Concessioni perpetue e metodologie alternative di assegnazione per le sepolture private

Spesso, per ottimizzare l’allocazione di tutti i posti feretro disponibili nei cimiteri, si teorizza ancora l’aberrante ricorso ad una trattativa privata [1] tra i normali cittadini, tale da estromettere il Comune dalle sue prerogative istituzionali di ente cui compete la concessione in uso delle sepolture private.
Per rendere possibile questo “cortocircuito”, così da eliminare le presunte, e mai completamente dimostrate farragini comunali, si invoca la passata legislazione (segnatamente il vecchio R.D. n. 1880 del 1942, art. 71 commi 2 e segg.) di polizia mortuaria dove, accanto ad una previsione minimale e straordinaria della tumulazione, rispetto alla sepoltura comune in campo di terra, si consentiva proprio per l’incidenza quasi insignificante dei tumuli sul fabbisogno totale di tombe, la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi di autonomia negoziale, sottoposti al diritto privato, e  stipulati tra soggetti viventi.

Questa tesi confligge, però, con il diritto vigente.
L’area cimiteriale, infatti, è parte del demanio comunale, tale caratteristica sostanziale la rende inalienabile, inespropriabile, non commerciabile né tanto meno usucapibile.
Prima del DPR 803/1975 era, invece, contemplata la trasmissibilità a terzi del diritto vantato da un privato cittadino su di una sepoltura privata, nemmeno limitatamente alle concessioni di durata perpetua.
La corrente maggioritaria [2] della dottrina e della giurisprudenza nega, però, risolutamente il potere di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra soggetti di diritto privato, in forza del disposto enunciato dall’Art. 93 comma 4 DPR 803/1975, poi confermato dall’Art. 92 comma 4 DPR 285/90.
Secondo autorevoli commentatori (Sereno Scolaro), già con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il Codice Civile è del 1942), che consacra il cimitero come demanio comunale tout court, decade definitivamente, ed in modo irreversibile, la trasmissione dello jus sepulchri tra privati, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee [3]).

Il DPR 803/1975, allora, esplica solamente meglio questa norma, vietando espressamente il “transito” diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per mezzo atti giuridici che intercorrano tra persone viventi.
Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulchri si trasmettono solo tramite:

  • Jure coniugii ed in subordine jure sanguinis (vincolo coniugale o diritto di consanguineità).
  • Mortis causa (quando si esaurisce la famiglia [4] del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro (ed il diritto di esser ivi sepolto?).

L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale, è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è di 99 anni, salvo rinnovo.
La miriade di tombe a durata indeterminata (concesse, quindi, prima del 10 febbraio 1976), secondo alcuni, rappresenta un pesante handicap, quasi fosse una massa inerziale capace di impedire l’adozione di una politica cimiteriale, finalizzata al recupero ed al riuso di nuovi spazi nell’ottica di un cimitero non più ad accumulo, ma a rotazione.

Paradossalmente, invece, le tombe perpetue sono una ricchezza perché esse, attorno alla loro cura e venerazione, da coltivare nel lungo corso degli anni, possono coagulare un fortissimo sentimento di memoria storica delle famiglie italiane che è, forse, il miglior antidoto contro l’abbandono dei cimiteri da parte delle giovani generazioni.
Sono semmai le clausole vessatorie (per gli aventi causa del fondatore, che vedono compresso il loro potenziale jus sepulchri) delle cosiddette “tombe chiuse” per dichiarata volontà del fondatore a frenare un progressivo reimpiego dei sepolcri.
Le concessioni perpetue, sono sì un peso, ma anche un’opportunità, perché risultano comunque un dato pregresso difficile da negare, solo se non venissero sfruttate per accogliere nuovi defunti, occorrerebbe costruire nuovi loculi e al tempo stesso pagar, da parte del cittadino, un importo molto maggiore di quello che ne potrebbe derivare dalla riduzione in resti e “riciclo” della tomba con l’immissione al suo interno con nuovo feretro.

Per il principio di irretroattività della norma giuridica, una concessione perpetua non può d’imperio essere modificata [5] dal Comune in una fattispecie “a tempo determinato”, ma tale situazione può essere cambiata su richiesta dei concessionari, e accolta dal Comune, in linea generale, attivando il procedimento di rinuncia di concessione e attribuzione di nuova concessione.
Se sussistono i presupposti, il Comune, d’ufficio, può invece pronunciare la decadenza [6] o la revoca della concessione, laddove l’atto originario di concessione contempli esplicitamente o indirettamente (ad es. specificando che valgono le norme, che i successivi regolamenti di polizia mortuaria stabiliranno) questa modalità di estinzione della concessione stessa data la natura di diritti affievoliti [7] delle concessioni cimiteriali (si veda, a tal proposito, TAR Campania Sez. III, 15/01/87 n.14, C.S. Sez. V 01/06/1949 n.458, C.S. Sez. V 16/12/50 n. 1289).

Talune Amministrazioni comunali hanno studiato soluzioni a geometria variabile, che consentono di modificare il precedente regime concessorio.
Si citano due esempi abbastanza diffusi:

  • concessione perpetua di loculo, vincolato a tumulazione della salma xy, che si trasforma a tempo determinato (ad es. 30 anni) con contestuale estumulazione della salma di xy e tumulazione di nuova salma zw;
  • rinuncia da parte del titolare di concessione perpetua di loculo, in cambio di concessione gratuita a tempo determinato di ossarietto (con varietà di scelte circa la onerosità o meno delle operazioni cimiteriali necessarie).

