Premessa il diritto di sepolcro si configura come un complesso di situazioni giuridiche assimilabili a queste tre principali fattispecie:
1. Jus Sepulchri = diritto ad esser sepolto in un determinato sacello privato
2. Jus Inferendi in Sepulchrum = diritto a dar sepoltura
3. Diritto secondario di sepolcro = potere che sorge in capo ai consanguinei del de cuius per rendergli i dovuti onori funebri con pratiche di pietas e devozione verso i propri morti.
Va ricordato che la natura tipica delle concessioni cimiteriali importa che la “successione” possa aversi unicamente per discendenza, salvo che quando questa sia esaurita, nel qual caso può avvenire per eredità, anche se con effetti particolari. Infatti, poiché il diritto alla sepoltura in un determinato sepolcro privato nel cimitero è un diritto della persona, esso non ha carattere patrimoniale, con la conseguenza che la successione per eredità, esaurita la discendenza, importa che l'”erede” subentri sono negli obblighi derivanti dalla concessione e non nel diritto di poterla utilizzare, a tempo debito. Come si vede, il regolamento comunale di polizia mortuaria assume un ruolo del tutto centrale ed essenziale nella regolazione delle questioni segnalate (Dr. Sereno Scolaro).
Problema:
Guglielmo, nell’imminenza del secondo dopo guerra, vigente il Regio Decreto R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, il cui Art. 71 (1) prevedeva la disponibilità delle sepolture per atti inter vivos o mortis causa diviene titolare di 6 loculi a concessione perpetua disposti su tre ordini verticali, l’atto di concessione (2) a quanto ci è dato sapere prevede la classica formula sibi familiaeque suae, in cui dar sepoltura ai genitori provvisoriamente “parcheggiati” in altro cimitero.
L’atto di concessione , però, non precisa più dettagliatamente quali siano le persone riservatarie del diritto di sepolcro.
Guglielmo non ha rapporti di coniugio o di filiazione, così, nel corso degli anni le tombe disponibili vengono occupate dai suoi genitori e fratelli premorti ed anche dai loro coniugi (essendo quest’ultimi, quali cognati e quindi affini (3) e non discendenti jure sanguinis, s’immagina vi sia stata da parte del fondatore del sepolcro una sorta di autorizzazione assimilabile all’istituto della benemerenza (4) , anche perché all’epoca vigeva l’istituto sociale della famiglia alla allargata e patriarcale, propria delle zone rurali, senza dimenticare come il regolamento comunali di polizia mortuaria in via estensiva potrebbe considerare appartenenti al novero famigliare anche gli affini di primo grado). alla sua morte nel lascito testamentario nomina eredi universali Marco ed Alberto, trasferendo loro, Jus Hereditatis anche il sepolcro gentilizio, così come risulterebbe anche dall’atto di concessione conservato presso gli archivi comunali.
Ora i rami della famiglia con scrittura privata non si sono mai preoccupati di definire un ordine per l’uso dei posti feretro, lasciando questo ingrato compito al triste evolversi egli eventi luttuosi, ovviamente questa situazione di incertezza ha ingenerato il alcuni aventi diritto la legittima, ma del tutto giuridicamente immotivata aspettativa di esser assegnataria di un loculo.
Nel corso dei decenni tutti i 6 loculi risultano occupati da cadaveri o resti mortali, per liberare spazio finalizzato a nuove tumulazioni bisognerebbe procedere alla riduzione o alla cremazione dei defunti ivi sepolti da più di 20 anni ex DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Ovviamente, deceduti il fondatore del sepolcro ed i sui fratelli la rissosità tra i cugini è massima perché non si forma mai il consenso unanime per deliberare l’operazione cimiteriale, in quanto inibire il diritto di sepolcro ad un odiato parente significa, per converso, garantirlo in futuro remoto a sé o ai propri cari.
Ora Alberto, nipote ed erede universale, assieme al fratello dell’originario concessionario scompare e nelle sue ultime volontà chiede di esser tumulato nella prestigiosa tomba di famiglia, ma non quale discendente Jure Sanguinis del fondatore del sepolcro, ma in virtù nuovo concessionario subentrato allo zio in forza del testamento, ampliando così la portata dei suoi Jura Sepulchri.
Come sempre si scatena tra i parenti una rissa terrificante.
