II DPR n.285/1990, recante l’approvazione del Regolamento di polizia mortuaria nazionale, non prevede particolari prescrizioni in merito al numero di obitori e depositi di osservazione necessari in un Comune, al di là del numero effettivo dei suoi abitanti.
L’art. 14 del medesimo Regolamento precisa tuttavia che nei Comuni con popolazione superiore ai 5000 abitanti, il locale destinato a deposito di osservazione deve essere fisicamente distinto dall’obitorio. E’ comunque auspicabile limitare l’istituzione di tali locali ad un solo obitorio e ad un solo deposito di osservazione intesi come locali distinti anche di uno stesso edificio, i quali possono, in ottemperanza delle disposizioni previste dal succitato art. 14. debitamente assolvere le funzioni cui sono deputati, senza perciò rendere eccessivamente gravosi i costi relativi alta loro realizzazione, gestione e manutenzione. Spesso e consigliabile prevedere figure consortili.
Sono d’uopo alcune precisazioni, con riferimento ai presidi igienico-sanitari di servizio delineati dal d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Le dotazioni minime di cui agli Artt. 12 e 13 (relative, rispettivamente ai depositi di osservazione e agli obitori) costituiscono gli impianti che ogni comune deve (almeno, “sulla carta”) allestire, questi locali devono essere distinti, ammettendosi che possano utilizzarsi i medesimi ambienti solo nel comuni “piccoli” (fino a 5.000 abitanti; art. 14, comma 2).
Essi sono funzionalmente distinti perché il deposito di osservazione accetta salme ai fini del periodo di osservazione (quando non possa avvenire nel luogo di decesso, sembra quasi tautologico, ma…repetita juvant!), mentre l’obitorio accoglie cadaveri di cui sia già stata accertata la morte.
Queste due, differenti impianti, possono essere istituti, nel comune, o presso il cimitero o presso ospedali o presso altro edificio (tipicamente, nelle città sedi di università, potrebbe trattarsi degli Istituti di Medicina Legale …).
L’ammissione (in realtà, accoglimento) nei depositi di osservazione e negli obitori è, sempre, anche quando intervenga la c.d. “pubblica autorità”, autorizzata dalla competente autorità comunale.
Per altro, in termini organizzativi (ma qui occorre fare riferimento non certo al Regolamento comunale di polizia mortuaria, quanto al regolamento comunale considerato dall’art. 48, comma 3, nonché dall’art. 89 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif.), può attribuirsi tale funzione al responsabile del servizio di custodia dei cimiteri (specie quando il deposito di osservazione e il, del tutto distinto, obitorio abbiano collocazione nell’ambito di un cimitero) o, anche (si tratta di una scelta organizzativa) al personale che sia in servizio al momento dell’accoglimento, quando in tale lasso temporale sia assente il responsabile del servizio di custodia.
Al contrario, l’edificio (la camera mortuaria) considerato dall’art. 64 è obbligatorio in ogni cimitero (e non in ogni comune, nell’ipotesi che il comune disponga di più cimiteri, salve diverse disposizioni regionali meno stringenti) ed è adibita ad accogliere i “feretri in transito”, cioè i feretri destinati o ad una sepoltura (inumazione/tumulazione/cremazione), che non possa avvenire in immediata sequenza rispetto all’arrivo nel cimitero o i feretri che siano destinatati ad essere trasferiti in altro comune o, anche, i feretri che, nel corso di un trasporto, debbano effettuare una sosta (potrebbe essere il caso di un trasporto a lunga distanza, che richiesta una sosta notturna, per cui, nel corso della notte, il feretro va necessariamente accolto in questa struttura (e non lasciato sul mezzo di trasporto eventualmente parcheggiato fuori dall’albergo in cui il conducente sia alloggiato per la notte).
Allorché si parla di feretro, si considera il cadavere, debitamente confezionato nella cassa (o nella duplice cassa), e altrettanto debitamente sigillata.
Stante l’attuale della normativa, almeno statale, anche se un po’ vetusta, l’art. 49, comma 3 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 prevede la possibilità che i “piccoli” comuni possano costituirsi in consorzio per l’esercizio di un unico cimitero, ripartendone le spese, soltanto quando siano contermini.
