Fonte: (sito web di agenzia ADN KRONOS))
Riportiamo, volentieri, alcuni passi di una dichiarazione resa da un esperto del settore, il Segretario della FeNIOF: Federazione Italiana Imprese Onoranze Funebri. Parrebbe solo un tecnicismo, mi si potrebbe obiettare, invece queste poche righe hanno la forza di indurci, quasi coartatamente, a ragionare sull’emergenza cimiteri, in questi tempi mesti.
[…] E qui (sul confezionamento dei feretri) nasce, infatti, un problema ancora più grande: “Molti defunti che sono destinati alla tumulazione stagna sono preventivamente deposti, con una controcassa di zinco sigillato all’interno della cassa di legno che consente il mantenimento anche fuori dal cimitero o dal crematorio nei locali di stoccaggio – sottolinea il segretario della Feniof – ma i feretri destinati alla cremazione o all’inumazione hanno solo come involucro ermetico, un sacco biodegradabile che col passare dei giorni diventa permeabile e dopo qualche giorno l’eventuale percolazione di liquidi può rendersi evidente e diventa un problema igienico sanitario per tutti, non solo per gli operatori”. Ma non è tutto, perché “buona parte delle imprese che lavoravano nelle prime zone rosse d’Italia – continua Bosi – sono state messe in quarantena perché entrate in contatto con defunti o familiari che li hanno potenzialmente contagiati. Quindi, se invece di 10 imprese alla fine ne lavorano 3, queste fanno fatica a fare il lavoro di tutto e si arriva all’intervento dell’Esercito e quant’altro. Da qui la nostra richiesta di consegnare parte delle mascherine e prodotti sanificati oggi precettati per i sanitari anche agli impresari funebri. Perché è vero che siamo in seconda battuta, ma se ci ammaliamo noi chi porta i morti?”