Per dirimere la faccenda sono necessarie alcune considerazioni di dottrina e… giurisprudenza, anche perché questi conflitti, spesso, debbono esser ricomposti proprio dal Giudice. (ma da quale: ordinario o… amministrativo?).
1. Se la famiglia del concessionario non è definita dall’atto di concessione la sua definizione deve esser desunta dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
2. La concessione cimiteriale ha, anche, dei contenuti patrimoniali, ma questi sono direttamente correlati e finalizzati, all’esercizio di diritti personali, dato che il diritto d’uso e’ riservato unicamente al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia.
Astrattamente, può anche aversi una successione nelle componenti patrimoniali (cappella), almeno nel corso di durata della concessione, successione che non può, mai, estendersi al diritto personale (quello di venirmi sepolto) in quanto i diritti personali non sono successibili. In questo caso, chi eredita, eredita il bene con i suoi oneri (es.: obblighi di manutenzione), mentre il diritto di sepolcro (= di esservi sepolti, cioe’ di usare la cappella ai fini del proprio sepolcro) restano ‘riservati’ (art. 93, 1 dPR 10/9/1990, n. 285) al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia (quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria e dall’atto di concessione). L’erede subentra negli oneri sulla concessione (fino a che duri), probabilmente (nel caso) solidarmente ad altri membri della famiglia; mentre il diritto di sepoltura e’ “riservato” solo alle persone della famiglia del concessionario. Infine, richiamando la sent. della sez. II civile della Corte di Cassazione n. 12957 del 29/9/2000, in presenza di istituzione di erede universale ma anche di discendenti jure sanguinis del concessionario, si determina che l’erede diventa titolare della ‘proprietà del manufatto’ per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, e fino a che duri la concessione, con tutti gli oneri connessi (la successione ha riguardo sia alle componenti attive ma anche a quelle passive), rimanendo sprovvisto di diritto di sepolcro fin tanto che non siano estinti tutti i membri della famiglia del concessionario, i quali conservano il proprio diritto, primario e secondario, di sepolcro e rispetto ai quali l’erede e’ tenuto ad assicurare ogni comodità ed a ritenerli esenti di ogni onere per quanto riguarda il loro diritto di sepolcro che deriva dall’appartenenza alla famiglia delc oncessionario.
Solo con l’estinzione di tutti i discendenti o, comunque, familiari del concessionario, l’erede potrà – forse – acquisire un diritto di usare, a titolo personale, il sepolcro.
3. L’atto di concessione non precisa la retroattività sui suoi effetti giuridici dello Jus Superveniens, ossia delle successive modifiche del regolamento comunali di polizia mortuaria, di cui si ribadisce la centralità per dirimere liti di questo tipo.
4. vanno tenuti ben distinti i diritti di sepoltura (5) , aventi carattere personale (appartenenza alla famiglia), rispetto ai diritti patrimoniali sul sepolcro (quelli che determinano, tra l’altro, obblighi di manutenzione e conservazione del manufatto, gli eredi potrebbero, quindi, esser semplicemente degli onerati.
5. Anche in base alla sentenza della Corte di Cassazione n. 12957/2000, l’erede testamentario rimane sprovvisto del diritto di sepolcro fino all’estinzione di tutti i membri della famiglia del concessionario d’origine.
6. Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria in proposito – cioè concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione – dato che la concessionaria risulta non avere discendenti che jure sanguinis siano succeduti nei diritti concernenti la concessione, il sepolcro deve considerarsi trasformato in ereditario. Ne consegue che gli eredi, se previsto dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso.
7. Quando il testamento acquisisca efficacia (pubblicazione se olografo ex Art. 620 Codice Civile, può senz’altro essere riconosciuta la titolarità (patrimoniale) della cappella, ma non la titolaritià di diritto personalissimi come il diritto di sepoltura (= esservi sepolti) in quanto questi sono legati all’appartenenza alla famiglia del fondatore.
8. In parole povere, il “proprietario” ha gli oneri connessi alla “proprietà ” (6), ma l’uso, in quanto diritto personalissimo, e’ legato all’appatenenza alla famiglia (almeno fino a che questa non si estingua).
Rimane pur sempre anche l’aspetto della capienza fisica del sepolcro (dato che i cadaveri non possono essere estumulati, o ridotti, trattandosi di sepolcro perpetuo (art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285).