La disposizione sullodata non definisce né quantifica numericamente il significato di “piccoli” (a differenza dell’art. 14, comma 2), ma tradisce elementi non secondari di “criticità antinomica”: infatti, essa rappresenta una delle numerose norme del D.P.R. n. 285/1990 che presentano la caratteristica paradossale di essere state “abrogate” (o di dover confliggere pesantemente da una normativa di rango superiore ed entrata in vigore precedentemente all’emanazione dello stesso d.P.R..
In effetti, il Regolamento è stato redatto e, soprattutto, pensato all’interno dell’assetto normativo previsto dai previgenti T.U.L.C.P. , mentre la Legge. 8/6/1990, n. 142 (oggi trasfusa nel d. lgs. 18/8/2000, n. 267) è entrata in vigore il 13/06/1990.
Conseguentemente, il puntuale riferimento ai “consorzi” risulta, per molti versi, essere stato superato dalla citata Legge. n. 142/1990, che ha visto con sfiducia l’istituto consortile, in quanto esso implicherebbe la costituzione di un soggetto terzo ed autonomo rispetto ai comuni partecipanti, preferendo il ricorso ad altre forme di collaborazione tra comuni (convenzioni, unioni, ecc.).
Le ultime lungimiranti scelte politiche operate dal Legislatore (Legge Del Rio n. 56/2014) in tema di razionalizzazione del sistema dei servizi pubblici locali dovrebbero porre la questione se l’attività cimiteriale, cui i comuni sono obbligati Dagli Artt. 337, 343 3 394 del Regio Decreto n. 1265/1934, possa essere o meno oggetto di gestione attraverso le forme oggi previste dal d. lgs. 267/2000 ed in prospettiva attraverso bacini d’utenza classificabili come ambiti territoriali ottimali.
Il problema è particolarmente complesso e si hanno argomenti sia favorevoli sia profondamente contrari.
La tesi negativa può reperire fondamento logico nell’art. 31 D. Lgs. 267/2000, che si discosta dal successivo art. 32, per il fatto che i consorzi hanno il fine della gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni (come extrema ratio anche di una sola), mentre l’unione è finalizzata a garantire congiuntamente una pluralità di funzioni di competenza dei comuni, e ciò tra l’altro, esclude che l’unione possa essere formata per l’esercizio delle funzioni di cui all’art. 14 d. lgs. 267/2000, in quanto servizi che non sono di competenza dei comuni, bensì di altro soggetto, cioè dello Stato, come accade, ad esempio per gli adempimenti di Stato Civile, quando essi s’intersechino con la polizia mortuaria.).
Ad ogni modo, laddove astrattamente si ammettesse l’ipotesi, secondo cui si possa ricorrere allo strumento dell’unione tra comuni, o, nel caso più coerente e sostenibile, quando la conduzione dei cimiteri fosse associata in un consorzio, quest’ultimo costituirebbe il presupposto giuridico per legittimare anche il servizio concernente il deposito di osservazione e l’obitorio (previa espressa previsione dello statuto consortile o, in difetto, previa modifica dello stesso atto formale).
Andrebbe pure rimarcato come gli incombenti posti ai comuni dagli artt. 12, 13 e 14 d.P.R. n.285/1990 non risultino particolarmente innovativi, ma costituiscano un dato costante presente (almeno dal 1891) nella legislazione post unitaria sui servizi funebri, necroscopici e cimiteriali: nei fatti non si ignora come un certo numero di comuni sia tuttora carente sotto questo profilo organizzativo, in considerazione della sproporzione tra i costi di impianto, del suo funzionamento e l’effettiva domanda di utilizzo, che risulta del tutto rarefatta.
Va anche precisato, poi, che l’art. 14, comma 1 d.P.R. n.285/1990, in relazione all’ubicazione del deposito di osservazione e del distinto obitorio (salvo che non si tratti di comuni fino a 5.000 abitanti, per cui è eccezionalmente ammessa l’utilizzabilità dei medesimi locali), importa pur sempre che la localizzazione sia “nel comune” ed in nessun caso nel territorio di altro comune (e, anche qui, salvo quanto previsto dai commi 3 e 4 dello stesso art. 14).
