Premessa il diritto di sepolcro si configura come un complesso di situazioni giuridiche assimilabili a queste tre principali fattispecie:
1. Jus Sepulchri = diritto ad esser sepolto in un determinato sacello privato
2. Jus Inferendi in Sepulchrum = diritto a dar sepoltura
3. Diritto secondario di sepolcro = potere che sorge in capo ai consanguinei del de cuius per rendergli i dovuti onori funebri con pratiche di pietas e devozione verso i propri morti.
Va ricordato che la natura tipica delle concessioni cimiteriali importa che la “successione” possa aversi unicamente per discendenza, salvo che quando questa sia esaurita, nel qual caso può avvenire per eredità, anche se con effetti particolari. Infatti, poiché il diritto alla sepoltura in un determinato sepolcro privato nel cimitero è un diritto della persona, esso non ha carattere patrimoniale, con la conseguenza che la successione per eredità, esaurita la discendenza, importa che l'”erede” subentri sono negli obblighi derivanti dalla concessione e non nel diritto di poterla utilizzare, a tempo debito. Come si vede, il regolamento comunale di polizia mortuaria assume un ruolo del tutto centrale ed essenziale nella regolazione delle questioni segnalate (Dr. Sereno Scolaro).
Problema:
Guglielmo, nell’imminenza del secondo dopo guerra, vigente il Regio Decreto R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, il cui Art. 71 (1) prevedeva la disponibilità delle sepolture per atti inter vivos o mortis causa diviene titolare di 6 loculi a concessione perpetua disposti su tre ordini verticali, l’atto di concessione (2) a quanto ci è dato sapere prevede la classica formula sibi familiaeque suae, in cui dar sepoltura ai genitori provvisoriamente “parcheggiati” in altro cimitero.
L’atto di concessione , però, non precisa più dettagliatamente quali siano le persone riservatarie del diritto di sepolcro.
Guglielmo non ha rapporti di coniugio o di filiazione, così, nel corso degli anni le tombe disponibili vengono occupate dai suoi genitori e fratelli premorti ed anche dai loro coniugi (essendo quest’ultimi, quali cognati e quindi affini (3) e non discendenti jure sanguinis, s’immagina vi sia stata da parte del fondatore del sepolcro una sorta di autorizzazione assimilabile all’istituto della benemerenza (4) , anche perché all’epoca vigeva l’istituto sociale della famiglia alla allargata e patriarcale, propria delle zone rurali, senza dimenticare come il regolamento comunali di polizia mortuaria in via estensiva potrebbe considerare appartenenti al novero famigliare anche gli affini di primo grado). alla sua morte nel lascito testamentario nomina eredi universali Marco ed Alberto, trasferendo loro, Jus Hereditatis anche il sepolcro gentilizio, così come risulterebbe anche dall’atto di concessione conservato presso gli archivi comunali.
Ora i rami della famiglia con scrittura privata non si sono mai preoccupati di definire un ordine per l’uso dei posti feretro, lasciando questo ingrato compito al triste evolversi egli eventi luttuosi, ovviamente questa situazione di incertezza ha ingenerato il alcuni aventi diritto la legittima, ma del tutto giuridicamente immotivata aspettativa di esser assegnataria di un loculo.
Nel corso dei decenni tutti i 6 loculi risultano occupati da cadaveri o resti mortali, per liberare spazio finalizzato a nuove tumulazioni bisognerebbe procedere alla riduzione o alla cremazione dei defunti ivi sepolti da più di 20 anni ex DPR 15 luglio 2003 n. 254.
Ovviamente, deceduti il fondatore del sepolcro ed i sui fratelli la rissosità tra i cugini è massima perché non si forma mai il consenso unanime per deliberare l’operazione cimiteriale, in quanto inibire il diritto di sepolcro ad un odiato parente significa, per converso, garantirlo in futuro remoto a sé o ai propri cari.
Ora Alberto, nipote ed erede universale, assieme al fratello dell’originario concessionario scompare e nelle sue ultime volontà chiede di esser tumulato nella prestigiosa tomba di famiglia, ma non quale discendente Jure Sanguinis del fondatore del sepolcro, ma in virtù nuovo concessionario subentrato allo zio in forza del testamento, ampliando così la portata dei suoi Jura Sepulchri.
Come sempre si scatena tra i parenti una rissa terrificante.
Per dirimere la faccenda sono necessarie alcune considerazioni di dottrina e… giurisprudenza, anche perché questi conflitti, spesso, debbono esser ricomposti proprio dal Giudice. (ma da quale: ordinario o… amministrativo?).
