Come e “se”sanare la mancanza del regolare atto concessorio

Cara Redazione,

avrei un quesito:

Con delibere di Consiglio Comunale del 1978 vengono affidati per la durata di 99 anni dei loculi già concessi negli anni dal 1965 al 1978, pagati, in parte occupati e dei quali manca l’atto concessorio.
Non credo che la delibera di Consiglio faccia la funzione dell’atto di concessione, quindi, per sanare oggi la situazione e stipulare questi atti che non sono mai stati fatti è corretto far riferimento a queste delibere o è possibile modificarle e concedere i suddetti loculi per un periodo inferiore?

Risposta:

Siccome la situazione che si registra sembrerebbe imputabile non tanto ai concessionari quanto (forse) a una non piena diligenza del comune, dal momento che solo la presenza del “regolare atto di concessione”, per usare il termine aulico, costituisce titolo d’uso, ma vi sono sia gli atti deliberativi che i pagamenti (conformi, credo, agli atti deliberativi), è senz’altro possibile provvedere a regolarizzare la situazione formando ora gli atti di concessione, con riferimento ai concessionari indicati nelle deliberazioni, secondo le tariffe vigenti all’epoca del pagamento, e con le condizioni di concessione (tra cui, la durata) allora prevista. Ciò comporta solo che i concessionari versino o l’importo o l’integrazione delle somme dovute per l’imposta di bollo e per la registrazione (se vi si debba provvedere), nonché per le spese contrattuali, dato che queste somme non possono che essere quelle vigenti al momento della formazione dell’atto di concessione.
Dato il tempo trascorso, per altro, potrebbero esservi alcune “criticità”, tipicamente quella per cui i concessionari individuati negli atti deliberativi non siano più in vita.

In tal caso, non sarebbero agevolmente parte dell’atto di concessione, rendendo difficile formare un atto nei riguardi dei loro discendenti. Infatti, anche se il regolamento comune di polizia mortuaria regoli (e non sempre è detto che ciò sia regolato) la situazione del decesso del concessionario, con il subentro dei suoi discendenti, questo subentro può operare se ed in quanto sussista un diritto e il diritto d’uso sulla concessione cimiteriale viene a sorgere solo dopo la formazione del regolare atto di concessione, il ché escluderebbe (di primo acchito) l’ipotesi di poter prendere in considerazione, a questi fini, il concessionario quale individuato negli atti deliberativi.
E, a stretto rigore (ma si sa come a volte le cose non sempre vadano nel verso in cui dovrebbero), si dovrebbe considerare che le tumulazioni effettuate “sine titulo” (cioè in assenza di atto di concessione) debbano considerarsi viziate, con quanto ne segua e consegua.

Si potrebbe, forzando un po’, superare questo aspetto, con un atto deliberativo (di giunta comunale) con il quale, dandosi atto della situazione per come evolutasi, si giunga nella considerazione di una “sanatoria”, consentendo ai discendenti delle persone individuate negli atti deliberativi di stipulare, in qualche modo in rappresentanza, l’atto di concessione.

Per altro, sembrerebbe di cogliere come l’amministrazione possa avere l’orientamento per un intervento che le consenta di modificare le condizioni inizialmente previste (come, la durata), ipotesi a cui si potrebbe, a certe condizioni, anche giungere, ma considerando le concessioni come inesistenti, attivandole ex-novo, corrispondendo oggi le tariffe attuali (e quindi con la durata attuale), ma facendo altresì pagare l’occupazione “sine titulo” pregressa, magari sulla base delle tariffe di anno in anno vigenti nei diversi periodi di “occupazione” di fatto dei posti di sepoltura a tumulazione.
Se questo sia l’orientamento dell’amministrazione, il quale, oltretutto, potrebbe anche essere individuato come quello preferibile dal punto di vista giuridico, dovrebbe anche essere messa in conto una probabile “resistenza” da parte delle famiglie interessate, che spesso hannmo la percezione di essere, dato il tempo trascorso e l’uso (non precedentemente contrastato dall’amministrazione) protrattosi, titolari di un diritto consolidato. Dato che, spesso, le famiglie non percepiscono molto l’esigenza della stipula di un atto di concessione, magari nella convinzione, umanamente comprensibile, per cui avrebbero assolto ai propri obblighi con il mero pagamento della tariffa, a suo tempo eseguito. O, in altre parole, non va escluso un atteggiamento di buona fede da parte loro.

 

 

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Carlo Ballotta

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