Premessa il diritto di sepolcro si configura come un complesso di situazioni giuridiche assimilabili a queste tre principali fattispecie:
1. Jus Sepulchri = diritto ad esser sepolto in un determinato sacello privato
2. Jus Inferendi in Sepulchrum = diritto a dar sepoltura
3. Diritto secondario di sepolcro = potere che sorge in capo ai consanguinei del de cuius per rendergli i dovuti onori funebri con pratiche di pietas e devozione verso i propri morti.
Va ricordato che la natura tipica delle concessioni cimiteriali importa che la “successione” possa aversi unicamente per discendenza, salvo che quando questa sia esaurita, nel qual caso può avvenire per eredità, anche se con effetti particolari. Infatti, poiché il diritto alla sepoltura in un determinato sepolcro privato nel cimitero è un diritto della persona, esso non ha carattere patrimoniale, con la conseguenza che la successione per eredità, esaurita la discendenza, importa che l'”erede” subentri sono negli obblighi derivanti dalla concessione e non nel diritto di poterla utilizzare, a tempo debito. Come si vede, il regolamento comunale di polizia mortuaria assume un ruolo del tutto centrale ed essenziale nella regolazione delle questioni segnalate (Dr. Sereno Scolaro).
Problema:
Guglielmo, nell’imminenza del secondo dopo guerra, vigente il Regio Decreto R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, il cui Art. 71 (1) prevedeva la disponibilità delle sepolture per atti inter vivos o mortis causa diviene titolare di 6 loculi a concessione perpetua disposti su tre ordini verticali, l’atto di concessione (2) a quanto ci è dato sapere prevede la classica formula sibi familiaeque suae, in cui dar sepoltura ai genitori provvisoriamente “parcheggiati” in altro cimitero.
L’atto di concessione , però, non precisa più dettagliatamente quali siano le persone riservatarie del diritto di sepolcro.
Guglielmo non ha rapporti di coniugio o di filiazione, così, nel corso degli anni le tombe disponibili vengono occupate dai suoi genitori e fratelli premorti ed anche dai loro coniugi (essendo quest’ultimi, quali cognati e quindi affini (3) e non discendenti jure sanguinis, s’immagina vi sia stata da parte del fondatore del sepolcro una sorta di autorizzazione assimilabile all’istituto della benemerenza (4) , anche perché all’epoca vigeva l’istituto sociale della famiglia alla allargata e patriarcale, propria delle zone rurali, senza dimenticare come il regolamento comunali di polizia mortuaria in via estensiva potrebbe considerare appartenenti al novero famigliare anche gli affini di primo grado). alla sua morte nel lascito testamentario nomina eredi universali Marco ed Alberto, trasferendo loro, Jus Hereditatis anche il sepolcro gentilizio, così come risulterebbe anche dall’atto di concessione conservato presso gli archivi comunali.
Ora i rami della famiglia con scrittura privata non si sono mai preoccupati di definire un ordine per l’uso dei posti feretro, lasciando questo ingrato compito al triste evolversi egli eventi luttuosi, ovviamente questa situazione di incertezza ha ingenerato il alcuni aventi diritto la legittima, ma del tutto giuridicamente immotivata aspettativa di esser assegnataria di un loculo.
Nel corso dei decenni tutti i 6 loculi risultano occupati da cadaveri o resti mortali, per liberare spazio finalizzato a nuove tumulazioni bisognerebbe procedere alla riduzione o alla cremazione dei defunti ivi sepolti da più di 20 anni ex DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Ovviamente, deceduti il fondatore del sepolcro ed i sui fratelli la rissosità tra i cugini è massima perché non si forma mai il consenso unanime per deliberare l’operazione cimiteriale, in quanto inibire il diritto di sepolcro ad un odiato parente significa, per converso, garantirlo in futuro remoto a sé o ai propri cari.
Ora Alberto, nipote ed erede universale, assieme al fratello dell’originario concessionario scompare e nelle sue ultime volontà chiede di esser tumulato nella prestigiosa tomba di famiglia, ma non quale discendente Jure Sanguinis del fondatore del sepolcro, ma in virtù nuovo concessionario subentrato allo zio in forza del testamento, ampliando così la portata dei suoi Jura Sepulchri.
Come sempre si scatena tra i parenti una rissa terrificante.
Per dirimere la faccenda sono necessarie alcune considerazioni di dottrina e… giurisprudenza, anche perché questi conflitti, spesso, debbono esser ricomposti proprio dal Giudice. (ma da quale: ordinario o… amministrativo?).
1. Se la famiglia del concessionario non è definita dall’atto di concessione la sua definizione deve esser desunta dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
2. La concessione cimiteriale ha, anche, dei contenuti patrimoniali, ma questi sono direttamente correlati e finalizzati, all’esercizio di diritti personali, dato che il diritto d’uso e’ riservato unicamente al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia.
Astrattamente, può anche aversi una successione nelle componenti patrimoniali (cappella), almeno nel corso di durata della concessione, successione che non può, mai, estendersi al diritto personale (quello di venirmi sepolto) in quanto i diritti personali non sono successibili. In questo caso, chi eredita, eredita il bene con i suoi oneri (es.: obblighi di manutenzione), mentre il diritto di sepolcro (= di esservi sepolti, cioe’ di usare la cappella ai fini del proprio sepolcro) restano ‘riservati’ (art. 93, 1 dPR 10/9/1990, n. 285) al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia (quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria e dall’atto di concessione). L’erede subentra negli oneri sulla concessione (fino a che duri), probabilmente (nel caso) solidarmente ad altri membri della famiglia; mentre il diritto di sepoltura e’ “riservato” solo alle persone della famiglia del concessionario. Infine, richiamando la sent. della sez. II civile della Corte di Cassazione n. 12957 del 29/9/2000, in presenza di istituzione di erede universale ma anche di discendenti jure sanguinis del concessionario, si determina che l’erede diventa titolare della ‘proprietà del manufatto’ per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, e fino a che duri la concessione, con tutti gli oneri connessi (la successione ha riguardo sia alle componenti attive ma anche a quelle passive), rimanendo sprovvisto di diritto di sepolcro fin tanto che non siano estinti tutti i membri della famiglia del concessionario, i quali conservano il proprio diritto, primario e secondario, di sepolcro e rispetto ai quali l’erede e’ tenuto ad assicurare ogni comodità ed a ritenerli esenti di ogni onere per quanto riguarda il loro diritto di sepolcro che deriva dall’appartenenza alla famiglia delc oncessionario.
Solo con l’estinzione di tutti i discendenti o, comunque, familiari del concessionario, l’erede potrà – forse – acquisire un diritto di usare, a titolo personale, il sepolcro.
3. L’atto di concessione non precisa la retroattività sui suoi effetti giuridici dello Jus Superveniens, ossia delle successive modifiche del regolamento comunali di polizia mortuaria, di cui si ribadisce la centralità per dirimere liti di questo tipo.
4. vanno tenuti ben distinti i diritti di sepoltura (5) , aventi carattere personale (appartenenza alla famiglia), rispetto ai diritti patrimoniali sul sepolcro (quelli che determinano, tra l’altro, obblighi di manutenzione e conservazione del manufatto, gli eredi potrebbero, quindi, esser semplicemente degli onerati.
5. Anche in base alla sentenza della Corte di Cassazione n. 12957/2000, l’erede testamentario rimane sprovvisto del diritto di sepolcro fino all’estinzione di tutti i membri della famiglia del concessionario d’origine.
6. Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria in proposito – cioè concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione – dato che la concessionaria risulta non avere discendenti che jure sanguinis siano succeduti nei diritti concernenti la concessione, il sepolcro deve considerarsi trasformato in ereditario. Ne consegue che gli eredi, se previsto dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso.
7. Quando il testamento acquisisca efficacia (pubblicazione se olografo ex Art. 620 Codice Civile, può senz’altro essere riconosciuta la titolarità (patrimoniale) della cappella, ma non la titolaritià di diritto personalissimi come il diritto di sepoltura (= esservi sepolti) in quanto questi sono legati all’appartenenza alla famiglia del fondatore.
8. In parole povere, il “proprietario” ha gli oneri connessi alla “proprietà ” (6), ma l’uso, in quanto diritto personalissimo, e’ legato all’appatenenza alla famiglia (almeno fino a che questa non si estingua).
Rimane pur sempre anche l’aspetto della capienza fisica del sepolcro (dato che i cadaveri non possono essere estumulati, o ridotti, trattandosi di sepolcro perpetuo (art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285).