9. Dai dati in nostro possesso non è chiaro se per norma che sorga dal combinato disposto tra atto di concessione (con relativa convenzione) e regolamento di polizia mortuaria si debba di volta in volta far riferimento al concessionario originario oppure ad i suoi di volta in volta aventi causa.
10. Il diritto di sepolcro trova il suo fisiologico limite nella capienza fisica del sepolcro stesso, degradando a mera aspettativa, se non c’è il necessario consenso a ridurre (7) o cremare i defunti precedentemente tumulati lo jus sepulchri non è esercitabile.
Quindi nella fattispecie Alberto, prescindere da vantato, ma ancora indimostrato subentro nella concessione, ha sì titolo ad esser tumulato nella tomba fondata da suo zio, ma in qualità non di proprietario, ma di congiunto Jure sanguinis con il fondatore del sepolcro.
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(1) Tuttavia, tale disposizione era comunque inapplicabile ed “abrogata” fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
(2) A fonte Regolamentare locale potrebbe prevedere tanto che al concessionario debba farsi riferimento anche post mortem quanto che i suoi discendenti assumano, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).
(3) Pretura di Genova, 30 dicembre 1995 Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione.
(4) se occorre tumulare (ad es.) un feretro di persona benemerita, occorre l’assenso scritto di tutti coloro che, avendo diritto alla sepoltura in detta tomba, ne autorizzano l’entrata (in quanto rinunciano ad un loro diritto). Difatti l’accesso ad una tomba è in funzione sia del diritto ad esservi sepolto, sia della premorienza rispetto ad altri aventi diritto, fino al completamento della capienza del sepolcro, fatta salva ovviamente la possibilità di traslazione ad altra sepoltura o la riduzione in resti o la cremazione degli stessi.
(5) diritto di sepolcro e’, essenzialmente, un diritto personale, connesso all’appartenenza alla famiglia (di cui la componente patrimoniale e’ strumentale rispetto alla realizzazione del fine primario, quello della sepoltura del concessionario e dei membri della sua famiglia a cui e’ riservata la sepoltura). La condizioone di erede, invece, richiama un contenuto patrimoniale che puo’ rilevare solo se ed in quanto siano esuariti i membri della famiglia e non necessariamente importa l’acquisizione del diritto ad essere sepolti, ma spessissimo i soli doveri dominicali sul manufatto, fino alla scadenza della concessione.
Sulle modalità di ‘”registrazione”‘, comunque la si chiami, delle titolarità derivanti ai discendenti dalla morte del concessioanrio, va fatto rinvio al Regolamento comunale di polizia mortuaria (che, probabilmente, nulla dice, specie se un po’ datato), potendo prevedere un atto ricognitivo, rientrante nell’ambito dell’art. 107, comma 3 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267 e succ. modif., a volte su dichiarazione/denuncia (magari anche da effettuarsi entro un determinato termine dal decesso del concessionario), altre volte d’ufficio. La ‘fonte’ e’ sempre e comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria.
(6) Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo Jus Sepulchri.
(7) Una volta avvenuta la tumulazione, l’estumulazione è ammessa solo allo scadere della concessione, se a tempo determinato, mentre non è ammessa l’estumulazione se si tratta di concessione perpetua, ma la salma tumulata deve permanere nella sepoltura a tempo indeterminato (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo che non ricorra il caso di cui al successivo art. 88, cioè quando venga richiesto il trasferimento in altro sepolcro, o per riduzione in resti.
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Tumulazione illegittima?
Salve. Prima di tutto Le faccio i complimenti per l’utilità del sito e per la Sua grande competenza al riguardo, secondo vorrei illustrarLe un problema che mi è capitato.
Nel 1982 mia madre, i miei 2 fratelli ed io abbiamo avuto in concessione una cappella gentilizia. Nel contratto di concessione è riportato che “il diritto di uso della concessione in parola è riservato al concessionario ed ai suoi legittimi eredi, successori e successibili, con divieto di alienazione, a qualsiasi titolo e causa, per atto tra vivi, in favore di terzi”.
Nella cappella in questione, fino a qualche mese fa, era seppellito soltanto mio padre. Successivamente, la moglie di mio fratello vi ha fatto tumulare il figlio del fratello di mio padre.
La tumulazione è stata fatta senza consultarci… in pratica ci siamo trovati di fronte al fatto compiuto.
