Custodia cimiteriale: eventuali trasgressioni e profili sanzionatori

Volgiamo, ora, lo sguardo su alcuni casi concreti in cui si trovi a muoversi il responsabile del servizio di custodia nella sua veste propria di pubblico ufficiale.

L’inizio [1] delle operazioni cimiteriali, quando il corteo funebre abbia varcato i cancelli del camposanto, è fissato con l’accettazione del feretro nel cimitero da parte del Responsabile del servizio di custodia, il quale verifica la documentazione che accompagna la bara e la stessa tipologia di feretro in funzione della destinazione (inumazione, tumulazione, cremazione).

Questo passaggio fondamentale è stabilito dall’Art. 23 del D.P.R. n. 285/1990.

A volte è prassi stilare un verbale di ricevimento nel cimitero del feretro, non si vede, tuttavia nello jus positum, la sussistenza di tale obbligo giuridico. L’addetto al servizio di custodia del cimitero controlla la regolarità delle autorizzazioni (decreto di trasporto e titoli di sepoltura 2] anche ai sensi dell’Art. 50 DPR n. 285/1990) consegnate unitamente al feretro, poi si assicura che i sigilli sul cofano non siano stati manomessi [3] e corrispondano a quello riportato nell’attestato di garanzia al trasporto, ex paragrafo 9.7 Circ. Min. n. 24/1993.

L’accertamento dell’infrazione, ma non l’applicazione, può avvenire anche a mezzo del custode del cimitero, che segnala l’infrazione, per via gerarchica, all’A.USL competente per territorio, perché salvo l’evenienza di trasgressione dell’ordinanza sindacale sui trasporti mortuari, in genere, la vigilanza sul trasporto funebre, se non attratta, tramite apposita disciplina regionale, nella sfera della polizia mortuaria comunale, è ancora affidata all’Autorità Sanitaria che attraverso i propri servizi ispettivi (vigilanza sanitaria) accerta l’infrazione e la eleva, ai sensi dell’articolo 16 comma 2 del D.P.R. 285/1990.

Di norma, raramente, vi è una verbalizzazione delle singole operazioni cimiteriali (pratica che sarebbe oltremodo opportuna, ma non è – formalmente – prescritta o sancita dal DPR n. 285/1990, né da altra legislazione regionale, fatte salve, a volte, disposizioni particolari dal regolamento comunale di polizia mortuaria, mentre sono necessarie le registrazioni delle stesse negli schedari cimiteriali (art. 52 DPR n. 285/90).
Certo la regolazione nel dettaglio delle esumazioni/estumulazioni spetterebbe, tutto sommato, al dirigente (art. 107 comma 3 D. LGS n. 267/2000 o, in ultima istanza concernerebbe per sempre la persona del sindaco ai termini del combinato disposto tra gli Artt. 82 comma 4 e 86 comma 1 DPR n. 285/1990)?
Per la stesura dell’eventuale rapporto di chiusura delle operazioni cimiteriali non c’è (fortunatamente) un modello ufficiale od ufficioso, per cui, qualora si ritenesse utile adottarlo, vi sarebbe, in ogni modo, la massima libertà di forme, ma in nome del principio di economicità ex Legge n. 241/1990, secondo cui è (…o sarebbe?!) proibita la ridondanza, o, peggio ancora, l’inutile aggravamento del procedimento amministrativo, occorre davvero un resoconto (…“sul campo”) di quanto deve, comunque, essere oggetto di trascrizione nei “libri cimiteriali” ex art. 52 DPR 285/1990, essendo quest’ultimi, comunque, dei pubblici registri?

Spetta, poi, soprattutto nei cimiteri di piccole dimensioni, al custode presenziare direttamente alle singole operazioni cimiteriali. Ad esempio in un’estumulazione, volta a tentare la riduzione delle ossa in cassetta ossario ex Art. 36 DPR n. 285/1990, egli deve appurare che: la tomba oggetto dell’intervento sia quella corretta,  la salma sia proprio quella ed eventualmente effettuare anche le operazioni materiali di apertura della tomba, estrazione del feretro, apertura dello stesso…) e denunciare all’Autorità Giudiziaria ex Art. 87 DPR n. 285/1990 operazioni poco ortodosse sui resti mortali, tali da  configurare la fattispecie di reato di cui all’Art. 410 Cod. Penale. Gli unici trattamenti consentiti, sono, in effetti, dettati dalla Circ. Min. n. 10/1998.