1. Se la famiglia del concessionario non è definita dall’atto di concessione la sua definizione deve esser desunta dagli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile.
2. La concessione cimiteriale ha, anche, dei contenuti patrimoniali, ma questi sono direttamente correlati e finalizzati, all’esercizio di diritti personali, dato che il diritto d’uso e’ riservato unicamente al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia.
Astrattamente, può anche aversi una successione nelle componenti patrimoniali (cappella), almeno nel corso di durata della concessione, successione che non può, mai, estendersi al diritto personale (quello di venirmi sepolto) in quanto i diritti personali non sono successibili. In questo caso, chi eredita, eredita il bene con i suoi oneri (es.: obblighi di manutenzione), mentre il diritto di sepolcro (= di esservi sepolti, cioe’ di usare la cappella ai fini del proprio sepolcro) restano ‘riservati’ (art. 93, 1 dPR 10/9/1990, n. 285) al concessionario e alle persone appartenenti alla sua famiglia (quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria e dall’atto di concessione). L’erede subentra negli oneri sulla concessione (fino a che duri), probabilmente (nel caso) solidarmente ad altri membri della famiglia; mentre il diritto di sepoltura e’ “riservato” solo alle persone della famiglia del concessionario. Infine, richiamando la sent. della sez. II civile della Corte di Cassazione n. 12957 del 29/9/2000, in presenza di istituzione di erede universale ma anche di discendenti jure sanguinis del concessionario, si determina che l’erede diventa titolare della ‘proprietà del manufatto’ per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, e fino a che duri la concessione, con tutti gli oneri connessi (la successione ha riguardo sia alle componenti attive ma anche a quelle passive), rimanendo sprovvisto di diritto di sepolcro fin tanto che non siano estinti tutti i membri della famiglia del concessionario, i quali conservano il proprio diritto, primario e secondario, di sepolcro e rispetto ai quali l’erede e’ tenuto ad assicurare ogni comodità ed a ritenerli esenti di ogni onere per quanto riguarda il loro diritto di sepolcro che deriva dall’appartenenza alla famiglia delc oncessionario.
Solo con l’estinzione di tutti i discendenti o, comunque, familiari del concessionario, l’erede potrà – forse – acquisire un diritto di usare, a titolo personale, il sepolcro.
3. L’atto di concessione non precisa la retroattività sui suoi effetti giuridici dello Jus Superveniens, ossia delle successive modifiche del regolamento comunali di polizia mortuaria, di cui si ribadisce la centralità per dirimere liti di questo tipo.
4. vanno tenuti ben distinti i diritti di sepoltura (5) , aventi carattere personale (appartenenza alla famiglia), rispetto ai diritti patrimoniali sul sepolcro (quelli che determinano, tra l’altro, obblighi di manutenzione e conservazione del manufatto, gli eredi potrebbero, quindi, esser semplicemente degli onerati.
5. Anche in base alla sentenza della Corte di Cassazione n. 12957/2000, l’erede testamentario rimane sprovvisto del diritto di sepolcro fino all’estinzione di tutti i membri della famiglia del concessionario d’origine.
6. Di norma il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Fatte salve le previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria in proposito – cioè concernenti la successione delle persone alla morte del concessionario in relazione alla concessione – dato che la concessionaria risulta non avere discendenti che jure sanguinis siano succeduti nei diritti concernenti la concessione, il sepolcro deve considerarsi trasformato in ereditario. Ne consegue che gli eredi, se previsto dal Regolamento, subentrano al concessionario defunto, quando questi non abbia disposto con atto di ultima volontà o altrimenti con atto pubblico in modo diverso.
7. Quando il testamento acquisisca efficacia (pubblicazione se olografo ex Art. 620 Codice Civile, può senz’altro essere riconosciuta la titolarità (patrimoniale) della cappella, ma non la titolaritià di diritto personalissimi come il diritto di sepoltura (= esservi sepolti) in quanto questi sono legati all’appartenenza alla famiglia del fondatore.
8. In parole povere, il “proprietario” ha gli oneri connessi alla “proprietà ” (6), ma l’uso, in quanto diritto personalissimo, e’ legato all’appatenenza alla famiglia (almeno fino a che questa non si estingua).
Rimane pur sempre anche l’aspetto della capienza fisica del sepolcro (dato che i cadaveri non possono essere estumulati, o ridotti, trattandosi di sepolcro perpetuo (art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285).