Laddove sia costituito, ed operante, un consorzio che abbia tra i propri fini statutari anche quanto concerne il deposito di osservazione e il distinto obitorio, una comunicazione all’autorità giudiziaria è senz’altro dovuta, quanto meno al fine delle eventuali disposizioni di trasferimento delle salme al luogo determinato dal comune (punto 5.1 circolare Ministero della sanità n. 24 del 24/6/1993), fermo restando che il trasporto compete al comune e ricordando come il trasporto che sia eventualmente disposto in luogo diverso è a carico della pubblica autorità la quale lo ordini.
Va nettamente esclusa la soluzione (non per ragioni di opportunità, pur se queste siano fortemente presenti, ma per palese e stridente conflitto d’interessi) di una qualche forma di convenzione per l’’uso, ai fini di cui all’art. 12 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, di case funerarie private (e chiaramente queste non possono, in alcun caso, anche se fossero costruite e gestire dal comune, assolvere le funzioni istituzionali di cui all’art. 13), siccome non solo il comune dovrebbe già assicurare la disponibilità e l’utilizzo del deposito di osservazione, ma, altresì, per il fatto che il comune non può sottrarsi dall’apparecchiare depositi di osservazione ed obitori, per la propria popolazione e per la sua circoscrizione geografica (Art. 13 D.Lgs n. 267/2000).
Al contrario, una convenzione è senz’altro legittima, quando si usino, a questi fini, ospedali o altri fabbricati ai sensi dell’art. 14, comma 1 d.P.R. 20 settembre 1990, n. 285, in particolare considerandosi come dopo la L. 23 dicembre 1978, n. 833 (ed, a maggiore, dopo il D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e succ. modif.) gli ospedali siano “stabilimenti ospedalieri” di soggetti (le ASL) diverse dai comuni, ferma restando la loro natura e qualificazione quali pubbliche amministrazione (pur nella forma “aziendale”). Considerazioni analoghe per le Università, laddove presenti sul territorio del comune.
Si invita, paradossalmente, a non chiedere ancora informazioni o chiarimenti sulle prospettive, in quanto, in questa fase, del tutto inaffidabili sia per i tempi, sia per i diversi livelli di titolarità a legiferare (DdL Vaccari – Atti Senato n. 1611 ancora in itinere???), sia per altro ordini di motivazioni, in quanto la situazione è ancora molto fluida, se non addirittura magmatica, con la polizia mortuaria ancora frammentata –purtroppo, su più caotici e disomogenei livelli di governo.
X Mauro,
sì, le disposizioni di cui al Capo III D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 possono risultare persino scarne e lacunose, esse, però, sono perfettamente spiegate ed integrate, laddove necessario dal paragrafo 4 della Circolare Ministeriale Esplicativa 24 giugno 1993 n. 24, di cui si riporta integralmente un estratto “ragionato”, e coordinato con le successive norme emanate:
“[…omissis…] La materia disciplinata dal capo III consente, rispetto alle analoghe disposizioni dell’abrogato decreto del Presidente della Repubblica n. 803/1975, di meglio definire le funzioni, gli obblighi, la titolarità, la collocazione.
Le funzioni si distinguono in:
a) osservazione: di salme di persone morte in abitazioni inadatte o nelle quali sia pericoloso mantenerle per il prescritto periodo di osservazione; di salme di persone morte a seguito a qualsiasi accidente nella pubblica via o in luogo pubblico; di salme di persone ignote, di cui debba farsi esposizione al pubblico per il riconoscimento;
b) obitoriali: con osservazione e riscontro diagnostico di cadaveri di persone decedute senza assistenza medica; deposito per periodo indefinito di cadaveri a disposizione dell’autorità giudiziaria per autopsie e accertamenti medico-legali, riconoscimento, trattamento igienico-conservativo; deposito, riscontro diagnostico e autopsia giudiziaria o trattamento igienico-conservativo di cadaveri portatori di radioattività.
Le funzioni possono essere riunite in un unico locale nei comuni con popolazione minore di 5.000 abitanti.
