Il custode del cimitero comunale di Torre Boldone, in provincia di Bergamo, aveva trovato un modo efficace per arrotondare il suo stipendio. Si occupava della lavorazione e del posizionamento di lapidi a bazzo prezzo. Contattava i parenti dei defunti e presentava i suoi prodotti. Volendo, forniva anche un depliant. Ora è accusato di abuso di ufficio, per aver svolto altra attività pur essendo un dipendente pubblico.
Del caso ne ha parlato qualche giorno orsono anche L’Eco di Bergamo:
Lavorazione e posizionamento di lapidi al cimitero comunale di Torre Boldone a prezzo di favore? Presto fatto, ci pensava lo stesso custode del camposanto, attrezzato perfino con appositi depliant, lapidi «campione » già posizionate e listino prezzi a prova di concorrente, alla faccia del caro estinto. Purtroppo per lui, sessantunenne incensurato, a rovinare l’attività intrapresa pare da parecchi anni (almeno venti) ci ha pensato un esposto anonimo arrivato ai carabinieri di Seriate. Che, alla fine, lo ha fatto finire davanti al giudice con l’accusa di abuso d’ufficio: pur essendo pubblico dipendente (commesso comunale con funzioni di custode del cimitero), recita l’accusa, avrebbe infatti illecitamente svolto in parallelo un’altra attività retribuita. Il parente risentito di qualche defunto? Un concorrente arrabbiato? Qualche invidioso del fruttuoso secondo lavoro? Non è dato saperlo, ma certo è che quando sul tavolo dei carabinieri è arrivato l’esposto anonimo che ha fatto partire l’indagine, non è servito molto tempo per chiudere il cerchio e interrompere l’attività. I militari infatti, sentendo a campione alcune persone a cui in tempi recenti era morto qualche parente, sono riusciti ben presto a trovare conferme alla segnalazione, e a ricostruire tutto il meccanismo, in sé semplice e ben collaudato.
Secondo l’accusa l’uomo entrava in azione non solo in occasione della morte di qualche persona, ma anche quando si verificavano delle esumazioni di salme: contattava i parenti del defunto e offriva i propri servigi per lavorare e poi mettere in posa lapidi nel cimitero: il tutto a prezzo «calmierato » rispetto alle cifre standard proposte dalle regolari agenzie di pompe funebri e, oltre tutto, con la possibilità di mostrare alcuni lavori già eseguiti e posizionati. Gli accertamenti dei carabinieri alla fine hanno individuato almeno diciassette casi, ed è così partita la denuncia a piede libero a marzo del 2011: secondo quanto ricostruito il sessantunenne una volta ottenuto l’accordo per i propri servigi e concordato il prezzo, prendeva pagamenti in contanti e – ma solo ogni tanto – rilasciava una «ricevuta» su un normale foglio bianco, realizzando il pattuito. Davanti al giudice dell’udienza preliminare Ezia Maccora il sessantunenne, assistito dall’avvocato Enrico Mastropietro, ha messo sulla questione – è proprio il caso di dirlo – una pietra tombale, patteggiando quattro mesi con sospensione condizionale della pena: tra cinque anni, salvo commissione di reati, sarà a sua volta estinta.