queste sono le regole minimali dettate almeno dalla normativa nazionale residuale.

  2. X Daniele,

    rispondo in un’unica soluzione ai due quesiti proposti, tra loro così simili e complementari.

    In entrambe le situazioni prospettate siamo in presenza di loculi non monoposto privi di vestibolo, cioè di diretto accesso al feretro, quindi non in regola con il dettato dell’Art. 76 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285, il quale, per altro, riproduce in toto, senza alcuna novella, disposizioni già presenti nei vecchi regolamenti nazionali di polizia mortuaria ed ora anche richiamate (repetita iuvant!!!) dall’Art. 2 comma 15 del regolamento regionale emiliano-romagnolo 23 maggio 2006 n. 4 in tema di polizia cimiteriale.

    Nel nostro natio borgo selvaggio di leopardiana memoria (nella fattispecie in Emilia-Romagna) la procedura di “deroga” alla tassatività del sullodato Art. 76 comma 1 DPR n. 285/1990, senza la quale la tumulazioni in detti manufatti, sarebbe addirittura illegale, è contenuta sempre dall’Art. 2, ma al comma 16 del regolamento regionale 23 maggio 2006 n. 4 adottato ai sensi dell’Art. 2 comma 2 Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19.

    Dalla entrata in vigore del regolamento regionale è consentita la tumulazione solo dove per l’accesso o per la estumulazione non sia necessario movimentare un altro feretro (in buona sostanza è necessario lo spazio esterno libero).

    Per tutti i posti feretro plurimi, siano essi ipogei o epigei, realizzati fino alla entrata in vigore del regolamento regionale emiliano-romagnolo (e quindi estendendo temporalmente la previsione dell’articolo 106 del D.P.R. 285/90 ferma all’ottobre 1990…dopo tutto tempus regit actum!) vengono fissate le regole che ne consentono un immediato utilizzo, senza più estenuanti richieste da inoltrare ora al Ministero ora alla Direzione Regionale della Sanità.

    La norma è estremamente semplice, basta, infatti, l’utilizzo aggiuntivo[1], rispetto ai casi ordinari, di un dispositivo atto a ridurre la pressione dei gas oltre all’impiego di un supporto per sostenere il feretro ove necessario (ad es. anche aste o mensole metalliche, piastre in c.a.v., ecc.). Così la procedura di deroga per tombe non a norma di cui all’Art. 106 DPR 285/90 con il relativo il paragrafo 16 della Circ.Min. 24/993 è completamente superata: non occorrono più zinco rinforzato con spessore di 0,74 mm e vaschetta interna di contenimento con materiale assorbente per evitare accidentali scoppi dei feretri da movimentare.

    A quanto pare basta confezionare il feretro con la semplice valvola o con la reggetta (o altro dispositivo chimico enzimatico di cui all’Art. 77 comma 3 DPR 285/90 ma mai sperimentato in Italia), tuttavia in regime di DPR 285/90 le casse da tumulazione debbono esser ordinariamente già dotate di questi meccanismi. Qual è, allora, questo dispositivo aggiuntivo? Il legislatore sembra non aver considerato come a volte la perdita di liquami sia originata dalla corrosione del nastro metallico, specialmente lungo le piegature del fondo e non dallo scoppio della bara dovuto alla sovrappressione dei miasmi cadaverici.

    Il comma in questione consente la messa a norma di un considerevole numero di posti, spesso utilizzati impropriamente, senza più seguire le procedure di deroga prima individuate in campo nazionale dall’art. 106 del DPR 285/90 e dal paragrafo 16 e allegato tecnico della circolare Min. Sanità n. 24 del 24/6/1993.
    Si noti che non vi sono limiti temporali[2] di utilizzo. Recuperare posti feretro, o comunque cambiarne il numero non comporta violazione dell’Art. 94 comma 2 DPR 285/1990 e, di conseguenza non produce mutamento dei fini nel rapporto concessorio passibile di decadenza.

    Attenzione: se le tombe in parola saranno oggetto di nuova assegnazione con stipula ex novo dell’atto di concessione converrebbe inserire nel contratto la clausola di non estumulabilità dei feretri non direttamente accessibili.

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    [1] IL dispositivo aggiuntivo potrebbe essere una valvola depuratrice tarata con una regolazione più sensibile, oppure uno strato di polveri enzimatiche capaci di assorbire i liquidi ed evitare la formazione dei gas putrefattivi.

    [2] Decade l’intervallo temporale dei 2 anni di stop per l’uso dei posti in deroga dall’ultima tumulazione (forse il legislatore emiliano romagnolo considera le bare standard già abbastanza sicure ed immuni da fenomeni percolativi così da non stabilire precauzioni aggiuntive). la deroga non è limitata ai 20 anni dall’entrata in vigore del regolamento stesso, come, invece, accade in Lombardia.

