Premessa il diritto di sepolcro si configura come un complesso di situazioni giuridiche assimilabili a queste tre principali fattispecie:
1. Jus Sepulchri = diritto ad esser sepolto in un determinato sacello privato
2. Jus Inferendi in Sepulchrum = diritto a dar sepoltura
3. Diritto secondario di sepolcro = potere che sorge in capo ai consanguinei del de cuius per rendergli i dovuti onori funebri con pratiche di pietas e devozione verso i propri morti.
Va ricordato che la natura tipica delle concessioni cimiteriali importa che la “successione” possa aversi unicamente per discendenza, salvo che quando questa sia esaurita, nel qual caso può avvenire per eredità, anche se con effetti particolari. Infatti, poiché il diritto alla sepoltura in un determinato sepolcro privato nel cimitero è un diritto della persona, esso non ha carattere patrimoniale, con la conseguenza che la successione per eredità, esaurita la discendenza, importa che l'”erede” subentri sono negli obblighi derivanti dalla concessione e non nel diritto di poterla utilizzare, a tempo debito. Come si vede, il regolamento comunale di polizia mortuaria assume un ruolo del tutto centrale ed essenziale nella regolazione delle questioni segnalate (Dr. Sereno Scolaro).
Problema:
Guglielmo, nell’imminenza del secondo dopo guerra, vigente il Regio Decreto R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, il cui Art. 71 (1) prevedeva la disponibilità delle sepolture per atti inter vivos o mortis causa diviene titolare di 6 loculi a concessione perpetua disposti su tre ordini verticali, l’atto di concessione (2) a quanto ci è dato sapere prevede la classica formula sibi familiaeque suae, in cui dar sepoltura ai genitori provvisoriamente “parcheggiati” in altro cimitero.
L’atto di concessione , però, non precisa più dettagliatamente quali siano le persone riservatarie del diritto di sepolcro.
Guglielmo non ha rapporti di coniugio o di filiazione, così, nel corso degli anni le tombe disponibili vengono occupate dai suoi genitori e fratelli premorti ed anche dai loro coniugi (essendo quest’ultimi, quali cognati e quindi affini (3) e non discendenti jure sanguinis, s’immagina vi sia stata da parte del fondatore del sepolcro una sorta di autorizzazione assimilabile all’istituto della benemerenza (4) , anche perché all’epoca vigeva l’istituto sociale della famiglia alla allargata e patriarcale, propria delle zone rurali, senza dimenticare come il regolamento comunali di polizia mortuaria in via estensiva potrebbe considerare appartenenti al novero famigliare anche gli affini di primo grado). alla sua morte nel lascito testamentario nomina eredi universali Marco ed Alberto, trasferendo loro, Jus Hereditatis anche il sepolcro gentilizio, così come risulterebbe anche dall’atto di concessione conservato presso gli archivi comunali.
Ora i rami della famiglia con scrittura privata non si sono mai preoccupati di definire un ordine per l’uso dei posti feretro, lasciando questo ingrato compito al triste evolversi egli eventi luttuosi, ovviamente questa situazione di incertezza ha ingenerato il alcuni aventi diritto la legittima, ma del tutto giuridicamente immotivata aspettativa di esser assegnataria di un loculo.
Nel corso dei decenni tutti i 6 loculi risultano occupati da cadaveri o resti mortali, per liberare spazio finalizzato a nuove tumulazioni bisognerebbe procedere alla riduzione o alla cremazione dei defunti ivi sepolti da più di 20 anni ex DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Ovviamente, deceduti il fondatore del sepolcro ed i sui fratelli la rissosità tra i cugini è massima perché non si forma mai il consenso unanime per deliberare l’operazione cimiteriale, in quanto inibire il diritto di sepolcro ad un odiato parente significa, per converso, garantirlo in futuro remoto a sé o ai propri cari.
Ora Alberto, nipote ed erede universale, assieme al fratello dell’originario concessionario scompare e nelle sue ultime volontà chiede di esser tumulato nella prestigiosa tomba di famiglia, ma non quale discendente Jure Sanguinis del fondatore del sepolcro, ma in virtù nuovo concessionario subentrato allo zio in forza del testamento, ampliando così la portata dei suoi Jura Sepulchri.
Come sempre si scatena tra i parenti una rissa terrificante.
Per dirimere la faccenda sono necessarie alcune considerazioni di dottrina e… giurisprudenza, anche perché questi conflitti, spesso, debbono esser ricomposti proprio dal Giudice. (ma da quale: ordinario o… amministrativo?).
1. Se la famiglia del concessionario non è definita dall’atto di concessione la sua definizione deve esser desunta dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
2. La concessione cimiteriale ha, anche, dei contenuti patrimoniali, ma questi sono direttamente correlati e finalizzati, all’esercizio di diritti personali, dato che il diritto d’uso e’ riservato unicamente al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia.