Approfittando della sua competenza vorrei chiederLe se ciò sia legittimo, tenuto conto di quanto Le ho riportato e, qualora sia una sepoltura indebita, se possiamo chiedere al Comune di agire in autoutela per ottenere il trasferimento della salma in altro posto.
La ringrazio infinitamente.
X Roberto,
Mi mancano troppi elementi per poterLa davvero aiutare, provo comunque a sintetizzare qualche aspetto procedurale e di sostanza.
Innanzi tutto: a chi era intestata originariamente la concessione? Glielo chiedo perché, come mi par di capire sono già passati oltre 90 anni dal decesso della prima sorella ed in tutto questo tempo le cose possono anche esser cambiate, soprattutto riguardo alla possibile voltura del rapporto concessorio. MI spiego meglio: adesso a che è riconducile la concessione? Ci sono state variazioni, magari mortis causa, nella titolarità della stessa?
Occorre, ad ogni modo, fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria locale per la verifica di quali siano, o possano essere, le persone che siano subentrate (se vi sia stato subentro) nella qualità di concessionario (precisando che potrebbe anche aversi il caso che non vi sia proprio subentro, ma che con cessionario rimanga determinato nel fondatore del sepolcro (con l’effetto dell’inoperatività dell’art. 93, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285).
In linea generale, nei sepolcri privati nei cimiteri sono accoglibili (cioè: hanno il diritto di sepolcro) le persone considerate dall’art. 93, sopra citato salve norme regolamentari che amplino o restringano il diritto di sepolcro), fatta salva la possibilità per il concessionario, esplicitandolo nell’atto di concessione, di indicare, od anche escludere, persone diverse, statuizione che rimane immodificabile di seguito, sia da parte del concessionario, sia da parte (deceduto questi di altri aventi titolo, se subentrati nella titolarità della concessione.
Il diritto di accoglimento in un dato sepolcro privato (quali sono le tumulazioni tutte) è regolato dall’Art. 50 lett. c) del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285. Detto diritto, attraverso apposita istruttoria comunale, basata naturalmente sulla produzione agli atti dei soli titoli formali (SENZA, QUINDI, ESTENUANTI INDAGINI), ai sensi dell’Art. 102 del DPR citato, deve esser provato al momento della morte, specie quando la concessione della tomba sia pre-esistente. IN altre parole, forse più semplici, lo jus sepulchri è l’unico diritto che si eserciti, in proiezione dell’oscuro post mortem, da morti, appunto, ovvero quando cessa la capacità giuridica. Dello Jus Sepulchri, quindi, bisogna esser titolari (in realtà bisognerebbe ragionare non in termini di un diritto vero e proprio, ma di una legittima aspettativa dove forti sono gli elementi di romantica idealità)quando si è ancora vivi e comunque il diritto di sepolcro vale e diviene effettivo solo quando ci sia materialmente spazio per la tumulazione di un nuovo feretro, oltre questo limite di capienza fisica, lo Jus Sepulchri stesso spira…cioè si estingue da solo, divenendo lettera morta (= un vano miraggio!.
Allora se Sua madre, era, quando ancora in vita, portatrice dello Jus SEpulchri, il quale, non dimentichiamo mai, nel sepolcro di tipo famigliare, si trasmette unicamente jure sanguinis o jure coniugii, vale a dire per consanguineità o matrimonio e nella tomba c’è ancora posto si potrà provvedere, pleno jure, alla sua tumulazione, altre ragioni ostative non si rilevano…per il momento!
buonasera, volevo sottoporvi un quesito al quale non riescono a darmi risposta. mia madre è morta da poco, come ultima sorella ha diritto alla concessione cimiteriale nel sepolcro nel quale 92 anni fà fu sepolta la sorella che è titolare della concessione? nonostante defunta è ancora titolata alla concessione o ad essere sepolta nella tomba assieme alla sorella?
grazie mille
X Eva,
In caso di co-intestazione (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una corta di comunione indivisa tra i co-intestatari. Una volta stipulato l’atto di concessione, di norma, non è ammesso che i concessionari regolino tra loro una sorta di “ripartizione” quantitativa dei posti, salvo che ciò non sia – espressamente – previsto dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, ipotesi nella quale lo stesso regolamento regola (o, dovrebbe regolare le forme e le modalità di “registrazione” di questa “DIVISIONE” da parte degli uffici comunali.