9. Dai dati in nostro possesso non è chiaro se per norma che sorga dal combinato disposto tra atto di concessione (con relativa convenzione) e regolamento di polizia mortuaria si debba di volta in volta far riferimento al concessionario originario oppure ad i suoi di volta in volta aventi causa.
10. Il diritto di sepolcro trova il suo fisiologico limite nella capienza fisica del sepolcro stesso, degradando a mera aspettativa, se non c’è il necessario consenso a ridurre (7) o cremare i defunti precedentemente tumulati lo jus sepulchri non è esercitabile.
Quindi nella fattispecie Alberto, prescindere da vantato, ma ancora indimostrato subentro nella concessione, ha sì titolo ad esser tumulato nella tomba fondata da suo zio, ma in qualità non di proprietario, ma di congiunto Jure sanguinis con il fondatore del sepolcro.
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(1) Tuttavia, tale disposizione era comunque inapplicabile ed “abrogata” fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, che aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.
(2) A fonte Regolamentare locale potrebbe prevedere tanto che al concessionario debba farsi riferimento anche post mortem quanto che i suoi discendenti assumano, a loro volta, la posizione di concessionari (ipotesi che modifica, od amplia, la definizione di famiglia del concessionario).
(3) Pretura di Genova, 30 dicembre 1995 Non sussiste turbativa del possesso quando un congiunto del concessionario originario tumula nel sepolcro “familiare” la propria madre (moglie di un figlio del fondatore del sepolcro), pur senza il consenso degli altri contitolari e senza dare a questi ultimi preventivo avviso del seppellimento, avendo anzi mendacemente comunicato all’autorità comunale cimiteriale che i compossessori avevano acconsentito all’inumazione.
(4) se occorre tumulare (ad es.) un feretro di persona benemerita, occorre l’assenso scritto di tutti coloro che, avendo diritto alla sepoltura in detta tomba, ne autorizzano l’entrata (in quanto rinunciano ad un loro diritto). Difatti l’accesso ad una tomba è in funzione sia del diritto ad esservi sepolto, sia della premorienza rispetto ad altri aventi diritto, fino al completamento della capienza del sepolcro, fatta salva ovviamente la possibilità di traslazione ad altra sepoltura o la riduzione in resti o la cremazione degli stessi.
(5) diritto di sepolcro e’, essenzialmente, un diritto personale, connesso all’appartenenza alla famiglia (di cui la componente patrimoniale e’ strumentale rispetto alla realizzazione del fine primario, quello della sepoltura del concessionario e dei membri della sua famiglia a cui e’ riservata la sepoltura). La condizioone di erede, invece, richiama un contenuto patrimoniale che puo’ rilevare solo se ed in quanto siano esuariti i membri della famiglia e non necessariamente importa l’acquisizione del diritto ad essere sepolti, ma spessissimo i soli doveri dominicali sul manufatto, fino alla scadenza della concessione.
Sulle modalità di ‘”registrazione”‘, comunque la si chiami, delle titolarità derivanti ai discendenti dalla morte del concessioanrio, va fatto rinvio al Regolamento comunale di polizia mortuaria (che, probabilmente, nulla dice, specie se un po’ datato), potendo prevedere un atto ricognitivo, rientrante nell’ambito dell’art. 107, comma 3 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267 e succ. modif., a volte su dichiarazione/denuncia (magari anche da effettuarsi entro un determinato termine dal decesso del concessionario), altre volte d’ufficio. La ‘fonte’ e’ sempre e comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria.
(6) Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo Jus Sepulchri.
(7) Una volta avvenuta la tumulazione, l’estumulazione è ammessa solo allo scadere della concessione, se a tempo determinato, mentre non è ammessa l’estumulazione se si tratta di concessione perpetua, ma la salma tumulata deve permanere nella sepoltura a tempo indeterminato (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo che non ricorra il caso di cui al successivo art. 88, cioè quando venga richiesto il trasferimento in altro sepolcro, o per riduzione in resti.
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X Paolo,
Ma…alla fine della fiera, l’”odiata” zia ha diritto o no alla tumulazione nella Sua cappella gentilizia? Se Sì Lei non può opporsi più di tanto, salvo non dimostrare in giudizio (con tutta l’aleatorietà di una causa in sede civile e con i tempi dilatati all’infinito della giustizia italiana) la precisa volontà del fondatore del sepolcro di escludere della zia dalla fruizione della tomba, una volta conclusasi per Lei questa vita terrena. Altrimenti, esclusa una certa moral suasion (= lievi pressioni di natura psicologica, sempre che non sconfinino nel penale!) sempre esperibile Lei non può certo inibire un diritto riconosciuto dalla Legge.