Astrattamente, può anche aversi una successione nelle componenti patrimoniali (cappella), almeno nel corso di durata della concessione, successione che non può, mai, estendersi al diritto personale (quello di venirmi sepolto) in quanto i diritti personali non sono successibili. In questo caso, chi eredita, eredita il bene con i suoi oneri (es.: obblighi di manutenzione), mentre il diritto di sepolcro (= di esservi sepolti, cioe’ di usare la cappella ai fini del proprio sepolcro) restano ‘riservati’ (art. 93, 1 dPR 10/9/1990, n. 285) al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia (quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria e dall’atto di concessione). L’erede subentra negli oneri sulla concessione (fino a che duri), probabilmente (nel caso) solidarmente ad altri membri della famiglia; mentre il diritto di sepoltura e’ “riservato” solo alle persone della famiglia del concessionario. Infine, richiamando la sent. della sez. II civile della Corte di Cassazione n. 12957 del 29/9/2000, in presenza di istituzione di erede universale ma anche di discendenti jure sanguinis del concessionario, si determina che l’erede diventa titolare della ‘proprietà del manufatto’ per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, e fino a che duri la concessione, con tutti gli oneri connessi (la successione ha riguardo sia alle componenti attive ma anche a quelle passive), rimanendo sprovvisto di diritto di sepolcro fin tanto che non siano estinti tutti i membri della famiglia del concessionario, i quali conservano il proprio diritto, primario e secondario, di sepolcro e rispetto ai quali l’erede e’ tenuto ad assicurare ogni comodità ed a ritenerli esenti di ogni onere per quanto riguarda il loro diritto di sepolcro che deriva dall’appartenenza alla famiglia delc oncessionario.
Solo con l’estinzione di tutti i discendenti o, comunque, familiari del concessionario, l’erede potrà – forse – acquisire un diritto di usare, a titolo personale, il sepolcro.
3. L’atto di concessione non precisa la retroattività sui suoi effetti giuridici dello Jus Superveniens, ossia delle successive modifiche del regolamento comunali di polizia mortuaria, di cui si ribadisce la centralità per dirimere liti di questo tipo.
4. vanno tenuti ben distinti i diritti di sepoltura (5) , aventi carattere personale (appartenenza alla famiglia), rispetto ai diritti patrimoniali sul sepolcro (quelli che determinano, tra l’altro, obblighi di manutenzione e conservazione del manufatto, gli eredi potrebbero, quindi, esser semplicemente degli onerati.
5. Anche in base alla sentenza della Corte di Cassazione n. 12957/2000, l’erede testamentario rimane sprovvisto del diritto di sepolcro fino all’estinzione di tutti i membri della famiglia del concessionario d’origine.
6. Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria in proposito – cioè concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione – dato che la concessionaria risulta non avere discendenti che jure sanguinis siano succeduti nei diritti concernenti la concessione, il sepolcro deve considerarsi trasformato in ereditario. Ne consegue che gli eredi, se previsto dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso.
7. Quando il testamento acquisisca efficacia (pubblicazione se olografo ex Art. 620 Codice Civile, può senz’altro essere riconosciuta la titolarità (patrimoniale) della cappella, ma non la titolaritià di diritto personalissimi come il diritto di sepoltura (= esservi sepolti) in quanto questi sono legati all’appartenenza alla famiglia del fondatore.
8. In parole povere, il “proprietario” ha gli oneri connessi alla “proprietà ” (6), ma l’uso, in quanto diritto personalissimo, e’ legato all’appatenenza alla famiglia (almeno fino a che questa non si estingua).
Rimane pur sempre anche l’aspetto della capienza fisica del sepolcro (dato che i cadaveri non possono essere estumulati, o ridotti, trattandosi di sepolcro perpetuo (art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285).
9. Dai dati in nostro possesso non è chiaro se per norma che sorga dal combinato disposto tra atto di concessione (con relativa convenzione) e regolamento di polizia mortuaria si debba di volta in volta far riferimento al concessionario originario oppure ad i suoi di volta in volta aventi causa.
10. Il diritto di sepolcro trova il suo fisiologico limite nella capienza fisica del sepolcro stesso, degradando a mera aspettativa, se non c’è il necessario consenso a ridurre (7) o cremare i defunti precedentemente tumulati lo jus sepulchri non è esercitabile.
Quindi nella fattispecie Alberto, prescindere da vantato, ma ancora indimostrato subentro nella concessione, ha sì titolo ad esser tumulato nella tomba fondata da suo zio, ma in qualità non di proprietario, ma di congiunto Jure sanguinis con il fondatore del sepolcro.
