Autorizzazione all’estumulazione: atto dovuto o provvedimento discrezionale?

Una volta chiarita la situazione di “post maturità”del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, dovuta alla discrasia temporale tra la L. 8 giugno 1990, DSCF0023n.142, con l’attribuzione ai dirigenti di competenze esclusive in materia di autorizzazioni di polizia mortuaria (attribuzione che era già operante rispetto al D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, quanto meno per le norme corrispondenti), appare importante dover avere riguardo alla natura delle autorizzazioni di polizia mortuaria o, almeno, ad alcune di queste. Tra l’altro, quando si parli di autorizzazioni, deve ormai essere tenuto – sempre – presente l’art. 107, comma 3, lett. f) D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Risultano pertanto di competenza esclusiva degli “apicali” i provvedimenti di cui all’Art. 107 comma 3 lettera f) del Decreto Legislativo 267/2000 e gli altri atti loro attribuiti dallo statuto del singolo Comune e dai regolamenti (tra cui quello di polizia mortuaria locale).

L’estumulazione è ordinaria quando si esegue alla naturale scadenza della concessione; se non contemplata dal regolamento comunale o dalla “convenzione” dello stesso atto di concessione (dopo l’entrata in vigore del DPR 15 luglio 2003 n. 254 si cominciano a considerare ordinarie le estumulazioni dopo 20 anni, intesi anche come somma di più periodi trascorsi in diversi avelli) l’estumulazione straordinaria può esser negata ovviamente in forma scritta e motivata, indicando altresì il termine temporale l’autorità cui sia possibile ricorrere ai sensi dell’Art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif (Sereno Scolaro).

L’art. 86, comma1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, infatti, nel definire la regola, presenta anche la nidificazione di un’eccezione, con quell’inciso che così recita: “… ., quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private, a concessione perpetua, ….”, questa interpolazione altera, e non di poco, il quadro di riferimento antecedentemente delineato, in sostanza inibendo le ipotesi dell’estumulazione per questi feretri e in tali condizioni, comportando la non estumulabilità dei cadaveri tumulati in concessioni aventi il carattere della perpetuità.

Da qui, sorge, prima di tutto ed immediatamente, una questione che che riguarda la valutazione se le disposizioni dell’art. 88 possano anche applicarsi a queste situazioni o meno. Essendo tali salme in tali condizioni concessorie sostanzialmente “in-estumulabili”, se diamo alla norma una lettura letteralmente restrittiva, si dovrebbe concludere che un’eventuale domanda volta al trasferimento in altra sede formulata ex art. 88, comporti e il vincolo di opporvi rifiuto e la dichiarazione di decadenza dell’intera concessione in quanto la stessa domanda costituisce una violazione delle condizioni di uso della concessione perpetua, cioè un “ab-uso”, nel senso tecnico-giuridico del termine.

Le autorizzazioni di polizia mortuaria (es.:l’autorizzazione al singolo trasporto funebre) l’autorizzazione alla cremazione (16), ecc.), non hanno neworleanscemtallshorthomestead100 0037 op 450x600attinenza di sorta con l’ambito delle autorizzazioni sanitarie, spettando ai servizi comunali e avendo il carattere di autorizzazioni amministrative per determinate, singole ed individuate, attività od operazioni. Oltretutto, il fatto che (dal 13 giugno 1990!) non siano più neppure funzioni attribuite al sindaco, bensì ai dirigenti, fa venire meno la stessa questione sulla loro (eventuale) natura sanitaria Analoghe considerazioni, forse anche di minore spessore, potrebbero farsi per l’autorizzazione di cui all’art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, anch’essa richiedente una verifica “tecnica”, distinta e propedeutica rispetto alla fase autorizzativa. Tutte queste considerazioni portano all’unica conclusione dell’estraneità della natura sanitaria di tali autorizzazione, per collocarle nell’ambito delle autorizzazioni amministrative. Anche se, probabilmente, la questione è in sé mal posta, dal momento che non si tratta di autorizzazioni nelle attribuzioni del sindaco (ambito in cui, forse, potrebbe accademicamente anche sollevarsi tale problematicità) quanto di autorizzazioni nelle attribuzioni – esclusive e non derogabili – dei dirigenti, fin dall’entrata in vigore della L. 8 giugno 1990, n. 142, cioè in epoca in cui era ancora vigente il D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803.