Nella complessa e fors’ anche un po’ arida (dal punto di vista sentimentale) “macchina” del diritto funerario italiano a nulla rilevano le questioni di cuore o i rapporti poco idilliaci che intercorrono tra soggetti parimenti aventi diritto alla sepoltura in una tomba gentilizia di cui Lei è divenuto nuovo intestatario, di secondo grado, immagino tramite istituto del subentro.
Quel probabile (…io non ho ulteriori elementi per giudicare sulla fondatezza della pretesa!) jus sepulchri vantato da Sua zia, quando essa sia ancora in vita ex Art. 50 comma 1 Lett. C) del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, (i diritti, infatti, si maturano da vivi, quando sussiste la capacità giuridica ex Art.1 Cod. Civile) potrà esser pienamente esercitato al momento della morte, salvo diverse disposizioni testamentarie della stessa persona interessata, la quale potrebbe, per esempio, chiedere la tumulazione in altro loco, o comunque una diversa destinazione per il proprio post mortem (cremazione, dispersione delle ceneri…)., lasciando spirare il proprio diritto alla sepoltura, comunque già costituito.
Si rammenta come il concessionario abbia un ristretto spazio di manovra negli atti di disposizione sui posti feretro e la ratio della norma è proprio la precisa volontà del legislatore di sottrarre gli spazi sepolcrali ad atti negoziali a contenuto patrimoniale (: detto brutalmente al mercimonio). I sepolcri, pertanto, ex Art. 823 Cod. Civile sono extra commercium.
Lo Jus Sepulchri, infatti, almeno sotto questo profilo, si acquisisce non per simpatia o per benevola concessione del titolare della tomba, altrimenti scadremmo nell’arbitrio più sfrenato e nel capriccio funerario, ma jure sanguinis, cioè per legami di consanguineità, cioè per il solo fatto di trovarsi in un determinato rapporto di parentela, sancito dalla Legge, con il fondatore del sepolcro, ossia con il concessionario primo (= colui che stipula con il comune il contratto di concessione).
Di solito è alla sottoscrizione tra le parti (comune e privato cittadino) dell’atto concessorio che il concessionario stabilisce la lex sepulchri, ovvero la riserva ex Art. 93 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. La cosiddetta riserva consiste nella definizione della rosa delle persone portatrici, in vita, dello jus sepulchri che, con ogni probabilità, è l’unico diritto del quale ci si possa avvalere in proiezione dell’oscuro post mortem (la Legge, dopo tutto, al pari di qualunque altro fenomeno umano e storico è pensata in funzione dei vivi): esse, in quanto famigliari del fondatore del sepolcro, avranno, così il diritto a riposare in pace nel sacello così istituito, con il solo limite della naturale capienza del sepolcro…se lo spazio si esaurisce anzi tempo chi muore per ultimo vedrà inesorabilmente comprimersi, sino ad annullarsi, il proprio Jus Sepulchri…quindi, in caso di aspra contesa per accaparrarsi i loculi chi prima decede meglio alloggia, in quanto sarà la cronologia degli eventi luttuosi a dettare l’ordine di riempimento della tomba famigliare!
A questo punto si rinvia ad un attento esame dell’atto concessorio da cui evincere i nomi degli aventi diritto alla tumulazione, nel suo silenzio sarà il regolamento comunale di polizia mortuaria, vigente al momento del perfezionarsi nel tempo dell’atto di concessione, la fonte da cui attingere quest’essenziale informazione, senza la quale non si può procedere.
Bisogna, in effetti, preliminarmente capire se i posti feretro siano stati nominativamente dedicati ed assegnati ab origine o vi sia ancora un certo margine di discrezionalità, quanto meno nella precedenza a godere dello jus sepulchri (ed è diritto da sempre poco appetibile, poichè presuppone la morte del suo titolare!)