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(1) Tuttavia, tale disposizione era comunque inapplicabile ed “abrogata” fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
(2) A fonte Regolamentare locale potrebbe prevedere tanto che al concessionario debba farsi riferimento anche post mortem quanto che i suoi discendenti assumano, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).
(3) Pretura di Genova, 30 dicembre 1995 Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione.
(4) se occorre tumulare (ad es.) un feretro di persona benemerita, occorre l’assenso scritto di tutti coloro che, avendo diritto alla sepoltura in detta tomba, ne autorizzano l’entrata (in quanto rinunciano ad un loro diritto). Difatti l’accesso ad una tomba è in funzione sia del diritto ad esservi sepolto, sia della premorienza rispetto ad altri aventi diritto, fino al completamento della capienza del sepolcro, fatta salva ovviamente la possibilità di traslazione ad altra sepoltura o la riduzione in resti o la cremazione degli stessi.
(5) diritto di sepolcro e’, essenzialmente, un diritto personale, connesso all’appartenenza alla famiglia (di cui la componente patrimoniale e’ strumentale rispetto alla realizzazione del fine primario, quello della sepoltura del concessionario e dei membri della sua famiglia a cui e’ riservata la sepoltura). La condizioone di erede, invece, richiama un contenuto patrimoniale che puo’ rilevare solo se ed in quanto siano esuariti i membri della famiglia e non necessariamente importa l’acquisizione del diritto ad essere sepolti, ma spessissimo i soli doveri dominicali sul manufatto, fino alla scadenza della concessione.
Sulle modalità di ‘”registrazione”‘, comunque la si chiami, delle titolarità derivanti ai discendenti dalla morte del concessioanrio, va fatto rinvio al Regolamento comunale di polizia mortuaria (che, probabilmente, nulla dice, specie se un po’ datato), potendo prevedere un atto ricognitivo, rientrante nell’ambito dell’art. 107, comma 3 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267 e succ. modif., a volte su dichiarazione/denuncia (magari anche da effettuarsi entro un determinato termine dal decesso del concessionario), altre volte d’ufficio. La ‘fonte’ e’ sempre e comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria.
(6) Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo Jus Sepulchri.
(7) Una volta avvenuta la tumulazione, l’estumulazione è ammessa solo allo scadere della concessione, se a tempo determinato, mentre non è ammessa l’estumulazione se si tratta di concessione perpetua, ma la salma tumulata deve permanere nella sepoltura a tempo indeterminato (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo che non ricorra il caso di cui al successivo art. 88, cioè quando venga richiesto il trasferimento in altro sepolcro, o per riduzione in resti.
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Piccolo sentenziario sullo Jus Sepulchri
Il senso della famiglia nel DPR 285/1990
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Eredi o discendenti?
Tumulazione illegittima?
Art. 76 DPR n.445/2000: “Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico e punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia”.
La norma è chiara ed, in qualche modo, inappellabile nella sua tagliente crudezza!
L’?Amministrazione comunale, laddove intervenga una vertenza fra familiari, resterà estranea alla controversia, limitandosi a mantenere fermo lo status quo fino a quando non sia raggiunto un accordo fra le parti o non sia intervenuta una sentenza del Giudice di ultima istanza, passata in giudicato. Circa le responsabilità per il familiare che non aveva titolo a richiedere una operazione cimiteriale si è del parere che, tranne non rilevino fatti penali, non è sanzionabile un comportamento se questo non viola precise disposizioni di legge (ad es. dichiarazione falsa in atto sostitutivo di notorietà), regolamento o norme locali. In altri termini se il Comune ha dato corso ad una istanza di uno o più familiari, poi rivelatisi non titolati a fare detta richiesta per effetto di norme locali , si ha una violazione per il familiare del regolamento nazionale di polizia mortuaria, depenalizzata, soggetta a sanzione amministrativa ai sensi dell?art. 107 del DPR 285/90. Per eventuale trasgressione, invece, al regolamento municipale di polizia mortuaria la punizione pecuniaria è comminata dall’Art. 16 Legge n.3/2003. È però da annotare, come ci insegna la cronaca funeraria, che di recente, in una importante città italiana, proprio su autocertificazioni che poi sono risultate non rispondenti a verità, sono state autorizzate operazioni cimiteriali e cambi di titolarità di tombe, poi rivelatesi illegittime. In questi casi il controllo a campione che ordinariamente si fa sulle autocertificazioni, a parere di chi scrive, dovrebbe essere comunque svolto, proprio per garantirsi da violazioni del disposto sia dell?articolo 92 che 93 del DPR 285/90.
Morta mia zia ,uno dei miei cugini si e delegato alla gestione del sepolcro falsificando la firma di mia madre (l’altra sorella)e possibile che nn vengono controllate le firme?.
cosa possiamo fare per eliminare questa falsa delega?