Nella polizia mortuaria l'”autorizzazione” è un provvedimento discrezionale di natura amministrativa che incide su diritti, condizionandone l’esercizio, a carattere ampliativo della sfera soggettiva dei privati, ma non costitutivo, in quanto esso non crea diritti o poteri nuovi in capo al destinatario, ma legittima solo l’esercizio di diritti o potestà già preesistenti nella sfera del soggetto, l’istruttoria finalizzata al rilascio di quest’ultima non dovrebbe mai eccedere dalla valutazione dei titoli formali, senza, quindi, valutazioni troppo intrusive sulle motivazioni di chi la richieda, c’è però un saggio del 15 dicembre 2005, a cura del Dr.Giuseppe Boffone, reperibile sul portale giuridico Altalex, in cui si smonta questa tesi dell’autorizzazione intesa quasi come un atto dovuto.

Oggetto di questo breve studio è un pronunciamento giurisprudenziale:

Consiglio di Stato, Sez. V, 29 novembre 2005, Decisione n. 6727:

“Secondo l’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990 (nel caso di specie, riprodotto nel locale regolamento di polizia mortuaria) il limite alla potestà sindacale di autorizzare l’estumulazione e il trasporto dei feretri va rinvenuto nell’assenso dell’autorità sanitaria sulle cautele da osservare onde evitare pregiudizi alla salute pubblica per il trasporto del feretro, ferme perciò restando le valutazioni del Sindaco circa l’opportunità del trasferimento, dato il carattere latamente discrezionale dell’autorizzazione. Pertanto, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990, il Sindaco ben può negare l’autorizzazione all’estumulazione e trasporto della salma sulla sola scorta della volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile”.

Innanzi tutto sarebbe più corretto parlare non tanto di estumulazione, quanto di traslazione, ossia di trasferimento della cassa in altra sepoltura senza dover necessariamente manomettere l’assetto del feretro stesso, ad esempio rimuovendone i coperchi, se esso verrà nuovamente avviato a tumulazione. Tutt’al più se il cofano accusa cedimenti o stress meccanico si praticherù il cosidetto “rifascio”, cioè la deposizione della bara in un cassone esterno di zinco.

Solo se il feretro dovesse esser inumato (cambiando, così, modalità di sepoltura) bisognerebbe togliere i coperchè per neutralizzare la lamiera di zinco.

Alla sua morte, il Mons. G.A. dispone attraverso la sua scheda testamentaria affinché la propria salma sia seppellita nel cimitero più vicino: in ottemperanza a tale volontà il feretro viene ospitato nel cimitero sito nel Comune del luogo della sua morte.
Ad avviso dei congiunti del defunto, tuttavia, durante gli ultimi periodi della sua vita, il Monsignore aveva più volte a chiare lettere espresso la propria volontà di essere sepolto vicino alla propria madre, ovvero in un luogo diverso dal cimitero del comune di decesso: la lettera della disposizione di ultima volontà, quindi, andrebbe interpretata alla luce di tali elementi rappresentativi e volitivi non solo notori ma aventi la consistenza di chiave di lettura della volontà testamentaria.
Il Comune resistente oblitera la teoria dei congiunti del de cuius e rigetta l’istanza di trasferimento della salma, dando così adito al contenzioso deciso dal Collegio di Palazzo Spada.