Ad ogni modo, per evitare usi illegittimi o indebiti del sepolcro (tumulazione sine titulo, cioè “clandestina”) cui si potrebbe ovviare con le ordinarie azioni (di manutenzione e negatoria) previste dal Cod. Civile a tutela dei diritti reali del proprietario del sepolcro (Lo Jus Sepulchri, come più volte ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione è diritto poliedrico, in quanto reale, patrimoniale e di natura personalissima insieme!) si richiama il compito di vigilanza affidato al Comune ex Art. 102 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, sull’attività d’immissione di nuovi feretri nel sepolcro stesso, in quanto prima della tumulazione deve esser accertato il regolare titolo di accoglimento. Su questa posizione si attesta anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato.
buonasera sig. Carlo,
nella tomba di famiglia paterna sono tumulati oltre ai miei nonni (morti da 30 anni), mio padre e suo fratello (morto da poco, mai sposato e senza eredi). Gli unici eredi rimasti in vita (aventi lo stesso cognome del fondatore) siamo io e mio fratello oltre a mia zia (sorella di mio padre, mai sposata e senza eredi). Da quello che ho capito (mi dica se sbaglio) ora la titolarità della tomba è passata a me, il primo erede maschio. Volevo capire se, alla morte di mia zia,(con cui non abbiamo mai avuto rapporti) posso rifiutarmi di seppellirla nella tomba di famiglia, volendo sia io che mio fratello lasciare lo spazio libero in futuro per il feretro di nostra madre.
Può darmi qualche indicazione ed eventuali suggerimenti su come affrontare al meglio la questione?
grazie mille da ora per la Sua risposta
Paolo
Trattazione eccellente, ricca di riscontri di casi reali, purtroppo inevitabimente complessa per la natura dell’argomento.Una aggiunta semplice che evidenzi gli elementi essenziali sarebbe a mio avviso sicuramente preziosa. Complimenti eccellente trattazione di situazioni reali e frequenti di grande interesse.Mario Martino
X Davide,
Il cimitero è un luogo pubblico quasi per antonomasia, quindi bisogna ben raccordare tra loro le comprensibili aspirazioni alla riservatezza sepolcrale e le esigenze di carattere pubblicistico, come, appunto, l’individuazione delle sepolture, attraverso appositi “segni” di riconoscimento, anche grafico e visivo, oltreché alfanumerico.
Qui il conflitto strisciante ed oserei dire pure corrosivo, non è tanto tra parenti del de cuius, ma tra il legittimo diritto alla memoria (di chi rimane in questa valle di lacrime) e lo jus eligendi sepulchrum, ossia la volontà sovrana del de cuius stesso nel decidere tipo di destinazione, modalità e luogo di sepoltura.
Il volere del defunto, se ed in quanto manifestato, deve prevalere pure sul necessario requisito di forma per il cosiddetto postulato del FAVOR TESTAMENTI, La legge infatti si prefigge di tutelare il volere ultimo della persona scomparsa, che rappresenta la parte più debole nella successione mortis causa (il morto, in effetti, non ha più possibilità di spiegare o difendere le proprie scelte, nè tanto meno di recedere dai propri propositi funerari!) ; inoltre la scheda testamentaria potrebbe anche contenere disposizioni del de cuius per il proprio post mortem non aventi carattere patrimoniale, così come regolamentate dal Cod. Civile.
Di solito questi contrasti così dilaceranti tra princìpi primi dell’Ordinamento Giuridico si risolvono tramite compressione o estensione di quest’ultimi.
La normativa vigente (salvo forse la Lombardia, il cui regolamento regionale è più possibilista in termine di “privacy” dei defunti) prevede, comunque, la necessità di riportare sulla lapide nome, cognome, data di nascita e di morte delle persone sepolte nella tomba.
Di conseguenza oltre alle iscrizioni dovute ed obbligatorie è possibile concedere (da parte del dirigente competente) altre scritte, purché autorizzate, nulla invece si dice della foto-ricordo, che, pertanto, è da intendersi come facoltativa.
Nella fattispecie, pertanto, oltre le iscrizioni dovute è possibile concedere (da parte del dirigente comunale competente) altre iscrizioni, autorizzate, come anche un ricordo di persone sepolte da altra parte, purché chiarendo che non vi è la spoglia mortale, così si realizza un piccolo cenotafio (= monumento sepolcrale dedicato a persona sepolta in altro luogo), naturalmente con il nulla osta dell’ufficio comunale della polizia mortuaria cui compete, pur sempre, la funzione di supervisione e controllo dell’attività cimiteriale (lavori lapidei compresi!).
Se Lei e la Sua famiglia ritenete il cenotafio in questione lesivo della più intima volontà del de cuius dovete formalizzare istanza di rimozione, in forma scritta, al comune che lo ha autorizzato adducendo con precisione le vostre motivazioni, solo dopo, si potrà presentare, in caso di diniego, eventuale impugnazione del provvedimento dinanzi al giudice amministrativo.