  3. In un cimtero di montagna, si dovrebbe realizzare una tomba a terra per due futuri defunti; all’interno del cimitero sono gia state realizzate in tempi remoti tombe che presentano due loculi uno sopra l’altro.
    Per essere più chiaro, il manufatto presenterebbe una lunghezza di 220 cm, una larghezza di 90 cm e una profondità di 150 cm tutto sotto terra.
    La tumulazione avverrebbe calando il primo feretro effettuando la chiusura con tavelloni realizzando il piano su cui appoggerà il secondo feretro.
    In questo modo il feretro inferore non è direttamente accessibile senza la movimentazione del secondo feretro.
    E’ legale questo tipo di costruzione?
    Se no, mi potrebbe citare i riferimenti normativi?
    Regione Emilia Romagna.
    Grazie.

  4. Le cronache locali, con un particolare gusto letterario, a mezzo tra il bello ed il terribile, secondo la fortunata formula leopardiana, da diverso tempo dedicano ampio spazio all’inconsunto cimiteriale, un curioso fenomeno medico-legale terribilmente serio, che rischia di sconvolgere tutta la gestione dei sepolcreti italiani.

    C’è pure, con qualche compiacimento noir, chi si diverte a stilare una vampiresca hit parade delle località dove i morti non sono corrosi dalla putredine.

    La ricca città lombarda di Mantova, ad esempio, è seconda solo a Venezia nella singolare classifica d’esumazioni ordinarie in cui, dopo i 10 anni di sepoltura legale, si rinvengono corpi perfettamente (o parzialmente) intatti.

    Gli ultimi dati parlano di un 30 per cento di cadaveri in parte o del tutto non mineralizzati, anche dopo decenni di ripetuti e vani interramenti.

    Quest’insolito primato è, principalmente, dovuto alle caratteristiche climatiche ed alla composizione del terreno.

    La presenza di una forte componente argillosa nei campi di inumazione favorirebbe un indesiderato effetto di impermeabilizzazione attorno al feretro, riproducendo naturalmente gli stessi inconvenienti propri delle casse metalliche.

    Secondo i responsabili delle diverse società che gestiscono i servizi cimiteriali sull’intero territorio nazionale, per conto dei comuni, soprattutto nelle grandi città, la responsabilità di questi frequenti casi di mummificazione sarebbe imputabile:
    • alle stesse vernici sintetiche, con cui sono trattati i cofani.
    • agli abiti, che la salma indossa, realizzati con fibre sintetiche.
    • alla somministrazione di medicinali con notevole potere antibiotico (chemioterapie, antisettici…) quando il defunto era ancora in vita.
    • alla caratteristica del terreno roccioso o sabbioso in cui il cadavere è sepolto.
    • al confezionamento del feretro (per trasporto oltre i 100 KM è sempre d’obbligo la doppia cassa di legno e metallo di cui all’Art. 30 DPR 285/1990)
    • all’inefficienza degli squarci limitati al solo coperchio ex Art. 75 comma 2 per quei feretri destinati all’interro, ma costituiti dalla doppia cassa (si veda il punto precedente)
    • al trattamento antiputrefattivo di cui all’Art. 32 DPR 285/1990 (che molte regioni, ormai, tendono a disapplicare).
    • alla saturazione dei terreni cimiteriali, ormai troppo imbevuti di liquame cadaverico
    • all’improvvisa risalita della falda freatica (nonostante il generale abbassamento delle vene acquifere dovute al forte emungimento dai pozzi per fini industriali)
    • all’errato confezionamento del feretro (si veda a tal proposito paragrafo 9.1 Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24) a causa dell’impiego di materiali non perfettamente biodegradabili (imbottiture in primis)
    • ad un errore di fondo nella progettazione del cimitero (il terreno deve rispondere ai requisiti di cui al capo X del DPR 285/1990 non sempre rispettati in molte parti d’Italia)
    • alla conservazione in cella frigorifera del cadavere solo pochi minuti prima dell’incassamento con relativa chiusura (il freddo inibisce l’azione degli agenti putrefattivi)
    • allo “svuotamento” delle viscere dovuto ad autopsia/riscontro diagnostico (sono proprio le parti molli del ventre, fegato compreso, le prime a subire l’aggressione batterica e ad “infettare” gli altri tessuti).

    siccome si è dimostrato come la combinazione perversa di questi elementi sarebbe in grado di arrestare l’attività di quei batteri che conducono alla dissoluzione della materia organica.

    Da circa 10 anni si rileva con sempre maggior frequenza come anche i cadaveri sepolti in terra manifestino elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione, forse anche perché nelle stesse quadre d’inumazione si seppellisce da troppo tempo, senza lasciare al terreno la capacità di rigenerarsi e digerire i liquami putrefattivi.

    Questo dato allarmante per la programmazione delle aree sepolcrali, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni,decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è solo agli inizi e toccherà il culmine quando inizieranno le estumulazioni di massa dei feretri sepolti in nicchia muraria dagli anni ’60 in avanti, in quel periodo, infatti, con il boom economico anche il ceto medio e la piccola borghesia cominciarono a convertirsi alla tumulazione, pratica funeraria, sino a quel momento, riservata alle èlites.