La valutazione circa la esecuzione di atti o gesti vietati tassativamente dall’art. 87 del DPR n. 285/90 incombe proprio al responsabile del servizio di custodia cimiteriale. È inoltre previsto il parere del personale sanitario per la fattispecie, molto problematica, di cui al comma  5 dell’art. 86 DPR 285/90. In taluni Comuni è invalso l’uso di disciplinare in via generale dette situazioni con ordinanza del Sindaco, sentito il parere del servizio AUSL di polizia mortuaria, così da richiederne la presenza effettiva solo nei casi dubbi o quando si debba procedere a ripristinare l’ermeticità del feretro (art. 88 DPR 285/90).
Pertanto, di norma, sono gli addetti cimiteriali a identificare i resti ossei in base alla collocazione, alla presenza di targhette nel cofano, con quant’altro l’esperienza ed il buon senso possano suggerire. Nei casi dubbi occorre la presenza sia del responsabile dei servizi di custodia cimiteriale sia del medico legale.
Interessante un’ultima postilla sul sistema sanzionatorio cui è sottoposto il responsabile del servizio di custodia cimiteriale. Questi se omette le registrazioni di cui all’art. 52 DPR n. 285/1990 è soggetto (art. 107 DPR 285/1990) alle sanzioni del TULLSS e, in sostanza, all’art. 358 comma 2 TULLSS, ma – altresì – va applicato il Codice disciplinare, dovendo essere avviato (anche, in aggiunta ed a complemento, non essendovi alternatività) il procedimento disciplinare.
Il responsabile del servizio di custodia del cimitero che, ricevendo un feretro, consegnatogli senza o l’una o l’altra delle autorizzazioni necessarie (od entrambe), non segnali al proprio superiore gerarchico tale irregolarità sostanziale, incorre in una palese violazione disciplinare.
Il responsabile del servizio di custodia del cimitero che, ricevendo un feretro privo del titolo di viaggio e di quello di sepoltura), provveda ugualmente all’inumazione o alla tumulazione di quest’ultimo, a maggior ragione, quale incaricato di pubblico servizio ex Art. 358 Cod. Penale è, anch’egli, soggetto alle sanzioni di cui all’art. 358 comma 2 Regio Decreto n. 1265/1934 e visto l’Art. 331 Cod. Proc. Penale non può sottrarsi al dovere della segnalazione del fatto alla Procura della Repubblica anche ai sensi dell’Art. 75 DPR n. 396/2000.
Per quanto riguarda gli ultimi casi di specie, essi possono concorrere, non essendo tra loro incompatibili. Sono da considerare a parte le eventuali norme regionali che affrontino aspetti sanzionatori in relazione a fatti e situazioni sopra considerate, per cui occorre fare riferimento ad esse, tenendo presente come, per alcune regioni, esse concorrano (= si sommino) con le norme “nazionali”, in altre siano alternative ad esse.

Ora, se tali inadempienze sono il frutto di operazioni compiute in conformità ad ordini e direttive impartite dal dirigente del servizio oppure sono state compiute in assenza di disposizioni da parte della medesima autorità comunale, la responsabilità è da ascriversi a quest’ultima, perché ha diramato ordini illegittimi, oppure è rimasta inerte rispetto all’impegno di organizzare e dirigere i propri subalterni.
Risponde invece, in prima persona, sollevando da questa responsabilità il dirigente, chi abbia materialmente agito senza rispettare le direttive e gli ordini comunali relativi alla procedura di polizia cimiteriale.

 


[1] E’ obbligatorio procedere ad una valutazione del rischio da parte del personale operante, ma anche per i visitatori. Questo dovere è separato, ma integrativo rispetto a quanto stabilito con DPR 285/90. Il responsabile dei cimiteri è anche responsabile della sicurezza ex D.LGS n. 81/2008.

[2]  Come prima cosa va precisato che il custode del cimitero non è, in alcun modo, legittimato a porre in essere atti di concessione amministrativa di sepolcri privati nel cimitero, richiedendosi per questi, l’intervento, formale, degli uffici comunali.

[3] Non si sottovaluti la fattispecie penale di effrazione dei sigilli di cui all’Art. 349 Cod. Penale.

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Carlo Ballotta

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