9. Dai dati in nostro possesso non è chiaro se per norma che sorga dal combinato disposto tra atto di concessione (con relativa convenzione) e regolamento di polizia mortuaria si debba di volta in volta far riferimento al concessionario originario oppure ad i suoi di volta in volta aventi causa.
10. Il diritto di sepolcro trova il suo fisiologico limite nella capienza fisica del sepolcro stesso, degradando a mera aspettativa, se non c’è il necessario consenso a ridurre (7) o cremare i defunti precedentemente tumulati lo jus sepulchri non è esercitabile.
Quindi nella fattispecie Alberto, prescindere da vantato, ma ancora indimostrato subentro nella concessione, ha sì titolo ad esser tumulato nella tomba fondata da suo zio, ma in qualità non di proprietario, ma di congiunto Jure sanguinis con il fondatore del sepolcro.
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(1) Tuttavia, tale disposizione era comunque inapplicabile ed “abrogata” fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
(2) A fonte Regolamentare locale potrebbe prevedere tanto che al concessionario debba farsi riferimento anche post mortem quanto che i suoi discendenti assumano, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).
(3) Pretura di Genova, 30 dicembre 1995 Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione.
(4) se occorre tumulare (ad es.) un feretro di persona benemerita, occorre l’assenso scritto di tutti coloro che, avendo diritto alla sepoltura in detta tomba, ne autorizzano l’entrata (in quanto rinunciano ad un loro diritto). Difatti l’accesso ad una tomba è in funzione sia del diritto ad esservi sepolto, sia della premorienza rispetto ad altri aventi diritto, fino al completamento della capienza del sepolcro, fatta salva ovviamente la possibilità di traslazione ad altra sepoltura o la riduzione in resti o la cremazione degli stessi.
(5) diritto di sepolcro e’, essenzialmente, un diritto personale, connesso all’appartenenza alla famiglia (di cui la componente patrimoniale e’ strumentale rispetto alla realizzazione del fine primario, quello della sepoltura del concessionario e dei membri della sua famiglia a cui e’ riservata la sepoltura). La condizioone di erede, invece, richiama un contenuto patrimoniale che puo’ rilevare solo se ed in quanto siano esuariti i membri della famiglia e non necessariamente importa l’acquisizione del diritto ad essere sepolti, ma spessissimo i soli doveri dominicali sul manufatto, fino alla scadenza della concessione.
Sulle modalità di ‘”registrazione”‘, comunque la si chiami, delle titolarità derivanti ai discendenti dalla morte del concessioanrio, va fatto rinvio al Regolamento comunale di polizia mortuaria (che, probabilmente, nulla dice, specie se un po’ datato), potendo prevedere un atto ricognitivo, rientrante nell’ambito dell’art. 107, comma 3 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267 e succ. modif., a volte su dichiarazione/denuncia (magari anche da effettuarsi entro un determinato termine dal decesso del concessionario), altre volte d’ufficio. La ‘fonte’ e’ sempre e comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria.
(6) Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo Jus Sepulchri.
(7) Una volta avvenuta la tumulazione, l’estumulazione è ammessa solo allo scadere della concessione, se a tempo determinato, mentre non è ammessa l’estumulazione se si tratta di concessione perpetua, ma la salma tumulata deve permanere nella sepoltura a tempo indeterminato (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo che non ricorra il caso di cui al successivo art. 88, cioè quando venga richiesto il trasferimento in altro sepolcro, o per riduzione in resti.
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Eredi o discendenti?
Tumulazione illegittima?
Buongiorno. Vorrei descrivere una situazione e capire come deve essere gestita.
Mio padre ha avuto la concessione per una cappella privata presso uno dei cimiteri romani. Durante la sua vita ha fatto tumulare in questa cappella la moglie ed una figlia. Successivamente alla morte della moglie contraeva seconde nozze.
Alla morte di mio padre, le sue spoglie sono state tumulate nella cappella privata.
In occasione di un problema del tetto della cappella, abbiamo scoperto che la concessione, con la morte di mio padre, è passato alla seconda moglie (parente più prossimo).
Il particolare è che la seconda moglie, nonostante abbia una residenza a Roma, ha lasciato l’italia per tornare – immaginiamo – al paese di origine.
Ci troviamo pertanto in una situazione paradossale, la concessione è nelle mani di una persona che non si sa dove si trovi, nella cappella ci sono i nostri cari, e – stando a quanto dettoci – non possiamo più tumulare nessun nella cappella senza il permesso della persona che ha “ereditato” la concessione.
Nel frattempo continuiamo a pagare le spese di manutenzione e le spese per l’energia elettrica.
Come si rientra in possesso della concessione in una situazione così paradossale ?
Grazie per l’attenzione
X Enzo,
chissà perchè tutte queste situazioni complicate e foriere di potenziali conflitti dilaceranti capitano tutte su questo blog, cui proporrei un nuovo nome: ufficio soluzione casi disperati di polizia mortuaria.
Allora: per effetto del subentro la II moglie di Vostro Padre è divenuta titolare della concessione con annessi diritti di sepolcro e gestione sull’immobile ad uso sepolcrale, tra i quali spiccano, senza dubbio le obbligazioni manutentive, ad questo momento, almeno inadempiute, poniamo per puro disinteresse o non conoscenza dello stato di fatiscenza in cui versa l’edificio.
Richiamerei l’art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285: previa diffida l’autorità amministrativa cittadina e dopo accurata ricerca anagrafica per individuare con precisione il soggetto obbligato (è stata avviato il procedimento di irreperibilità?) può pronunciare la dichiarazione di decadenza sanzionatoria appunto per inottemperanza ai doveri manutentivi: con quest’effetto: la tomba attratta per accessione al demanio cimiteriale specifico e necessario del Comune rientra in pieno possesso dell’amministrazione stessa che liberatala dai feretri in essa tumulati deciderà se abbatterla o riassegnarla in concessione a terzi con oneri di ristrutturazione a loro completo carico secondo termini, modalità e procedure dettati dal regolamento municipale di polizia mortuaria.
Seconda soluzione: tutti Voi parenti come persone moralmente interessate assumete come liberalità tutti gli oneri manutentivi sino a quando non si giunga ad una ricomposizione della controversia.
Tranquilli: Voi famigliari per il solo fatto di trovarvi in rapporto di consanguineità con Vostro padre originario fondatore del sepolcro (le II nozze contratte non rilevano a questo proposito) siete a prescindere dal subentro, comunque titolari del diritto di sepolcro: avete quindi diritto alla tumulazione (sino al raggiungimento della massima capacità ricettiva della sepoltura collettiva) e non necessitate di alcun benestare/nulla osta del nuovo concessionario subentrato per esercitare il vostro jus sepulchri garantito dalla Legge (art. 93 comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285)
Buongiorno,
non riesco a trovare giurisprudenza in merito…
Qualche mese fa è deceduto il padre di mia figlia (minorenne) ed è stato sepolto nella tomba della sua famiglia.
Questa tomba di famiglia è priva di nicchie e rientranze per poggiare fiori, luci etc…
Mia figlia vorrebbe installare una piccola mensola per riporre dei ricordi del papà sotto la sua foto, ma un parente “comproprietario” lo vieta.
Può farlo ?
X Nicole,
bisogna consultare attentamente l’atto di approvazione del progetto di costruzione dell’edicola funeraria. IN quel documento dovrebbero esser specificati molti elementi sulla tipologia e foggia dei marmi o delle iscrizioni funearie.
Norme troppo rigide, capillari ed intrusive rischiano di diventare criminogene e foriere di contenziosi sinceramente un po’speciosi.
Di norma, nei sepolcri privati (ribadisco: PRIVATI!) chiusi al pubblico fatte salve le norme quadro del piano regolatore cimiteriale con relativi strumenti attuativi di dettaglio, la scelta degli arredi funebri (lapidi, suppellettili, statue, immagini sacre…) è piuttosto libera, purchè non confligga con l’unità architettonica dell’edificio e ne mini la sacralità.
(esempio balordo ed estremo ma, così almeno ci capiamo: Il Comune può negare l’autorizzazione all’applicazione di una lastra tombale considerata sguaiaata dal comune senso estetico o, comunque, non in linea con la sacertà del luogo.)
Su aspetti così personali, ed anche difficilmente sindacabili, come l’apposizione di una mensolina si potrebbe esser anche più tolleranti ed aperturisti
Provi a chiedere al locale ufficio di polizia mortuaaria l’autorizzazione a procedere in tal senso, dopo tutto questa facoltà potrebbe rientrare nel c.d. diritto secondario di sepolcro, principio pretorio non ancora affermato nello jus positum, ma fortunatamente portato di una constante elaborazione giurisprudenziale, altrimenti a dirimere la potenziale controversia saarà il GIudice di merito, in sede civile.