Il diritto di sepolcro, infatti, é riservato ai concessionari e alle persone appartenenti alla famiglia dei concessionari, famiglia che, a questi fini, é stabilita nel Regolamento comunale di polizia mortuaria.
L’effettiva fruizione del sepolcro, va posta in relazione ai momenti di utilizzo (decesso delle persone rientranti nella riserva), aspetto non prevedibile, con il limite (ovvio) della capienza del sepolcro). Infatti, i diversi aventi diritto alla sepoltura si trovano in condizioni di pari-ordinazione e l’uso é connesso solo al verificarsi dell’evento (non prevedibile, ma comunque certo come comprensibilmente noto).
Il concessionario (o, un concessionario) non ha mai titolo, una volta rogato l’atto di concessione, a disporre del sepolcro, o di singoli posti, meno ancora consentire la tumulazione di persone terze, fatti salvi i casi di convivenza di cui all’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 (si trascura la qualità di persone benemerito per il concessionario, trrattandosi di fattispecie che opera solo se ed in quanto il regolamento comunale di polizia mortuaria definisca, in via generale, i relativi criteri per il riconoscimento di tale condizione).
La questione posta è, quindi, un po’ complessa, siccome, in linea di massima, dovrebbe sussistere nella titolarità della concessione tra più persone una comunione indivisibile, anche se possano esservi “regolazioni” pattizie tra diversi soggetti (regolamento su cosa comune ex art. 1106 Cod. Civile?), sempre se ed in quanto dichiarate ammissibili o consentite dal Regolamento comunale. In tale ipotesi, l’utilizzo, pro-indiviso, si verifica in conseguenza di fattori esterni alla volontà degli interessati, cioè all’evento del decesso di persone aventi diritto, in quanto concessionarie o appartenenti alla famiglia del concessionario, e fino al raggiungimento della saturazione del sepolcro stesso. È tradizione che vi sia una sorta di equa divisione dei posti in base alla quota di proprietà del sepolcro, ma questo non è elemento di diritto.
Fermo restando il necessario rinvio al Regolamento comunale (che, in questi casi, senza mai dimenticare l’art. 117 comma 6 III Periodo Cost. assume/svolge un ruolo importante, quando non assoluto), potrebbe – forse – anche riuscire comprensibile un intervento giudiziale di “modulazione”, del diritto di sepolcro; qualora il giudice acceda a questa tesi detto frazionamento, per altro, comporterebbe una sorta di compressione dei diritti di ciascuno degli altri soggetti interessati, venendosi così ad alterare il postulato per cui il titolo ad essere sepolti andrebbe ponderato in occasione del suo immediato utilizzo.
Detto regolamento interno ai titolari dello Jus Sepulchri potrà senz’altro, per conoscenza, esser inoltrato al Comune, rimanendo, però, quest’ultimo estraneo ad ogni potenziale controversia, da dirimersi dinanzi al Giudice Ordinario, poiché si tratta, pur sempre, di diritti soggettivi.
desidero sapere se è possibile scrivere un regolamento interno tra familiari.
X Paola,
La condizione da Lei rappresentata parrebbe configurare la situazione di una tumulazione sine titulo, ossia indebita ed illegittima (= abusiva?), in quanto a suo tempo non autorizzata, con atto formale, dal concessionario.
In primis, bisogna sempre ricordare, però, come il concessionario autorizzi sì l’ingesso nel sepolcro di un determinato feretro, ma autorizza non ad arbitrio o capriccio (= non può autorizzare chicchessia, cioè un estraneo alla rosa dei destinatari dello Jus Sepulchri) bensì sulla base di due precisi elementi normativo-contrattuali:
a) del regolamento comunale di polizia mortuaria vigente all’atto della stipula dell’atto concessorio che si pone come premessa necessaria a tutti i procedimenti di polizia mortuaria che interessino, come parte contraente, il Comune
b) dello stesso atto di concessione.