    La prima regola per ovviare a questo grave problema potrebbe esser l’eliminazione della siringazione del cadavere con la formalina, magari limitandone l’uso a casi molto particolari (esempio i trasporti internazionali) oppure imponendo la sostituzione della formalina con altra sostanza “fissante”, ma meno tossica in grado di bloccare solo temporaneamente l’insorgere della decomposizione cadaverica dovuta alla dissoluzione delle catene molecolari.

    Il legislatore, però, dovrà considerare anche l’impatto, sul problema dell’inconsunto cimiteriale, dovuto all’introduzione di nuovi servizi mortuari quali la tanatoprassi.

    Se 500 cc di aldeide formica sono sufficienti a conservare integra una salma per decenni, un numero sempre maggiore di cadaveri, sottoposti a più profondi trattamenti conservativi, infinitamente più efficaci, come appunto accade per la tanatoprassi, potrebbe condurre entro pochi anni alla completa paralisi del sistema cimiteriale italiano.

    La seconda soluzione, secondo esperti e tecnici dei ministeri, consisterebbe nello sperimentare nuove forme di sepoltura a scheletrizzazione accelerata.

    Nel caso d’interramento del corpo, si potrebbe individuare una sorta di camera d’aria che circondi la bara, da abbinare alla tradizionale sepoltura con terra tutt’intorno al feretro.

    Si potrebbe pensare ad una sorta di “scatola” in materiale non immediatamente biodegradabile che avvolga la cassa, tenendola separata dalle zolle di terra per un tempo sufficiente ad attivare i batteri aerobi

    La presenza ed il ricircolo di composti aeriformi, infatti, accelera notevolmente i processi ossidativi.

    L’alzata per il livello di posa del feretro ad un massimo di 1,5 metri (contro i 2 metri attuali) dal piano di campagna potrebbe, poi, essere un ulteriore espediente, capace di favorire il filtraggio dell’acqua piovana, altro importante elemento per la consunzione dei corpi inumati.

    Post scriptum: per il corretto uso dei termini tipici del linguaggio “necroforese” ossia dei soli addetti alla polizia mortuaria consiglio la consultazione del dizionario liberamente reperibile su http://www.crematori.org!

  5. Dovrei esser io il disgraziato autore dell’articolo, quindi…grazie!

    La terminologia è importante: i campi sono rigorosamente “ad inumazione”, perchè il feretro è sepolto a diretto contatto con la terra. Poi esistuno anche le tumulazioni ipogee, con la camera sepolcrale ricavata in una cella sotterranea rispetto al piano di campagna, ma la tecnica usata è completamente diversa, perchè la bara è seposta non in una fossa, ma in una cella muraria ed è confezionata con la doppia cassa di legno e metallo di cui all’Art. 30 DPR 10 settembre 1990 n. 285.

    La relazione del Dr. Corrado Cipolla d’Abruzzo è senz’altro reperibile sul sito http://www.euroact.net (a pagamento).

    La normativa nazionale di riferimento è, appunto, il DPR 10 settembre 1990 n.285, con particolare attenzione nel Suo caso agli Artt. di cui al Capo X.

    Le due circolari esplicative Circ.Min. n.24 del 24 giugno 1993 n. 24 e Circ,Min. 31 luglio 1998 n. 10 non introducono particolari novità alle disposizioni sulla costruzione dei cimiteri.

    L’art. 55 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 prevede che i progetti di ampliamento dei cimiteri siano approvati a norma delle leggi sanitarie.

    Altre norme di legge, e non solo, possono essere prese in considerazione in caso di situazioni particolari o di tecniche di progettazione cui si faccia ricorso (ad esempio, la normativa del codice della strada per gli accessi e i parcheggi, le norme in materia di costruzioni in cemento armato, ecc.).

  6. Può cercare nella più ampia banca dati in materia presente all’interno del sito http://www.euroact.net (edito dallo stesso editore) nel quale deve registrarsi per l’accesso.
    La registrazione gratuita consente solo di fare ricerche senza poter vedere gli articoli, che invece necessitano dell’abbonamento ordinario o professionale.
    Le consiglio di visualizzare le tipologie di servizio ottenibili cliccando su questo link http://www.euroact.net/home/Servizi.cfm

  7. sono stupefatto da tanta conoscenza e tanta delicatezza e correttezza nel trattare un argomento così importante quanto delicato.
    sono un geologo libero professionista e sono incaricato dell’ampliamento di un cimitero con campi per la tumulazione a terra (credo si dica così – NdR No, si dice inumazione). ho iniziato a girare il web per reperire normativa tecnica, eventuali circolari o altro del ministero della sanità, fino a giungere in questo articolato sito int. Le chiedo, cortesemente di indicarmi dove posso reperire una copia degli scritti di dr. Corrado Cipolla d’Abruzzo “La mineralizzazione dei Cadaveri” da lei indicata nel suo articolo.
    Nel ringraziarla,
    le invio cordiali saluti e i miei complimenti

    eric pavan – geologo

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