Onestamente nutro poche speranze in un’intervento risolutore del Comune che per prudenza si limiterà a mantenere inalterato lo status quo, trattasi infatti di rapporti eminentemente inter-privatistici in cui l’autorità amministrativa non ha giurisdizione.
Devono essere effettuate delle riparazioni nella cappella di famiglia, intestata ad uno zio, ma con il concorso economico (non dimostrabile) degli altri fratelli, tutti defunti.Nella cappella, oltre a lui, alla moglie e ad un figlio, sono sepolti i miei genitori, tutti i fratelli (ad eccezione di uno di essi sepolto in altra cappella) e le sorelle dell’intestatario, i loro genitori, il fratello e la sorella della nonna. L’intestatario ha un’unica figlia con cui nessuno dei cugini ha buoni rapporti. Come posso fare per poter avere il permesso di effettuare i lavori di manutenzione urgenti senza incorrere in comportamenti illeciti? Mi è stato consigliato di recarmi all’ufficio contratti, fare un’auto-dichiarazione come avente diritto per la quota che mi spetta, chiedere la voltura e quindi il permesso ad effettuare gli interventi. E’ un iter corretto?
X Maria,
in caso di co-intestazione di concessione cimiteriale si forma tra i diversi co-titolari una comunione solidale ed indivisibile.
Il concessionario ed i suoi aventi causa (nell’evenienza di una loro pluralità) sono solidarmente ex artt. 1292 e segg. Cod. Civile, obbligati nel confronti della pubblica amministrazione a garantire la conservazione dell’edificio sepolcrale in solido e decoroso stato ai sensi dell’art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Le opere manutentive sono richieste e svolte da chi abbia titolo a provvedere, secondo le quote di “spacchettamento” dello jus sepulchri, fatti salvi, naturalmente atti di liberalità (molto rari, invero) da chi voglia accollarsi eventuali oneri economici senza esser soggetto (del tutto?) obbligato giuridicamente.
La voltura detta altrimenti “SUBENTRO” nella titolarità di una concessione è istituto disciplinato unicamente dal regolamento municipale di polizia mortuaria del Comune nel cui cimitero insiste il sepolcro de quo, ad esso, pertanto, si rinvia, per una disamina più approfondita sulle persone fisiche che abbiano diritto a succedere mortis causa al concessionario primo/fondatore del sepolcro privato e gentilizio nell’intestazione, attorno alla quale ruotano i diritti di gestione sulla tomba stessa, nonchè i personalissimi diritti di sepolcro.
Solo in caso di formale rinuncia da parte degli altri aventi diritto sulla concessione Lei potrà ottenere un accrescimento in senso civilistico ex art. 674 Cod. Civile delle Sue frazioni di jus sepulchri, sino all’estrema conseguenza di divenire, ipoteticamente, UNICA CONCESSIONARIA di fronte all’Autorità Comunale, proprietaria, per legge, del demanio cimiteriale.
Salve,
la questione dei cattivi rapporti tra parenti ricade a volte suoi cari defunti. Al nonno in là con gli anni era stato chiesto quali fossero le sue volontà e mio padre si era sentito rispondere – in mia presenza- che non voleva esser cremato e che voleva stare vicino ai figli, ossia nella città in cui era venuto ad abitare 10 anni fa. Con la moglie non aveva più rapporti essendo divorziato, un figlia gli era morta in giovane età e credo sia in una fossa comune ormai, e aveva due figli. Mio padre purtroppo è venuto a mancare prima.Nonostante gli avessi comunicato le volontà espresse dal nonno ha deciso per una questione economica e di disinteresse, essendo stati sempre in disaccordo, lo zio alla morte del nonno ha detto che a lui non era stato detto nulla, e quindi lo ha fatto cremare e lo ha messo in un cimitero di un paese vicino. Ora mi chiedo, poteva farlo? posso almeno ottenere che nonno e papà riposino nello stesso cimitero? Grazie, Roby.
X Roberta,
in brevis: le persone interessate, anche sotto il profilo morale, ex art. 100, cod. proc. civile dovranno adire il giudice (la sede competente è quella civile, si esclude pertanto il giudice di pace!).
Nella cosiddetta electio sepulchri (= potere e facoltà di determinare luogo, forma e modalità della propria sepoltura) sovrana è la volontà del de cuius, quando e se espressa, meglio se inequivocabilmente in modo scritto attraverso disposizione testamentaria a carattere non patrimoniale ex art. 587 comma 2 Cod. Civile.
Nel silenzio del de cuius o in caso di sua manifestazione di volontà solo verbale la questione si fa più intricata e problematica, poichè tale scelta più esser surrogabile anche da soggetti terzi, pur sempre, però, legati al de cuius da un rapporto o di parentela o di vincolo coniugale.
Nel giudizio instauratosi e suscitato la Magistratura potrà accedere ad ogni mezzo di prova, compreso quello testimoniale per accertare il reale desiderio di Suo nonno sulla sistemazione
in un particolare cimitero ed in un dato sepolcro delle proprie spoglie, ormai incinerate, la cremazione, purtroppo è atto irreversibile.
Si rappresenta come l’autorizzazione alla cremazione rientrando nella semplice attività amministrativa, non possa sconfinare nell’azione giurisdizionale, essa pertanto basa il proprio operato sui titoli meramente formali e Suo zio, quale discendente più prossimo della persona defunta era soggetto legittimato a rendere all’ufficio di polizia mortuaria la volontà di cremazione.
Ci sono sentenze molto illuminanti a tal proposito: in nuce: vige sempre questo principio: il desiderio del de cuius in ordine alla pratica funebre prescelta DEVE esser rispettato, quando, ovviamente non in contrasto con la Legge.
Grazie Sig. Carlo della pronta risposta.
Mi par di intendere che dovrei intraprendere una causa civile per quello che ha fatto (avrei testimonianza con alcuni SMS che il suo rifiuto è stato di natura economica, e considerando la guerra alcuni vedono la cremazione come qualcosa di spiacevole…).
Riguardo la scelta del cimitero, non avendo in quello nessun famigliare, vi è modo di richiedere che vanga spostato dove c’è il figlio?( con cui chiunque può testimoniare aveva un ottimo rapporto, rispetto a quello vivente)Mi sembra che sia prassi tenere la famiglia nello stesso cimitero soprattutto se lo desidera il defunto, ed in alcuni anzi bisogna avere qualcuno già sepolto per accedervi: anche per questo dovrei intraprendere una causa civile?
X Roberta,
solo alcune note ed appunti giurisprudenziali sulla “electio sepulcri”:
1) ogni persona è, infatti, libera di scegliere il tipo e la località della propria sepoltura, mentre questa volere può essere dichiarato senza particolari vincoli formali e quindi, non solo attraverso il testamento, ma anche con l’assegnazione di specifico incarico ai propri familiari (3), ai quali spetta il compito di far rispettare le estreme volontà del defunto, almeno così si è espressa la suprema corte di cassazione.
2) Lo jus eligendi sepulcrhum non costituisce, però, un diritto “assoluto” visto che la sua effettiva portata può essere ampliata o limitata da norme di diritto amministrativo (si pensi alle concessioni di sepolcri privati nei cimiteri o ai requisiti di accoglimento nei cimiteri) per cui non ha carattere assoluto, nel senso latino del termine, ma pur sempre sussiste, pur con tutti i limiti, condizioni, vincoli e quanto altro.
3) I diritti della personalità, come accade per il diritto di sepolcro sono altresì indisponibili, salvo le parziali limitazioni e rinunce che alla stregua di particolari norme o della coscienza sociale appaiano compatibili con la dignità della persona.
4) “La scelta del luogo di sepoltura è un diritto della personalità fondato sulla consuetudine che spetta anzitutto all’individuo, il quale, durante la sua vita può manifestarlo mediante una volontà precisa, esprimibile senza rigore di forme”. Pret. Macerata, 6 giugno 1992.
5) “Può apparire legittima la scelta della moglie di trasferire la salma in un cimitero più vicino al luogo di residenza suo e delle figlie minori, più agevole da raggiungere anche con mezzi pubblici”, Tribunale ordinario di Cosenza, sez. I, civile, 2 novembre 2004.