X Memole,
mi scuso della pressante pedanteria con cui faccio seguito alla mia precedente risposta, ma mi sovviene or ora un’altra possibile soluzione.
I vecchi regolamenti nazionali di polizia mortuaria succedutisi in epoca post-unitaria e prima del periodo repubblicano (essi sono rispettivamente due Regi Decreti del 1891 e del 1892 sostituiti poi dal Regio Decreto n.1880/1942 cui succede il DPR n.803/1975 abrogato, poi, dall’attuale DPR 10 settembre 1990 n. 285) prevedevano per la concessione di area cimiteriale da adibire a sepolcro privato una procedura particolarmente complessa costituita da un preventivo nulla osta prefettizio e da una delibera del consiglio comunale cui poi, sarebbe seguita la stipula, tra le due parti contraenti, cioè il privato cittadino ed il comune, di quel regolare atto di concessione ex Art. 98 DPR n. 285/1990 necessario per poter vantare ed esercitare diritti su suolo e manufatti cimiteriali, o su porzioni degli stessi. Sarebbe, allora, interessante e proficua una ricerca in questo senso tra gli atti del comune in cui si conservano le statuizioni consigliari dei primi del ‘900, in quel periodo storico, infatti, le concessioni cimiteriali erano un evento abbastanza raro e, per tanto, facilmente rintracciabile, anche a distanz adi quasi un secolo.
Ad ogni modo, ed in via generale, laddove manchi il titolo (regolare atto di concessione), il solo rimedio sembrerebbe (dove il condizionale deriva dai pochi elementi qui forniti) essere quello della sentenza del tribunale civile (per ragioni di valore dovrebbe escludersi la competenza del Giudice di pace, ma non entro in questi aspetti processuali), passata in giudicato, che accerta (art. 2907 CC) la sussistenza del diritto, provando, documentalmente, sia la deliberazione di concessione, sia l’intervenuta approvazione, a suo tempo, dell’autorizzazione prefettizia, allora prescritta e ‘condizionante’.
X Memole,
E’ interesse dell’Amministrazione Comunale utilizzare al meglio il patrimonio cimiteriale già costruito, favorendo il completamento della capienza dei sepolcri.
Chi intenda subentrare nella intestazione deve provare di averne titolo, esibendo l’atto di concessione (compravendita, donazione o altro titolo finché ciò è stato possibile) e le certificazioni (o autocertificazioni ex DPR n. 445/2000) attestanti i rapporti di parentela, secondo la regola dello jure sanguinis.
Il diritto di sepoltura nei sepolcri privati nei cimiteri è riservato al concessionario ed ai componenti della di lui famiglia, ciò esclude che possano trovarvi sepoltura le salme di altre persone. La definizione dell’ambito della famiglia del concessionario va, od andrebbe, definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale dovrebbe altresì regolare il c.d. subentro nella concessione in caso di decesso del concessionario (fondatore del sepolcro), siccome la fonte Regolamentare locale potrebbe prevedere tanto che al concessionario debba farsi riferimento anche post mortem quanto che i suoi discendenti assumano, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario). In altre parole, sia la definizione di famiglia del concessionario sia gli effetti che si abbiano in conseguenza del decesso del concessionario (fondatore del sepolcro) sono rimessi alla fonte regolamentare locale.
Quanto, poi, all’istituto del subentro nell’intestazione del rapporto concessorio il regolamento di polizia mortuaria comunale dovrebbe prevedere al proprio interno un articolo in cui venga precisato che le disposizioni in esso contenute si applicano anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore, fatte, ovviamente salve le clausole di miglior favore, come, ad esempio, la perpetuità della concessione, e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente. Ora non è dato sapere se ciò viene previsto nel regolamento comunale dello scrivente Comune. Seguendo le procedure previste in detto regolamento, chiunque ritenga di poter vantare la titolarità di diritti d’uso su sepolture private in base a norme del Regolamento precedente, può presentare al Comune gli atti o i documenti che comprovino tale sua qualità al fine di ottenerne formale riconoscimento.
Per la reintegrazione dei titoli andati perduti o distrutti, vuoi per calamità naturali, eventi bellici o semplice disattenzione ci sono due soluzioni percorribili: l’una, quella più classica implica di adire l’autorità giudiziaria, in sede civile, per l’accertamento di un diritto ai sensi dell’Art. 2697 Codice Civile, la Magistratura, naturalmente, potrà ricorrere a qualunque mezzo di prova, mentre la verifica dello Jus SEpulchri in via amministrativa di solito non eccede la mera valutazione dei titoli formali, in quanto l’azione amministrativa non può sconfinare nell’attività giurisdizionale riservata al giudice.
L’altra, forse più “garibaldina” e “spericolata” è costituita da quell’insieme di norme conosciute come istituto dell’immemoriale.
