Premessa il diritto di sepolcro si configura come un complesso di situazioni giuridiche assimilabili a queste tre principali fattispecie:
1. Jus Sepulchri = diritto ad esser sepolto in un determinato sacello privato
2. Jus Inferendi in Sepulchrum = diritto a dar sepoltura
3. Diritto secondario di sepolcro = potere che sorge in capo ai consanguinei del de cuius per rendergli i dovuti onori funebri con pratiche di pietas e devozione verso i propri morti.
Va ricordato che la natura tipica delle concessioni cimiteriali importa che la “successione” possa aversi unicamente per discendenza, salvo che quando questa sia esaurita, nel qual caso può avvenire per eredità, anche se con effetti particolari. Infatti, poiché il diritto alla sepoltura in un determinato sepolcro privato nel cimitero è un diritto della persona, esso non ha carattere patrimoniale, con la conseguenza che la successione per eredità, esaurita la discendenza, importa che l'”erede” subentri sono negli obblighi derivanti dalla concessione e non nel diritto di poterla utilizzare, a tempo debito. Come si vede, il regolamento comunale di polizia mortuaria assume un ruolo del tutto centrale ed essenziale nella regolazione delle questioni segnalate (Dr. Sereno Scolaro).
Problema:
Guglielmo, nell’imminenza del secondo dopo guerra, vigente il Regio Decreto R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, il cui Art. 71 (1) prevedeva la disponibilità delle sepolture per atti inter vivos o mortis causa diviene titolare di 6 loculi a concessione perpetua disposti su tre ordini verticali, l’atto di concessione (2) a quanto ci è dato sapere prevede la classica formula sibi familiaeque suae, in cui dar sepoltura ai genitori provvisoriamente “parcheggiati” in altro cimitero.
L’atto di concessione , però, non precisa più dettagliatamente quali siano le persone riservatarie del diritto di sepolcro.
Guglielmo non ha rapporti di coniugio o di filiazione, così, nel corso degli anni le tombe disponibili vengono occupate dai suoi genitori e fratelli premorti ed anche dai loro coniugi (essendo quest’ultimi, quali cognati e quindi affini (3) e non discendenti jure sanguinis, s’immagina vi sia stata da parte del fondatore del sepolcro una sorta di autorizzazione assimilabile all’istituto della benemerenza (4) , anche perché all’epoca vigeva l’istituto sociale della famiglia alla allargata e patriarcale, propria delle zone rurali, senza dimenticare come il regolamento comunali di polizia mortuaria in via estensiva potrebbe considerare appartenenti al novero famigliare anche gli affini di primo grado). alla sua morte nel lascito testamentario nomina eredi universali Marco ed Alberto, trasferendo loro, Jus Hereditatis anche il sepolcro gentilizio, così come risulterebbe anche dall’atto di concessione conservato presso gli archivi comunali.
Ora i rami della famiglia con scrittura privata non si sono mai preoccupati di definire un ordine per l’uso dei posti feretro, lasciando questo ingrato compito al triste evolversi egli eventi luttuosi, ovviamente questa situazione di incertezza ha ingenerato il alcuni aventi diritto la legittima, ma del tutto giuridicamente immotivata aspettativa di esser assegnataria di un loculo.
Nel corso dei decenni tutti i 6 loculi risultano occupati da cadaveri o resti mortali, per liberare spazio finalizzato a nuove tumulazioni bisognerebbe procedere alla riduzione o alla cremazione dei defunti ivi sepolti da più di 20 anni ex DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Ovviamente, deceduti il fondatore del sepolcro ed i sui fratelli la rissosità tra i cugini è massima perché non si forma mai il consenso unanime per deliberare l’operazione cimiteriale, in quanto inibire il diritto di sepolcro ad un odiato parente significa, per converso, garantirlo in futuro remoto a sé o ai propri cari.
Ora Alberto, nipote ed erede universale, assieme al fratello dell’originario concessionario scompare e nelle sue ultime volontà chiede di esser tumulato nella prestigiosa tomba di famiglia, ma non quale discendente Jure Sanguinis del fondatore del sepolcro, ma in virtù nuovo concessionario subentrato allo zio in forza del testamento, ampliando così la portata dei suoi Jura Sepulchri.
Come sempre si scatena tra i parenti una rissa terrificante.
Per dirimere la faccenda sono necessarie alcune considerazioni di dottrina e… giurisprudenza, anche perché questi conflitti, spesso, debbono esser ricomposti proprio dal Giudice. (ma da quale: ordinario o… amministrativo?).
1. Se la famiglia del concessionario non è definita dall’atto di concessione la sua definizione deve esser desunta dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
2. La concessione cimiteriale ha, anche, dei contenuti patrimoniali, ma questi sono direttamente correlati e finalizzati, all’esercizio di diritti personali, dato che il diritto d’uso e’ riservato unicamente al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia.
Astrattamente, può anche aversi una successione nelle componenti patrimoniali (cappella), almeno nel corso di durata della concessione, successione che non può, mai, estendersi al diritto personale (quello di venirmi sepolto) in quanto i diritti personali non sono successibili. In questo caso, chi eredita, eredita il bene con i suoi oneri (es.: obblighi di manutenzione), mentre il diritto di sepolcro (= di esservi sepolti, cioe’ di usare la cappella ai fini del proprio sepolcro) restano ‘riservati’ (art. 93, 1 dPR 10/9/1990, n. 285) al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia (quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria e dall’atto di concessione). L’erede subentra negli oneri sulla concessione (fino a che duri), probabilmente (nel caso) solidarmente ad altri membri della famiglia; mentre il diritto di sepoltura e’ “riservato” solo alle persone della famiglia del concessionario. Infine, richiamando la sent. della sez. II civile della Corte di Cassazione n. 12957 del 29/9/2000, in presenza di istituzione di erede universale ma anche di discendenti jure sanguinis del concessionario, si determina che l’erede diventa titolare della ‘proprietà del manufatto’ per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, e fino a che duri la concessione, con tutti gli oneri connessi (la successione ha riguardo sia alle componenti attive ma anche a quelle passive), rimanendo sprovvisto di diritto di sepolcro fin tanto che non siano estinti tutti i membri della famiglia del concessionario, i quali conservano il proprio diritto, primario e secondario, di sepolcro e rispetto ai quali l’erede e’ tenuto ad assicurare ogni comodità ed a ritenerli esenti di ogni onere per quanto riguarda il loro diritto di sepolcro che deriva dall’appartenenza alla famiglia delc oncessionario.
Solo con l’estinzione di tutti i discendenti o, comunque, familiari del concessionario, l’erede potrà – forse – acquisire un diritto di usare, a titolo personale, il sepolcro.
3. L’atto di concessione non precisa la retroattività sui suoi effetti giuridici dello Jus Superveniens, ossia delle successive modifiche del regolamento comunali di polizia mortuaria, di cui si ribadisce la centralità per dirimere liti di questo tipo.
4. vanno tenuti ben distinti i diritti di sepoltura (5) , aventi carattere personale (appartenenza alla famiglia), rispetto ai diritti patrimoniali sul sepolcro (quelli che determinano, tra l’altro, obblighi di manutenzione e conservazione del manufatto, gli eredi potrebbero, quindi, esser semplicemente degli onerati.
