Il diritto a decidere dei cadaveri e delle loro trasformazioni di stato (ossa, esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo, ceneri) non si esaurisce dopo la prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura, come chiaramente statuito dal paragrafo 5 Circ. Min. m.10 del 31 luglio 1998 che rinvia al paragrafo 14 della precedente Circ. Min. n. 24 del 24 giugno 1993, così, circa l’assenso alla cremazione dei resti mortali (inconsunti), si pensa debbano trovare applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza, secondo il principio di poziorità sintetizzato nell’Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285.). L’Amministrazione comunale, laddove intervenga una vertenza fra familiari, ne resterà estranea, limitandosi a mantenere fermo lo stato di fatto fino a quando non sia raggiunto un accordo fra le parti o non sia intervenuta una sentenza del Giudice di ultima istanza, passata in giudicato.
Ai sensi dell’Art. 117 Cost. in merito ai diritti della personalità v’è (o vi dovrebbe?) riserva di legge statale, in alcuni ambiti regionali, però, si comincia ad applicare il criterio della maggioranza assoluta dettato dalla Stessa Legge 130/2001, ma ancora inattuata.
Il diritto di sepoltura può esser inteso come diritto della personalità: diritto personale o personalissimo, proiettato nel post mortem da inserire nel solco tracciato dall’Art. 5 del Codice Civile.
Mentre le disposizioni sulla “volontà”, in quanto diritto della personalità e di disposizione della salma o delle sue trasformazioni di stato, costituiscono norma interna ed applicabile unicamente ai cittadini italiani, le norme sull’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato o, in subordine, il nulla-osta dell’autorità giudiziaria nei casi di morte improvvisa o sospetta si applicano non solo ai cittadini italiani, ma anche ai cittadini stranieri per il principio dell’obbligatorietà della legge penale (art. 3 C. P.).
Obbligo giuridico però, non vale per i resti mortali, in quanto l’Art. 3 comma 6 del DPR 15 Luglio 2003 n. 254 esclude la necessità di produrre la documentazione di cui all’Art. 79 commi 4 e 5 DPR 285/1990 (certificazione medica e Nulla Osta dell’Autorità Giudiziaria) richiesta, invece, per l’incinerazione di cadavere.
Ai sensi del paragrafo 5 Circ. Min. n.10 del 31 luglio 1998 la cremazione dei resti mortali può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari alle operazioni di esumazione (ed oggi anche estumulazione dopo l’emanazione del DPR 254/2003) ordinaria ed il Sindaco, con pubbliche affissioni, abbia provveduto ad informare preventivamente la cittadinanza del periodo di loro effettuazione e della modalità di “smaltimento”prestabilito per i resti mortali (reinumazione o avvio a cremazione), l’indifferenza è da considerare come assenso al trattamento stesso.
Si ricorda come solo per l’incinerazione, in quanto pratica funebre irreversibile e, per certi aspetti, controversa, almeno nella cultura italiana, la Legge contempli un’istruttoria molto più appesantita e con diversi filtri per accertare la volontà di cremazione e recepire gli atti di disposizione per il post mortem in tal senso, anche dopo il completo decorso del periodo legale di sepoltura.
Per gli altri trattamenti obbligatori (secondo la normativa vigente ulteriore turno di inumazione dei feretri estumulati ai sensi dell’Art. 86 comma 2 DPR 285/90 o raccolta e deposito dell’ossame nell’ossario comune ex Art. 85 comma 1 DPR 285/90) le facoltà d’intervento del privato cittadino sono quasi nulle: egli può solo sostenere l’onere dell’esumazione, dell’estumulazione ex Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26 ed acquistare cassettina ossario per tumulare le ossa in loculo o celletta dati in concessione ex Artt 85 comma 1 e 86 comma 5 DPR 285/1990, ma non può opporsi al disseppellimento del feretro, né può chiedere per le ossa una nuova inumazione, in quanto essa sarebbe contra legem.