La prima questione di diritto posta all’attenzione del Consiglio di Stato è quella concernente la natura giuridica del provvedimento impugnato: tumulazione1ad avviso dei Giudici aditi, la soluzione è rinvenibile nel tenore letterale dell’art. 88, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (di approvazione del regolamento di polizia mortuaria) che demanda al sindaco di autorizzare l’estumulo dei feretri per trasferirli in altra sede così conferendo alla decisione adottata dallo stesso una valenza squisitamente provvedimentale perché assentiva o denegativa della relativa attività.
Quanto al merito della quaestio, il Collegio rileva come la natura del provvedimento di autorizzazione o diniego alla estumulazione sia prettamente discrezionale, nell’ambito dei limiti previsti dalla legge, con l’ulteriore conseguenze che, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 D.P.R. n. 295/1990, il sindaco può anche valutare la volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile.
Segnatamente, il Collegio ritiene che il potere discrezionale de quo sia confortato, nel suo contenuto “esteso”, dalla mancanza di indicazioni precise in merito al luogo di sepoltura, reperibili nell’ambito delle disposizioni di ultima volontà del de cuius.
Per la verità la statuizione resa in tal senso dal Consiglio di Stato, trova una forte obiezione nell’indirizzo giurisprudenziale datato, ad avviso del quale qualora il defunto non abbia indicato con assoluta certezza ed in modo definitivo la località, il punto e le modalità della sua sepoltura, l’electio sepulchri spetta in ordine di preferenza al coniuge superstite, ai parenti ed, infine, ai suoi eredi.
Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non è in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, nè disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto. (Corte di Cassazione, sez. 2^ civile, sent. n.9168 dell’11 dicembre 1987)

Secondo tale lettura ermeneutica, il titolare dello jus eligendi sepulchrum può altresì chiedere l’autorizzazione al trasferimento in altro luogo della salma nonostante la opposizione degli altri parenti, purché la nuova scelta sia sorretta da gravi ragioni e da adeguata motivazione, (cfr. Trib. Catania, 12/12/1982 in Giur. di Merito, 1984, 858; Cass. civ., sez. I, 27/01/1986, n.519 in Mass. Giur. It., 1986).

“In accoglimento del ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. proposto dall’erede testamentario (non parente), che assuma di agire per eseguire la volontà manifestata in vita dal defunto, nei confronti dei parenti, il pretore può ordinare che in attesa della definizione del giudizio di merito la salma sia tumulata nel cimiterodel luogo ove egli visse e morì. (Pretura di Firenze, ordin.29 novembre 1977)”.

Non solo: al di là della fattispecie concreta, generalmente la situazione giuridica de qua è inquadrata sistematicamente nell’ambito dei diritti soggettivi perfetti e non nel contesto degli interessi legittimi, (cd. ius sepulchri, ossia il diritto a essere tumulato nel sepolcro).

Inoltre, quanto all’addentellato normativo, l’art. 88 esplicitamente recita che “il sindaco può autorizzare, dopo qualsiasi periodo di tempo ed in qualunque mese dell’anno, l’estumulazione di feretri destinati ad essere trasportati in altra sede a condizione che, aperto il tumulo, il coordinatore sanitario constati la perfetta tenuta del feretro e dichiari che il suo trasferimento in altra sede può farsi senza alcun pregiudizio per la salute pubblica”.

Bisogna notare la riduzione di ogni discrezionalità nella funzione atribuita all’ASL, ma anche una traslazione della competenza dall’Autorità Amministrativa a quella tecnico-sanitaria la qiale si pone in posizione strumentale rispetto alla potestà autorizzativa del Comune.

Da questa ripartizione di ruoli l’autorizzazione all’estumulazione si riduce a mero atto di gestione a contenuto vincolato e scevro da ogni reale potere di valutazione o giudizio ed in quanto tale mon rigettabile.

Secondo un’interpretazione più “politica” dove a rilevare maggiormente sarebbe la preminenza del potere amministrativo il comune la formulazione dell’Art. 88 si configurerebbe, invece, quale norma a presidio degli interessi della collettività attraverso la mediazione del Sindaco, il quale “può autorizzare”, in senso positivo, e, a contrario, “non autorizzare” ma, sembrerebbe, limitatamente agli stessi motivi addotti dalla disposizione normativa, ovvero circostanze igienico – sanitarie afferenti al feretro.