Qualora, quindi, il diritto di disporre della propria salma non sia esercitato dal titolare nelle forme appena descritte, la legittimazione a scegliere il luogo e le modalità di sepoltura passa nell’ambito dell’autonomia di alcuni soggetti legati al defunto da vincoli di coniugio e parentela o suoi successori.
In questa ipotesi, si ripete, detti soggetti non esercitano un potere in virtù di un rapporto di rappresentanza, ossia non esprimono una volontà in nome e per conto del defunto, ma esercitano una propria titolarità a disporre del corpo di questo.
La scelta di riconoscere ai congiunti più prossimi la titolarità del diritto in oggetto va nella direzione di rispondere alle esigenze di carattere personale e psicologico di coloro che erano fortemente legati alla persona scomparsa; essi infatti cercheranno quei luoghi, probabilmente vicino alla loro dimora abituale, in cui poter trovare maggiore conforto per la perdita subita o in cui potersi recare più frequentemente per curare la tomba e coltivarne il ricordo (20).
L’esercizio dello ius eligendi sepulchrum da parte dei familiari realizza, dunque, allo stesso tempo, la tutela indiretta di un interesse appartenente alla sfera giuridica del deceduto e l’esigenza sociale di far scegliere alle persone più interessate la località ove manifestare i loro sentimenti di devozione e di pietà verso il parente defunto.
L’ordinamento giuridico italiano non individua un soggetto (o più soggetti diversi) legittimato ad effettuare questa scelta.
Nella pratica i familiari più vicini allo scomparso provvedono alla sepoltura sulla base di un accordo che spesso non traspare e che non viene messo in discussione.
Pertanto, l’assenza di una normativa precisa si percepisce solo allorquando sorga una controversia tra più soggetti che rivendichino tale titolarità, come nel caso classico del contrasto tra coniuge e parenti o figli del defunto.
La legittimazione e la priorità della scelta in ordine allo ius eligendi sepulchrum possono essere desunte dalle pronunce dei giudici chiamati in causa per dirimere queste contese endo-familiari.
In questi ultimi decenni l’elaborazione giurisprudenziale ha consolidato un orientamento che assegna la precedenza ai congiunti più prossimi, nel seguente ordine: coniuge, figli, genitori, altri parenti di sangue (ad es. i fratelli e sorelle), per giungere alla fine ai successori mortis causa
In tal senso, “Qualora il defunto non abbia indicato con assoluta certezza ed in modo definitivo la località, il punto e le modalità della sua sepoltura, l’electio sepulchri spetta in ordine di preferenza al coniuge superstite, ai parenti ed, infine, ai suoi eredi”.
La prevalenza del diritto del coniuge sugli altri parenti è stata confermata dalla stessa Corte di Cassazione, che ha avuto modo di stabilire che il diritto del coniuge superstite di scegliere il luogo ove seppellire la salma del coniuge defunto trova limitazione soltanto nella diversa volontà espressa in vita o per testamento dal defunto.
La stessa facoltà viene riconosciuta nel caso di spostamento della salma in altra sepoltura nonostante l’opposizione degli altri parenti (24), ciò in quanto si ritiene che questa soluzione non si ponga in contrasto con la pietas verso i defunti poiché la coscienza collettiva, cui tale sentimento si riferisce, non disapprova né percepisce negativamente la translatio dei resti mortali per una tumulazione ritenuta ragionevolmente più conveniente dal coniuge superstite.
Questo principio non pare trovare una necessaria limitazione quando il coniuge superstite sia passato a nuove nozze. La prevalenza dello jus coniugii sembra infatti permanere anche nel caso di nuovo matrimonio, non potendosi individuare in questa decisione del coniuge superstite elementi tali da giustificare la perdita di quel diritto prioritario, considerato che oggigiorno la coscienza collettiva non considera offesa alla memoria del coniuge defunto il passaggio a seconde nozze.
Infine, coerentemente con l’impostazione che assegna lo ius eligendi sepulchrum alla persona che più di altri ha vissuto a contato con il deceduto, anche alla convivente more uxorio viene riconosciuto tale diritto di scelta, purché manchi una disposizione specifica del defunto e sempre che particolari circostanze familiari ed ambientali non facciano prevalere la contraria volontà del nucleo familiare legittimo del defunto.
In ultima istanza spetterà alla prudente valutazione del Giudice Civile, in base a costumi, consuetudini ed al sentire locale ordinare la traslazione dell’urna in un diverso cimitero, cui magari il de cuius era particolarmente legato, magari per la vicinanza affettiva con altri defunti ivi sepolti.
Buonasera,
mi ricollego alla domanda precedente per un chiarimento ulteriore: il trasporto delle Ceneri dalla Russia al Cimitero di destinazione, nella cappella di famiglia del cimitero di un piccolo comune in Piemonte.
Mia moglie sta preparando, con l’aiuto di società preposte, tutta la documentazione per il trasporto dell’urna con le ceneri della mamma dalla Russia all’Italia: Certificato di Morte, Atto del Cimitero, Permesso di Sepoltura e Autorizzazione al Trasporto dei Resti, questi ultimi rilasciati dal Consolato Italiano e corredati da Apostille redatte in francese.
Tutto questo consentirà il regolare passaggio di dogana in Russia e lo sdoganamento in Italia.
Per quanto riguarda il tratto finale da aeroporto italiano al cimitero, il Consolato Italiano a Mosca richiede solo un Nulla Osta all’Inumazione delle Ceneri rilasciato via PEC dal Comune di destinazione.
Mi potete per favore chiarire se servirà altro oltre a questo? Essendo tutte le funzioni religiose celebrate ed essendo le ceneri affidate a mia moglie, l’intenzione è provvedere personalmente al trasporto, prendere appuntamento con il personale cimiteriale locale e procedere al collocamento dell’urna nella tomba di famiglia.
Potete per favore confermarmi la fattibilità di ciò, oppure se altra documentazione è necessaria?
Grazie infinite per la disponibilità.
Distinti saluti
Alessandro M.
X Alessandro,
allora:
1) l’ultima tratta del trasporto dell’urna deve esser contemplata nel titolo di viaggio internazionale, altrimenti il Comune di frontiera in cui le ceneri “sbarcano” in Italia, rilascerà un nuovo decreto di trasporto limitatamente a questo restante percorso da compiersi, anche con mezzi propri
2) per la Legge Italiana l’ingresso di qualunque trasporto funebre nel territorio nazionale deve esser preceduto da una “verifica” attenta sul titolo di accettazione del defunto in un dato cimitero.
E’ una tautologia: infatti, ex. art. 80 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (ma si veda anche la fonte sovraordinata, cioè l’art. 343 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 recante l’approvazione del Testo Unico Leggi SAnitarie), le urne, in cimitero, debbono esser tumulate in appositi colombari privati dati in concessione (paragrafo 14.3 Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n. 24)
Si deve, allora, considerare come ogni tumulazione in un sepolcro privato nei cimiteri (sono tali tutte le collocazioni nei cimiteri diverse dall’inumazione nei campi di cui all’art. 58 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) dovrebbe essere oggetto di specifica autorizzazione comunale, che va/andrebbe rilasciata una volta accertato che il defunto avesse diritto ad esservi accolto, in quanto appartenente alla famiglia del concessionario, quindi titolare dello jus sepulchri.
Non è richesta altra documentazione complementare.
A maggiore ragione, se si tratti di sepolcri “privati” (nel senso anche civilistico del termine), in relazione all’art. 102 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. In ogni caso, tale accertamento, che è presupposto per il rilascio dell’autorizzazione alla tumulazione in un dato sepolcro, ha portata generale, attenendo alla vigilanza propria del comune sui cimiteri e sui sepolcri.
Buongiorno,
desidero sottoporVi una questione per me urgente e delicata. Sono sposato dal 2012 con una donna russa, di Mosca, ormai diventata cittadina italiana.
Giovedì scorso mia moglie ha perso la mamma, deceduta a Mosca. Mia moglie è figlia unica e non ci sono più parenti diretti in Russia.
Lunedì scorso i funerali sono sttai celebrati a Mosca e le salma è stata cremata. Mia moglie sta disponendo i documenti, lato Russia, per il trasporto dell’urna.
Una volta in Italia, vorrei che l’urna fosse custodita nella cappella della mia famiglia, in un piccolo comune in provincia di Alessandria.
Mi potete dire che cosa devo predisporre, affinché il processo si svolga in modo corretto? Avrei bisogno solo del collocamento dell’urna, senza cerimonie, funzioni etc.
Altra questione, più delicata: il consenso dei parenti. Gli “aventi diritto” superstiti della famiglia sono tre fratelli: il sottoscritto, mio fratello gemello e mia sorella.