E’il combinato disposto tra queste due fonti del diritto a determinare la cosiddetta “RISERVA” ossia il novero delle persone che, quali titolari dello jus sepulchri, siano portatrici, quando ancora in vita, del diritto alla tumulazione in sepolcro privato della loro futura salma (in realtà, mentre si è in vita lo Jus Sepulchri, unico ed ultimo diritto da esercitarsi nel post mortem, rimane una mera aspettativa, in attesa di concretizzarsi in prospettiva postuma, fatta salva la raggiunta saturazione del sepolcro stesso: se materialmente non dovesse esserci più posto per immettere nuove bare (…e lo spazio sepolcrale non è dilatabile all’infinito…purtroppo!) lo Jus Sepulchri spirerebbe di per sé, naturalmente senza più la possibilità di esser attuato verso chi ne sia ancora astrattamente titolare.
Quid juris, allora, nella fattispecie?
Io, fossi in Lei (oggi sono più “mafioso” ed omertoso del solito, ma mi permetto, in confidenza, questo spregiudicato suggerimento) me ne starei zitto, in qualche modo invertendo l’onere della prova, poiché una tumulazione sine titulo, ovvero in difformità dall’atto di concessione e dalla “RISERVA” da lui prestabilita comporterebbe ex lege, oltre all’applicazione delle previste sanzioni amministrative (oggi, forse prescritte, in quanto ragioniamo di una sepoltura “clandestina” risalente al lontano, ormai, 1983) anche un altro intervento punitivo ben più grave come la decadenza della stessa concessione per violazioni unilaterali alle obbligazioni sinallagmatiche contratte dal concessionario primo, verso il Comune quando la concessione stessa fu rilasciata.
Tra l’altro una recente sentenza del Consiglio di Stato (da maneggiare con estrema cautela, perchè nel nostro ordinamento giuridico una sentenza fa stato solo tra le parti) sembrerebbe proprio corroborare questa mia tesi così “spericolata”, in base a questo assunto agevolmente dimostrato nello sviluppo logico-argomentativo della sentenza: se il comune omette l’attenta verifica dello jus sepulchri all’atto di ogni singola tumulazione (avallando anche comportamenti di dubbia legittimità “border line”) l’eventuale dichiarazione di decadenza sanzionatoria sarebbe viziata da eccesso di potere e difetto di motivazione, proprio perché il controllo deve esser a monte.
Si ricorda, infatti, l’art. 102 dPR 10/9/1990, n. 285, non agevolmente obliterabile, in forza del quale il Comune deve tramite apposita istruttoria valutare attentamente il titolo di accoglimento di un feretro in un sepolcro privato, proprio per evitare una sorta di “usurpazione” di sepolcro, o detto più delicatamente di una turbativa di sepolcro.
Il comune potrebbe, forse, avvalersi del potere di auto-tutela, annullando (motivatamente) le autorizzazioni indebite impropriamente rilasciate, poichè viziate ab origine, e assegnando un termine affinchè i familiari del defunto “sine titulo”, procedano, a propria cura, diligenza ed onere (chiedendo le prescritte autorizzazioni ecc. ecc.) a dare diversa destinazione al feretro.
Il problema sarebbe semmai, quello relativo al da farsi in caso di inadempimento, per cui (da valutare) si potrebbe operare un rinvio agli artt. 2028-2032 CC.
Se, poi,come nel caso presente si ipotizza, il Comune ha erroneamente assentito alla tumulazione in contrasto con il titolo concessorio, l’Ente Locale – come è stato rilevato in dottrina, potrebbe agire in autotutela annullando l’autorizzazione illegittima invitando, altresì, gli aventi diritto sulla salma abusivamente tumulata in primo luogo alla estumulazione e successivamente alla collocazione del feretro, entro un dato termine, in altro legittimo sito.
In caso di inadempimento degli intimati, il Comune potrebbe (con provvedimento dirigenziale ) disporre d’ufficio la rimozione della salma abusiva ponendola – come è stato scritto, provvisoriamente, in attesa di sistemazione definitiva, in altro loculo non ancora concessionato, ovvero, in via definitiva, nel campo di terra.
Diciamo che dovrebbe sempre essere preventivamente acclarato che il defunto avesse titolo ad essere accolto in un determinato sepolcro. Non si ignora, parimenti, come, talora, tali accertamenti o non avvengano o sono effettuati in modo del tutto molto “soft”.
