“Devotio” 2024: il rischio/opportunità delle Chiese cinerario

I lettori e gli inossidabili “aficionados” di “www.funerali.org” saranno ormai mitridatizzati ed avvezzi, da anni, al mio vano e vacuo astrologare in astrusi termini “burocratesi” propri di un impenitente causidico e leguleio … fallito, per giunta!).
Per una volta almeno non mi occuperò di aride e scialbe, o impersonali, sciarade sul filo del diritto funerario e sul crinale della raffinata (ed inconcludente?) astrazione metagiuridica.
Si è, infatti, recentemente tenuto a Bologna, presso i padiglioni dell’omonimo quartiere fieristico “Devotio”, una manifestazione interamente dedicata all’arte sacra ed all’arredo liturgico.

Diversi i convegni organizzati: essi hanno spaziato dalla manutenzione del patrimonio culturale ed ecclesiastico, alla valorizzazione delle sacre architetture in stato di abbandono e chiuse al pubblico. 
Nel corso dell’evento espositivo, un convegno in particolare, intitolato “Chiese cimiteriali e officio delle esequie nella pratica della cremazione dei defunti”, ha permesso di scrutinare attentamente alcuni esempi di trasformazione di chiese tedesche abbandonate, o scarsamente utilizzate per la celebrazione dei sacri riti, in luoghi di tumulazione di urne cinerarie e, in taluni casi, di esposizione del feretro, si tratta, dunque, di vere e proprie case del commiato religiose, le quali permettono, così di recuperare storiche tradizioni, come, appunto la veglia funebre in chiesa.
Su quest’ultimo aspetto ci soffermeremo in un diverso saggio, forse già nel prossimo numero di questo magazine on line. Non mancano esempi italiani come il complesso seicentesco di San Girolamo, a Reggio Emilia.
Il progettista originario (Arch. Vigarani) concepì quest’opera come una sorta di macchina teatrale con un susseguirsi di scene fisse, traducendo con linee, forme e volumi sapientemente ripartiti il percorso figurato del Trittico Pasquale, dove, dunque, si celebra il mistero di passione, morte e resurrezione di Cristo.
Sul piano religioso ed astronomico le compiute geometrie sono pensate per catturare la maggior luce naturale possibile, che illumina diversi luoghi strategici, come la rappresentazione del Santo Sepolcro sistemata nel livello ipogeo.

Nella fattispecie, la pratica funebre sempre più diffusa della cremazione (soprattutto nell’Europa Settentrionale) pone la questione di reperire o reinventare, nel tessuto urbano già consolidato e quasi saturo, specie nel suburbio, dove si affastellano sempre nuovi insediamenti e quartieri residenziali, posti consoni alla conservazione delle ceneri ed alla condivisione sociale del lutto.
Ecco, allora, come alcune Diocesi cattoliche della Germania (esemplare terreno d’incontro, ed in passato anche di frizione e scontro, tra due diverse culture religiose e correnti filosofiche: quelle della Chiesa di Roma e quelle del più maturo protestantesimo) hanno allestito spazi liturgici dismessi al culto o poco impiegati per le celebrazioni eucaristiche come chiese cimiteriali, rivisitando, attraverso gesti simbolici, con speciale riferimento al sacramento del battesimo, in cui, poi, si compendia tutta la circolarità della vita nella visione cristiana, quel senso della morte e della speranza della resurrezione ultima che caratterizzano la fede in Gesù di Nazareth.
Il recupero edilizio di questi fabbricati, quasi dismessi, è interessante perché “ripropone” l’uso delle chiese pure per il seppellimento, ‘apud ecclesiam’ (presso la chiesa) ed anche come si diceva ‘ad sanctos’ (vicino al Santo, ovvero presso le reliquie del Santo che venivano gelosamente racchiuse nell’altare ed ostense nei giorni di festa grande)”, quindi si realizza, o meglio: si ripropone una condizione della tumulazione massiva ante “editto di Saint Cloud”, ma in chiave [post]-moderna: in effetti la custodia delle urne cinerarie all’interno delle chiese è perfetta sia per il loro modesto ingombro sia per l’assoluta asetticità delle ceneri stesse.

Nella cultura contemporanea si assiste ad una sistematica rimozione (negazione patologica?) dell’evento estremo della morte, il quale, considerato come il fallimento della scienza, viene privato di una seria riflessione sulla trascendenza e sul senso stesso dell’esistenza terrena.
Riportare l’attenzione sui luoghi della memoria significa, inevitabilmente, conferire di nuovo importanza ad un momento che dalla prospettiva cristiana è considerato solo un passaggio, seppur duro ed obbligato, verso la vita eterna.
Con la crisi delle vocazioni sacerdotali e l’aumento della laicità nella maggior parte d’Europa, sono sempre di più le chiese che vengono chiuse, quand’anche, addirittura, non sconsacrate.
Questo articolo indaga, allora, come le chiese sottoutilizzate nella Rhein-Westfalia, regione settentrionale della Germania, si siano proficuamente trasformate in Grabeskirche (= chiese sepolcrali), donando agli spazi una nuova vita e un ritorno economico alle loro parrocchie, attraverso la concessione, a titolo oneroso, delle cellette cinerarie.
Osservando da vicino la conversione delle cinque chiese in Grabeskirche: St. Joseph ad Aquisgrana (su cui ci soffermeremo più diffusamente di seguito), St. Bartholomaus a Colonia, Namen-Jesu-Kirche a Bonn, St. Elizabeth nella periferia di Mönchegadblach e St. Joseph vicino a Monchengladbach, i casi concreti oggetto di questo breve studio rivelano come la frattura temporale e fisica, tra funzioni propriamente cimiteriali, celebrazione della Santa Messa e rituali commemorativi possa riunirsi nuovamente e ricomporsi nello spazio liturgico unitario della chiesa, vista come vero e proprio presidio di salvezza.
La “Grabeskirke” è un nuovo modello economico e culturale che permette ad una chiesa di essere autosufficiente e di rendere possibile il suo mantenimento in un’epoca di post-laicizzazione.
Diversa, ovviamente, deve per forza essere la disciplina giuridica in Germania quanto meno sui cimiteri di urne, ma nel simposio non sono stati affrontati questi aspetti, forse troppo tecnici ed asettici, rispetto alla passione trasmessa dai relatori durante i loro stringati ma eloquenti interventi.

Ricordiamo infatti come la Legge Italiana – ad oggi – sancisca inequivocabilmente la natura comunale e quindi pubblica della funzione cimiteriale, in regime di monopolio.
Gli studi di fattibilità esposti dagli oratori, fatto salvo l’atipico, ed ancora tutto da decifrare, istituto della c.d. domiciliazione famigliare delle urne cinerarie, sul quale si nutrono da sempre forti perplessità, le uniche eccezioni (oggi, nel diritto vigente) al cimitero comunale (proprietà dell’impianto e funzione sorgono specificamente in capo all’Ente Locale) sono quelle del cimitero particolare, purché preesistente al 1934 (data di uscita del T.U. leggi sanitarie), la tumulazione privilegiata (prevista dentro delle chiese ed edifici similari, ma in casi particolarissimi, che segue l’art. 105 del D.P.R. 285/1990), tra l’altro normata anche a livello regionale, nelle procedure di autorizzazione e la cappella privata e gentilizia per la sepoltura di salme di persone della famiglia proprietaria dei fondi per un intorno di almeno 200 metri, per i quali assumono vincolo di inedificabilità e non vendibilità (art. 101 e seguenti del D.P.R. 285/1990).

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Carlo Ballotta

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