5. Anche in base alla sentenza della Corte di Cassazione n. 12957/2000, l’erede testamentario rimane sprovvisto del diritto di sepolcro fino all’estinzione di tutti i membri della famiglia del concessionario d’origine.
6. Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria in proposito – cioè concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione – dato che la concessionaria risulta non avere discendenti che jure sanguinis siano succeduti nei diritti concernenti la concessione, il sepolcro deve considerarsi trasformato in ereditario. Ne consegue che gli eredi, se previsto dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso.
7. Quando il testamento acquisisca efficacia (pubblicazione se olografo ex Art. 620 Codice Civile, può senz’altro essere riconosciuta la titolarità (patrimoniale) della cappella, ma non la titolaritià di diritto personalissimi come il diritto di sepoltura (= esservi sepolti) in quanto questi sono legati all’appartenenza alla famiglia del fondatore.
8. In parole povere, il “proprietario” ha gli oneri connessi alla “proprietà ” (6), ma l’uso, in quanto diritto personalissimo, e’ legato all’appatenenza alla famiglia (almeno fino a che questa non si estingua).
Rimane pur sempre anche l’aspetto della capienza fisica del sepolcro (dato che i cadaveri non possono essere estumulati, o ridotti, trattandosi di sepolcro perpetuo (art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285).
9. Dai dati in nostro possesso non è chiaro se per norma che sorga dal combinato disposto tra atto di concessione (con relativa convenzione) e regolamento di polizia mortuaria si debba di volta in volta far riferimento al concessionario originario oppure ad i suoi di volta in volta aventi causa.
10. Il diritto di sepolcro trova il suo fisiologico limite nella capienza fisica del sepolcro stesso, degradando a mera aspettativa, se non c’è il necessario consenso a ridurre (7) o cremare i defunti precedentemente tumulati lo jus sepulchri non è esercitabile.
Quindi nella fattispecie Alberto, prescindere da vantato, ma ancora indimostrato subentro nella concessione, ha sì titolo ad esser tumulato nella tomba fondata da suo zio, ma in qualità non di proprietario, ma di congiunto Jure sanguinis con il fondatore del sepolcro.
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(1) Tuttavia, tale disposizione era comunque inapplicabile ed “abrogata” fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
(2) A fonte Regolamentare locale potrebbe prevedere tanto che al concessionario debba farsi riferimento anche post mortem quanto che i suoi discendenti assumano, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).
(3) Pretura di Genova, 30 dicembre 1995 Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione.
(4) se occorre tumulare (ad es.) un feretro di persona benemerita, occorre l’assenso scritto di tutti coloro che, avendo diritto alla sepoltura in detta tomba, ne autorizzano l’entrata (in quanto rinunciano ad un loro diritto). Difatti l’accesso ad una tomba è in funzione sia del diritto ad esservi sepolto, sia della premorienza rispetto ad altri aventi diritto, fino al completamento della capienza del sepolcro, fatta salva ovviamente la possibilità di traslazione ad altra sepoltura o la riduzione in resti o la cremazione degli stessi.
(5) diritto di sepolcro e’, essenzialmente, un diritto personale, connesso all’appartenenza alla famiglia (di cui la componente patrimoniale e’ strumentale rispetto alla realizzazione del fine primario, quello della sepoltura del concessionario e dei membri della sua famiglia a cui e’ riservata la sepoltura). La condizioone di erede, invece, richiama un contenuto patrimoniale che puo’ rilevare solo se ed in quanto siano esuariti i membri della famiglia e non necessariamente importa l’acquisizione del diritto ad essere sepolti, ma spessissimo i soli doveri dominicali sul manufatto, fino alla scadenza della concessione.
Sulle modalità di ‘”registrazione”‘, comunque la si chiami, delle titolarità derivanti ai discendenti dalla morte del concessioanrio, va fatto rinvio al Regolamento comunale di polizia mortuaria (che, probabilmente, nulla dice, specie se un po’ datato), potendo prevedere un atto ricognitivo, rientrante nell’ambito dell’art. 107, comma 3 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267 e succ. modif., a volte su dichiarazione/denuncia (magari anche da effettuarsi entro un determinato termine dal decesso del concessionario), altre volte d’ufficio. La ‘fonte’ e’ sempre e comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria.
(6) Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo Jus Sepulchri.
(7) Una volta avvenuta la tumulazione, l’estumulazione è ammessa solo allo scadere della concessione, se a tempo determinato, mentre non è ammessa l’estumulazione se si tratta di concessione perpetua, ma la salma tumulata deve permanere nella sepoltura a tempo indeterminato (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo che non ricorra il caso di cui al successivo art. 88, cioè quando venga richiesto il trasferimento in altro sepolcro, o per riduzione in resti.
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Tumulazione illegittima?
Salve sig. Carlo, le vorrei porre un quesito. Mio nonno negli anni 60 decise di acquistare due loculi in una cappella data in gestione ad una confraternita che, in considerazione della disponibilità, aveva deciso di alienarle alcune ai privati. La scelta di questi loculi, ove ora sono sepolti mio nonno, mia nonna e la sorella, ricadde anche perché al centro della cappella vi era uno spazio dove veniva celebrata messa. L’anno scorso il priore di questa congrega senza interessare minimamente i concessionari dei loculi – quindi anche i miei genitori- ha costruito al centro della cappella due file di nuovi loculi posizionandoli davanti a quelli già esistenti. Ho segnalato il tutto al comune e so che hanno avuto problemi perché i lavori sono stati interrotti per un po’, anche perché si è sicuramente avuto un notevole incremento del carico della struttura, ma ad oggi sono terminati. Le chiedo se il priore poteva effettuare questi lavori senza la nostra autorizzazione anche in considerazione del totale cambiamento della struttura interna. In attesa di una risposta le auguro una buona serata.
X Luigi,
negli anni ‘60, del secolo scorso, vigente l’art. 71 commi 2 e segg. del Regio Decreto n. 1880/1942 (abrogato solo dal D.P.R. n.803/1975, entrato ij vigore il 10 febbraio 1976) parte della dottrina, benchè l’art. 824 comma 2 Cod. Civile avesse già sancito, con norma positiva, l’appartenenza del cimitero (e per attrazione dei sepolcri in esso insistenti) al demanio comunale, con le logiche conseguenze di cui all’art. 823 Cod. Civile (= inalienabilità, non usucapibilità) parte della dottrina e, soprattutto, della giurisprudenza, riteneva ancora pacifica la trasmissione del diritto di sepolcro per atti inter vivos a contenuto privatistico e, dunque, patrimoniale, sostanzialmente legittimando la compravendita dei beni cimiteriali o il loro trasferimento, da un titolare ad un altro, per successione mortis causa.
Data questa indispensabile premessa storico-normativa, io, vista anche l’incolpevole promiscuità dei termini linguistici adoperati da Lei, non riesco a capire se Suo nonno con la locale confraternita/congrega (detta altrimenti: corpo morale) abbia stipulato:
a) un atto di regolare acquisto dei posti feretro, sin quando detta operazione sia stata consentita dalla Legge (nel qual caso si potrebbe – a ragione – discettare di proprietà, pleno jure, dei loculi).
b) una semplice cessione del diritto d’uso sui loculi stessi, stante la lettera dell’art. 71 Regio Decreto n. 1880/1942 prima richiamato.
