DIA Catania confisca beni a Lentini, tra cui una impresa cimiteriale a capoclan mafioso

la Direzione Investigativa Antimafia di Catania, ha eseguito un decreto di confisca di beni, emesso, ai sensi della normativa antimafia, dal Tribunale di Siracusa in accoglimento della proposta della locale Procura della Repubblica della Dda etnea, nei confronti di Giuseppe Calabrò, 43enne di Lentini (SR), ritenuto affiliato alla consorteria mafiosa facente capo a Nardo Sebastiano, rappresentante della famiglia catanese di “cosa nostra” Santapaola, dedita prevalentemente alla commissione di estorsioni in danno di commercianti e imprenditori e al traffico di stupefacenti, operante nel territorio di Lentini e comuni limitrofi, alla testa dal 2002, tra gli altri, del cognato Sambasile Alfio.
Con il provvedimento del Tribunale di Siracusa è stata disposta la confisca di un’impresa individuale di servizi cimiteriali, due immobili, 4 automezzi e disponibilità bancarie per un valore complessivo di circa un milione di euro.
Le indagini di natura economico-finanziaria e patrimoniale espletate dalla Dia., che abbracciano l’arco temporale compreso tra il 1991 e il 2010, volte a rilevare anche la capacità reddituale del Calabrò e del suo nucleo familiare, hanno permesso di identificare una serie di beni che, benché formalmente intestati ai prossimi congiunti, sono stati ritenuti effettivamente riconducibili alla titolarità di quest’ultimo attraverso l’intestazione degli stessi alla propria moglie Sambasile Eleonora, sorella del Sambasile Alfio.
L’impresa individuale a questa intestata dal dicembre del 2000 – avente ad oggetto la “tumulazione e estumulazione salme,collocazione epigrafe, lavori cimiteriali in genere, lavori di muratura, pulitura e manutenzione di edifici pubblici e privati. Lavori di sabbia mento e pitturazione. Manutenzione di aree pubbliche”, ha ricevuto in affidamento appalti esclusivamente dal Comune di Lentini per i servizi cimiteriali, prima come “affidamento diretto” e successivamente in regime di appalto.
La riconducibilità dell’intero patrimonio al Calabrò è stata anche più volte confermata dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. L’esito degli accertamenti patrimoniali ha evidenziato forti profili sperequativi tra i redditi dichiarati ed il patrimonio posseduto, tali da fondare la presunzione, accolta dal Tribunale, di un’illecita acquisizione patrimoniale derivante dalle attività delittuose connesse all’organico e prolungato inserimento del Calabrò nell’ambito del clan Nardo.

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