“L’attività edilizia all’interno dei cimiteri è normata, in via primaria, non dalla normale disciplina urbanistica, ma dal regolamento speciale di polizia mortuaria (D.P.R. 10.09.1990 n. 285 e e, in via secondaria, non dagli strumenti urbanistici generali, ma dal piano regolatore cimiteriale che ogni Comune è tenuto tassativamente ad adottare (cfr. ex multis Cass. Sez. III 02.06.1983 n. 451, TAR Sicilia-Catania 18.02.1981 n. 86, TAR Abruzzo-Pescara 04.12.1989 n. 534, TAR Toscana 03.05.1994 n. 176, TAR Calabria-Reggio Calabria 06.04.2000 n. 304).
Pertanto, per lo svolgimento di attività edilizia all’interno dei cimiteri anche da parte dei privati non occorre il rilascio di alcuna concessione edilizia, essendo sufficiente il giudizio da parte del Sindaco di conformità del progetto alle prescrizioni edilizie contenute nel piano regolatore cimiteriale e non dalle norme comuni in tema di edilizia ed urbanistica” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 04.06.2004, n. 9187), confermando quanto già in precedenza asserito dalla Cassazione penale, sez. III, nella sentenza del 10.01.1990 secondo cui: “L’attività edilizia all’interno dei cimiteri, essendo regolata in via primaria dal regolamento di polizia mortuaria e, in via secondaria, dal piano regolatore cimiteriale, non è compresa nell’ambito di applicazione della legge n. 10 del 1977 e successive modificazioni”.
Il T.U. di cui al D.P.R. n. 380/2001 è norma di portata generale, mentre le disposizioni di cui agli artt. 91 comma 3 e 94 D.P.R. n.285/1990 (e, di conseguenza, anche del Regolamento comunale di polizia mortuaria) hanno carattere peculiare (e, quindi, predominano). Oltretutto, anche la disposizione sull’applicabilità del D.P.R n.380/2001 per l’edificazione, da parte di privati, su aree demaniali ha valore di norma comune; non solo, ma prendendo in esame le definizioni di interventi edilizi (art. 3), è abbastanza diffusa l’opinione per cui il Testo Unico debba soccombere alle norme speciali (del Regolamento comunale e dei piani regolatori cimiteriali con relativi strumenti attuativi (pre-condizione, quest’ultimi, per far luogo a concessione di aree cimiteriali; ex art. 91 D.P.R 285/1990), dato che la trasformazione del territorio è già stata ottenuta con l’impianto del cimitero.
Di conseguenza, una lettura strettamente letterale, e molto formale, della disposizione sembrerebbe escludere per le opere funebri l’applicazione del D.P.R. 380/2001, ritenedo sufficiente che il progetto edilizio sia approvato dall’Autorità Comunale su parere della commissione edilizia e della AUSL competente anche per le operazioni di collaudo.
Ma sarà davvero così? come al solito, in dottrina sussistono tesi anche molto divergenti tra loro, che confliggono aspramente.
In realtà, la citata disposizione del regolamento nazionale di polizia mortuaria (sempre laddove non sia intervenuta apposita norma regionale a “depotenziarne” il contenuto) non pare escludere ex se la necessità di un’autorizzazione edilizia, siccome specifica soltanto la titolarità del Comune in materia, conformandosi alla normativa in vigore negli anni novanta in campo delle costruzioni (questo perché il regolamento, invero un po’ vetusto, risale al 1990).
La giurisprudenza più recente, infatti, sembra richiedere uno specifico titolo edilizio in quanto le edicole funebri realizzate dai privati all’interno del cimitero, non sarebbero ex se opere pubbliche e, di conseguenza, non costituirebbero attività edilizia libera ex art. 7, lett. c, D.P.R. 380/2001:
“Cappelle, edicole e tumuli, invece, come già scritto autonomamente realizzabili dagli assegnatari dei suoli, eventualmente riuniti in confraternite, risultavano privi di siffatta connotazione in quanto primariamente destinati al soddisfacimento di specifici, ‘individuati’ interessi singolari (quelli degli assegnatari cui la loro realizzazione era affidata), pur avendo, in una prospettiva complessiva e finale, un apprezzabile rilievo sociale: non si trattava, dunque, di opere ‘stricto sensu’ pubbliche, come tali esonerate dalla necessità di uno specifico titolo edilizio in applicazione dell’art. 7, lett. c), d.p.r. n. 380 del 2001 (a norma del quale <<Non si applicano le disposizioni del presente titolo per: […] c) opere pubbliche dei comuni deliberate dal consiglio comunale, ovvero dalla giunta comunale, assistite dalla validazione del progetto, ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554>>).
4.3 Legittima, per conseguenza, la valutazione della loro abusività effettuata dal Comune” (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 13.03.2013, n. 575).
Secondo la legislazione vigente sotto il profilo urbanistico i cimiteri sono opere pubbliche essenziali di urbanizzazione e quindi esenti ai sensi dell’art. 9 lett. f della L. 28.01.77, n. 10 dal contributo di urbanizzazione che, non è pertanto dovuto per la costruzione di cappelle da parte dei privati.