Nel caso di cui al punto a) si potrebbero invocare istituti civilistici strettamente inerenti e connessi all’effettivo esercizio del diritto di proprietà e delle azioni poste in sua difesa. Ad esempio: il frazionamento della proprietà ripartita su singole porzioni d’edificio sepolcrale dà origine ad un’insolita e curiosa forma di condominio… funerario? Si registrerebbe, infatti, una situazione abbastanza simile a quella che, nel diritto privato, è il condominio negli edifici, cioè con uno status di comunione, relativamente alle parti comuni. Ma anche in tal caso, proprio per l’originaria individuazione delle “separate quote”, ciascuno dei “condomini” risponde in ragione proporzionale a queste (come, nel condominio negli edifici i diversi comproprietari rispondono in ragione dei millesimi di proprietà); il ché esclude una solidarietà piena, cioè interessante l’intero sepolcro.
Nel caso di cui al punto b) la proprietà del manufatto sepolcrale parrebbe, in tutto e per tutto, essere ancora riconducibile alla confraternita/congrega, in senso completo ed esclusivo.
Si rammenta che trattandosi di concessione ad “ente”, va tenuto sempre presente come vi sia un doppio livello di rapporti, il primo – di diritto pubblico – intercorrente tra Comune ed ente, che può anche essere (in relazione all’epoca in cui sia sorto) perpetuo. il secondo, invece, è intrattenuto tra l’ente e le persone appartenenti ad esso stesso ed ha natura privatistica.
Sotto questo ultimo profilo la durata di permanenza di un feretro potrebbe anche essere a tempo determinato (essendo indipendente dal rapporto intercorrente tra comune/ente).
In caso di modifica dell’ordinamento dell’ente, che avvenga, ovviamente, in conformità alla sua natura, l’ente dovrebbe porsi la questione se rapporti pregressi possano subire modifiche a seguito di una successiva diversa regolazione dei rapporti tra ente/appartenenti (aspetto su cui, in assenza di altri elementi, e’ ben difficile fornire indicazioni di sorta).
Relativamente al problema, da ultimo affacciato, relativo alla denuncia di inizio attività per lavori di ristrutturazione/ampliamento del sacello mortuario si ritiene di dover precisare almeno questi aspetti procedimentali e di diritto:
Il Testo Unico Edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001 è norma di portata generale, mentre le disposizioni di cui agli artt. 91 comma 3 e 94 D.P.R. n.285/1990 (e, di conseguenza, anche del Regolamento comunale di polizia mortuaria) hanno carattere peculiare (e, quindi, predominano). Oltretutto, anche la disposizione sull’applicabilità del D.P.R n.380/2001 per l’edificazione, da parte di privati, su aree demaniali ha valore di norma comune; non solo, ma prendendo in esame le definizioni di interventi edilizi (art. 3), è abbastanza diffusa l’opinione per cui il Testo Unico debba soccombere alle norme speciali (del Regolamento comunale e dei piani regolatori cimiteriali con relativi strumenti attuativi (pre-condizione, quest’ultimi, per far luogo a concessione di aree cimiteriali; ex art. 91 D.P.R n.285/1990
salve devo porle un quesito. Mio nonno è seppellito nella cappella di famiglia, il cui concessionario, fino a qualche tempo fa, credevamo fosse il padre. Al momento la cappella risulta essere totalmente occupata, ma alcuni loculi sono occupati da persone morte anche più di 30 anni fa. qualche mese fa è deceduta mi nonna e la nostra intenzione era di seppellirla nella cappella in cui è sepolto mio nonno. per questo motivo mia madre ha chiesto ai propri cugini il permesso di liberare i loculi occupati da più di 30 anni facendosi carico di tutte le eventuali spese. i cugini non hanno permesso a mia madre di seppellire mia nonna. a questo punto abbiamo controllato la concessione della cappella e abbiamo scoperto non essere intestata al padre di mio nonno, ma al fratello di mio nonno. ora mi chiedo mio nonno nella cappella è un ospite. mia nonna ha il diritto ad essere seppellita insieme al marito. inoltre nella concessione c’è scritto che alla morte del concessionario subentreranno gli eredi. il concessionario è morto 6 mesi prima di mio nonno.
X Natalia,
situazione complessa e non facilmente risolvibile (se non dinanzi un Giudice, in sede civile) se non si usano intelligenza e saggezza.
1) sulla natura della tomba (famigliare o ereditaria) fa fede l’atto di concessione, quale atto massimamente probatorio della reale volontà dell’originario titolare della concessione; vale a dire il sepolcro è stato costituito sibi familiaeque suae (cioè dal concessionario primo e per la di lui famiglia?) oppure sibi haeredibus suius (ovvero per il fondatore ed i suoi eredi?): Nel primo caso le persone riservatarie – ex art. 93 comma 1 I Periodo del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – del diritto di sepolcro sono il concessionario ed i suoi famigliari individuati jure sanguinis o jure coniugii, quindi per rapporto di parentela o vincolo coniugale, mentre nella seconda ipotesi il parametro generale per identificare le persone portatrici, in vita, dello jus sepulchri sarà fornito dalle usuali regole civilistiche, assai collaudate, che governano l’ordinario trapasso del patrimonio mortis causa, secondo successione legittima o testamentaria. Secondo l’orientamento costante della Suprema Corte di Cassazione in via presuntiva il sepolcro nasce come famigliare, mentre quello di tipo ereditario sarebbe una sorta di eccezione, quasi un errore calcolato.
2) la formula “subentreranno gli eredi” è ambigua e persino obliqua, in quando non è specificato altrimenti se l’avvicendamento mortis causa nell’intestazione della concessione sia riferibile anche allo jus sepulchri, attivo e passivo, nella sua completezza (diritto a dare o ricevere sepoltura) o solo alle obbligazioni dominicali di ordine manutentivo, ai sensi dell’art. 63 D.P.R. n. 285/1990, originanti dal cosiddetto diritto sul sepolcro in sé, dunque sulla mera proprietà del corpus compositum (opere murarie, arredi e suppellettili funebri) di cui il sepolcro consta. Paradossalmente il soggetto subentrante obbligato alla cura del sepolcro potrebbe esser sprovvisto dello jus sepulchri, subentrando, così, solo nell’imputazione degli oneri di manutenimento in solido e decoroso stato, dell’edificio sepolcrale. Nel diritto funerario sui sepolcri privati la proprietà del manufatto tombale è sì presente, ma essa è solo strumentale, intermedia ed ontologicamente finalizzata all’esercizio dello jus sepulchri, che, poi, è diritto di essenza PERSONALISSIMA e mai patrimoniale o, comunque, suscettibile di valutazione economica. Si rammenta come la compiuta disciplina dell’istituto del subentro sia demandata esclusivamente al regolamento comunale di polizia mortuaria, cui, per il caso in esame, si opera un necessario rinvio chiarificatore.