A mio umilissimo avviso la sede giurisdizionale più propria, se ragioniamo in termini di diritti soggettivi (lesi o da affermare, ovvero Diritto al ricordo versus diritto all’oblio nel post mortem) potrebbe esser quella civile, sottoponendosi comunque all’alea ed agli inevitabili costi che comporta l’adire il giudice ordinario, anche tenuto conto dei tempi molto dilatati della Giustizia Italiana.
X Arca,
consiglio preliminarmente la consultazione di questo link per approfondire l’istituto della “DECADENZA” da applicarsi eventualmente al caso in esame:
https://www.funerali.org/cimiteri/la-decadenza-delle-concessioni-cimiteriali-915.html
Una delle ipotesi di esaurimento nei fini di una concessione cimiteriale nasce dall’estinzione della famiglia, cioè dei soggetti destinatari dello Jus Sepulchri o comunque aventi causa del concessionario primo/fondatore del sepolcro.
Si tratta, nelle fattispecie da Lei rappresentata, senza dubbio di una sepoltura, a sistema d’inumazione in area data in concessione, forse a tempo indeterminato, in quanto l’allora vigente regolamento statale di polizia mortuaria di cui al Regio Decreto n.448/1992 prevedeva, appunto, anche questa tipologia di sepolcri privati nei cimiteri, oltre ai più classici manufatti per tumulazione.
Ragionando per assurdo, se la tomba non fosse stata concessa in regime di perpetuità la conseguenza “patologica” più eclatante sarebbe questa: significherebbe, infatti, che negli ultimi 100 anni almeno il Comune si è “leggermente” distratto nell’esercizio della sua precipua funzione cimiteriale, “esentando” indebitamente questa fossa, in capo comune, dal turno decennale di rotazione, espressamente richiesto dalla Legge, così da lasciar spazio a nuove sepolture, l’attività cimiteriale, in effetti è ciclica e non ammette – ovviamente – interruzioni disfunzionali o soluzione di continuità.
In particolare, sulla condizione di incuria, è di ausilio quanto espresso dalla giurisprudenza, con riferimento alla sussistenza dello stato di trascuratezza di un’area cimiteriale, per cui debbono presentarsi precisi requisiti: temporali, nel senso che deve potersi agevolmente dimostrare come da lungo tempo il titolare, o chi per lui, con preciso animus, non si sia recato in loco, ed oggettivi, siccome l’area stessa deve riuscire davvero impraticabile o comunque, il manufatto sulla stessa insistente gravemente deteriorato in seguito al lungo stato di abbandono e degrado.
Alla luce delle sullodate considerazioni, il Comune potrà dunque valutare, con la discrezionalità che è propria dell’azione amministrativa, se, in relazione alle previsioni del contratto di concessione, in particolare sulla destinazione impressa alla sepoltura e sugli obblighi di manutenzione posti in capo al concessionario ed ai suoi aventi causa a lui subentrati, ricadano i presupposti perché possa prospettarsi l’inadempimento contrattuale e, dunque, debba determinarsi la decadenza della concessione, secondo modalità, forme di pubblicità-notizia, procedure e tempi dettati dal regolamento municipale di polizia mortuaria.
La decadenza è un atto di ritiro (con efficacia ex nunc) che la P.A. emette in relazione a precedenti atti ampliativi dei poteri del privato cittadino (come appunto autorizzazioni o concessioni), in occasione di:
– inosservanza delle prescrizioni o degli oneri gravanti sui destinatari, (c.d. decadenza sanzionatoria), ove gli inadempimenti siano gravi ingiustificati, reiterati o permanenti;
– mancato esercizio per un determinato periodo di tempo, da parte dei medesimi delle facoltà derivanti dall’atto amministrativo (decadenza sanzionatoria);
venir meno dei requisiti di idoneità necessari sia per la costituzione che per la continuazione del rapporto (decadenza accertativa).
Salve,
vorrei un chiarimento, siccome mio padre è sepolto in una città diversa, mentre la cognata (moglie del fratello di mio padre) aveva messo il portafoto di mio padre sulla tomba dei genitori di mio padre che si trova nella città natale senza il nostro consenso. Potrà fare? Perché si tratta il contro volontà di mio padre perché lui non vuole essere sepolto nella tomba assieme dei suoi genitori.
Purtroppo non ho le scritture di volontà di mio padre.
E mi sono informato del comune di città Natale e mi ha risposto che questa cosa si tratta una personale tra parenti.
Esiste qualcosa che si possa fare qualcosa per la violazione di privacy o contro la volontà?