Per ragioni di completezza, è opportuno precisare come, invece,non sorgano problemi analoghi, invece, nelle ipotesi di pratica funeraria della cremazione ovvero di dispersione delle ceneri, disciplinate dalla Legge n. 130 del 30 Marzo 2001, (laddove attuabile attraverso apposita normativa regionale) poiché non ha luogo l’evento materiale della tumulazione, mentre nello spirito del DPR 285 ed ancor più dell’Art. 343 Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265 le urne debbono esser racchiuse in una nicchia, capace di proteggerle da atti sacrileghi garantendo loro stabile e certa destinazione. L’unica vera novità rinvenibile nel corpus normativo del DPR 285/1990 è rappresentata dall’Art. 80 comma 6 dove si prevede la dispersione in cinerario comune su istanza del de cuius oppure per inerzia e disinteresse degli aventi titolo.

Lo sversamento in natura delle ceneri, proprio perché smaterializza la presenza fisica della spoglia mortale (prima incinerata, poi dispersa in natura, così da non esser più riconducibile ad un “unicum”), confligge pesantemente con il diritto alla memoria da parte dei superstiti ravvivato dal culto della tomba celebrato anche dalla letteratura con il carme foscoliano de “I Sepolcri”.
Se facoltativa è la cremazione a maggior ragione ulteriormente di sola eleggibilità da parte del defunto è ritenuta la dispersione delle ceneri, come prevista dalla novella (Legge130 del 2001), che deve essere autorizzata solo dal de cuius senza possibilità di surroga da parte dei congiunti in dividuati con il criterio di poziorità enunciato dall’Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285, (con rinvio agli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile i gradi di parentela)

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Carlo Ballotta

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91 thoughts on “Autorizzazione all’estumulazione: atto dovuto o provvedimento discrezionale?

  1. Il disseppellimento è autorizzato dal comune di prima sepoltura, e questo è pacifico, ma chi – privato cittadino- ha firmato la richiesta di esumazione straordinaria?

    In linea di massima, il titolo a disporre del cadavere (o delle spoglie mortali che ne rimangano nel tempo) é individuabile, secondo la consolidata giurisprudenza, nei familiari secondo una data graduatoria (a volte, dico, scherzosamente, che tali criteri sono stati ‘cristallizzati’ nell’art. 79 comma 1 II Periodo dPR 10/9/1990, n. 285, ossia del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria), regole posti in termini di poziorità, ‘parolaccia’ in ostico giuridichese in cui concorre la preminenza nella scelta coniugata con la capacità decisionale, con la conseguenza che i soggetti posti per primi (nell’ordine) oltre ad avere il potere di disporre, escludono automaticamente gli altri. Ora, i figli come discendenti diretti di primo grado prevalgono sulla sorella.

    Tuttavia, spesso i Regolamenti comunali di polizia mortuaria, per snellire la fase istruttoria, prevedono che chi presenti formale istanza per ottenere una data operazione cimiteriale sia presuntivamente ritenuto agente in nome e per conto di tutti gli aventi diritto/titolo e con il loro consenso; a volte, tali formule sono presenti nella modulistica per la richiesta del rilascio delle autorizzazioni (da qui la domanda iniziale, intenzionalmente posta all’inizio). Chi dichiara mendacemente il falso è perseguibile penalmente.

    In tali casi, se le parti non sono d’accordo potranno far valere la propria posizione avanti al giudice in sede civile, anche, se del caso, contestando la legittimazione di chi ha agito, dato che il comune è comunque e sempre estraneo a contenziosi spesso endo-famigliari tra i diversi soggetti, specie se la norma regolamentare o le dichiarazioni rese introducano una tale presunzione o contemplino prevedano, espressamente, una dichiarazione consimile.