3) I sepolcri tutti (se costruiti entro il perimetro del camposanto) afferiscono al demanio comunale, siccome del Comune sono proprietà impianto (art. 824 comma 2 Cod. Civile) e dovere di assicurare la ciclica funzione cimiteriale (Artt. 337, 343 comma 1 e 394 Regio Decreto n. 1265/1934). Stante l’art. 823 Cod. Civile i beni demaniali non possono formare oggetto di diritti se non nella modalità dettate dalla normativa speciale in materia (in questo caso dalla Legislazione di polizia mortuaria), essi sono pertanto inalienabili, e non usucapibili. Invero si è avuta notizia di qualche sentenza, magari molto risalente nel tempo, ma, comunque, abbastanza isolata, in cui il Tribunale, in una tumulazione indebita (eseguita senza un titolo di legittimazione…) ha ritenuto che il possesso prolungato nel tempo potesse configurare usucapione, tuttavia si è di questo avviso: se Suo nonno aveva maturato in vita lo jus sepulchri con tutti i crismi di legge (o come erede, o come famigliare del fondatore del sepolcro) ora da defunto può godere, secundum legem, del riposo eterno nella tomba, almeno per tutta la durata della concessione, altrimenti, qualora – per assurdo – non ne avesse avuto diritto le controparti interessate, vedendo compresso ingiustamente il proprio diritto di sepolcro, potranno adire il Giudice Ordinario per:
a) far dichiarare: l’illegittimità della tumulazione attraverso le azioni civili di manutenzione o meglio ancora di negazione ex art. 949 Cod. Civile.
b) veder riconosciuta la turbativa di sepolcro (ed il conseguente danno?)
c) ottenere il ripristino dello status quo ante (= l’estumulazione forzata di Suo nonno)
4) Il coniuge superstite al momento della morte ha diritto ad esser accolto accanto alla spoglia mortale del marito/moglie premorto/a anche quando titolare della tomba non fosse quest’ultimo? Siamo alle solite: nei rilievi dei Tribunali Italiani emergono orientamenti contrastanti, e non si evidenzia una posizione costante in tema di conflitti sul posto feretro ad ogni modo lo jus sepulchri è fatto valere sino alla naturale saturazione dello spazio sepolcrale (art. 93 comma 1 II Periodo D.P.R. n. 285/1990) oltre alla quale non è più esercitabile…insomma se non c’è materialmente più posto per l’immissione di nuovi feretri lo stesso diritto spira ex se e diviene lettera morta (in questo frangente, neppure tanto raro chi prima muore meglio alloggia e si vede garantito il loculo).Facezie mie a parte, tutti i titolari dello jus sepulchri sono, dalla Legge, posti su un livello di pari ordinazione, ragion per cui sarà la cronologia degli eventi luttuosi (= la premorienza) a scandire l’entrata nel sepolcro delle rispettive salme, sino al completamento della capacità ricettiva della cappella funeraria. Lo jus sepulchri, così inquadrato, da diritto ASSOLUTO degrada in legittima aspettativa, tra l’altro è l’unico diritto di cui avvalersi in proiezione dell’oscuro post mortem, quando, appunto, cessa la capacità giuridica.
5) (in subordine al punto 4) è il combinato disposto tra l’atto di concessione, per quella particolare tomba, ed in regolamento comunale di polizia mortuaria, come parametro generale ed astratto, a stabilire chi abbia effettivamente titolo d’accoglimento nel sepolcro, se le spoglie mortali di Sua nonna abbiano davvero diritto di esser accettate nel sacello gentilizio (o ereditario, a questo punto) deve esser acclarato dal Comune attraverso apposita e formale istruttoria (forme nemmeno troppo strutturata) ai termini dell’art. 102 D.P.R n. 285/1990, le parti interessate potranno produrre agli atti le relative certificazioni anagrafiche, attenzione, però, in realtà è possibile che la tomba siano pervenuta alle odierna famiglia (occorre, a tal proposito, ristabilire la discendenza nei rami famigliari e il riconoscimento del rapporto di coniugio o filiazione, o quello di parentela può essere dato con le ordinarie forme delle certificazioni di stato civile e di anagrafe, tenendo presente il disposto dell’art. 3 D.P.R. 2 maggio 1957, n. 432. A questo proposito, vanno ricordati sia l’art. 18 L. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif., sia l’art. 43, comma 1 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e succ. modif.). Ma se materialmente non c’è spazio per il feretro di Sua nonna e gli altri parenti non sono concordi (e nessuno può obbligarli, nemmeno il Giudice di ultima istanza, siccome sarebbe una violenza!) nel deliberare un’estumulazione finalizzata a liberare un loculo, perchè non pensare seriamente ad una cremazione? Sarebbe un’interessante soluzione per riunire i Suoi nonni nello stesso loculo (l’uno nella specie ancora di feretro, l’altra sotto forma di ceneri) evitando, così, il contenzioso con gli altri titolati a pronunciarsi, con cui i rapporti, almeno in tema sepolcrale, paiano già poco idilliaci e rischiano di esulcerarsi maggiormente, se ognuno di voi rimarrà attestato sulla rispettiva ed intransigente idea di fondo.
Vi invito, dunque, a ponderare quest’opportunità.
Gent. sign. Carlo, ho un grande problema è nessuno è in grado di aiutarmi. Nel 1961 morì mio padre, mio nonno materno compro della terra al cimitero di Palermo regalandolo a mia madre per seppellire mio padre che provvisoriamente era in una tomba di parenti.Mia madre chiese aiuto a i fratelli per la costruzione della tomba gentilizia ma si rifiutarono. Così si addosso tutte le spese mia madre, ma nella tomba vi fu scritto il nome di mio nonno, perchè lui fece da garante.Nella tomba entrò mio nonno sua moglie il primo genito con la moglie, e una neonata (nipote) rimase un posto che mia madre conservava per se, ma un anno prima morì un suo fratello, che aveva detto di togliere il padre per non occupare l’ultimo posto, ma niente fu mantenuto,e occupò il posto di mia madre anche se lei non gli ha dato i documenti della tomba. Adesso il 9/02/2017, è morta mia madre ho deciso la cremazione dato che non viviamo a Palermo da 20 anni per portarla in Sicilia e seppellirla vicino alla sua famiglia come lei desiderava.Ma ho trovato una brutta sorpresa, i figli dello zio che è morto prima hanno fatto una delega a loro favore non completa e blocca tutto. Mi dicono che io dovrei completare la delega a loro favore per seppellire mia madre che è la propietaria della tomba, tutto mi sembra assurdo, mia madre sta ancora in deposito in attesa che si trovi una soluzione, anche se io ho i documenti la delega di mia madre e 2 dei suoi fratelli, cosa posso fare per esaudire il desiderio di mia madre grazie
X Rosalia,
il Suo problema richiederebbe una trattazione “legale” molto ampia ed approfondita che travalicherebbe lo spazio ed i tempi tecnici di questo blog (ed anche le non eccelse competenze in materia!), pertanto non mi addentro nella questione del rapporti famigliari poco idilliaci (= promesse non mantenute ed impegni smentiti), tuttavia, senza la pretesa d’esser esaustivo, annoto, qui di seguito, alcuni appunti di diritto funerario utili alla positiva risoluzione, auspicabilmente bonaria, del caso da Lei rappresentato.