Detto questo, come dovuto e doveroso preambolo, fosse per me rischierei la formula del TANTUM JURIS che, poi, si sostanzia, come norma positiva, nell’istituto dell’immemoriale (https://www.funerali.org/?p=1172), anche se l’immemoriale è stato superato per i rapporti di diritto pubblico con l’allegato A della Legge n.2248/1865 (Legge per l’Unificazione Amministrativa del REGNO d’ITALIA), pur permanendo, a certe condizioni sempre più stringenti, per altro, nei soli rapporti di diritto pubblico. Per la sua applicazione al caso concreto esso, però, deve esser appositamente codificato nel regolamento comunale di polizia mortuaria.
Si consiglia di richiedere una ricerca approfondita al Comune, il quale deve mantenere traccia nei propri archivi delle concessioni effettuate. In caso di assenza di contratto originario di concessione (attenzione un Comune può essere anche frutto di separazione da un Comune preesistente e quindi la documentazione originaria potrebbe essere all?archivio del Comune padre) o almeno della prova del pagamento dell?area, o ancora del rilascio della autorizzazione alla costruzione, chieda al Comune di verificare che vi sia stato un uso continuativo della Cappella da parte della sua famiglia nel tempo (è provabile facendo la ricerca nei registri delle sepolture cimiteriali che sono in archivio comunale, producendo anche l?elenco con fotografia, delle iscrizioni tombali). Se si ottiene la prova della sepoltura continuativa nella Cappella e non si trova invece niente altro è possibile avviare una procedura per riconoscere egualmente il diritto attraverso l?istituto dell?immemoriale. L’immemoriale (altrimenti noto anche come immemorabile) è un istituto che secondo parte della dottrina è andato in prescrizione, secondo altri no.
nel caso in cui l’amministrazione non trovi l’atto di concessione, di una cappella familiare del 1900 circa, cosa devono fare gli eredi nei confronti dell’amministrazione per ottenere un atto che riconosca loro l’ essere concessionari, in quanto eredi jure sanguinis, della suddetta cappella?
Per Eleonora
Il sepolcro privato e gentilizio, come accade, appunto, per la tomba di famiglia, sorge, dietro stipula di regolare atto di concessione ex Art. 98 DPR n.285/1990, sibi familiaeque suae ossia per il fondatore dello stesso e per la di lui famiglia, se non è differentemente specificato nel rapporto concessorio che intercorre tra il comune, quale ente concedente, ed il privato cittadino in qualità di primo concessionario; il diritto di sepolcro è, quindi, oggetto di “riserva” da parte dei familiari del concessionario, in altre parole esso è legato jure coniugii e jure sanguinis all’appartenza alla sua famiglia così come definita e delimitata dal combinato disposto tra il regolamento comunale di polizia mortuaria e l’atto di concessione, con la convenzione, in addentellato, che spesso lo accompagna, in cui le parti individuano le rispettive obbligazioni sinallagmatiche.
Quindi, principalmente lo jus sepulchri segue il criterio dello jus coniugii e dello jus sanguinis, ma può esser esteso anche ai casi delle cosidette “benemerenze” ai sensi dell’Art. 93 comma 2 DPR n.285/1990 (persone estranee al nucleo familiare ma lunite al fondatore da particolari legami morali o affettivi), in quest’ultimo caso l’autorizzazione alla sepoltura in quel determinato tumulo si fa più strutturata perchè occorre non solo il generico consenso del concessionario, ma anche quello di tutti coloro i quali vedrebbero così compresso il loro diritto di sepolcro, esso, infatti ex Art. 93 comma 1 II Periodo DPR n.285/1990 si esercita sin quando ci sia capacità ricettiva (spazio libero) nel sepolcro, oltre la quale si comprime sino ad esaurirsi naturalmente.
La rinuncia al proprio jus sepulchri in favore, magari, di un benemerito, richiede tassativamente la forma scritta ed autenticata, poichè trattasi di diritti personalissimi, una semplice scrittura privata non parrebbe idonea a soddisfare questo requisito sostanziale, l’errore foriero di rapporti poco idilliaci e di eventuali ripercussioni giudiziarie risiede nell’ aver regolato solo verbalmente sia l’ingresso delle salme degli aventi diritto nella tomba, sia l’istituto della benemerenza
Lo Jus Sepulchri per i vivi è solo una legittima aspettativa (diritto su cosa futura???), per i morti, invece, si perfeziona al momento della sepoltura e produce tutti i suoi effetti per tutta la durata della concessione, le estumulazioni, in effetti, secondo la Legge (Art. 86 DPR n.285/1990) si possono eseguire allo scadere della concessione (per le concessioni perpetue, essendo queste “eterne” il problema non dovrebbe porsi, peroprio perchè quest’ultime non hanno mai estinzione, se non per ragioni “patologiche” di cui adesso non possiamo occuparci per ragioni di “brevitas” ed economia generale nella risposta fornita).