4.2. Le unità sanitarie locali nel territorio di propria competenza individuano gli obitori ed i depositi di osservazione nei quali prevedere la dotazione di celle frigorifere di cui all’art. 15.
Sono stati fissati i seguenti standards:
posti salma refrigerati, con un minimo di 5, in misura pari ad 1 ogni 20.000 abitanti a cui aggiungere celle isolate per cadaveri portatori di radioattività in misura pari a 1 ogni 100.000 abitanti.
Per posto salma refrigerato è da intendersi quello realizzato, anche in forma indistinta, in apposite celle frigorifere.
All’allestimento delle attrezzature necessarie, nonché alla gestione, provvede il comune cui l’obitorio ed il deposito di osservazione appartengono, secondo forme di gestione o di convenzione individuate dalla Legge 8 giugno 1990, n. 142 [Legge oggi abrogata e trasfusa nel D.Lgs n. 267/2000)
L’attività in questione è servizio pubblico obbligatorio. [si vedano anche, tra l’altro, il D.M. 28 maggio 1993, L’Art. 3 comma 1 lett. a) n. 6 D.Lgs n.216 del 26 novembre 2010, l’Art. 21, comma 3 L. 5 maggio 2009, n. 42]
4.3. Restano fermi gli obblighi di dotazione del deposito di osservazione, comunemente chiamato camera mortuaria ospedaliera e di sala settoria per le autopsie, per gli ospedali, ai sensi dell’art. 2 del regio decreto 30 settembre 1938, n. 1631 [ed oggi si veda il D.P.R. 14 gennaio 1997 per i requisiti strutturali minimi del cosiddetto servizio mortuario sanitario] Le salme di persone decedute presso case di cura o istituti di ricovero per anziani, non dotati di depositi di osservazione, vengono trasportate, con le cautele di cui all’art. 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, al deposito di osservazione di cui all’art. 12. […]”.
Naturalmente ex Art. 12 comma 4 D.P.R. n. 285/1990, laddove vi sia custodia di salme o cadaveri a “cassa aperta” deve esser assicurato idoneo servizio di vigilanza, 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno, anche a mezzo di apparecchiature di video-sorveglianza a distanza soprattutto per:
a) Evitare l’entrata nei locali del deposito d’osservazione/obitorio di soggetti non autorizzati e, potenzialmente, mal intenzionati (furti, profanazioni, sottrazione di cadavere, inquinamento di materiale probatorio al vaglio della Magistratura…)
b) Permettere l’immediato riconoscimento del manifestarsi, ancorché flebile, di eventuali segni di vita (se, per miracolo, il morto si “risveglia” bisogna, per sempre prestargli soccorso!)
No, convengo con Lei, la camera mortuaria cimiteriale, come già ampiamente dimostrato, non è luogo adatto all’osservazione delle salme, perchè al pari d’ogni altro servizio necroscopico (esempio: il recupero salme) non ammette soluzione di continuità temporale e non può esser vincolato ad un rigido orario d’esercizio, essendo il decesso di una persona evento imprevedibile, ma comunque certo!
grazie è stato molto esaustivo ma una precisazione gliela devo chiedere.
non credo che la differenza del deposito di osservazione dall’obitorio e dalla S.M. sia limitato solo a una”specializzazione” del luogo e basta. non c’è una norma che specifichi quali sono le modalità ed eventuali mezzi che debba avere un luogo così importante, cioè il deposito di osservazione? se nel nome è scritto osservazione e visto che i cimiteri, essendo di solito pubblici e pertanto soggetti ad orari di ufficio, chiudono per la notte, chi osserva ed allerta in queste ore eventuali manifestazioni in vita della salma?
X Mauro,
Piccola legenda:
Salma = corpo umano esanime prima e durante il periodo d’osservazione.
cadavere = corpo umano definitivamente privo delle funzioni vitali dopo il periodo d’osservazione ed una volta effettuata la visita necroscopica attestante l’incontrovertibilità del decesso.
feretro = contenitore mortuario (cadavere + cassa) debitamente confezionato in rapporto alla forma di sepoltura (cremazione compresa) prescelta ed a tipologia e durata del trasporto funebre.