1) Lo Jus Sepulchri rappresenta un complesso di situazioni giuridiche, corrispondenti a separati ed autonomi diritti, tra questi spicca, senza dubbio, il diritto alla intestazione del sepolcro (c.d. Jus Nomini Sepulchri); esso si estrinseca nel potere di apporre il proprio nome sul sepolcro da parte del fondatore e di tutti gli aventi diritto tumulati nel sepolcro stesso, data l’individualità “dedicata” della sepoltura; tant’è vero che una delle cause per dichiarare lo stato di abbandono ed incuria di un avello è proprio la mancanza o l’illeggibilità delle iscrizioni recanti gli estremi anagrafici del de cuius.
2) Secondo ataviche e, quasi ancestrali, regole consuetudinarie (praeter legem?), il diritto alla sepoltura spetta al fondatore del sepolcro — inteso (con presunzione juris tantum) come il soggetto titolare della concessione amministrativa —, al suo coniuge ed a tutti i suoi discendenti, anche nondum nati, al momento della sua dipartita terrena, facenti parte della di lui famiglia. Con tale asserzione, per consolidato e remoto costume, nonché pacifica convenzione, si comprendono allora, rispetto al fondatore, che concentra su di sé tutto lo jus sepulchri attivo e passivo, così da irradiarlo, poi, ai propri congiunti, i familiari caratterizzati da comunanza di sangue (jure sanguinis) e di nome (jure nominis).
3) Accanto al diritto primario e quello secondario, si configura un diritto riguardante l’intestazione del sepolcro. Se il diritto di sepolcro si pone come espressione ultima dell’unità della famiglia, di un gruppo legato per sangue, storia, affetti, l’intestazione (il nome) è lo strumento con cui essa può essere mantenuta e individuata all’esterno. Lo ius nominis sepulchri spetta presuntivamente al concessionario del terreno demaniale. Una volta che sia stato individuato il nomen sepulchri da parte del fondatore, la conservazione delle iscrizioni funerarie con le indicazioni delle persone sepolte rientra nel diritto alla tutela del sentimento di pietà verso i defunti, diritto che spetta anche ai
titolari del mero diritto secondario di sepolcro. Ai fini dell’esclusività dell’intestazione della tomba familiare è, comunque, irrilevante il semplice fatto che un soggetto sia, per ovvi motivi amministrativi e di semplificazione, il primo o solo intestatario della concessione di suolo cimiteriale, qualora, ad esempio, risulti pacificamente da apposite convenzioni fra i privati che suolo e tomba siano stati rispettivamente acquistati e realizzati di comune accordo da due differenti famiglie, ciascuna contribuente in ragione della metà delle spese, e avente di conseguenza diritto non solo a metà quota del sepolcro familiare, ma anche alla cointestazione dello stesso. Lei, pertanto, tramite appositi titoli (atto di concessione in primis) deve DIMOSTRARE che Sua madre effettivamente fondò la tomba gentilizia o, comunque, al di là di ogni nominalismo, finanziò l’opera al fine di costituire per sè stessa e la famiglia il diritto di sepolcro, in quella particolare edicola funeraria privata.
Il mutamento dell’iscrizione riportata sulla lapide funeraria, in quanto idoneo, ad esempio, ad ampliare la cerchia dei soggetti che pretendono di esercitare poteri corrispondenti allo ius sepulchri (come nella fattispecie in cui la nuova iscrizione tenda ad individuare, fra i possibili fruitori, i discendenti di un capostipite anteriore e più lontano rispetto a quello indicato nella lapide asportata), costituisce turbativa del compossesso esercitato sulla tomba, tutelabile con l’azione di manutenzione.
4) Data la condizione di pari ordinazione tra tutti i portatori, ancora in vita, dello jus sepulchri, l’ingresso delle rispettive salme nel tumulo è scandito dall’ineluttabile cronologia degli eventi luttuosi, ossia dalla premorienza, salvo patti contrari di natura inter-privatistica tar gli aventi titolo, da notificarsi, per conoscenza al Comune (ed ai quali l’Amministrazione rimane estranea nel caso di contenziosi)…insomma chi prima muore meglio alloggia (…primato poco invidiabile!) sino alla conseguente saturazione dei posti feretro disponibili, oltre la quale, per ovvi limiti fisici, lo stesso jus sepulchri spira ex se, divenendo non più esercitabile. Logicamente la capacità recettiva del sepolcro, mentre è piuttosto contenuta per i feretri si dilata, invece, oltremodo per le cassette ossario, poichè in ogni singola nicchia possono esser deposti una ed una sola bara, ma pure svariate cassette ossario o urne cinerarie.
5) ai sensi dell’art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria l’ufficio comunale di polizia mortuaria per ogni nuova tumulazione in sepolcro gentilizio o famigliare, al fine di evitare abusi o distorcimenti piuttosto “interessati” dell’istituto, dovrebbe porre in essere accurata istruttoria, anche se non troppo appesantita, volta a verificare sulla base dei titoli formali, la pre-esistenza del diritto di sepolcro che s’intende affermare e far valere, questo procedimento di accertamento, di solito si chiude con il rilascio di una specifica autorizzazione, un provvedimento, cioè, che rimuova nel singolo caso un limite di portata generale.
Per questi motivi ritengo che Sua madre a prescindere dalle sorti del sacello gentilizio vantasse a pieno titolo lo jus sepulchri, le sue ceneri potranno, così, riposare nella cappella di famiglia, nonostante la presunta opposizione dei cugini, i quali anche qualora si fossero impropriamente impossessati della tomba, con un repentino mutamento d’intestazione, non potrebbero, comunque, inibire un diritto già maturato in vita: esso non più venir leso o ingiustamente compresso.
Rimango in attesa di Sue notizie auspicabilmente positive.
Disputa fra parenti circa l’apposizione di una foto sulla lapide, all’interno di una cappella gentilizia. La figlia del defunto può apporre la foto del padre sulla lapide in totale autonomia o è necessario il consenso degli altri concessionari ? In caso di opposizione da parte degli altri, può la figlia pretendere l’apposizione della stessa? (Specifico che sulle lapidi degli altri defunti ivi tumulati non sono mai state apposte fotografie)
Grazie mille
X Carlotta,
In genere aspre contese di questo tipo (ed aggiungo, io, per motivi futili!) rischiano di degenerare in liti con strascichi giudiziari dilaceranti, anche perchè toccano il lutto e gli affetti più struggenti.
Si consiglia, quindi, una soluzione bonaria, senza adire le vie legali (speranza vana???)
Gli estremi identificativi obbligatori per una sepoltura (a maggior ragione se PRIVATA, quale è sempre ciascuna tumulazione, anche in sepolcro monoposto) sono nome e cognome del defunto, nonché data di nascita e morte.
Il Regolamento comunale di polizia mortuaria, o meglio ancora le norme attuative del piano regolatore cimiteriale, può dettare criteri più specifici e stringenti o anche a maglie più larghe. Il principio da non disattendere mai è che la tomba deve esser chiaramente IDENTIFICABILE. La fotografia ricordo, pure se molto utile allo scopo, è elemento OPZIONALE e non di diritto.
L’apposizione di suppellettili funebre d arredi mortuari (epigrafi, ritratti del de cuius, lampade votive) è sempre soggetta ad autorizzazione comunale, da parte dell’ufficio di polizia mortuaria, se il Comune, quindi, valutata l’istanza ed anche l’eventuale opposizione degli altri concessionari autorizza: bene: nulla osta e si proceda pure.