Mio fratello ha già dato consenso alla sepoltura di mia suocera.
Mia sorella è coniugata, con due figli, e ha sempre dichiarato che seguirà la famiglia del marito, anche come luogo di sepoltura (Milano, nella cappella della famiglia del coniuge). Motivo per cui non l’ho ancora interpellata. Dato che i nostri rapporti non sono idilliaci, temo che potrebbe negare il consenso per puro dispetto.
La cappella di famiglia dispone di 9 distinti loculi al livello interrato (sotto una grata metallica), idonei ad alloggiare altrettanti sarcofagi. Vi è quindi spazio sufficiente per i fabbisogni di tutte le eventuali famiglie, alla data di oggi e prevedibilmente per l’avvenire (eventualmente spostando i resti degli avi, posizionati lungo le pareti della cappella.
In sintesi: posso procedere, contando sul 66% degli aventi diritto, o serve comunque il consenso della sorella?
In caso di diniego che alternative ho, visto che mia moglie rientrerà in Italia con le ceneri della mamma?
Grazie per la disponibilità e la competenza. Resto in attesa di un cortese riscontro.
X Alessandro,
L’amministrazione comunale ha tutta la convenienza a facilitare l’uso di tombe già esistenti, per massimizzare la capacità ricettiva cimiteriale.
Pertanto, può ampliare l’utilizzo dei sacelli gentilizi (altrimenti ristretto alla sola famiglia… come si ricava agevolmente dall’aggettivazione), attraverso l’istituto della benemerenza (da svilupparsi e distendersi, comunque in modo selettivo e puntuale, per evitare possibili abusi, con maglie più o meno larghe e sempre nel rispetto del divieto che vi sia il fine di lucro e speculazione di cui all’art. 92 comma 4 D.P.R. 285/90, ai sensi dell’art. 93 comma 2 del D.P.R. citato).
In tale occasione v’è proprio riserva di regolamento comunale, ed è una delle rarefatte situazioni in cui il D.P.R. 285/90 rinvia, apertis verbis, alla potestà normativa municipale in tema di polizia mortuaria (Artt. 344 e 345 T.U.LL.SS), in difetto della quale l’istituto delle benemerenze non sarebbe minimamente attuabile, se non come enunciazione assiomatica, poi da declinare fattivamente nel locale regolamento dei servizi funerari.
Il Comune, quindi, può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze. Parte della dottrina è di questa idea: solo il concessionario primo, cioè il fondatore del sepolcro sibi familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) potrebbe “derogare” alla familiarità dello stesso, permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti esterni rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare l’intransigenza della norma; tuttavia, siccome il diritto di sepolcro s’atteggia come mera aspettativa, per cui l’ordine di sepoltura, nelle nicchie di una tomba di cui si è contitolari, è scandito (salvo patti contrari di cui rendere edotta l’Amministrazione comunale), in relazione all’ordine temporale di morte, servirebbe, comunque, il consenso unanime di tutti i titolari di quote della sepoltura stessa affinché si addivenisse – legalmente – ad una compressione del loro jus sepulchri già maturato. Se ottemperiamo a questo schema, la benemerenza, quindi, presupporrebbe una tripla autorizzazione, rendendo molto difficile l’effettivo esercizio di questa facoltà, diverrebbero, infatti indispensabili questi preliminari documenti:
1) L’autorizzazione del concessionario (ed essa deve superare un primo vaglio di legittimità ex art. 102 D.P.R. n.285/90), rectius: il locale ufficio della polizia mortuaria deve attentamente verificare il titolo di accoglimento nel sepolcro).
2) L’autorizzazione di tutti gli aventi titolo ad esser accolti, jure sanguinis o jure coniugii, in quella determinata tomba (il moltiplicarsi esponenziale degli aventi titolo a pronunciarsi, magari a causa di ripetuti subentri, acuisce ed esulcera sempre la conflittualità).
3) L’autorizzazione di chi può (o… deve?) anche ai sensi dell’Art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26, occuparsi delle esequie del de cuius in quanto titolato in base al diritto di consanguineità enucleato dall’Art. 79 comma 1 II Periodo D.P.R. n.285/90, ed in questo modo rinuncia al proprio potere di disposizione sul defunto stesso. La benemerenza, infatti, si configurerebbe, pur sempre, come un gesto di liberalità da parte di persona non legalmente obbligata.
Grazie mille per la risposta articolata ed esaustiva.
Gentilissimi collaboratori del sito funerali.org,
innanzitutto volevo farti i miei piu sinceri complimenti per il vostro portale web sul quale ho trovato non poche risposte alle mie domande.
Mi permetto di contattarvi in merito a una questione a me molto cara che riguarda mio padre.
Premetto che sono figlio di secondo letto con due sorelle e che mio padre nonostante abbia convissuto stabilmente con mia madre negli ultimi 20 anni della sua vita, non ha mai legalmente divorziato dalla moglie.
Nel 1993 è deceduto e stato tumulato in una nicchia la cui concessionaria originaria era mia zia, la sorella di papà, e successivamente la titolarità della stessa concessione è passata alla moglie di mio padre.
La settimana scorsa, esattamente lunedi 5 febbraio la moglie di mio padre è deceduta e i 4 figli per liberare spazio all’interno del loculo e sistemare la madre hanno richiesto l’estumulazione della salma di mio padre (avvenuta martedi mattina intorno alle ore 8).
Io e mia sorella per puro caso abbiamo appreso la notizia del decesso lunedi sera e pertanto, sospettosi di un’eventuale collocazione della moglie all’interno del loculo dove era mio padre, ci siamo recati al cimitero. .Al nostro arrivo abbiamo trovato una scena raccapricciante: il loculo di mio padre era aperto. Abbiamo chiesto informazioni al custode il quale ci ha informati che mezzora prima del nostro arrivo era stata conclusa la procedura di estumulazione della salma di mio padre.
Io e mia sorella scossi andiamo via.
Il martedi successivo mi reco presso l’ufficio cimiteriale e presa visione della richiesta di estumulazione presentata dal mio fratellastro apprendo che nella stessa è stato dichiarato il falso laddove si legge che il richiedente, quindi il mio fratellastro, ha attestato “di avere informato tutti gli aventi diritto”.
I miei quesiti sono due
1) ESTUMULAZIONE: è possibile agire legalmente eventualmente con denuncia penale contro il mio fratellastro o il “mancato dissenso manifestato espressamente prima dell’operazione può essere interpretato come silenzio assenso, quindi presunto?
2) TRASLAZIONE DELLA SALMA
Secondo voi è possibile intentare un giudizio ai fini di ottenere che la salma di mio padre venga traslata in un loculo sepatato in modo che tutti i figli possano godere del diritto al sepolcro? (in parole povere provo grande turbamento al pensiero di andare al cimitero e non poter porrare un fiore a mio padre perché tumulato assieme alla moglie legale ma con la quale non conviveva piu da 20 anni (testimoniato da fotografie, fedine simboliche, testimonianze di centinaia di persone..e lo stesso fatto che mio padre sia deceduto a casa nostra nel letto nostro).
Che probabilità di successo potremmo avere io e le mie sorelle ? Potremmo addirittura ottenere un provvedimento del giudice ancora piu favorevole nel senso di concedere a mia madre il diritto di disporre della salma di mio padre provato con testimonianze?
Sul punto ho però due riserve:
– Clausola della tomba chiusa: che si avrebbe quando il concessionario originario e fondatore della tomba gentilizia inserisce nell’atto di concessione la precisa riserva che proibisce l’estumulazione per i feretri tumulati in quel particolare avello (dovrei quindi informarmi dell’esistenza o meno di questa clausola).
– Prevalenza dello iure coniugii sullo iure sanguinis: problema che si porrebbe qualora la moglie ancora in vita abbia lasciato disposizioni in merito alla salma del marito scomparso.
Vi ringrazio infinitamente per il tempo che vorrete dedicare a questa questione cosi complessa.