Gentile Sig. Carlo,
ho ereditao da mio padre una cappella di famiglia con la ricettività delle salme al completo. Mi viene il dubbio che una cugina di secondo grado ivi sepolta sia stata tumulata nel 1983 e che al comune ove si trova la cappella sia stata data comunicazione ufficiale ma non il permesso di tumulazione della salma in quanto il titolare della concessione della cappella era già morto. In questo caso come mi devo comportare? E’ necessario che mi rechi in comune per regolarizzare la posizione amministrativa? Grazie
X Viviana,
Qui il conflitto strisciante non è tanto tra parenti del de cuius, ma tra il legittimo diritto alla memoria (di chi rimane in questa valle di lacrime) e lo jus eligendi sepulchrum, ossia la volontà sovrana del de cuius stesso nel decidere forma, modalità e luogo di sepoltura.
Di solito questi contrasti così dilaceranti tra princìpi primi dell’Ordinamento Giuridico si risolvono tramite compressione o estensione di quest’ultimi.
La normativa vigente (salvo forse la Lombardia, il cui regolamento regionale è più possibilista in termine di “privacy” dei defunti) prevede, comunque, la necessità di riportare sulla lapide nome, cognome, data di nascita e di morte delle persone sepolte nella tomba. Pertanto oltre le iscrizioni dovute è possibile concedere (da parte del dirigente competente) altre scritte, purché autorizzate, nulla invece si dice della foto-ricordo, che, pertanto, è da intendersi come facoltativa.
Alcune delle caratteristiche che deve presentare una tomba per essere considerata in stato d’abbandono possono essere, per esempio, la non leggibilità delle iscrizioni (obbligatorie la data di nascita, morte, nome e cognome),
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Generalmente le soluzioni individuate nei diversi Comuni sono le seguenti:
– norme tecniche attuative di piano regolatore cimiteriale (che però non entrano nel dettaglio).
Spesso la norma tecnica rimanda ad altro strumento d’attuazione (deliberazione di Giunta, determina dirigenziale, regolamento comunale) gli aspetti di dettaglio, che possono variare nel tempo, anche in relazione all’?evoluzione dei materiali e delle preferenze della cittadinanza.
– progettazione del complesso architettonico. In fase di approvazione del progetto di realizzazione del corpo loculi il progetto esecutivo arriva al particolare sia per le caratteristiche della lapide, sia per quelle dell’?oggettistica (per garantire una progettazione uniforme dell’?insieme e non lasciare troppa libertà a chi acquisisce una concessione o a marmisti);
– regolamento di polizia mortuaria comunale che entra nel merito o spesso lascia a determina dirigenziale il dettaglio;
– determina dirigenziale che fissa le caratteristiche.
Una volta operata la scelta strategica occorre applicarla ai casi concreti e il sistema preferibile è una istanza del cittadino per la collocazione dell?’oggettistica e scritte, che esplicitamente faccia riferimento alla piena ottemperanza delle prescrizioni dettate.
Nella autorizzazione comunale, soggetta ad apposita tariffazione (= corresponsione di diritto fisso) alla collocazione vengono specificate le conseguenze in caso di inadempienza e cioè l’elevazione della sanzione prevista nel regolamento comunale in caso di violazione di questo e diffida al ripristino secondo quanto autorizzato.
Il gestore ha il compito di istruttoria e di segnalazione all?’Amministrazione comunale delle trasgressioni regolamentari intervenute.
Nella fattispecie, pertanto, oltre le iscrizioni dovute è possibile concedere (da parte del dirigente competente) altre iscrizioni, autorizzate, come anche un ricordo di persone sepolte da altra parte, purché chiarendo che non vi è la salma, realizzando, così, un piccolo cenotafio (= monumento sepolcrale dedicato a persona sepolta in altro luogo), naturalmente con il nulla osta dell’ufficio comunale della polizia mortuaria cui compete, pur sempre, la funzione di supervisione e controllo dell’attività cimiteriale (lavori lapidei compresi!)
Questa ulteriore facoltà deve essere cedevole rispetto agli obblighi normativi minimi.
Se cioè una tomba è a 4 posti e c?è solo posto sulla lapide per 4 morti (nome, cognome, data nascita e morte) il ricordo della salma lì non contenuta può essere inserito solo se c?è lo spazio occorrente per le altre scritte. Se fossimo nella situazione in cui nella tomba vi sono 3 morti sepolti, può essere inserito il ricordo per la salma lì non sepolta, ma a condizione che tale iscrizione venga tolta nel momento in cui occorre fare la quarta scritta, oppure occorre che le scritte siano di dimensioni tali da contenere tutti gli elementi. Questi obblighi devono essere previsti nella autorizzazione del dirigente per l?iscrizione del ricordo.
