DDL Senatore Matera per la riforma delle attività funerarie: i punti critici ai raggi X

Ecco alcune mie riflessioni da… “civetta funeraria” di ormai lungo corso, così tanto per integrare la pura illustrazione pubblicata in un precedente articolo sempre dedicato ai lavori parlamentari che riguardano da vicino la sempre più necessaria riforma della legislazione funeraria italiana.

Se, infatti, si esamina in modo sinottico il DDL Matera con le altre due proposte di legge quadro sul settore funerario emerge qualche differenza, di questo tenore, senza la pretesa di esser esaustivi:

1) Manca tutto il riordino della parte cimiteriale, demandato, forse, ad un decreto delegato del Governo, da adottarsi in seconda battuta. Mi pare un rinvio troppo generico, poiché mancano criteri, principi e linee guida cui per norma di rango superiore, l’Esecutivo deve attenersi prima di emanare un D.Lgs. (ma un solo e semplice D.P.R. sarebbe strumento giuridico idoneo, viste le ripartizioni di compiti funzioni tra Stato Centrale e Regioni. Altrimenti tanto santo sarebbe valso intervenire direttamente sul Regolamento Statale di polizia mortuaria.).

2) Il disegno di Legge contempla specialmente norme per l’esercizio omogeneo delle attività funerarie. E’un attestazione importante di una precisa volontà politica.

3) Il DdL si astiene sulla tracciabilità del “cofano funebre”, e sulle modalità di sua costruzione, come pure dall’imporre norme tecniche unificanti (UNI???). L’unico richiamo alla funzione precipua della cassa funebre e del suo confezionamento è un imprecisato: “secondo le regole dell’arte”.

4) L’estensore del testo in oggetto si preoccupa di estendere per il massimo tempo possibile la trasportabilità a cassa aperta delle salme (sia o meno intervenuta la visita necroscopica). Questa dilatazione, già presente il diverse LL.RR. parrebbe proprio funzionale all’introduzione di trattamenti conservativi più invasivi e profondi del semplice imbellettamento dei defunti.

5) Si registra una certa ridondanza di edifici (pubblici e quindi istituzionali o pure privati) atti ad accogliere le salme, per il periodo di osservazione (= veglia funebre). Case funerarie, sale del commiato, obitori, servizi mortuari ospedalieri, deposito di osservazione…. Con questa sovrabbondanza di opportunità non c’è il rischio concreto di una certa inflazione nell’offerta dei servizi garantiti ai dolenti? Bene, comunque il divieto di commistione tra prestazioni necroscopiche di istituto e quelle, invece, rese in regime di libero mercato dall’impresa funebre.

6) Alla funeral home (in tutto e per tutto assimilabile ad un obitorio di lusso dove si praticano trattamenti conservativi [quali, a proposito???]) è consentito pure il dotarsi di impianto di cremazione, che ad oggi è eslusivamente servizio PUBBLICO locale, svolto solo all’interno del cimitero demaniale ex L. n. 130/2001.
Qui si aprirebbe il problema delle autorizzazioni ambientali pur necessarie, affinchè un privato possa costruire ed esercire un crematorio.
Con quali garanzie, poi?
Si rimarca come il piano di coordinamento per i crematori sia – a norme vigenti – di competenza regionale, mentre gli impianti autorizzati operanti su territorio nazionale sono circa 91. Laddove i Comuni non provvedessero a dotare, per potenziali bacini di utenza, i loro sistemi cimiteriali di are crematorie, soprattutto nelle zone prive di questi impianti strategici, potrebbe sopperire con propri capitali la stessa imprenditoria funebre eventualmente interessata a questo cospicuo investimento.

7) La sala del commiato (funeral home… “depotenziata”) può esser collocata anche in cimitero, raggruppando entro il sacro e tradizionale recinto del camposanto tutte le fasi della cerimonia funebre.

8) il DdL richiama solo le operazioni di tanatocosmesi e di tanatoprassi (vera novità importata da esperienze estere, anche non distanti dalla nostra). Ma nulla è poi detto in proposito e quindi resta senza norma. Conseguentemente il praticare la tanatoprassi in Italia, come ora, configura una condotta illecita, penalmente perseguibile.

9) L’impresa funebre “strutturata” incontra pochi limiti nella sua azione, ad es. il divieto di prestare i propri servigi in cimitero, per le operazioni…istituzionali.
Quali sarebbero, visto che non esiste norma che le identifica?
Si configura un pericoloso conflitto di attribuzioni tra il gestore del cimitero e la stessa I.O.F.
Ad oggi il gestore del camposanto è l’unico soggetto legittimato, e quindi monopolista, nell’esecuzioni di traslazioni, sepolture, esumazioni,estumulazioni…
Piccola facezia: il legislatore si prefigge, con norma esplicita di perseguire un nobile scopo liberalissimo:
l’antitrust in un comparto funebre sempre più dominato dai grandi gruppi finanziari.
Ebbene in un economia sana (data la specificità del mercato funerario in genere) non ci dovrebbe esser il bisogno di ribadire più volte un caposaldo ormai di ogni teoria economica: la vera concorrenza è data dalla presenza di diversi players e competitors.
Forse il legislatore non è poi così sicuro di ottenere l’effetto sperato e decantato con i soli meccanismi virtuosi dettati dalla LEGGE STESSA?

10) Sembra infine che il DDL MATERA punti ad un tessuto imprenditoriale con una certa massa critica.
Si vedano ad esempio i requisiti di performance appena delineati, in questo primo passaggio, per fare ed esser impresa funebre, sembrano spariti dal panorama i c.d. Centri di Servizio e le “agenzie funebri”.
Per cui rimarrebbero sul mercato principalmente imprese funebri strutturate e capaci da sole di svolgere compiti sempre più allargati (dal funebre in senso stretto, ai compiti prima svolti dagli ospedali per il mantenimento in osservazione delle salme, per poi l’intera filiera funebre e a seguire operazioni cimiteriali non istituzionali, nonché la cremazione).
E, quindi, imprese funebri dotate di importanti capitali, se devono finanziare costruzione di casa funeraria, crematorio, acquistare dotazioni di autofunebri importanti e mantenere personale fisso di una certa rilevanza.

Written by:

Carlo Ballotta

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