A nostro avviso il problema si complica poichè ragioniamo di una cappella gentilizia, dove i dolenti hanno maggior libertà d’azione nella scelta degli arredi, seppur vincolata alla normativa locale di settore forse, allora, qualche elemento utile a dirimere la controversia può rinvenirsi nell’atto di concessione, o meglio nel progetto di edificazione edificio sepolcrale, a suo tempo regolarmente approvato dal Comune, di solito in questa sede si definiscono, in conformità al piano regolatore cimiteriale, i criteri costruttivi per realizzare il sacello (materiali da impiegare, dimensioni del monumento, decorazioni…). Esempio stupido e balordo, ma almeno ci capiamo: in un fabbricato ad uso funerario con lastre tombali di una determinata foggia e colore il dolente non può applicare una lapide troppo difforme dal modello adottato precedentemente, questo per non turbare l’unità architettonica (dove si fondono forma e funzione) ed il decoro del sepolcro.
Apporre una foto ricordo, magari discreta e non appariscente non arreca certo pregiudizio alla sacralità della sepoltura, ma è una scelta di merito, ampiamente discrezionale, diverso sarebbe se per onorare (???) un defunto si apponesse sulla parete di chiusura del loculo la foto osé di una starlet a luci rosse di cui costui, ancora in vita, si era segretamente invaghito, allora si che il Comune potrebbe intervenire censurando una simile pretesa.
Bisogna sempre ponderare attentamente tra gli interessi in giuoco, anche perché questi lambiscono, a volte sentimenti ed emozioni che come tali non sono mai perfettamente razionali ed inquadrabili entro una rigida cornice giuridica, anzi norme troppo capillari ed intrusive nei gusti funerari del cittadino a volte sono crimonogene, perchè inducono, anche incons apevolmente, a decisioni o comportamenti contra legem.
X Carlo (…siamo omonimi!),
Non si può nemmeno negare, a priori (cioè senza fare riferimento alle norme dello specifico Regolamento comunale di polizia mortuaria), che possa sussistere la previsione di una cessazione della concessione per causa estintiva (abbandono amministrativo?)
Per altro, e – sempre – facendo salve le norme di questa fonte regolamentare, potrebbe anche essere ammissibile che “terzi” (ossia persone che non abbiano titolo sulla concessione in quanto non appartenenti alla famiglia del concessionario ai fini del diritto di essere sepolte nel singolo sepolcro), possano assumere – a questo punto, unilateralmente – obbligazioni di ordine patrimoniale, come gli oneri relativi alla manutenzione, ordinaria e straordinaria, del manufatto tombale (almeno, fino a quando esso non rientri nella piena e libera disponibilità del comune).
Una tale assunzione di obbligazioni (in sostanza aventi carattere di liberalità) richiederebbe, sotto il profilo della forma, un atto pubblico, registrato (a rigore, dovrebbe essere esclusa la trascrizione nei registri immobiliari presso l’Agenzia del territorio, in quando il diritto sull’area cimiteriale non ne è soggetto) e debitamente depositato agli atti del comune.
Per altro, prima che le persone interessate ad assumere quest’obbligazione unilaterale a carattere patrimoniale procedano in questo senso, risulta del tutto opportuno (per non dire necessario) un approfondimento volto a verificare l’effettiva portata delle previsioni dello specifico Regolamento comunale di polizia mortuaria.
Vorrei sapere se il delegato a la facoltà di fare entrare in una sepoltura di famiglia senza interpellare nessuno chi lui decide
X Toni,
Dovrei rinviare al Regolamento comunale di POLIZIA MORTUARIA, nel senso di verificare:
a) se detta fonte normativa preveda forme di subentro/successione rispetto al concessionario (fondatore del sepolcro),
b) quale sia la legittimazione ad agire in caso di pluralità di soggetti aventi titolo,
c) se il delegato abbia o meno il potere di dichiarare (eventualmente) di agire in nome e per conto di tutti gli aventi titolo, ed in questo caso, nell’evenienza di dichiarazioni mendaci si richiama l’Art. 76 DPR n. 445/2000.
d) se sia stata istituita la figura di un possibile ‘rappresentante’ della pluralità di aventi titolo, il quale, però, – è bene ribadire il concetto – avrebbe la mera funzione di un semplice nuncius/portavoce, per ragioni di praticità e semplificazione nei rapporti tra concessionari e Comune.
Se mancano indicazioni in proposito si dovrebbe dedurre che, ad ogni modo tutti gli aventi titolo devono singolarmente pronunciarsi, in forma scritta, tanto più se si dovesse addivenire, come accade per le benemerenze (Art. 93 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285) ad una volontaria compressione del loro Jus Sepulchri, così da consentire l’accesso al sepolcro di persona estranea al nucleo famigliare, quale staabilito in primis dall’atto di concessione, ed in secondo luogo dal regolamento municipale.
In ogni caso, eventuali controversie tra più contitolari vanno risolte tra i soggetti interessati, anche in sede giudiziale, ciò comporta per il comune solo l’opportunità di mantenere fermo lo stato di fatto fino alla definizione della lite, rispetto a cui il comune é e rimane estraneo.
Al di fuori dei casi dell’art. 93 comma 2 dPR 10/9/1990, n. 285 non è ammissibile la tumulazione di persone diverse da quelle considerate allo stesso art. 93 comma 1, operazione che se richiesta comporta, di per se’ stessa, la dichiarazione di decadenza dalla concessione, per gravissima violazione unilaterale delle obbligazioni sinallagmatiche contratte alla stipula dell’atto concessorio.
Un informazione: in un piccolo comune nella mia zona cimitero comunale c’è una cappella privata costruita da due coniugi ivi sepolti privi di eredi.
Ora l’amministrazione comunale ha emesso un “Avviso ” esposto al cimitero e sul sito del comune invitando chi vanti diritti in oggetto a provvedere alla manutenzione della cappella. Pena trascorso alcuni mesi di rientrare il comune in pieno possesso della concessione e alienarla a terzi riesumando i corpi dei due coniugi e deponendoli nell’ossario comune.
Viene citato regolamento polizia mortuaria.
Chiedo se è lecito tale comportamento da parte del comune?
Volendo fare manutenzione a quella cappella pur non essendo eredi come si dovrebbe procedere onde non violare norme?
Grazie
buongiorno, mio zio, spostato senza figli, oltre 30 anni fa ha ottenuto la concessione per la realizzazione di una cappella alle cui spese di costruzione hanno partecipato i genitori ed i fratelli. Dal momento del completamento dell’opera è stata apposta sul muro esterno della cappella (quale nome identificativo) una lapide con su scritto il nome e cognome del padre (mio nonno) e famiglia. Attualmente sono tumulati nella stessa mio zio, concessionario, i suoi genitori e mio padre. Mia zia, moglie del concessionario morto, sostiene di essere lei la sola erede e che, quindi, può sostituire la lapide apposta all’atto della costruzione inserendo anche il nome suo e che può anche richiedere che le salme già tumulate siano rimosse. Ha ragione o, a seguito del decesso di mio zio intestatario dell’originaria concessione, siamo subentrati come eredi tutti noi nipoti? Nel caso avesse ragione cosa succederà al momento della sua morte?