In linea di massima, l’estumulazione si esegue al cessare della concessione (art. 86, comma 1 D.P.R. n. 285/1990), salvo quanto previsto dal successivo Art. 88, cioè per l’estumulazione finalizzata al trasporto in altra sede, sempre, comunque, soggetta, come ogni operazioni cimiteriale a preventivo provvedimento autorizzativo rilasciato dal comune sulla base della valutazione dei titoli ancorchè formali, come la sussistenza dello jus sepulchri e la manifestazione della volontà (= atto di disposizione) da parte degli aventi titolo a poter decidere secondo principio di poziorità sulla destinazione ultima del defunto.
Gli Artt. 86, 87, 88 e 89 del D.P.R. n. 285/1990 disciplinano, in via generale, l’estumulazione, lasciando comunque al Sindaco, quale autorità sanitaria locale che sovrintende, ex Art. 51 D.P.R. n.285/1990, alle funzioni di polizia cimiteriale, la responsabilità di ordinare le operazioni stesse (oppure se si ritiene opportuno, attraverso apposita norma sul regolamento di polizia mortuaria comunale). In pratica, con ordinanza del Sindaco, si forniscono le norme attuative e di dettaglio e si attribuiscono le competenze, il comune, potrebbe adottare, in merito alle estumulazioni, una politica più rigida e restittiva, così da evitare vorticosi giri di walzet in cimitero tra feretri prima tumulati o inumati, e, poi, successivamente estumulati o reinumati, senza una ben precisa ratio, ma solo per arbitrio e capriccio dei familiari, il comune, dopo tutto, nella persona (virtuale??!!!) del sindaco sovrintende all’ordine ed al buon funzionamento del cimitero, dotandosi anche di un proprio regolamento (di competenza del consiglio comunale) di polizia cimiteriale, la fonte regolamentare locale diviente allora strumento fondamentale per dirimere queste controversie, pure attraverso la dettatura di una precisa tempistica da seguire nell’iter amministrativo ed operativo delle estumulazioni. A tal proposito consiglio di consultare questi 2 link: https://www.funerali.org/?p=858 https://www.funerali.org/?p=648
Ad ogni modo:
1) se il feretro della nonna materna ha ricevuto accoglimento nel saccello familiare con tutti i crismi di legge (le necessarie autorizzazioni fondamentali, soprattutto quando ricorra la fattispecie delle cosiddette benemerenze) non sussiste la turbativa di sepolcro che si avrebbe invece, se la tumulazione fosse stata clandestina e, così, sine titulo; la Legge, tra l’altro, tutela il diritto delle spoglie mortali a RIPOSARE IN PACE, in luogo stabile e certo dove i dolenti possano compiere atti votivi e di suffragio, l’eventuale estumulazione dovrà, dunque, esser autorizzata o sulla base di un pronunciamento della Magistratura in sede civile o in forza di un atto di disposizione da parte dei famigliari della defunta nonna materna, lo zio “cattivo” in questione non può “sfrattarla” solo per disdegnoso gusto di dantesca memoria, o, peggio ancora, per vendetta di un presunto torto patito, egli stesso per far valere in guidizio il proprio diritto, immagino al posto feretro adesso occupato dalla nonna materna, dovrà dimostrare una sorta di usurpazione del suo jus sepulchri a causa di una tumulazione avvenuta illegittimamente, l’onere della prova, per i motivi di cui sopra, spetta comunque a quest’ultimo ed egli dovrà adire obbligatoriamente il giudice, perchè in caso di lite la verifica sullo jus sepulchri non spetta più al comune, ma al giudice, quale ultimo soggetto titolato a decidere, secondo il nostro ordinamento giuridico.
2) il comune oltre a rilasciare copia delle predette autorizzazioni, di cui deve sempre mantenere memoria nei propri archivi, non può intervenire per risolvere la faccenda, in quanto l’azione amministrativa non può sconfinare nell’attività giurisdizionale, esso, pertanto, si limiterà a mantener inalterato lo status quo, sino a quando le parti in causa non abbiano trovato una giusta composizione, anche bonaria, tra gli interessi in giuoco o sia passata in giudicato la senteza civile di cui sopra.
Il 19 Gennaio 2007 è morta la mia nonna materna e mio padre ha deciso di tumularla nella sua tomba di famiglia (dove è già stato tumulato mio nonno paterno), previa richiesta a voce a mia nonna paterna e mio zio paterno. Ora, per screzi intercosrsi con mio zio paterno, ci siamo visti recapitare una lettera scritta a mano dallo stesso intestata a mia madre in cui si richiede lo spostamento del feretro poichè decorsi i termini di un “fantomatico” accordo. Vorrei chiedere:
-quanto tempo deve decorrere prima di poter spostare una bara da una cappella/tomba di famiglia;
-mio padre ha uguali diritti sulla tomba di famiglia e non può aver deciso di usufruire del “suo posto” a favore di mia nonna materna?