Per le sepolture private, invece, potrebbe esser rinnovata la concessione (di solito per uan sola volta), ma sempre a discrezione del comune, addivenendo nei casi più estremi ad una sorta di compressione dello Jus Sepulcrhi (e dello Jus eligendi sepulchrum), il quale si colloca su un piano di ipotassi “funzionale” rispetto al fine preminente ed ultimo della permanenza dei cadaveri in cimitero, ossia la loro mineralizzazione ai sensi del combinato disposto tra gli Artt. 57 commi 5 e 6, 60 comma 2, 67, 82 comma 2 85 comma 1, 86 commi 2 e 5 DPR 285/1990.in effetti, come ha notato la Cassazione Civile, in data 29 marzo 1957 “Il regolamento di polizia mortuaria, R.D. 21.12.1942 n. 1880, dispone che quando è trascorso un decennio dalla inumazione dei cadaveri ovvero è scaduto il periodo di concessione per la tumulazione dei feretri (salvo che si tratti di sepolture private a concessione perpetua), il custode del cimitero deve provvedere alla rimozione dei resti mortali destinando le ossa esumate all’ossario comune, ed inumando i feretri estumulati: tale adempimento non è condizionato all’assenso dei congiunti del defunto. Pertanto non costituisce reato (né nella forma di violazione di sepolcro, art. 407 C.P. né in quella di sottrazione di cadavere, art. 411 C.P.) il fatto del custode del cimitero che provvede all’adempimento suddetto senza l’assenso dei congiunti del defunto”.
Ossario e cinerario, anche dopo l’avvento dell’Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26 continuano a costituire servizi istituzionali, e, dunque, gratuiti per la cittadinanza. La dispersione delle ceneri in cinerario comune ex Art. 80 comma 6 DPR 285/1990 (intesa come sistemazione atipica e residuale) o la loro custodia presso domicili privati sono invece soggette a tariffazione ex Decreto Ministeriale 1 luglio 2002.
I famigliari hanno, comunque, il diritto di opporsi alla cremazione di ossa e resti mortali stabilita d’ufficio dal comune (in caso contrario vale il principio del silenzio assenso), quindi per esercitare questo loro potere che si configura come un diritto della personalità (decidere di sé stessi e dei propri cari anche per il periodo successivo alla morte) debbono esser preventivamente informati con i modi ed i tempi di cui sopra.
Persino ragionando in via analogica “a fortiori” non è chiaro se il divieto di cremazione espresso in vita dal de cuius produca i propri effetti inibenti anche dopo il periodo legale di sepoltura.
La questione è particolarmente delicata in quanto vi potrebbe essere l’interesse da parte dei familiari a contrastare la volontà del de cuius, laddove questa comporti particolari oneri (ad es. se avesse scelto la tumulazione in cimitero) per sostituirla con modalità meno onerose (quali appunto l’affidamento familiare dell’urna o la dispersione).
Anche quando sia già avvenuta l’operazione cimiteriale senza che nessuno abbia richiesto di poter disporre di ceneri oppure ossa conviene non procedere subito con lo sversamento delle ossa nell’ossario comune o la dispersione degli esiti da cremazione (le ceneri) nel cinerario comune, poichè il diritto a disporre di cadaveri e loro trasformazioni di stato non si esaurisce dopo il periodo legale di sepoltura.
Ossa e ceneri potranno sostare per un congruo tempo nel deposito mortuario del cimitero, trascorso infruttuosamente questo lasso di tempo ai sensi del combinato disposto tra gli Art.. 85 comma 1 ed 80 comma 6 verranno depositare in forma indistinta e promiscua nei due spazi (ossario e cinerario) adibiti ad accoglierle.