Dopo questa vampata di nozionismo funerario Le dirò che nel corpus normativo rappresentato dal D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, e specificamente si veda il Capo III, Artt. 12 – 15
1) in deposito d’osservazione stazionano le salme.
2) in obitorio, invece, sono custoditi i cadaveri
3) nella camera mortuaria cimiteriale sostano i feretri, in attesa d’esser avviati alla loro destinazione finale.
Se non erro, e non ho mal interpretato la domanda, nel Suo Comune è presente solo la camera mortuaria cimiteriale.
La funzione edittale (cioè proprio quella fondamentale, “istituzionale”) della camera mortuaria cimiteriale è il deposito temporaneo, in attesa di definitiva sistemazione (trasporto in altra sede, sepoltura o cremazione), di feretri, contenitori per resti mortali (esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo ai sensi dell’Art. 3 comma 1 lett.) b DPR n. 254/2003), cassette ossario, casse contenenti, anche in forma massiva, parti anatomiche riconoscibili o prodotti abortivi, ed urne cinerarie, non certo per defunti “freschi” da esporre a cassa aperta, durante, cioè il periodo d’osservazione.
C’è, infatti, una sola condizione essenziale: tutti questi “recipienti mortuari” in cui è raccolto materiale biologico umano (dal cadavere… alle semplici ceneri!) debbono esser debitamente confezionati in rapporto alla loro destinazione ultima, cioè chiusi, per impedire furti, trafugamenti o atti di profanazione e così da evitare problemi igienico-sanitari (odori nauseabondi e dolciastri che attirano insetti, sversamento di liquami, pericolo di contaminazione dovuto a morbo infettivo diffusivo o a somministrazione di nuclidi radioattivi (queste norme sono rinvenibili negli Artt. 15 comma 1, 18, 25, 43 comma 4, 80 comma 5 DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Le disposizioni che delineano la camera mortuaria quale luogo chiuso adibito al transito sono gli Artt. 64 e 65 D.P.R. n. 285/1990, esse non sono del tutto esaustive; ad esempio in camera mortuaria, con interdizione di entrata ai visitatori, spesso specificata in apposita ordinanza sindacale con cui si disciplinano esumazioni ed estumulazioni), si eseguono anche apertura della cassa in seguito ad estumulazione ordinaria, oppure per estumulazione straordinaria su impulso dell’Autorità Giudiziaria (Art.116 comma 2 Decreto Legislativo 28/7/1989, n. 271), in camera mortuaria si provvede al “rifascio” del feretro ex Art. 88 DPR n. 285/1990 e paragrafo 4 Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10, si confezionano i contenitori per resti mortali di cui alla risoluzione Ministero della Salute, p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004, o, ancora, si procede alla sostituzione del cofano (esempio: se questo è gravemente lesionato o inadatto alla nuova sepoltura del defunto, siccome occorre una cassa ora con le caratteristiche di cui all’Art. 30 D.P.R. n.285/1990, ora capace di rispondere ai requisiti di cui all’Art. 75 DPR n.285/1990…).
Una camera mortuaria così concepita è un locale (per fortuna confinato e protetto da sguardi indiscreti e “pettegoli”) in cui si lavora tanto e si tratta di operazioni pesanti, cruente o, comunque poco delicate.
Fiamme libere prodotte dai saldatori, acido muriatico per il decapaggio della lamiera, barrette di stagno, polveri assorbenti, sostanze enzimatiche con cui addizionare ex Circ.Min. n. 10/1998, i resti mortali da reinumare in campo indecomposti ai sensi degli Artt. 58 ed 86 comma 2 DPR 285/1990, perdite di liquami da smaltire secondo l’Art. 6 DPR n.254/2003, disinfettanti, attrezzi vari, siringe caricate con formalina per la puntura conservativa di per sè stessi non costituiscono un pericolo per le salme che siano ivi custodite durante il periodo d’osservazione, cioè, tanto per capirci, il morto (o…presunto tale) se si risveglia dallo stato catatonico di morte apparente non muore davvero (se non dalla paura) perchè, comunque, valgono le norme di cui all’Artt. 8 e 9 DPR n.285/1990 (vietato ogni trattamento irreversibile sino ad avvenuta visita necroscopica ed all’eventuale nulla osta dell’Autorità Giudiziaria (Art.116 comma 1 Decreto Legislativo 28/7/1989, n. 271)
Però, a dire il vero, un ambiente così non è idoneo, perché non soddisfa gli standards qualitativi del successivo e prevalente, rispetto al regolamento nazionale di polizia mortuaria, DPR 14 gennaio 1997 (servizio mortuario, sanitario, deposito d’osservazione, camere ardenti…).