    In pratica, sono le parti che devono risolvere le proprie controversie, senza coinvolgere soggetti terzi ed istutuzionali terzi (il comune, nella specie).

    Ad ogni modo consultando, con istanza di accesso agli atti, i pubblici registri cimiteriali sarà senz’altro possibile individuare il nuovo sito sepolcrale in cui sia stato traslato il feretro.

    Sì, ricorrono gli estremi per vedersi e liquidato riconosciuto il danno esistenziale, ma bisogna, pur sempre, adire il Giudice Ordinario, con tutta l’aleatorietà che una causa civile pur sempre implica.

  2. Buonasera,ho saputo da persone estranee che la salma di mia suocera morta quattro anni fa è stata esumata senza che i figli residenti in altro comune ne fossero a conoscenza. Abbiamo il dubbio che la richiesta sia stata fatta solo da una sorella con la quale non abbiamo rapporti, è possibile che non ci voglia il consenso anche degli altri figli, ora non sappiamo neanche dove andare a lasciare un fiore. nel caso siano passati i termini di legge per la quale questa operazione era obbligatoria farla chi avrebbe dovuto avvisare i figli (il comune o la sorella). C’è la possibilità di chiedere i danni morali per questa incresciosa situazione e a chi? E’ possibile che i figli non sanno dove è seppellita la mamma!
    Grazie

  3. X Francesca,

    enumero, qui, di seguito i principali passaggi ed atti, corredati dal rispettivo richiamo normativo, da implementare per ottenere la traslazione dell’urna cineraria da Roma sino al cimitero del Comune Piemontese di….

    1) Ex Art. 79 comma 1 II Periodo DPR n. 285/1990, applicabile a tutti gli atti di disposizione per il post mortem ed a tutte le trasformazioni di stato in cui involva un defunto (cadavere vero e proprio, ossa, resti mortali e ceneri), il parente più stretto del de cuius (coniuge superstite in primis, se esistente, oppure congiunti ascendenti/discendenti di pari grado, secondo poziorità) inoltra al Comune di Roma formale istanza di estumulazione dell’urna cineraria, in bollo (Artt. 3 e 4 Tariffa, Parte 1, allegato A) dPR 26/10/1972, n. 642) e debitamente sottoscritta (nelle forme e con le modalità di cui agli Artt. 21 e 38 DPR n. 445/2000), indicando, contestualmente la nuova destinazione delle ceneri, già preventivamente individuata ed autorizzata dalla competente autorità comunale in loco (vedasi punto 2).

    2) Il titolo di trasporto “semplificato” ex Art. 80 comma 5 DPR n. 285/1990 e Art. 3 comma 1 lett. F) Legge n. 130/2001 che rimandano per il materiale rilascio dell’autorizzazione all’Art. 24 DPR n. 285/1990, non può esser accordato dal Comune “ a quo”, ovvero di prima sepoltura (regola della tipicità dei luoghi di partenza ed attivo per ciascun trasporto funebre) se prima non è verificato lo Jus Sepulchri per le ceneri ai sensi dell’Art. 50 comma 1 Lett. c) DPR n. 285/1990, ossia il titolo di accoglimento in un particolare sepolcro privato, cioè in una tumulazione.

    3) Il diritto di sepolcro, in altre parole, riservato ex Art. 93 comma 1 I Periodo DPR n. 295/1990, sibi familiaque suae, ovvero al concessionario ed alla di lui famiglia, deve preesistere rispetto al materiale uso del sepolcro ed esser accertato ai termini dell’Art. 102 DPR n. 285/1990.

    4) Questa necessaria autorizzazione comunale all’accettazione in cimitero ha valore ricognitivo e non costitutivo, in quanto ha la mera funzione di acclarare un titolo, potenzialmente, già in essere, perfetto ed acquisito, con la stipula del regolare atto di concessione di cui all’Art. 98 DPR n. 285/1990.