Conferma indiretta di questo orientamento giurisprudenziale discende anche dalla sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa, sez. giurisd., 10.06.2009, n. 534 che, in relazione agli oneri di costruzione ex art. 9, c. 1), lett. f.) L.10/1977 (trasfuso nel vigente art. 17, c. 3, lett. c), D.P.R. 380/2001) afferma la loro debenza non trattandosi di opere pubbliche: “Non è esentato dal pagamento degli oneri di urbanizzazione il titolo edilizio rilasciato ad una Confraternita per la realizzazione di una cappella cimiteriale, poiché difettano i presupposti oggettivi e soggettivi, necessariamente concorrenti, in base ai quali l’art. 9, lett. f) l. n. 10 del 1977 riconosce il beneficio della gratuità, la cui “ratio” è quella di agevolare l’esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici. Dal punto di vista soggettivo, infatti, le confraternite non perseguono un interesse generale ricadente sull’intera collettività, bensì particolare siccome afferente ai propri associati e quindi ad una determinata categoria di persone; dal punto di vista oggettivo, invece, l’opera in questione non è annoverabile tra le opere di urbanizzazione che l’ultima parte dell’art. 9, lett. f) l. n. 10 del 1977 individua come quelle realizzate dal privato in attuazione di uno strumento urbanistico”).
Anche il T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, nella sentenza del 26.01.2010, n. 26, giunge alle medesime conclusioni seppur con un diverso sviluppo argomentativo: “Quanto alla necessità del titolo edilizio in ordine al progetto della cappella funeraria, la legittimità del regolamento comunale discende sia dal principio di sussidiarietà, che si è illustrato prima, sia da evidenti considerazioni sistematiche.
Infatti, carattere e la natura del corpus normativo di cui al DPR n.380/2001 sono tali da attrarre ed assorbire nella loro sfera di azione ogni genere di trasformazione edilizia dei suoli e dunque non si vede quale tipo di ragione, in diritto o anche di esigenza di interesse pubblico, dovrebbe comportare una eccezione per gli edifici funerari, peraltro soggetti alla disciplina delle norme tecniche dell’edilizia, in funzione antisismica, che sono disciplinate pur sempre dal medesimo DPR 380/2001 (art. 52 e ss. ed in particolare artt. da 83 in poi).
A ben vedere, l’unica sostanziale e logica motivazione secondo la quale parte ricorrente sostiene la estraneità della disciplina in materia rispetto a quella generale, rinverrebbe fondamento in una sostanziale specialità del D.P.R. 285/1990, che esaurirebbe in sé la disciplina applicabile, con la conseguenza che l’autorizzazione del sindaco in esso prevista costituirebbe l’unico titolo esigibile per la costruzione del manufatto a servizio votivo dei defunti.
Si deve dare atto che tale argomentazione è fondata sulle conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza più risalente nel tempo (TAR Sicilia Catania, 18.02.1981, n. 88; Cassazione Penale, sez. III, 02.03.1983) e che, peraltro, anche pronunce recenti hanno mantenuto (TAR Campania, Napoli, 9187/2004).
Tuttavia, il Collegio deve sottoporre a revisione critica l’orientamento appena richiamato: invero, la “specialità” del regolamento di igiene di cui al D.P.R. n. 285/1990, che trae il proprio vigore dalle norme di cui al testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27.07.1934, n. 1265, artt. da 337 a seguire, non esclude la necessità del titolo edilizio, quando il regolamento locale lo richieda.
L’art. 94 del D.P.R. n. 285/1990, il quale dispone che i singoli progetti di costruzioni di sepolture private debbano essere approvati dal sindaco su conforme parere della commissione edilizia e del coordinatore sanitario della unità sanitaria locale competente, ha ad oggetto l’esercizio del potere di controllo della corrispondenza del progetto con le previsioni del piano regolatore del cimitero di cui agli artt. 54 e ss. del medesimo decreto, e quindi richiama, nella disciplina territoriale, all’esercizio dei poteri di controllo delle attività di trasformazione del territorio che, come si è visto, sono da ritenersi strutturalmente propri delle competenze comunali ai sensi del D.lgs n.267/2000, collocandoli all’interno di un quadro generale costituito dalla regolamentazione del piano regolatore cimiteriale.
“[…] Ne consegue che l’art. 94 cit. va interpretato nel senso che non istituisce un procedimento tipico o nominato: il Comune, pertanto, ben può riservare, in via regolamentare, l’esercizio del summenzionato potere di controllo alla disciplina procedimentale propria del D.P.R. n. 380/2001, assicurando uniformità di presupposti, procedimenti e condizioni all’esercizio del potere di controllo delle trasformazioni edilizie del territorio, sia in area cimiteriale che all’esterno di essa, con la conseguenza che è legittima la previsione regolamentare locale che assoggetta l’edificazione nel suolo cimiteriale alle più garantite procedure di autorizzazione proprie della disciplina edilizia generale di cui al DPR 380/2001 ed alla conseguente disciplina (oneri concessori, termini di inizio e fine lavori e così via)”. (a questo esito giunge erudita dottrina, si veda Dr. Matteo Acquasaliente, tratto dal sito www.venetoius.it (Diritto amministrativo italiano)