Quando nel 1999 avvenne la esumazione dei resti del figlioletto morto nel 1970 poche ore dopo il parto, scopri’ che in quella tomba non c’era praticamente nulla.
Da quel giorno tra Rita Valenti e il Comune di Tradate (VA) e’ battaglia legale: la donna chiede un risarcimento di 300mila euro per essersi recata per tanti anni su una tomba vuota. Come possa essere sparita la piccola bara non e’ mai stato chiarito.
Nel 2002 il Sindaco del paese accetto’ di incontrare la mamma per trovare un accordo che soddisfacesse entrambe le parti.
Vennero pure effettuate ricerche in altri punti del campo comune ipotizzando che la bara fosse stata erroneamente sepolta da un’altra parte, ma non si trovò nulla.
Cosi’ la mamma e’ andata avanti con la causa. Il Comune ha presentato una perizia con cui si spiega che le ossa del neonato si decompongono molto piu’ rapidamente rispetto a quelle di un adulto. Da qui la scomparsa. E la bara? La perizia giustifico’ l’assenza con il fatto che, essendo in legno e messa in un terreno per natura umido, si sarebbe deteriorata fino al punto da sparire.
Nel processo di primo grado il Comune venne condannato a pagare 7000 euro e le spese di giustizia. Una somma che la donna non ritiene sufficiente.Per questo ha deciso di presentare ricorso in Appello.
IN dottrina (Ing.Daniele Fogli, Quesiti e Lettere, ISF n.3/2000) si è già trattato, in passato, di un caso di ossame smarrito.
E’, pertanto, opportuno riportatre uno stralcio con relativo commento dell’articolo.
Un privato cittadino, previa acquisizione in concessione di celletta ossario, propone istanza di traslazione per le spoglie mortali di un congiunto.
In un momento successivo lo stesso ha fatto rilevare all’operatore del cimitero che i resti mortali del congiunto non fossero presenti nel deposito di attesa nè fossero stati opportunamente confezionati in cassetta di zinco, anche per facilitarne l’individuazione attraverso gli estremi anagrafici di cui all’Art. 36 comma 2 DPR 285/1990.
Anche in seguito l’ossame in questione non è stato rinvenuto; perchè con ogni probabilità è stato accidentalmente sversato in ossario comune ex Art. 85 DPR 285/1990, così da non esser più recuperabile.
CONSIDERAZIONI:
dai fatti narrati, si evidenzia anche una violazione regolamentare, commessa dal custode, quando ha tralasciato di annotare sul registro delle sepolture le vicende relative ai resti mortali ora dispersi.
L’art.52 del DPR 10 settembre 1990, n.285, dispone, infatti che il responsabile del servizio di custodia debba annotare molto diligentemente tutti i movimenti in ordine alle salme, inumate ed esumate, tumulate ed estumulate, cremate, trasportate altrove. Tale trasgressione è sanzionabile, in via amministrativa ai sensi dell’art.358 Regio Decreto 1265/1934.
Per lo smarrimento dell’ossame o di resti mortali assimilabili sul piano civilistico sussiste una responsabilità del comune sensi dell’art.2049 del Codice Civile.
Individuato poi il soggetto fisico al quale il fatto è addebitabile, si configura il reato di cui all’art.328 del Codice Penale (Omissione o rifiuto di atti d’ufficio) solo nel caso in cui questi sia intenzionalmente venuto meno ai suoi doveri.
Si tenga, poi, presente come il Comune sia tenuto al pagamento in solido della sanzione amministrativa con l’autore del fatto se questi è dipendente ed ha agito nell’esercizio delle sue funzioni.