Crematori: stravaganti ipotesi di gestione, con qualche ammiccamento

È di rigore un primo riferimento al (solito) art. 343 comma 1 T.U.LL.SS. di cui al R.D. 27 luglio 1934 n. 1265; esso prevede come gli impianti di cremazione debbano essere realizzati all’interno dei cimiteri (ed esclusivamente comunale è la funzione cimiteriale ai sensi del combinato disposto tra gli artt. 337, 343 e 394 T.U.LL.SS ed 824 comma 2 Cod. Civile) , tanto che il comune, quando sia interessato da questa richiesta, dovrebbe concedere l’area strettamente necessaria, oltretutto a titolo gratuito, in deroga alla regola generale sull’onerosità delle concessioni cimiteriali.

Bisogna poi considerare anche un secondo rimando, cioè quello dell’art. 6, comma 2 L. 30 marzo 2001, n. 130, che, se possibile, novella pure il prefato art. 343 comma 1 R.D. n. 1265/1934, in forza di questa norma la gestione dei crematori spetta ai comuni ed essi la esercitano attraverso una delle forme contemplate dall’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Si rammenta che ai sensi dell’Art. 12 comma 4 L. di conversione n. 440/1987 la cremazione è servizio pubblico locale a rilevanza economica ai sensi del combinato disposto tra l’art. art. 1 comma 7 bis della L. di conversione n. 26/2001 e dell’art. 5 Legge n. 130/2001.

In presenza di un camposanto privato che, tecnicamente, si denomina quale “cimitero particolare preesistente” al T.U.LL.SS. (art. 104, comma 4 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), la prima condizione (quella sulla costruzione del crematorio necessariamente all’interno dei cimiteri) sarebbe (o, meglio, potrebbe apparire) soddisfatta, oltretutto senza necessità, per il comune, di concedere l’area, in quanto essa sarebbe già nella disponibilità del soggetto titolare del cimitero particolare. Saremmo, infatti, dinanzi ad un cimitero a tutti gli effetti, per di più operativo.

Meno agevole affrontare il secondo requisito sostanziale, quella sulla riserva della conduzione in capo al comune, che merita di essere sviluppato ed enucleato per gradi, cioè simulando prima una situazione (diversa da quella qui rappresentata, ma, su base nazionale, da considerare come di ordine generale), cioè l’ipotesi dell’impianto di cremazione da edificare entro il cimitero “comunale” (o, meglio, demaniale).

In questa situazione generale, costituendo l’impianto di cremazione un servizio pubblico locale a rilevanza economica esso può essere oggetto di affidamento in una delle forme di gestione considerare dall’art. 23.bis, comma 2, lett. a) e lett. b) D.-L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 2008, n. 133, e, successivamente (da ultimo), modificato dall’art. 15 D.-L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, nella L. 20 novembre 2009, n. 166, ed, infine, d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168 “Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133.” Attenzione, però, intere parti del D.L. 25 giugno 2008 n. 112 sono state cassate, perchè illegittime, dalla Corte Costituzionale.
(si trascurano, intenzionalmente in quanto non pertinenti i casi concernenti “periodi transitori”, riguardando affidamenti di servizi in essere).
Sic stantibus rebus queste sono le modalità con cui possa aversi la gestione dell’impianto di cremazione, alla luce dell’attuale normativa speciale e di settore.

Esse, allora, richiedono una premessa fondamentale, ossia che l’impianto di cremazione venga deliberato all’interno del cimitero comunale, in quanto non potrebbe esservi un servizio pubblico locale a rilevanza economica insediato nell’area di un soggetto terzo o, detto con altri termini, l’impianto di cremazione se sito all’interno del cimitero particolare, e, dunque, privato, non sarebbe installato entro il recinto del cimitero (comunale) e questa discrasia altererebbe, e non poco, così anche il primo presupposto normativo indicato all’inizio.

Non solo, ma anche opinando diversamente, cioè con una lettura più possibilista del quadro normativo testé delineato, si avrebbe, in termini di caso di scuola, una situazione del tutto incoerente ed improponibile, ovvero quella di una gestione del comune (magari con affidamento di un crematorio individuato, fuori dal cimitero (comunale), su area di un soggetto terzo rispetto al comune (il titolare del cimitero particolare), e, oltretutto, finanziato a spese di questo ultimo. Ciò determinerebbe un’evidente insostenibilità giuridica dell’ipotesi affacciata, non priva, però, di qualche fascino alchemico.
E se, per avventura, qualche L.R. prevedesse anche crematori “MOBILI”? Si aprirebbero scenari inquietanti!

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Carlo Ballotta

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