X Monica,
in buona sostanza tutto ruota attorno all’istituto del subentro (rimando a questo link per tutti i necessari approfondimenti del caso https://www.funerali.org/cimiteri/la-morte-del-concessionario-e-listututo-del-subentro-7523.html), cioè all’unica forma di avvicendamento mortis causa nella titolarità dei diritti sepolcrali ammesso dalla Legge e normato ESCLUSIVAMENTE dal regolamento municipale di polizia mortuaria. Parlare di eredità è fuorviante, perché essa afferisce ad aspetti di natura patrimoniale, mentre gli Jura Sepulchri ineriscono a diritti personali o sin anche personalissimi, e nella loro trasmissione seguono tutt’altro percorso, non sovrapponibile.
Pertanto: Sua Zia è subentrata pleno jure nell’intestazione della tomba, con annessi diritti di gestione sulla cappella gentilizia? Se ciò non è accaduto il problema proprio non si pone, in alcun termine.
Lo Jus Sepulchri rappresenta un complesso di situazioni giuridiche, corrispondenti a separati ed autonomi diritti, tra questi spicca, senza dubbio, il diritto alla intestazione del sepolcro (c.d. Jus Nomini Sepulchri); esso si estrinseca nel potere di apporre il proprio nome sul sepolcro da parte del fondatore e di tutti gli aventi diritto tumulati nel sepolcro stesso, data l’individualità “dedicata” della sepoltura; tant’è vero che una delle cause per dichiarare lo stato di abbandono ed incuria di un avello è proprio la mancanza o l’illeggibilità delle iscrizioni recanti gli estremi anagrafici del de cuius. Orbene, questo mia breve risposta verterà proprio sullo Jus Nomini Sepulchri, inteso come diritto all’intitolazione della tomba. Se c’è stato, pertanto, subentro nel senso compiuto del termine giuridico (= Sua zia è diventata nuovo concessionario a tutti gli effetti) potrà senz’altro apporre il suo nome e cognome a fianco di quelli già esistenti, ma naturalmente non potrà cancellarli, in quanto il riferimento d’obbligo è sempre al concessionario primo o fondatore del sepolcro, tra l’altro tumulato proprio in quella particolare e determinata sepoltura de quo.
Il subentro non è mai una novazione della concessione (= rapporto giuridico del tutto nuovo), bensì una voltura della stessa, in cui i diversi passaggi storici nell’intestazione debbono esser preservati: diventa così una sorta di Jus Sepulchri che sorge a titolo derivativo, se mi è consentito mutuare questa formula dal linguaggio più propriamente privatistico.
Lo Jus Sepulchri si esercita compatibilmente con la disponibilità di posti salma, sino al completamento della massima capacità recettiva del sepolcro, ai sensi dell’Art. 93 comma 1 II Periodo del Regolamento Statale di Polizia Mortuaria, approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285, oltre la quale esso spira ex se, per l’ovvia mancanza di spazio, quindi Sua zia, da concessionaria o meno che sia diventata, quando morirà, potrà esser accolta nella detta tomba se e solo se ci sarà materialmente posto per una nuova immissione di feretro. E’ pertanto da escludersi fermamente ed in modo netto il proposito accarezzato – anche comprensibilmente – da Sua zia di “sfrattare” i defunti già tumulati al fine di ricavare per se ed altri nuova disponibilità di sepolture, per le probabili esigenze future. Su questo aspetto convergono tutta la dottrina ed una stabilissima, ed univoca nel tempo, giurisprudenza. Questo perché i morti già ivi sepolti maturarono in vita lo Jus Sepulchri , quale diritto perfetto ed acquisito, ed esso si estende per tutta la durata della concessione (della serie requiescant in pace!) poi per questa ulteriore ragione: la legittimazione a decidere, anche dopo un primo periodo di sepoltura, una nuova sistemazione per le spoglie mortali è data UNICAMENTE dallo jus sanguinis il quale, appunto rinviene il suo momento genetico nella consanguineità (rapporto di coniugio, di filiazione o parentela). Sua zia non si trova nella posizione di disporre di defunti nei cui confronti essa era un semplice affine o peggio ancora un’estranea, e questa regola ferrea, quasi inviolabile, pone al riparo i Suoi cari scomparsi da eventuali vendette sepolcrali, dunque, la minaccia di estumulare è del tutto infondata ed innocua, tra l’altro non capisco come mai circolino ancora queste voci pazzesche ed incontrollate le quali, essendo false ab origine vanno risolutamente confutate in diritto e stroncate sul nascere. Se Sua zia vorrà rischiare la sorte l’esito è scontato: le sue richieste viziate per carenza di titolo s’infrangeranno davanti al muro della Legge, la quale, non dimentichiamo, è sovrana, soprattutto in caso di liti, dissidi o relazioni endo-famigliari, poco idilliache.
X Andrea,
grazie per la commovente fiducia; io procederei così, nello sviluppo delle argomentazioni, secondo questi specifici punti tematici:
Il soggetto istituzionalmente deputato a fornire informazioni *GRATUITE*, per giunta, è l’ufficio comunale della polizia mortuaria, diffiderei di altri attori, sempre nel circuito del settore funerario, come appunto l’impresa funebre perchè troppo “interessati” nel pilotare il caso verso una direzione non tanto “in” e ”di” diritto, magari con la compiacenza di qualche dipendente comunale, quanto gradita alla clientela, poi, ben inteso ci sono imprese serie e molto professionali, così come ci sono addetti comunali altrettanto motivati e scrupolosi, com’è giusto che sia, l’avvocato, a mio sommesso avviso, deve esser l’extrema ratio, un po’ per i costi esorbitanti della giustizia italiana ed i suoi tempi biblici, un po’ perché nemmeno gli studi legali, spesso, padroneggiano e dominano a dovere la materia funeraria, quindi prima di avventurarsi in una causa, con l’alea sempre intrinseca ad un giudizio, bisogna prestare attenzione e ponderare a lungo.
Dopo questa necessaria premessa, che mi inimicherà qualche simpatia, ma come diceva il Machiavelli è meglio esser temuti e non amati, entrerei nel merito, con le seguenti considerazioni in diritto:
a) quando si ragiona di sepolcri privati nei cimiteri, non si dovrebbe parlare di proprietà sugli stessi, ma di titolarità del rapporto concessorio, in quanto l’elemento della proprietà, seppur presente (in effetti le opere murarie della tomba ed il corredo di arredi votivi di qualcuno debbono pur essere!), è teleologicamente finalizzato e strumentale all’esercizio dello Jus Sepulchri, il quale è diritto personalissimo e non patrimoniale.