E’interessante un dettaglio di tipo procedurale: La Circ. Min. n.24/1993 prevedeva per l’autorizzazione alla cremazione dei resti mortali un non dissenso da parte degli aventi titolo, con la Circ. 10/1998, L’Art. 3 comma 2 lettera G) della Legge 30 marzo 2001 n. 130, e soprattutto il DPR 254/2003 (e la relativa Risoluzione del Ministero della Salute n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003occorre invece l’esplicito consenso (o il manifestato disinteresse che vale pur sempre come assenso).
Tutto l’iter autorizzativo ad un primo esame sembra essersi appesantita, in realtà la definizione in via amministrativa e standardizzata di “Resto Mortale”permette semplifica notevolmente le operazioni poiché la tipologia dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo può esser individuata d’ufficio dal comune senza più laboriose distinzioni caso per caso.
In merito alle responsabilità per il familiare che non aveva titolo a richiedere una operazione cimiteriale si è del parere che, tranne non rilevino fatti penali, non sia sanzionabile un comportamento se questo non contravviene a precise disposizioni di legge (ad es. dichiarazione falsa in atto sostitutivo di notorietà), regolamento o norme locali.
In altri termini se il Comune ha dato corso ad una istanza di uno o più familiari, poi rivelatisi non titolati a fare detta richiesta per effetto di norme comunali si ha una violazione per il familiare del regolamento cittadino di polizia mortuaria, depenalizzata, soggetta a sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 107 del DPR 285/1990 il quale rimanda all’Art. 358 Regio Decreto n. 1265/1934 così come novellato dall’Art.16 del D.Lgs. 22 maggio 1999, n.196, se il comune (ai sensi dell’Art. 16 Legge 16 gennaio 2003 n.3) o la regione non hanno differentemente stabilito dotandosi di un proprio sistema autonomo di diritto punitivo.
Tra le infrazioni trasformate in illecito amministrativo dalla legge n. 689 del 24 Dicembre 1981 rientrano anche quelle previste dall’art.358 del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265. La depenalizzazione ha lo scopo di trasformare gli illeciti penali in illeciti amministrativi.
La sanzione amministrativa prevista dall’art. 358 Regio Decreto 1265/1934 si configura come residuale, in quanto risulta applicabile solamente alle violazioni regolamentari che non costituiscano reato ed alle trasgressioni a norme regolamentari per le quali non sia prevista una specifica punizione pecuniaria.
Articoli correlati e reperibili con la funzione “CERCA”:
- La ri-tumulazione
- Cremazione di resti mortali
- Il trattamento del resti mortali
- L’iter delle estumulazioni
E’un dovere del comune, dare pubblicità-notizia su programmazione ed esecuzione delle operazioni cimiteriali massive di esumazione ed estumulazione?
Ai sensi dell’articolo 82 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, non esiste un espresso obbligo giuridico di informare i congiunti, tuttavia pare opportuno comunicare data e modalità delle operazioni cimiteriali sia attraverso la pubblicazione annuale, in occasione della ricorrenza dei defunti, all’ingresso dei cimiteri, dell’elenco dei campi e dei gruppi di loculi in scadenza nell’anno successivo, le cui salme saranno esumate o estumulate, sia attraverso l’apposizione di appositi cartelli direttamente sui campi da esumare.
Più raro il caso del preavviso di inizio delle operazioni massive di esumazione/estumulazione ordinaria pubblicato nell’albo pretorio o l’avviso recapitato al domicilio degli interessati.
Oggi la situazione é radicalmente diversa, in quanto é divenuto interesse del Comune accertarsi che l’avviso delle operazioni citate giunga ai congiunti, anche per evitare il sorgere di possibili contenziosi giudiziari
Infatti la circolare del Ministero della Sanità n. 10 del 31/7/98, prevede, nel caso in cui la salma non si sia mineralizzata, l’avvio del resto mortale a cremazione solamente con l’assenso degli aventi diritto. Pertanto spetta al Sindaco, con una scelta discrezionale propria del suo ruolo di rilevanza politica per il buon governo del cimitero, stabilire, con oneri a carico del Comune se procedere alla cremazione dei resti mortali o se invece destinarli a re-inumazione in campo inconsunti; nel caso opti per la cremazione deve poi decidere quali procedure adottare perché l’avviso agli aventi diritto pervenga in modo rapido, sicuro ed efficace.