    5) Se ricorrono tutti questi presupposti (= il de cuius aveva effettivamente maturato lo jus sepulchri in quel particolare cimitero) l’autorizzazione deve esser data obbligatoriamente ed essa compete non al sindaco ma al dirigente di settore ex Art. 107, comma 3 Lett. f) D.Lgs n. 267/2000.

    6) Il comune di Roma, valutati positivamente i soli titoli formali di estumulazione ( secondo la legittimazione dello Jure sanguinis) e di trasporto autorizza ex Art. 88 DPR n. 285/1990, in sequenza l’estumulazione dell’urna cineraria ed il suo conseguente trasferimento presso il cimitero di nuova sepoltura, anche in questo caso l’autorizzazione (i due atti, attenendo allo stesso procedimento ed organo burocratico potrebbero esser pure contestuali) deve esser concessa quale atto dovuto, mancando i connotati minimi della discrezionalità, l’ufficio preposto ad adottare il provvedimento autorizzativo è sempre quello della polizia mortuaria, nelle sue varie articolazioni, a Roma.

    7) Questa, ad oggi, è la normativa statale da seguire quando vi siano rapporti di extra territorialità tra una regione e l’altra e quando, ancora, siano coinvolti i diritti della personalità, come appunto lo jus sepulchri, soggetti, per loro intima natura, solo alla Legge Nazionale ai sensi dell’Art.117 comma 1 Lett. L) ed M) Cost. come riformulato dalla Legge di REvisione Costituzionale n. 3/2001.

  4. Dovremmo effettuare un traslazione di urna cineraria da Roma, ove il defunto in questione è stato cremato e temporaneamente tumulato, ad un comune piemontese, nel cui cimitero il de cuius era titolare di una concessione cimiteriale. La locale amministrazione sembra opporsi, adducendo, quale ragione ostativa, la sussistenza di un esplicito divieto posto addirittura dalla Legislazione Statale. Ma noi, in tutt’onestà non riusciamo a rinvenire nel D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 nessuna proibizione, né espressa né in forma velata, in tal senso. Potreste aiutarci?

  5. Salve
    Vorrei sapere se è possibile aprire un loculo spezzare le ossa del defunto riporre le stesse in una apposita “cassetta..
    tutto questo all oscuro dei familiari.

    ,

    1. X Rosy,

      La situazione da Lei rappresentata presenta rilevanti profili di natura penale.

      In effetti Secondo la Cassazione penale, Sez. VI, 13 giugno 1997, n. 8621: “Atteso il chiaro disposto dell’art. 87 d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, il quale, poi, opera rinvio all’Art. 410 Cod.Penale, il consenso dei parenti del defunto non giustifica la frantumazione delle ossa del cadavere”. Queste operazioni, sono pertanto da ritenersi illegali, a maggior ragione se i congiunti del de cuius non hanno avuto preventiva notizia di questa intenzione…tra l’altro espressa ed attuata da chi? Ossia, chi ha avuto interesse a decidere di spezzare le ossa di un defunto per costringerlo in uno spazio confinato di minori dimensioni rispetto al loculo standard?

      Preoccuperebbe, per altro, l’anomala prospettiva (avanzata evidentemente da qualcuno della famiglia) della collocazione dei resti ossei in cassetta ossario, dato che ciò può aversi solo decorso il periodo legale di sepoltura e quando i tessuti molli del cadavere si siano del tutto naturalmente mineralizzati (= dissolti per effetto dei normali processi disgregativi cui la materia organica è sottoposta nel post mortem) e ogni intervento forzato e violento, in questo senso, non può non richiamare i divieti dell’art. 87 dPR 285/1990, e – soprattutto – evocare il reato di cui all’art. 410 CP, per cui potrebbe considerarsi che una richiesta di tal fatta possa comportare altresì la fattispecie di uno degli artt. 115, 302, 414 o 615 CP., se non fosse che, probabilmente, difetterebbe l’elemento del dolo.