Spero che mi sono spiegato in modo chiaro.
Cordiali saluti.
Davide
Per il Sig.Carlo
Buongiorno, ho da porLe un quesito.
Nel piccolo cimitero di un comune della provincia di Aosta, dal 1901, in una tomba a terra, è sepolta una signora.
Lo spazio, decisamente grande per una sola sepoltura, rimane nella parte antica del cimitero che peraltro non prevede da anni nuove concessioni.
Presso l’Ufficio tecnico e nell’archivio storico del Comune non vi è traccia del documento di concessione.
Ho fatto una ricerca presso l’archivio della Curia e son venuto a conoscenza che il marito della signora era scomparso circa dieci anni prima, che fu sepolto altrove e che la coppia non ebbe figli.
La tomba non riceve visite, non è oggetto di alcuna manutenzione, è coperta da erbacce e risulta abbandonata.
Ho anche preso l’iniziativa di scrivere a tutti coloro avessero i cognomi della signora, da nubile e da coniugata, trovati sulla guida telefonica esplicitando la mia intenzione di acquistare la concessione, senza pervenire ad alcun erede avente diritto in grado di esibire documenti di proprietà.
Cosa può suggerirmi?
Grazie per l’attenzione
X Lorenzo,
1) Tramite l’istituto del subentro, normato in sede locale, nel regolamento comunale di polizia mortuaria Lei ed altri (immagino Suoi stretti famigliari) avete sì “ereditato” la mera proprietà del manufatto funebre, in senso patrimoniale o meglio del corpus compositum (opere murarie, arredi e suppellettili) di cui esso consta, ma come dimostrerò qui di seguito per meglio dire avere ottenuto a vostro favore la voltura della titolarità di una concessione cimiteriale (che da Suo Padre, quale fondatore del sepolcro) è stata trasferita a Voi). Dico queste cose “serie ed inopportune” perché nel diritto funerario l’elemento privatistico (la proprietà dell’edificio) è solo strumentale, funzionale ed intermedio rispetto al vero e proprio Jus Sepulchri che è diritto personale o sin anche personalissimo sottratto, quindi, se Dio vuole, a i capricci del mercato
2) la divaricazione dello Jus Sepulchri inteso come titolarità di una tomba dalla legittimazione jure sanguinis a disporre dei defunti ivi tumulati è sempre foriera di liti e conflitti, dunque Le consiglio di prestare la massima attenzione ad acconsentire che il feretro dello zio sia sepolto della Sua cappella di famiglia, perché dopo non sarà più “sfrattabile” ed , il comune, in ogni caso, rimarrà estraneo alla controversia limitandosi a mantener fermo lo status quo ante, pendente una eventuale richiesta di estumulazione, in attesa di una composizione bonaria o di una sentenza del giudice di ultima istanza, in sede civile, titolato ad esprimersi.
3) “Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nel cieli”, recita il Santo Evangelo, più prosaicamente ogni sepolcro privato e gentilizio sorge dietro presentazione e conseguente approvazione di un progetto in cui sono ben definiti i posti feretro, nel loro numero finale. A monte del rapporto concessorio così costituitosi, poi, vi è pur sempre la stipula dell’atto di concessione in cui le parti contraenti (nella fattispecie Suo padre quale concessionario ed il Comune come ente concedente) specificano i nominativi delle persone riservatarie dello Jus Sepulchri ex Art. 93 comma 1 I Periodo del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria di cui al DPR 10 settembre 1990 n. 285. Nel contratto i nomi sono per così dire cristallizzati sono in quel momento solenne ed istitutivo dello Jus Sepulchri il concessionario ha il potere di ampliare o restringere la rosa degli aventi titolo ad esser accolti in quel determinato sacello sepolcrale.
4) Bisogna poi ricordare come non sia il concessionario a stabilire / individuare chi possa essere sepolto nel sepolcro in concessione, quanto il fatto dell’appartenenza alla famiglia (e la definizione di famiglia a tal fine e’ data dal regolamento comunale di polizia mortuaria). Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo memento) ed ai sensi dell’Art. 83 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore[2] del sepolcro sibi familiaeque[3] suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulcrhi. Nel silenzio dell’atto concessorio occorrerà interpretare la volontà del concessionario primo-fondatore del sepolcro famigliare.
5) E’ necessario distinguere sempre tra la titolarita’ della concessione e la legittimazione a disporre della salma.
