Aiutare gli italiani a ”pensare in maniera meno evasiva alla prospettiva dell’appuntamento con la morte”, una ”tappa non estirpabile dall’orizzonte concreto, comunque incombente sulla vita di ciascuno”, ma che oggi si ha la ”tendenza a considerare privatisticamente”. E’ uno dei motivi di fondo della decisione della Cei di pubblicare una nuova versione del ”Rito delle esequie”. L’Assemblea generale dei vescovi italiani, che si apre oggi ad Assisi, e’ chiamata in questi giorni ad approvare il nuovo testo e il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, ha affrontato il tema nella prolusione con cui ha aperto i lavori. ”Morte, giudizio, inferno e paradiso” non devono essere termini ”ignoti”, ”silenziati” o ”spiegati secondo categorie falsamente buoniste o erroneamente crudeli”. ”Ma per questo – ha aggiunto l’arcivescovo di Genova – ci vogliono pastori pronti e non evasivi, comunita’ cristiane vive, reattive, affettivamente coinvolgenti, che non tacciono sull’interezza del disegno che Dio va dispiegando”.
Il porporato ha voluto sottolineare come ”l’individualismo, che e’ cifra marcata di questa post-modernita’, raggiunge ai limiti della vita una delle sue esasperazioni piu’ impressionanti”. ”Anche quando la maschera della morte scende sul volto dei propri cari, dunque si fa piu’ prossima e meno facilmente evitabile, anche allora non di rado si tende a rimuovere l’evento, a scantonarlo, a scongiurare ogni coinvolgimento”. ”Il fenomeno – ha proseguito – determina la pratica sparizione dell’esperienza della morte e di ogni suo simulacro dalla scena della vita.
Va da se’ che la comunita’ cristiana non possa avallare una tale cultura cosi’ irreale: nascondere la morte e dimenticare l’anima non rende piu’ allegra la vita, in genere la rende solo piu’ superficiale”. Da parte della Chiesa, non e’ pensabile per Bagnasco ”contribuire a mimetizzare la morte, affinche’ il suo pensiero non turbi”, perche’ significherebbe ”favorire anche pastoralmente un approccio scandito per lo piu’ dalla fretta e dal formalismo”.
Invece, ha ricordato il porporato, ”una perdita drammatica puo’ essere l’occasione per lasciar emergere interrogativi, per costringere i protagonisti ad addentrarsi nei meandri scomodi del mistero, a sperimentare la crisi delle proprie certezze e delle proprie esuberanze, a meditare sulla possibilita’ di dare un’impronta diversa al resto della propria esistenza”. Per il presidente Cei, anche la ”frequentazione di ambienti ospedalieri potrebbe talora rivelarsi quanto di piu’ educativo per interiorizzare la fragilita’ connessa alla vita”, cosi’ come ”la capacita’ di vivere l’appuntamento con ‘sorella morte’, allorche’ essa si materializza di fianco a noi, e’ un segno di intelligenza e un modo prezioso per imparare a vivere davvero”.
Allo stesso modo, il cardinale ha esortato i cristiani a ”includere anche il camposanto tra i luoghi cari alla famiglia e alla comunita”’. ”Saper visitare il cimitero, il luogo dei ‘dormienti’ in attesa della resurrezione finale e li’ pregare – e’ stata la sua conclusione -, e’ un modo per bandire il macabro e per esorcizzare il troppo demonismo della nostra cultura”.