Marco
X Marco,
qui sconfiniamo nel diritto di famiglia, in qualche modo estremo (convivenze more uxorio, famiglie di fatto) ed io ammetto candidamente la mia incompetenza su un tema così delicato
…allora, in estrema sintesi:
1) la moglie “ufficiale” di Suo Padre (se non c’è stato scioglimento del vincolo matrimoniale) mantiene intatti, anche se, all’epoca, fosse stata in stato di separazione, tutti i diritti di disposizione sulla salma del de cuius, essa, per altro era anche divenuta tramite subentro (e qui si aprirebbero parecchi problemi interpretativi sulla legittimità di questo passaggio di titolarità regolato esclusivamente dalla normativa comunale) intestataria del loculo e deve, dunque, esser considerata portatrice a pieno titolo dello jus sepulchri attivo e passivo (= potere di esser sepolti o dar sepoltura in quel determinato avello mortuario). E’ pertanto pienamente legittimata a ricever sepoltura nel loculo oggetto del contendere. Non è applicabile la Legge n. 76/2016 sulle unioni civili, poi obiter dictum: il giudice adito potrebbe, attraverso prudente valutazione, accedere anche alla Sua tesi riconoscendo l’opportunità sociale di una traslazione del feretro in altro loculo, ma onestamente sono molto perplesso e pessimista su questo possibile orientamento della Magistratura in sede civile, e poi, secondo Legge sarebbero tutti i figli, all’unanimità a dover disporre il trasferimento in altro sito del defunto e se c’è disaccordo, per il principio di stabilità delle sepolture (deducibile da un’attenta lettura dell’art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 28.5) il Comune non autorizza la traslazione, si limita a mantenere fermo lo status quo, sin quando non sia passata in giudicato eventuale sentenza civile o sia sia giunti ad una bonaria composizione extra-giudiziale del conflitto (ahimè assai dilacerante!)…sarebbe la soluzione migliore e più logica. I diritti di disposizione sul post-mortem sono fatti valere sempre entro la cornice rigida dell’ordinamento giuridico, farsi i dispetti scippandosi a vicenda salme, cadaveri resti mortali, ossa o ceneri non è consentito, e poi sussiste sempre il postulato del requiescant in pace (non è conveniente disturbare più di tanto il sonno del morti…almeno per tutta la durata della concessione).
2) alcuni regolamenti comunali, in modo un po’ furbesco (Ponzio Pilato, con il suo tragico slogan del “laviamocene le mani” è l’occulto ispiratore della strategia!), prevedono che, nella fase propulsiva (= istanza di parte) quando, cioè, i parenti di un defunto si attivano presso la polizia mortuaria per dimostrare il titolo del de cuius ad esser accolto in una sepoltura privata nel caso di più aventi diritto (posti, dunque, su un livello di pari ordinazione) uno solo di questi possa pronunciarsi, dichiarando di agire in nome e per conto di tutti gli altri, magari per snellire la procedura, fatta salva la punibilità della dichiarazione mendace ex art. 76 D.P.R. n. 445/2000, con relativo rinvio alle leggi speciali in materia di falso. In ambito cimiteriale, dove si esercitano diritti personalissimi in termini di pìetas ed affetti struggenti l’istituto del silenzio-assenso è molto pericoloso, se non si configura come il manifesto disinteresse a provvedere, le amministrazioni più lungimiranti, infatti, tendono a richiedere espressamente il consenso di tutte le persone interessate, seppur con qualche appesantimento burocratico.
3) Il titolo di accoglimento in un dato sepolcro privato (quali sono le tumulazioni tutte) deve esser attentamente soppesato dall’autorità amministrativa (memento semper art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria), questa operazione, basata sui titoli formali di parentela è necessaria proprio per evitare abusi e distorcimenti nell’istituto del sepolcro gentilizio, ossia per evitare che estranei al nucleo famigliare possano trovare collocazione in una tomba originariamente nata per ospitare le spoglie del concessionario e della di lui famiglia.
3) L’estumulazione, (quando non si tratti di traslazione ex art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) è finalizzata a verificare lo stato di scheletrizzazione della salma, al fine della possibile raccolta delle ossa in cassetta ossario, anche per liberare spazio, funzionale ad accogliere nuove immissioni di feretri, per i trattamenti consentiti all’atto dell’estumulazione se il cadavere si mostra ancora indecomposto (re-inumazione, ri-tumulazione o cremazione) si veda l’art. 3 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 e soprattutto la Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10. E’ altamente illegale mantenere un corpo, ancorchè deposto in un loculo, solo avvolto da un lenzuolo, senza nessuna chiusura di garanzia. La bara, anche dopo il funerale, ha proprio questa funzione precipua: il contenimento anche degli eventuali miasmi post-mortali.
Buongiorno,
Cercherò di descrivere il mio quesito nel modo più breve possibile. In famiglia, abbiamo sempre “dato per scontato” che tutti noi potessimo essere sepolti nella “tomba di famiglia”, salvo poi scoprire che, in qualità di parenti collaterali del fondatore della tomba, il diritto non è automatico ma deve essere autorizzato di volta in volta dagli eredi del fondatore (secondo il regolamento di Polizia Mortuaria del comune ove è situata la tomba). Ignorando questa circostanza, 7 anni fa abbiamo sepolto una salma in questa tomba. Dopo la sepoltura della salma, tutti i membri della famiglia hanno effettuato regolare rinuncia all’eredità della defunta (poiché i debiti superavano i crediti).
Ora, 7 anni dopo, gli eredi del fondatore della tomba contestano la sepoltura e chiedono la rimozione della salma. E’ possibile opporre la rinuncia all’eredità a questa richiesta?
Grazie per le eventuali risposte.
X Michele,
Corpus normativo centrale (vale come legge quadro) per dirimere possibili conflitti sul sepolcro è il Capo XVIII del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria.
Per giurisprudenza costante in materia e salva diversa volontà del fondatore, da cristallizzarsi all’atto della stipula del contratto concessorio, presuntivamente il diritto di sepolcro è da intendersi come esteso anche ai collaterali, ma la definizione “canonica” di famiglia del concessionario, è pur sempre data dal combinato disposto tra il regolamento comunale di polizia mortuaria, quale fonte sovraordinata, e lo stesso atto di concessione.
1) E’, comunque, il comune che accerta la sussistenza del titolo di accoglimento (art. 102 d.P.R. 10/9/1990, n. 285), sulla base delle condizioni di diritto (e di fatto, per la capienza) risultanti dal Regolamento comunale di polizia mortuaria o dall’atto di concessione.
2) Un’autorizzazione dei concessionari é prevista solo nei casi eccezionali dell’art. 93 comma 2 d.P.R. n.285/1990, fattispecie che qui non rileva.
Si segue, così il criterio della premorienza, poichè tutte le persone portatrici in vita dello jus sepulchri sono poste su un livello di pari ordinazione…insomma chi prima muore meglio alloggia ed ha diritto alla tumulazione, sino, naturalmente, al raggiungimento della massima capacita ricettiva della tomba, oltre la quale (….se non c’è più posto!) lo stesso jus sepulchri spira ex se divenendo non più esercitabile.
Cosa c’entrano mai gli eredi ?
Oltretutto, gli eredi, in senso tecnico, vengono – solo – ad assumere le obbligazioni – patrimoniali – di cui all’art. 63 d.P.R. n.285/1990, ma non certo diritti personali, quali sono il titolo all’accoglimento nel sepolcro.
Il diritto di accettazione nel sepolcro é legato all’appartenenza alla famiglia del concessionario (salvo solo il caso di sepolcro sorto originariamente quale ereditario, fatto abbastanza raro, ma non escludibile in assoluto).
Il titolo a disporre delle spoglie mortali spetta, di norma, al coniuge o, quanto questo manchi, ai parenti del defunto (non del concessionario) e, in caso di loro pluralità, a tutti quelli nel grado più prossimo, l’eventuale nuovo concessionario, per effetto di un possibile subentro, non può “SFRATTARE” i defunti già tumulati nel sepolcro, egli dovrebbe a tal proposito invocare la cosiddetta turbativa di sepolcro in un giudizio incardinato in sede civile
Gli eventuali “eredi” subentrati, pertanto, non possono disporre liberamente dei posti feretro già legittimamamente occupati.
Sul punto la giurisprudenza ha distinto due tipi di “proprietà” dei sepolcri (e due modi di acquisto del diritto di essere seppellito): il sepolcro ereditario e il sepolcro gentilizio.
Nel sepolcro ereditario il diritto a essere sepolti (che dipende anche dal titolo sul bene sepolcro) si trasmette nei modi ordinari per atto inter vivos o mortis causa all’originario titolare come qualsiasi altro bene, anche a persone non facenti parte della famiglia strettamente intesa. (Dove sono definite le persone appartenenti alla famiglia ? quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria e dall’atto di concessione ?)