La temperatura non è costante, (e, magari, manca pure l’impianto di condizionamento) perchè la porta è sempre aperta a causa del continuo via vai dei necrofori i quali, persi dentro ai fatti loro, magari inconsciamente, smoccolano, sacramentano e “smadonnano”, non curanti della sacralità del luogo, c’è rumore, spesso si sviluppa un olezzo fetido, e il personale di servizio, per ovvie carenze dell’organico, non può assicurare la sorveglianza continua, attendendo contemporaneamente alle proprie mansioni di necroforo-affossatore; ci sono, insomma, situazioni abbastanza scabrose, da nausea violenta, almeno per chi sta vegliando la salma. Però…la Legge è così (Art. 64 comma 3 DPR n.285/1990), certo è una disposizione anacronistica, per certi versi superata, però, se nessuno, a livello politico interviene non si può imputare a noi becchini tutto questo scandalo dell’eventuale scomodo condominio tra deposito d’osservazione/obitorio e camera mortuaria cimiteriale.
Per questi motivi di fondo, ad ogni modo, la struttura di cui all’art. 64 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, non può proprio essere utilizzata per assolvere le funzioni di cui all’art. 12, oppure 13, d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, né può aversi il contrario; ma ciò non esclude che nel cimitero (o, meglio, in uno dei cimiteri del comune, in caso di pluralità di cimiteri) si abbia un edificio, in cui siano presenti più locali, di diversa, e specializzata, destinazione.
…nel caso venga constatato dal 118 in luogo chiuso ma adibito ad uso pubblico un corpo senza vita, senza alcuna rilevanza per la procura quindi con affidamento alla famiglia e nel caso di indigenza per stato e luogo di residenza venga trasportato al deposito di osservazione di altro comune, la domanda è la seguente: chi redige il certificato Istat (e se è obbligatorio) e se viene effettuata la visita necroscopica con la competenza di quale ufficio quello del decesso o quello del deposito? grazie. mauro
X Mauro,
1) La denuncia sulla causa di morte, nella forma prestabilita della scheda ISTAT, è sempre obbligatoria ai sensi dell’Art. 103 comma 1 lett. a) del Testo Unico Leggi Sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934 e dell’Art. 1 comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
2) In caso di decesso senza assistenza medica (Paragr. 2.3 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24) la suddetta scheda ISTAT è compilata dal medico necroscopo ex Art. 1 comma 4 D.P.R. n. 285/1990, quest’ultimo, per maggiori approfondimenti clinici ed epidemiologici potrà richiedere ed ottenere il riscontro diagnostico ex 37 D.P.R. citato.
3) Salvo diverse norme organizzative interne all’Ausl di riferimento (ormai tutta la necroscopia è regolata su base regionale), se il trasporto è avvenuto a cassa aperta ex Art. 17 D.P.R. n. 285/1990, competente all’accertamento di morte è il medico necroscopo del distretto territoriale dove la salma si trova stabilmente per l’osservazione.
4) Tutte le funzioni di autorizzazione prodromiche al funerale (al trasporto, alla sepoltura o cremazione) spettano, invece, al comune di decesso.
buongiorno. per cortesia quali norme regolano e quale è la modalità dei depositi di osservazione? ci sono differenze anche di sistemi o norme tra una sala di sosta per la destinazione finale del feretro sigillato e il deposito di osservazione che dovrebbe appunto essere deputato all’osservazione del cadavere e quindi a bara aperta perchè precedente alle 24 ore? in realtà nel comune di santa maria c.v., non esiste il deposito di osservazione ma solo una sala (che in realtà è una chiesetta) utilizzata per la sosta, se utilizzata in questo senso quali potrebbero essere le criticità. grazie. mauro