      Ricorrono, così, tutti gli estremi per sporgere denuncia.

  6. X Alessandro,

    se non espressamente contemplata dal contratto di servizio, un’indebita “supplenza” sine titulo, (ossia illegittima) da parte di chi materialmente esegue solo le operazioni cimiteriali, nelle mansioni pubblicistiche del responsabile del servizio di custodia integrerebbe la fattispecie di reato rubricata, dalla normativa penalistica, come “usurpazione di pubbliche funzioni”.

    L’obbligo della registrazione sussiste (art. 52 dPR 10/9/1990, n. 285); sulla figura del responsabile del servizio di custodia occorre, allora, necessariamente, rinviare al Regolamento di organizzazione degli uffici e servizi del comune. Non sembrano esservi elementi ostativi a che la figura del responsabile del servizio di custodia si sovrapponga a quella di custode (sempre tenendo conto del Regolamento anzidetto e del CCNL). Tra l’altro, il dovere lavorativo imposto al responsabile può essere attuato con disposizione del superiore gerarchico, se diverso dal custode stesso, a provvedere, ordine cui il custode dipendente pubblico non si può sottrarre (art. 2104, comma 2 Cod. Civile ), salvo non incorrere in una chiara violazione disciplinare.

    Questa materia è oggetto di concertazione e, dopo questo necessario passaggio, il dirigente dispone per l’effettuazione degli orari concordati(a cui i dipendenti sono tenuti), nel rispetto del CCNL.

    Il Codice di autoregolamentazione sui servizi c.d. essenziali individua le soglie ‘minime’, da assicurare comunque, ma non influisce su un’organizzazione del lavoro che intenda assicurare una più ampia funzionalità dei servizi.

    Il dipendente non può mai rifiutare di eseguire un comando impartito dal proprio superiore gerarchico, salvo che ciò non comporti violazione di norma penale.
    Tutt’al più , eseguitolo, può rivolgersi al giudice del lavoro, previo esperimento di conciliazione.

  7. X Carlo Grazie mille per le spiegazioni.

    Però mi è rimasto un dubbio.

    Nel caso in cui la figura “del custode o responsabile del servizio di custodia” come persona fisica sia in malattia, in ferie o al di fuori del suo orario di lavoro, può codesta ditta avere i compiti e i diritti come la tenuta dei registri, il controllo di chi deve effettuare lavori ad esempio montare le lapidi o costruzione di tombe, manutenzioni ordinarie, quindi vedere se hanno il durc, mezzi a norma e cose del genere.

  8. X Alessandro,

    E sino ad oggi nel Suo Comune, senza un atto normativo che regolasse l’attività cimiteriale, come si è proceduto? Caso per caso, magari attraverso ordinanze sindacali?

    Risposta, comunque, non facile, anche perché la politica non è l’arte dell’esattezza, e qualsiasi decisione adottata, soprattutto in tema di erogazione dei servizi, inevitabilmente, rischia sempre di scontentare qualcuno.

    Comunque…finalmente habemus regolamento di polizia cimiteriale, era ora!

    A parte il fatto che il “NUOVO” Regolamento comunale di polizia mortuaria, se farà ancora riferimento al custode del cimitero, sembrerebbe nascere già un po’ “vecchiotto”, siccome, dal 27/10/1990, si dovrebbe parlare del “responsabile del servizio di custodia”, si considera come (almeno, formalmente) ogni operazione entro il cimitero dovrebbe essere riservata al personale comunale (o del gestore del cimitero, se diverso).

    Tuttavia può accadere che il comune non disponga sempre della necessaria forza lavoro, e sufficiente, neppure quando si possa distaccare, pur se temporaneamente, altro personale (es.: personale addetto a manutenzioni o a strade, ecc.), essendovi sempre (maggiori) limiti nelle assunzioni di dipendenti e simili (oltre che aspetti organizzativi non sempre risolvibili con immediatezza).