Se Lei e la Sua famiglia ritenete il cenotafio in questione lesivo della più intima volontà del de cuius dovete formalizzare istanza di rimozione, in forma scritta, al comune che lo ha autorizzato adducendo con precisione le vostre motivazioni, solo dopo, si potrà presentare, in caso di diniego, eventuale impugnazione del provvedimento dinanzi al giudice amministrativo.
A mio avviso la sede giurisdizionale più propria, se ragioniamo in termini di diritti soggettivi (lesi o da affermare, ovvero Diritto al ricordo versus diritto all’oblio nel post mortem) potrebbe esser quella civile, sottoponendosi comunque all’alea ed agli inevitabili costi che comporta l’adire il giudice ordinario, anche tenuto conto dei tempi molto dilatati della Giustizia Italiana.
Buongiorno, avrei un quesito da sottoporvi.
Mio padre morto lo scorso gennaio e’ stato, per sua volonta’, cremato e tumulato nel cimitero d’origine di mia madre.
Premetto che mio padre non ha voluto sulla lapide la data di nascita/morte.
Le sorelle di mio padre, a nostra insaputa, hanno posizionato una foto (con indicato sul piedistallo della stessa, la data di nascita e di morte) sulla tomba dei loro genitori sepolti in un altro paese. Io, mia madre e mio fratello abbiamo chiesto la rimozione della foto ma ad oggi nulla e’ stato fatto.abbiamo diritti legali di far rimuovere la foto posizionata contro la volonta’ di mio padre e nostra? grazie. cordiali saluti
X Marino,
qui, per dirimere la potenziale controversia (come direbbe Fantozzi al suo compare Fracchia: ” mi accomodo io nel sepolcro? No, No Ragioniere, prego…”vada pure lei”!) su chi abbia il diritto d’uso per occupare, da morto, l’ultimo loculo disponibile bisognerebbe interpretare la volontà del fondatore della cappella gentilizia, di solito cristallizzata nello stesso atto di concessione, al fine di capire la destinazione che questi abbia inteso imprimere alla tomba. “I vostri nomi sono scritti nei cieli” recita un passo del Santo Evangelo, senza spingerci nel sublime metafisico a me basterebbe sapere, per risponderLe, se il contratto di concessione rechi espressamente i nominativi delle persone riservatarie dello Jus Sepulchri o si limiti alla formula di rito “sibi familiaeque suae” ossia per il concessionario e la di lui famiglia, senza specificarne il novero o l’ambito, poiché magari l’atto di concessione stesso rinvia, per la definizione di famiglia, alla fonte regolamentare comunale, in assenza o nel silenzio della quale opererebbe, pur sempre, di default l’Art. 93 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, con implicito rimando agli Artt. 74, 75, 76, e 77 Cod. Civile. Il problema si sostanzia in questi termini: Sua Madre, pur non essendo legata con vincoli di parentela al fondatore dei sepolcro, ma solo quale coniuge di un avente diritto ha acquisito a Sua volta, anche se indirettamente, jure coniugii, lo Jus Sepulchri? Senza questi elementi mi è impossibile esser più preciso. Ad ogni modo, quando tra 2 o più soggetti parimenti titolati, cioè portatori tutti ed indistintamente dello Jus Sepulchri, dovesse sorgere aspra contesa, salvo diverse regolazioni pattizie tra gli stessi, per disciplinare l’uso del sacello funerario, (regolamento su cosa comune???) da notificare al Comune ed al quale lo stesso rimane estraneo, semmai limitandosi a garantire il mantenimento dello status quo, sin quando la lite si sia ricomposta, anche con accordo extragiudiziale, sarà la naturale cronologia degli eventi luttuosi a determinare l’ordine di ingresso dei feretri nel sepolcro: insomma… chi prima muore meglio alloggia, sino alla saturazione fisica della capacità ricettiva del sepolcro, se, infatti, non dovesse più esserci spazio per l’immissione di nuove bare il potenziale Jus Sepulchri vantato in vita si estinguerebbe in automatico, perché esso, appunto, si esercita sino al completamento di tutti i posti feretro, oltre questo limite esso spira, ossia diviene lettera morta, ex Art. 93 comma 1 II Periodo del Regolamento nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285.