Invece, nel sepolcro gentilizio o familiare si acquista iure proprio sin dal momento della nascita, per il solo fatto di trovarsi con il fondatore in determinato rapporto di parentela (di norma in linea retta), in ogni caso l’acquisto è effettuato iure sanguinis e non iure successionis, e tale diritto non può essere trasmesso per atto tra vivi ne’ per successione mortis causa, ne’ si può perdere per prescrizione o rinuncia.
Il sepolcro gentilizio si trasforma da familiare in ereditario solo con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, dopo la morte dell’ultimo familiare del costruttore del sepolcro, il diritto alla sepoltura è soggetto per gli ulteriori trasferimenti alle ordinarie regole della successione mortis causa.
Una volta che il sepolcro, da gentilizio/familiare, si sia trasformato in ereditario, il diritto di sepoltura spetta agli eredi e non e’, comunque, oggetto di atti di disponibilita’, trattandosi di un diritto a carattere personale (dove l’elemento personale si colloga, a questo punto, non piu’ allì’appartenenza della famiglia, quianto alla qualita’ di erede).
La sentenza (o, meglio, una delle tante, quella forse maggiormente esplicita) e’ stata emessa dalla Corte di Cassazione, sez. 2^ civ. con il n. 5015 in data 29/5/1990. Quando il sepolcro si trasformi in ereditario, seguono le regole della successione, per cui gli eredi possono essere diversi a seconda che si tratti di successione legittima oppure testamentaria. Nella seconda ipotesi, il legato può riguardare anche persone terze, rispetto alla famiglia (ma e’ importante verificare che questa “trasformazione” sia effettivamente avvenuta).
Quindi: sepolcro originariamente gentilizio o nel frattempo tramutatosi in ereditario?
Un sepolcro familiare può trasformarsi in sepolcro ereditario solo nel momento in cui al decesso della persona concessionaria (sia che si tratti del concessionario originario (fondatore del sepolcro), sia che si tratti di suoi discendenti o comunque aventi causa subentrati al fondatore del sepolcro nella qualità di concessionari (subentri che di norma dovrebbero risultare agli atti da debiti atti ricognitivi); non vi siano ulteriori persone appartenenti alla famiglia e, come tali, aventi titolo all’accoglimento nel sepolcro.
Se vi sia stata la trasformazione da sepolcro familiare in sepolcro ereditario, questo seguirà le normali regole della successione ereditaria, fermo restando che non possa ritenersi ammissibile alcun atto di disposizione, né per atto inter vivos né mortis causa.
Ad ogni modo il diritto di uso sul sepolcro, essendo un diritto personalissimo, e non patrimoniale, non entra mai nell’asse successorio.
Buongiorno Carlo,
Intanto la ringrazio della risposta molto esauriente. Approfitto della sua gentilezza per chiedere alcune precisazioni.
Il regolamento Comunale di Polizia Mortuaria riporta che “Per gli ascendenti e discendenti in linea retta il diritto alla tumulazione è stato implicitamente acquisito dal fondatore; per i collaterali e gli affini e gli eventuali casi di convivenza la sepoltura deve essere autorizzata di volta in volta con apposita dichiarazione, fatta dal titolare della concessione, ai sensi della Legge 4/1/68 n.15”.
Dato che, come dicevo, noi ignoravamo questa regola (e addirittura ignoravamo l’esistenza degli eredi diretti del fondatore della tomba), abbiamo provveduto alla sepoltura immediatamente al momento della morte. Tutto è stato fatto in assoluta buona fede, ma ora gli eredi del fondatore dichiarano che si è trattato di una sepoltura illegittima, che non avevamo diritto di porre la salma nella tomba di famiglia e che la salma deve essere rimossa. Preciso che la defunta riposa accanto ai suoi tre fratelli, per i quali non è stata sollevata alcuna obiezione. Questa circostanza mi sembra strana (a dire poco), ma non mi addentro in queste questioni di famiglia. Quello che vorrei capire è se, dal punto di vista del diritto, gli eredi del fondatore hanno la facoltà di esigere la rimozione della salma. Chiaramente la defunta non è una estranea seppellita in una tomba a caso: si tratta di una parente collaterale del concessionario originale. Però il regolamento comunale sembra parlare chiaro riguardo ai collaterali…
X Michele,
Piccola Nota tecnica e di costume: il riferimento alla Legge 4/1/68 n.15” è da ritenersi superato, in forza del D.P.R. n. 445/2000 recante il testo unico per la documentazione amministrativa…ma la sostanza non cambia, l’autorizzazione del concessionario assumerà la forma di una dichiarazione debitamente sottoscritta ed autenticata (si tratta, pur sempre di diritti personalissimi, ragion per cui una semplice scrittura privata potrebbe anche configurarsi come strumento non idoneo a far emergere la volontà del fondatore del sepolcro).
Nel sepolcro gentilizio o famigliare l’uso dei posti salma non è mai discrezionale o arbitrario, poichè è legato a vincoli di sangue o coniugali. (la famiglia è pur sempre basata sul matrimonio ex art. 29 Cost.). Prevalgono, quindi, i criteri di …”D.N.A”, allora lo jus sepulchri si acquisisce ex capite e jure proprio per il semplice fatto di trovarsi in una determinata relazione di parentela con il concessionario primo che ha contratto con l’amministrazione comunale il rapporto concessorio di quella particolare tomba pluriposto.
Ribadisco: è inibita l’entrata nel sepolcro di natura gentilizia o famigliare alle salme di persone estranee al nucleo famigliare così come definito dalla cosiddetta riserva (= lex sepulchri) di cui all’art. 93 comma 1 I Periodo del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285. La lex sepulchri formalizzata nell’atto di concessione e sulla scorta delle disposizioni contenute nel Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria altro non è se non la rosa di persone riservatarie (quando ancora in vita) dello jus sepulchri, inteso come duplice facoltà di esser sepolti o dar sepoltura, lo jus sepulchri è l’unico diritto che si eserciti in prospettiva dell’oscuro post mortem, quando, cioè cessa la capacità giuridica, pertanto sin quando si sia in vita rimane una legittima aspettativa.
Se l’assegnazione dei posti feretro fosse stata tassativamente nominativa (con i nomi del riservatari scolpiti a chiare lettere nella lex sepulchri…ma sarebbe anche un fattore di critica rigidità) il problema non si porrebbe proprio, almeno non in questi termini così complessi.
Attraverso apposita istruttoria, (invero nemmeno poi così strutturata) il Comune deve sempre vigilare su ogni tumulazione verificando preventivamente il diritto d’accoglimento dato dai titoli formali di appartenenza alla famiglia, in questo caso – forse – le autorità amministrative preposte al servizio di polizia mortuaria sono state omissive in questa importante funzione si supervisione e buon governo del cimitero, proprio per prevenire abusi e situazioni illegittime (= sepolture sine titulo), da cui poi, spesso, scaturiscono liti devastanti.
Un ultimo appunto: non capisco le pretese degli “eredi”, in quando lo status di erede nel diritto funerario, si qualifica come posizione a rilevanza patrimoniale (= assunzione delle obbligazioni manutentive) ma divaricata sia dal diritto d’uso sul bene sepolcrale sia dagli atti di disposizione su defunti già tumulati.
La mera intestazione di una concessione, in senso civilistico, magari avvenuta anche per subentro, potrebbe anche, al di là dei diritti di gestione, non coincidere pienamente con la titolarità pleno jure dello jus sepulchri: questa è la regola fondamentale.
IL subentro è una strana figura giuridica, studiata per non lasciare, alla morte del concessionario primo, vacante la titolarità della concessione stessa, in quanto un responsabile, del rapporto giuridico in essere, deve pure esservi, almeno dinanzi al Comune.
Due sono le soluzioni più praticate; nella prima – detta a concessionario fisso, chi si avvicenda nominalmente nella titolarità della concessione si fa garante solo delle obbligazioni manutentive sul sepolcro, con oneri di mantenimento a proprio carico, nella seconda conosciuta come a concessionario mobile, il nuovo titolare della concessione concentra su si sè, assicurando lo status quo per i feretri già tumulati, e, quindi, limitatamente ai loculi ancora disponibili il diritto ad esser sepolto o a dar sepoltura….per il pregresso tempus regit actum!
Vige pur sempre il principio di stabilità delle sepolture, per cui sarebbe assurdo se ad ogni cambio di concessionario mortis causa si contestassero i diritti di sepolcro già costituiti e perfetti, infatti, avremmo solo vorticosi giri di walzer in cimitero tra estumulazioni disposte per capriccio e nuove tumulazioni.
Per “sfrattare” i morti già tumulati occorrerebbe una volontà espressa secondo il criterio di poziorità (in cui convergono potere di scelta coniugato con la priorità nella decisione) articolato sullo jus coniugii che a sua volta, predomina sullo jus sanguinis.