Ciò può essere ottenutosia con un’apposita ordinanza, che tenga conto di quanto stabilito dalla circolare del Ministero della Sanità citata, oppure inserendo i principi generali della materia nel regolamento di polizia mortuaria comunale. A richiesta dei parenti si può sempre procedere a cremazione, con oneri a carico di questi.
Noterei l’analogia tra le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 1, lettera g) della legge 130/2001 in materia di “affissione” e, anche, l’indirizzo della circolare min. san. 10/1998, punto 5, “cremazione resti mortali”, ove recita:
“quando vi sia disinteresse dei familiari alle operazioni di esumazione ordinaria e il sindaco, con pubbliche affissioni, abbia provveduto ad informare preventivamente la cittadinanza del periodo di loro effettuazione e del prattamento prestabilito dei resti mortali (reinumazione o avvio alla cremazione), il disinteresse è da valere come assenso al trattamento stesso.”
Sono, però, di rigore alcune distinzioni:
1) da un lato si parla di sole esumazione ordinarie; dall’altro di esumazioni (decennali=ordinarie, resti mortali) e estumulazione (ventennali=resti mortali);
2) da un lato si parla di disinteresse; dall’altro di irreperibilità degli aventi titolo;
3) da un lato si parla di mera affissione dell’avviso (generico); dall’altro di pubblicazione all’albo pretorio, con termine 30 gg.
Sono d’uopo alcune postille a quest’articolo:
1) Per quanto riguarda l’ufficio comunale cui inoltrare l’istanza per la cremazione dei “resti mortali” così come definiti dall’Art. 3 comma 1 lett. b) DPR n.254/2003 si rimanda all’art. 3, commi 5 e 6 dPR 15/7/2003, n. 254, rinviando, poi, al Regolamento comunale (l’unico ad esser approvato dalla giunta) di cui all’art. 48 comma 2 ed art. 89 TUEL per la determinazione, in sede locale, di quale sia la sede competente.
2) fatta salva diversa disposizione della legge regionale (se presente), l’assenso non potrebbe, comunque, che essere reso da tutti i congiunti nel grado più prossimo, secondo il criterio di poziorità (ovvio: se non vi sia coniuge) e non dalla maggioranza. L’istututo della maggioranza, mutuato dalla Legge n.130/2001 è ammissibile nelle regioni in cui sia espressamente previsto, anche per i resti mortali.
3) L’assenso (o, se si vuole, il non dissenso) all’incinerazione dei resti mortali è del tutto meno forte della volontà alla cremazione da manifestarsi con forme ben più strutturate; tra l’altro, l’art. 3, lett. g) L. 30/3/2001, n. 130 (fino a che non venga abrogato) considera anche l’ipotesid ell’irreperibilità dei familiari (rimediabile con un’affissione per 30 gg.). In buona sostanza, non si tratta tanto di un atto volitivo (come manifestazione positiva), perchè il tutto si concretizza come una sorta di potenziale potestà di opposizione. L’assenso, in ambito cimiteriale, si configura, dunque, come una sorta di adesione.
4) Se, in difetto di coniuge, si devono considerare, nell’ambito territoriale di riferimento, tutti i parenti nel grado piu’ prossimo, si dovrebbe considerare come l’assenso di essi costituisca esercizio di un potere, e ciò porterebbe, a rigore, ad escludere l’applicabilità dell’Art. 38 dPR 445/2000 (rendendosi così necessaria anche l’autenticazione delle firme…ma ovviamente è un’ipotesi del tutto accademica, sotto certi aspetti contraddetta dalla stessa Circolare Telegrafica 1 settembre 2004 n. 37 eppure tenacemente sostenuta in dottrina).