Invero la norma vigente richiamabile è solo quella stabilita dal comma 3 dell’art. 92 e dagli artt. 93 e 94/2 del DPR 285/90.

In altri termini, l’oggetto del contendere, su cui dobbiamo focalizzare l’attenzione, è la configurazione di significato della formula linguistica “capienza di sepolcro”; essa, secondo una lettura, in divenire, e piuttosto “progressista” della norma, è da intendersi in senso lato (laddove non diversamente specificato nell’atto di concessione), per i diversi stadi involutivi, degenerativi o conservativi in cui si presenta o si tramuta un cadavere (quindi anche esiti da fenomeno cadaverico [8] di tipo trasformativo-conservativo, ossa e ceneri) durante e dopo il periodo legale di sepoltura.
Una saggia strategia di governo per i nostri cimiteri, dunque, non può prescindere da una consapevole riscrittura dei regolamenti municipali, dove chiarire i diritti e gli obblighi dei titolari di sepoltura, anche perpetue, per contenere situazioni di degrado che, con l’invecchiamento del patrimonio cimiteriale già costruito, rischiano non solo di far perdere tombe di pregio, ma pure preziosa capienza nei cimiteri.
Diventa, allora, essenziale definire con norma positiva gli istituti del subentro, la decadenza, la revoca ed estinzione delle concessione cimiteriale, assieme a dettagliate procedure per intervenire in caso di tombe abbandonate soprattutto oggi, quando, per effetto del D.P.C.M. 26 maggio 2000, la deroga per tutte le tombe senza diretto accesso al feretro e senza separazione fra i posti salma costruite fino alla uscita del DPR 285/90, è molto più semplice da ottenere, poiché in molte regioni, ora, è di competenza dell’autorità amministrativa comunale, che si avvale dell’AUSL in qualità di interfaccia istruttoria di tipo tecnico-sanitario.

 


[1] A chi compete concedere un’area cimiteriale? In vigenza di strumenti regolamentari (di polizia mortuaria) e di piano regolatore cimiteriale, la concessione cimiteriale è attualmente di competenza del dirigente o del responsabile del servizio. In assenza di criteri predeterminati in passato era invalso l’uso, per molti Comuni, di adozione di atti di G.M.. Taluni commentatori propendevano per la più restrittiva adozione di provvedimento
[2] Non si possono tacere pareri discordanti, parimenti autorevoli, secondo i quali per concessioni perpetue anteriori, quindi, all’entrata in vigore del DPR 803/1975 l’alienazione del sepolcro sarebbe un diritto acquisito, pertanto la cappella gentilizia o di famiglia, se priva di tombe già occupate, potrebbe esser ceduta previo consenso del comune, laddove questi possa verificare che in questo passaggio non vi siano lucro o speculazione.
[3] Bolzano rappresenta una felice anomalia nel panorama cimiteriale italiano. Nel capoluogo dell’Alto Adige sono diffusissime le tombe di famiglia, costituite non da manufatti murari, ma da campetti d’inumazione dati in concessione. Attraverso cellette ipogee (pozzetti interrati) ricavate vicino alle fosse dove tumulare urne e cassettine ossario si riesce ad ottenere la vicinanza, quantomeno ideale, tra i defunti di uno stesso casato.
[4] Cassazione civile, 19 novembre 1924. È ammissibile la prova testimoniale sulla destinazione del sepolcro, datavi dal fondatore. Trattandosi di sepolcro comune, è richiesto il consenso di tutti i partecipanti, quando si voglia ampliare il numero delle persone che hanno diritto alla sepoltura. Il sepolcro familiare con l’estinguersi della famiglia, diventa ereditario.
[5] Consiglio Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505. La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio, è in contrasto con la disposizione dell’art. 93 D.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803, il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
[6] C’è giurisprudenza costante: la pronuncia della decadenza è subordinata alla ricerca da parte del comune degli aventi titolo, per verificare se sia loro intenzione esercitare il loro diritto sulla sepoltura, accollandosi i relativi oneri connaturati allo stesso jus sepulchri.
[7] Cassazione civile, Sez. Unite, 2 aprile 1959 n. 974. […] omissis Tale diritto (di sepolcro), peraltro, è destinato ad affievolirsi nei confronti della pubblica Amministrazione concedente e a degradare in diritto condizionato od affievolito, qualora lo richiedano esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e di buon governo del cimitero; ed a tutela dell’interesse legittimo, cui il diritto in tal modo degrada, è ammesso il ricorso al giudice amministrativo, al quale va anche devoluta ogni altra questione relativa alla legittimità del provvedimento di revoca della concessione di area cimiteriale, in quanto per conseguire eventualmente il risarcimento dei danni, ove il provvedimento di revoca della concessione di area cimiteriale, venga successivamente riconosciuto illegittimo.
[8] Presso il cimitero Do Sol a Madrid la direzione, per “smaltire” i resti mortali, per i quali gli aventi titolo non abbiano richiesto una nuova sepoltura, ricorre ad un metodo d’indubbia efficacia, ma di inenarrabile brutalità: ossame o esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo sono parificati a rifiuti cimiteriali ed avviati, di conseguenza, alla termodistruzione non nel crematorio, ma nel comune inceneritore.

Written by:

Carlo Ballotta

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