IN subordine: se la tumulazione è stata illegittima, (ma non ho prove per dimostrare ciò!) ossia priva di un titolo di legittimazione i rimedi esperibili da ci abbia interesse a procedere ex art. 100 Cod. Proc. Civile ed art. 39 codice processo amministrativo, sulla legittimazione ad agire in giudizio sono essenzialmente due:
1) poichè lo jus sepulchri concreta il diritto di possesso occorre far cessare la turbativa di sepolcro con le apposite azioni civilistiche di negazione o manutenzione (meglio quest’ultima).
2) si potrebbe adire il giudice amministrativo impugnando l’autorizzazione alla tumulazione, per vizio causato dalla mancanza dei necessari presupposti jure sanguinis o jure coniugii, rilasciata ex art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Il regolamento del suo comune come tutti gli atti di amministrazione è frutto di una ponderazione politica sugli interessi da comporre possibilmente in un quadro ordinato,, esso per quanto foriero di interpretazioni anche difformi tra loro (sotto certi aspetti pare un po’troppo dirigista!) , vale come legge speciale all’interno del Comune che lo ha emanato e deve esser rispettato sino a quando la norma in questione non venga novellata o cassata nel corso di un giudizio (evento altamente improbabile, ma non escludibile aprioristicamente ).
X Fabio,
mi scuso, alle volte io sono troppo paradossale nei miei slanci lirici da beccamorto fallito: il senso della frase incriminata è proprio questo (ed è quasi lapalissiano): il diritto secondario di sepolcro si esercita COMUNQUE entro gli orari di apertura dei cancelli cimiteriali, per ovvie ragioni d‘interesse pubblico prevalente: vale a dire: per capriccio non posso entrare in cimitero a cambiare i fiori alle 3 di mattino solo perchè mi garba così, e sono un inguaribile nottambulo, magari invocando il famoso (e famigerato?) diritto secondario di sepolcro, svincolato da ogni logico limite dettato dal buon senso.
E’ opportuno che agli atti dell’ufficio cimiteriale vi sia pure il deposito delle “chiavi” dei sepolcri privati, quando questi fossero protetti da porte o cancelli dotati di lucchetti o serrature.
A riguardo si suggerisce che all’atto della consegna di copia delle suddette chiavi, oltre alla prova del loro funzionamento, sia eseguita una ricognizione, assieme al Concessionario del vano della tomba e redatto un verbale da sottoscrivere sullo stato dell’edicola funeraria e un elenco dettagliato di oggetti eventualmente presenti sui quali si declina ogni responsabilità, in caso di furto o danneggiamento.
Difatti occorrerebbe anche conoscere se le chiavi della tomba siano in possesso anche di altre persone (es. fioraio o società di servizi per pulizia periodica o ditta che periodicamente cura il mantenimento e rimozione o montaggio lapidi, ecc.), per poter garantire il controllo di “custodia” e conoscere quanti altri hanno la possibilità di accesso alla stessa.
Poiché non risulta nei sacri testi legislativi statali un esplicito obbligo di deposito delle chiavi da parte del concessionario, conviene inserire espressamente questo incombente nel regolamento municipale di polizia mortuaria, sarebbe un elemento di maggior chiarezza!
Carlo, io, da fan di Tiziano Sclavi, apprezzo molto gli slanci lirici e paradossali, in ogni campo, e specie in quello -santo, ma non ho mai evocato pretese di visite notturne (per quelle basta un bello slancio al di là del muro di cinta) 🙂 è naturale che le visite si effettuino nell’orario di apertura, il quesito era se sia lecito chiedere al custode non già l’apertura del sepolcreto in orari desueti e non previsti, ma la semplice apertura della cappella privata nei sacrosanti orari previsti dal regolamento.
Cioè, se io, in orario di apertura del cimitero, mi presento dal custode, e, dimostrando di essere un discendente del sepolto, chiedo di farmi aprire la cappella privata dove riposa, devo essere accontentato (dando per scontato che il custode sia in possesso di chiavi) ? così si aggirerebbe il rifiuto del concessionario della cappella a concedere copia delle chiavi.
Grazie di nuovo!
X Fabio,
Vabbè…ci siamo capiti!
La Sua domanda è legittima ed a mio avviso accoglibile!
Io – molto formalmente – procederei così: chiedendo un provvedimento autorizzativo ad hoc, da parte del locale ufficio comunale della polizia mortuaria, con menzione, nell’istanza, della presunta violazione del sacrosanto diritto secondario di sepolcro, posta in essere da chi non voglia autonomamente consegnare le chiavi dell’edicola funeraria.
Questo perchè nel nostro attuale ordinamento il custode del cimitero (dipendente pubblico o di impresa affidataria del servizio?) è una figura prettamente esecutiva e, pertanto priva di poteri autoritativi tali da poter incidere sulla sfera del privato concessionario di sepolcro famigliare, con un atto d’imperio che invece compete propriamente alla polizia mortuaria comunale…o in ultima istanza, al Giudice Ordinario, in sede civile.
Grazie!
buongiorno, gentile e competente sig. Carlo.
vorrei cortesemente chiederle un paio di chiarimenti e indicazioni.
dunque, la mia compagna ha trovato la chiave d’accesso alla cappella dove è sepolto suo padre cambiata dallo zio, che si rifiuta di dare copia delle chiavi stesse dichiarandosi però disposto ad aprire in qualunque momento su richiesta;
-non è questa comunque una violazione del diritto non limitabile di sepolcro secondario? la condizione posta di dover chiedere l’accesso è illegittima, dico bene? esistono sentenze che facciano giurisprudenza in questo senso?
-poiché il reg. polizia mortuaria sancisce che la direzione del cimitero debba essere in possesso di copia delle chiavi di tutte le cappelle private, potrebbe la mia compagna chiederne copia alla stessa direzione, oppure farsi aprire ogni volta (in attesa dei tempi della probabile causa) dal custode?
grazie, e buona giornata
X Fabio,
ai sensi dell’art. 50 comma 7 D.Lgs n.267/2000 il sindaco disciplina l’orario di apertura dei cancelli cimiteriali (e non è materia di regolamento comunale di polizia mortuaria), sembra quasi pleonastico, allora rammentare come il potere di render visita ed omaggio ai propri defunti si eserciti entro questi limiti temporali ed organizzativi, dopo tutto il camposanto è impianto comunale per antonomasia.
Il cosiddetto diritto secondario di sepolcro (= iter ad sepulchrum, ossia diritto personalissimo di godimento, non successibile e dunque non trasmissibile se non jure sanguinis o jure coniugii, ovvero per vincolo di sangue o rapporto coniugale) è un principio pretorio, vale adire una statuizione di diritto non tanto creata dal legislatore nello jus positum quanto sviluppata attraverso un omogeneo ed uniforme orientamento dei Tribunali Italiani chiamati a dirimere e risolvere controversie di tale tipo.
Nella variegata articolazione degli jura sepulchri esisiste, quindi, anche il c.d. diritto di sepolcro secondario, consistente nella possibilità concreta ed effettiva di rendere ai defunti le pratiche di “pietas” e di culto, diritto che non puo’ essere limitato o condizionato, neppure dai titolari del diritto di sepolcro primario (= diritto di seppellire) o del diritto di sepolcro, in senso stretto (= quello di cui gode il concessionario).
Se vi siano comportamenti che limitano il diritto di sepolcro secondario, puo’ essere esperita l’azione di cui all’art. 1170 Cod.Civile.
In parole povere, le chiavi per accedere, pregare, cambiare i fori o solo ricordare i defunti non possono essere rifiutate.
Anche se non sia esperibile l’ azione di manutenzione, in senso civilistico (sussistono dubbi, in dottrina, sulla natura del diritto secondario di sepolcro quale diritto reale) il diritto di sepolcro secondario puo’ essere fatto valere comunque in sede giudiziale, laddove sia inibito, o leso, o compresso, c’è giurisprudenza costante in materia.
Le modalità non sono poi sostanziali; importante é che non vi siano ostacoli.
grazie, gentilissimo e rapidissimo;
solo non capisco cosa c’entri l’orario di apertura del cimitero: parliamo dell’apertura di una singola cappella; ove il regolamento comunale di polizia mortuaria preveda che il custode abbia a disposizione le chiavi delle cappelle private, può il cittadino chiederne copia o accesso al sepolcro direttamente alla direzione del cimitero? era questo il mio quesito.
grazie di nuovo