La seconda pone su di un piano di parita’ i parenti nel grado piu’ prossimo, che devono, comunque, agire di comune accordo; la prima e’ elemento determinante per l’individuazione delle persone a cui e’ riservata la sepoltura in un dato sepolcro in concessione, infatti Infatti i familiari del concessionario sono, in genere, titolari dello jus sepulchri, ma non titolari della concessione, almeno sin tanto che non si verifichi la condizione del subentro.
Il “parcheggio” di un feretro da tumularsi PROVVISORIAMENTE, anche per pie ragioni, non discuto, in avello nel quale il defunto non vantasse, in vita diritto di accettazione è una prassi seppur radicata e presente, che non trova cittadinanza nell’Ordinamento Italiano di Polizia Mortuaria, anche in ossequio al principio implicito e, quindi, fondativo, della stabilità delle sepolture, giusto per evitare vorticosi giri di walzer.
Gentile Sig. Carlo,
mio padre ha eretto una cappella di famiglia nel cimitero comunale. Dopo la sua morte io e i miei fratelli ne abbiamo ereditato la proprietà. Il nostro desiderio è di fare la sua volontà, ovvero seppellire nella cappella noi membri diretti.
La questione nasce però dalla richiesta di una nostra zia, la quale ci chiede di poter seppellire temporaneamente il proprio marito nella nostra cappella perché la sua volontà è di “non essere messo sotto terra”. Noi tutti vogliamo estremamente bene a nostro zio, e sarebbe nostra volontà aiutare mia zia in questa ultima richiesta, però… ci sono dei grandi punti interrogativi che ci poniamo:
a) possiamo esercitare il diritto, in futuro, di richiedere lo spostamento obbligatorio della salma dalla nostra cappella senza il consenso dei familiari di nostro zio?
b) per dar seguito alla volontà di nostro padre (ovvero solo i membri diretti della nostra famiglia devono essere tumulati nella nostra cappella), come possiamo tutelarci legalmente se decidiamo di acconsentire esclusivamente ad una temporanea tumulazione di nostro zio? Una scrittura privata tra noi e i nostri cugini è sufficiente?
Abbiamo il timore che una volta tumulata la salma, i nostri cugini possano esercitare il diritto di non spostarla più dalla nostra cappella di famiglia.
La ringrazio sin d’ora per la sua gentile risposta.
X Remo,
la situazione è leggermente più complicata perché purtroppo (o per fortuna!) non esiste una norma specifica su tutto lo scibile giuridico (…e poi ci lamentiamo dell’eccessiva burocrazia!) certe questioni dell’anima sembrano proprio travalicare gli angusti confini ordinamentali (spazio, tempo, efficacia delle singole norme, loro ambito di applicazione….) per assurgere, così, a veri e propri postulati della coscienza comune e del vivere civile.
Il cosiddetto diritto secondario di sepolcro non contemplato ancora da nessuna norma formale è un principio implicito e, quindi fondativo di tutto il nostro ordinamento nazionale di polizia mortuaria; esso è il portato di una costante ed omogenea (almeno per una volta!) elaborazione giurisprudenziale formatasi nei massimi Tribunali Italiani proprio per dirimere e ricomporre contenziosi di questo tipo.
Orbene, il diritto secondario di sepolcro (in latino: iter ad sepulchrum, ossia una sorta di servitù di passaggio per raggiungere, attraverso un fondo altrui, un determinato sepolcro) è una figura giuridica la quale consta in un diritto personalissimo (e come tale imprescrittibile e non trasmissibile per acta inter vivos e quindi sottratto alla disponibilità dei privati) di godimento su cosa altrui (jus in re aliena) che segue la destinazione dei defunto (comprese sue eventuali traslazioni verso altre sepolture) ed origina jure sanguinis, cioè dal rapporto di consanguineità che i dolenti intrattengono, anche per il post mortem, con il de cuius.
Il diritto secondario di sepolcro si traduce nella facoltà (o…nel potere?) di render omaggio ai propri cari scomparsi con riti di suffragio attraverso la precisa garanzia di aver libero accesso alla tomba, anche al fine di potervi apporre suppellettili funebri ed arredi floreali, secondo usi costumi e tradizioni locali. Il Regolamento comunale di polizia mortuaria può contenere disposizioni più precise e capillari, ma questo principio si è cristallizzato nel nostro ordinamento giuridico ed è, pertanto, intangibile, a meno di non sovvertire, ex abrupto, tutta la giurisprudenza degli ultimi 150 anni, se ci limitiamo al periodo storico post-unitario, senza scomodare il diritto romano.