b) il rapporto concessorio da cui origina il sepolcro privato e gentilizio non è un contratto di puro diritto privato, gestibile in piena autonomia (= il sepolcro è mio e lo uso come mi pare e piace) esso, infatti, presenta profili para-contrattuali, di conseguenza non è il concessionario primo, cioè il fondatore del sepolcro nè chi eventualmente a lui sia subentrato mortis causa a decidere arbitrariamente le persone titolari dello jus sepulchri (= diritto a dare e ricever sepoltura in quel dato sacello). Qui entra in giuoco il concetto della riserva ex Art. 93 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, vale a dire, se il sepolcro sorge come famigliare solo al momento della stipula del relativo regolare atto di concessione il fondatore del sepolcro può ampliare o restringere la cerchia dei suoi famigliari riservatari dello Jus Sepulchri, mentre la definizione canonica di famiglia (patriarcale, mononucleare, allargata agli affini…) è stabilita dal regolamento comunale di polizia mortuaria, e l’appartenenza ad un nucleo famigliare jure coniugii o jure sanguinis è un dato oggettivo dimostrabile attraverso apposite ricerche anagrafiche.
c) Se tralasciamo l’istituzione ab origine di un sepolcro ereditario, qui non pertinente, l’unica deroga ammessa alla famigliarità della tomba è quella legata all’istituto della benemerenza, da disciplinarsi, nel dettaglio, attraverso la fonte regolamentare comunale. “A, B, e C”, cioè i tre co-intestatari del sepolcro firmando quel misterioso foglio hanno acconsentito irrevocabilmente all’accoglimento nella tomba di un soggetto in sè non famigliare, e la sottoscrizione di quel documento ha prodotto inevitabilmente una compressione (consapevole o meno) del loro diritto di sepolcro, il quale, una volta esauritasi la capienza fisica dell’edificio funerario in questione spira naturalmente ex se e non può più esser fatto valere….cioè si seppellisce sino a quando vi sia materiale spazio, e non oltre! Per ricorrere all’istituto della benemerenza, anche per esigenze future, occorre sempre un’esplicita autorizzazione almeno del concessionario, o secondo altro filone della dottrina, anche un nulla osta da parte delle persone originariamente portatrici dello Jus Sepulchri che si vedrebbero così privare del loro potenziale diritto di sepolcro per le ragioni di cui sopra: secondo un celebre slogan, molto in voga tra noi beccamorti: “chi prima muore meglio alloggia”. I concessionari A, B e C, possono pertanto opporsi all’ingresso nel sepolcro delle salme di “E” ed “F”, semplicemente non riconoscendo loro lo status di benemerenza. E’il comune ex Art. 102 del Regolamento Statale di Polizia Mortuaria a vigilare contro eventuali abusi o mercimoni occulti di posti feretro, in quanto tassativamente vietati dalla Legge di settore, dunque, entra nel sepolcro solo e desclusivamente chi ne abbia effettivo diritto.
d) La legittimazione a disporre delle spoglie mortali, anche dopo un primo periodo di sepoltura, mi riferisco al feretro tumulato nel 1985 segue la regola pozioristica (dove potere di scelta e preminenza nel decidere si coniugano) ed in subordine il criterio dello Jus coniugii e dello Jus Sanguinis. L’ordine tra questi due parametri può anche esse invertito, tanto non cambierebbe nulla. IL diritto all’estumulazione o alla traslazione di detta salma spetta, allora, al coniuge superstite, se presente, o in suo difetto a tutti i parenti di primo grado, ascendenti e discendenti e così via sino al sesto livello di parentela, l’ultimo riconosciuto dalla Legge Italiana. Quindi se “A, B, e C) sono i congiunti più prossimi si delibera con un loro atto di volontà da formalizzare all’ufficio cimiteriale, l’operazione volta a recuperar spazio nel sepolcro, altrimenti, come temo io, non è possibile, in quanto bisogna sempre distinguere tra la posizione del semplice concessionario e la qualità di coniuge o ascendente/discendente del de cuius. Lo Jus SEpulchri, come detto all’inizio è diritto personale, fondato sui legami di sangue e matrimonio.
Rimango sempre a disposizione per ulteriori chiarimenti.
buongiorno Sig. Carlo.
l’argomento è molto complicato e per me molto difficile da interpretare, perciò chiedo un consiglio.
mia mamma ed i suoi fratelli (che chiamerò ABC) sono titolari di una tomba in un cimitero. la tomba è stata lasciata dal loro padre in eredità (D), tanto che recentemente, per permettere ad una vecchia sorella di mio nonno(E, sorella di D, ma non titolare) di seppellire il marito, hanno dovuto chiedere ad ABC di firmare alcune carte(le chiamo così perchè tecnicamente non so come si chiamino…sono stati contattati dall’impresa funebre).
ora queste le mie domande:
1) possono ABC, titolari della concessione ed eredi diretti del proprietario della tomba, chiedere di liberare uno spazio all’interno della tomba, spazio occupato da una salma deceduta nel 1985, che risulta essere il marito di un’altra sorella di D, che chiamerò F, nonostante ci siano ancora un paio di spazi nella tomba?
2) E’ possibile che ABC possano decidere, alla morte di E ed F di non farle tumulare nella sopracitata tomba?
a chi ci si può rivolgere per avere delucidazioni operative? allo stesso cimitero, ad un avvocato?
Grazie mille per il tempo che mi dedica.
Andrea
Buon giorno signor Carlo
Una domanda, in una cappella di proprietà di un mio parente che non siamo in buoni rapporti, ci sono sepolti i miei nonni materni ed anche di questo parente, la cappella chiusa a chiave sempre, essendo così impossibilitato di poter fare visita e porre un fiore ai miei nonni, cosa posso fare?.
Grazie
X Rossi,
si tratta di tutelare, preferibilmente, in via giurisdizionale, il c.d. diritto secondario di sepolcro = facoltà di accedere liberamente al sepolcro per pore in essere atti votivi e di pìetas vero i propri cari + potere di opporsi ad ogni trasformazione della tomba tale da arrecare pregiudizio a quelle stesse sepolture verso cui si è legati per vincolo di consanguineità, in questo caso e nella fattispecie in esame.
IN molti Comuni è uso consolidato che il servizio di custodia cimiteriale disponga sempre di una copia delle chiavi delle cappelle gentilizie, se non altro per ragioni di imprescindibile sicurezza e controllo.
Dunque, sussistendo quest’ultima ipotesi (verosimile) si potrebbe intervenire presso il locale ufficio della polizia mortuaria dimistrando agevolmente l’ingiusta lesione, inibizione o compressione del diritto secondario di sepolcro.
Trattandosi, però, di SEPOLCRI PRIVATI nei cimiteri (quali sono tutte le cappelle gentilizie) il Comune stesso potrebbe addurre la propria impossibilità/incompetenza ad agire su rapporti, evidentemente poco idilliaci, di natura inter-privatistica ed endo-famigliare.
L’unico rimedio esperibile sarà allora adire il Giudice di merito, in sede civile, per ottenere un provvedimento ingiuntivo a Suo favore, affinchè Lei entri in possesso finalmente delle chiavi per esercitare il Suo diritto secondario di sepolcro. L’esito della causa, seppur con tutta l’alea insita in qualunque, giudizio, appare abbastanza scontato perchè vi è giurisprudenza costante in materia di iter ad sepulchrum, il quale si configura, sin dal diritto romano, come un diritto personalissimo di godimento (jus in re aliena) di cui Lei è, comunque, portatore solo per il semplice fatto di trovarsi in una determinata relazione di parentela con i defunti ivi tumulati.!
grazie mille sig. Carlo, la sua risposta è stata davvero completa ed esauriente.
Cordiali saluti