Quali diritti ha mio zio in questa situazione? e quali diritti abbiamo noi?
X Stelvio,
Chiedo scusa per il ritardo con cui rispondo, ma sono stato in altre faccende “necroforiche” affaccendato
un’esauriente risposta “su misura” può esser costruita consultando proficuamente questi due links:
1) https://www.funerali.org/?p=1183
2) https://www.funerali.org/?p=945
A margine, mi sovvengono alcune considerazioni che riporto qui di seguito.
In primis bisognerebbe sapere se chi si oppone alla modifica strutturale, immagino richiesta per ampliare il numero di posti feretro disponibili, sia titolare solo dello jus sepulchri (diritto a ricever sepoltura in quella particolare tomba) o anche della stessa concessione cimiteriale dell’area su cui è stato edificato il sepolcro da sopraelevare.
Ad ogni modo, In caso di co-intestazione (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una corta di comunione indivisa tra i co-intestatari, così, almeno si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione. Una volta stipulato l’atto di concessione, di norma, non e’ ammesso che i concessionari regolino tra loro una sorta di “ripartizione” quantitativa dei posti, salvo che ciò non sia – espressamente – previsto dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, ipotesi nella quale lo stesso regolamento regola (o, dovrebbe regolare le forme e le modalita’ di “registrazione” di questa “ripartizione” da parte degli uffici comunali.
Il diritto di sepolcro e’ riservato ai concessionari e alle persone appartenenti alla famiglia dei copncessionari, famiglia che, a questi fini, è stabilita nel Regolamento comunale di polizia mortuaria di cui ogni comune deve necessariamente dotarsi.
L’effettiva fruizione del sepolcro, va posta in relazione ai momenti di utilizzo (decesso delle eprsone rientranti nella riserva), aspetto non prevedibile, con il limite (ovvio) della capienza del sepolcro). Infatti, i diversi aventi diritto alla sepoltura si trovano in condizioni di pari-ordinazione e l’uso e’ connesso solo al verificarsi dell’evento (non prevedibile, come comprensibilmente noto).
Il concessionario (o, un concessionario) non ha tispolo, una volta stipulato l’atto di concessione, a disporre del sepolcro, o di singoli posti, meno ancora consentire la tumulazione di persone terze, fatti salvi i casi di convivenza di cui all’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 (si trascura la qaulita’ di persone benemerito per il concessionario, trrattandosi di fattispecie che opera solo se ed in quanto il regolamento comunale di polizia mortuaria definisca, in via generale, i relativi criteri per il riconoscimento di tale qualita’).
Quando venga a decede il concessionario (o, uno di essi, in caso di co-intestazione) spetta al Regolamento comunale di poliza mortuaria tregolare gli effetti, potendo questo sia prevedere un “subentro”, nel senso che il coniuge ed i discendenti divengano, a loro volta, concessionari, oppure conservare la qualificazione di concessionario rispetto al c.d. fondatore del sepolcro (nella 1^ ipotesi, potrebbe mutare, ampliandosi, la “rosa” delle persone appartenenti alla famiglia).
Al di fuori dei casi dell’art. 93, 2 dPR 10/9/1990, n. 285 non e’ ammissibile lòa tumulazione di persone diverse da quelle considerate allo stesso art. 93, 1, cosa che se richiesta comporta, di èper se’ stesso, la dichiaarzione di didecadenza dalla concessione.
E’ sempre inammissibile una tumulazione in sepolcro di terzi, seppure temporanea, ipotesi che determina la decadenza dalla concessione, quando fosse evenmtualmente richiesta (per altro, in alcuni comuni, e’ – erroneamente – tollerata questa indebita prassi, ipotesi nella quale potrebbe agire unicamente il concessionario).
dal momento che una concessione a durata perpetuta non può essere modificata se non consensualmente dalle parti oppure rinunciatavi da parte di chi vi abbia titolo, nel caso di concessioni perpetue cui si ‘aggiungano’ concessioni a tempo determinato, queste 2 concessioni rimangono distinte e con proprio scadenza (solo per quelle a tempo determinato), ponendo – evidentemente – non pochi problemi al momento della scadenza della seconda.
Qualcuno ha ipotizzato, un po’ furbescamente (cioe’ non senza forzature), di prevedere che la qui c.d. ‘sovapposizione’ sia ammessa in presenza di una rinuncia e concessione ‘ex novo’ della precedente concessione; in difetto, il sepolcro non e’ altrimenti utilizzabile. Spesso, scelte (errori?) del passato, fanno emergere problemi in periodi in cui chi ha fatto quelle scelte non è piu’ presente.
porgo questo quesito:
Tomba di famiglia, con n. 2 loculi, ove sono sepolte le salme dei capostipiti quali intestari della concessione dagli anni ’50.
I figli dei capostipiti sono tutti deceduti.
Gli aventi diritto sono i nipoti.
Una parte dei nipoti vuole ristrutturare ed ampliare, sopraelevando, la stessa.
Al momento del rilascio della concessione edilizia, dopo aver richiesto il pagamento degli oneri concessori ed i diritti cimiteriali, regolarmente liquidati dai richiedenti, l’ufficio tecnico comunale sospendeva il rilascio della concessione ,richiedendo la liberatoria agli aventi diritto a favore dei richiedenti .
Un solo erede non ha aderito alla liberatoria e si oppone in maniera generica alla realizzazione della sopraelevazione.
Quale potrebbe essere la soluzione migliore per risolvere il problema a favore dei richiedenti ?
Cosa!!??? In 70 anni non si è ancora proceduto alla voltura della
concessione? Ci sarebbero tutti gli estremi, regolamento comunale
permettendo, di dichiarare la decadenza della concessione per abbandono
della tomba da parte degli aventi diritto.
Qui si scontrano due impostazioni diverse, due differenti filosofie di buon
governo del fenomeno funerario da parte del comune, quale titolare ultimo
della funzione cimiteriale ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile. La prima,
infatti, definita a “concessionario fisso” non ammette il subentro, facendo
riferimento al concessionario primo (= il fondatore del sepolcro), anche
dopo la sua morte, la seconda, invece, consente la successione mortis causa
(e mai per acta inter vivos) tra l’originario fondatore del sepolcro ed i
suoi aventi causa, ma, pur sempre, attraverso il criterio dello jure
coniugii e dello jure sanguinis, vale a dire: il diritto di sepolcro si
trasmette secondo diritto di consanguineità
Il richiamo continuo ad un figura tipica delle successioni patrimoniali (gli
eredi), allora, può risultare fuorviante perchè lo jus sepulchri è innanzi
tutto un diritto della personalità (addirittura “personalissimo” secondo un
certo filone della dittrina) , mentre la componente privatistica (il diritto
reale sul sepolcro e la proprietà stessa sul manufatto) sono funzionali e
teleologicamente finalizzati al soddisfacimento di quel particolare
interesse propiettato nell’oscuro post mortem a dare o ricevere sepoltura
(jus sepeliendi e jus inferendi mortuum in sepulchrum). Sarebbe, dunque, più
opportuno ragionare in termini di discendenti del fondatore del sepolcro e
non di eredi, i quali, potrebbero anche esser estranei al nucleo famigliare
del de cuius.
Ora, come ha rilevato la stessa Suprema Corte Cassazione il sepolcro se non
per espressa volontà del suo fondatore, da formalizzare solo ed
esclusivamente nella stipula della atto di concessione (un mutamento, dopo,
nel rapporto concessorio determinerebbe la pronuncia della decadenza per
violazione del patto contrattuale) sorge sibi familiaeque suae, ossia per sè
stesso e per la propria famiglia, tuttavia la tomba privata e gentilizia si
trasforma in ereditaria, seguendo, pertanto lo jure haereditatis e non più
lo jus sanguinis, quando si sia estinta completamente la cerchia dei
congiunti (sino al sesto grado di parentela ex Art. 74 e segg Cod. Civile).
Pure qui la faccenda si complica perchè si oppongono due grandi visioni e
teorie sull’ereditarietà del sepolcro; secondo alcuni giuristi gli eredi
“ereditano” sono la mera proprietà della tomba, ovvero i doveri dominicali
di manutenzione, secondo altri, invece, essi succedono al de cuius in toto
acquisendo, altre al di la degli oneri ex Art. 63 DPR n.285/1990 anche lo
jus sepulchri
Sarebbe utile reperire copia dell’atto di concessione da esaminare in modo coordinato con il regolamento comunale vigente in quel preciso momento storico, per il famoso principio del tempus regit actum (queste infatti sono le due fonti combinate da cui origina lo jus sepulchri) sempre che il vecchio regolamento municipale non operasse un rinvio, con potere autoabrogante e di “autoaggiornamento”, agli istituti dei nuovi regolamenti comunali via via succedutisi negli ultimi 70 anni nel Suo comune
La sussistenza di un diritto deve senz’altro esser dimostrata dinnanzi ad un giudice ai sensi dell’Art. 2697 Cod. Civile e la Magistratura può ricorrere a qualunque mezzo di prova. Si tratta, in altri termini, di ricorrere alle usuali procedure dl accertamento del diritto.