    In ogni caso, si tratta di questioni nevralgiche, per il buon governo della “macchina cimiteriale” che devono essere affrontati dal comune, non sussistendo più di tanto l’ammissibilità che soggetti terzi possano, sostituirsi a funzioni istituzionali proprie di quest’ultimo.

    Si dovrebbe, infatti, ragionare su come, con il DPR n. 285/1990, il legislatore non consideri (pressoché più) la figura del custode, quanto il “servizio di custodia”, con un importante spostamento dell’accento dal ruolo della persona fisica, alla prestazione in sè (o, se si voglia, alla funzione), servizio che, in quanto mansione di natura pubblicistica, rinvia, per i soggetti che lo assolvano, sostanzialmente al regolamento comunale di cui all’art. 48, comma 3 T.U.E.L., anche per quanto riguardi l’individuazione dell’unita’ organizzativa titolare (e responsabile).

    Ma, in molte realtà locali, un tale regolamento, neppure considera questo aspetto, anche se sostanziale.

    Nel caso di specie, inoltre (almeno così sembra di capire), non vi sarebbe un affidamento di tutto il servizio cimiteriale in quanto tale a soggetto terzo, nelle modalità proprie dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, quanto il ricorso all’attribuzione a terzi di alcune operazioni cimiteriali, non considerandosi, così, le funzioni del “servizio di custodia” (in senso giuridico, non nel senso materiale dell’apertura/chiusura degli accessi), compiti, quali, appunto, la tenuta dei registri, che potrebbero essere oggetto di affidamento se ed in quanto oggetto dell’affidamento fosse stato il servizio cimiteriale in toto, e ciò fosse espressamente previsto dall’atto di affidamento e dal connesso contratto di servizio, stipulato tra comune e nuovo gestore.

    Probabilmente, nella fattispecie in esame, il “servizio di custodia” permarrebbe nell’alveo delle prerogative proprie del comune (non si può entrare, per carenza di elementi di valutazione, nell’ambito organizzativo, anche se, in linea di massima (e con il necessario c.d. benificio d’inventario), si dovrebbe (o…potrebbe?) propendere per una scelta, massimamente politica, in forza della quale l’unità organizzativa che, in tutto od in parte, abbia titolarità dei procedimenti cimiteriali (dipendente pubblico), manterrebbe una qualche forma di vigilanza/controllo sui soggetti cui sia affidata l’esecuzione materiale delle (singole) operazioni cimiteriali), spettando al Comune stesso comune definire l’unità lavorativa avente natura di responsabile del servizio di custodia del cimitero, in senso giuridico.

    E’ una soluzione, sì opinabile, ma del tutto legittima, sotto il profilo della correttezza legale.

    Si ricorda che un’eventuale modifica al Regolamento comunale di polizia mortuaria avrà efficacia una volta concluso il procedimento di cui all’art. 345 TULLSS.

  9. Buongiorno. vorrei avere altre informazioni in merito alle tumulazioni e quello che prevede la legge vigente.

    A forza di lamentele al comune si è deciso di regolamentare il cimitero. Come scritto in precedenza fino ad ora non si applicava nessuna legge.
    Adesso l’assessore ai lavori cimiteriali mi ha riferito che in un paio di mesi verrà regolamentato il tutto e che si terrà una gara d’appalto per la gestione dei servizi di tumulazione, inumazione, traslazione delle salme, restringimenti e cose del genere. In grandi linee vorrebbero affiancare all’attuale custode che è 1 solo questa ditta che dovrebbe anche provvedere all’apertura e chiusura del cimitero negli orari di visita in collaborazione con il custode che non può fare 9 ore lavorative d’inverno, 10 d’estate e tutti i giorni.
    Nel post del 14 febbraio 2013 il caro Carlo ha detto che “le operazioni cimiteriali con relativa verbalizzazione/annotazione sugli appositi registri di cui agli Artt. 52 e 53 DPR n. 285/1990 essendo servizi pubblici locali (Ex Legge n.440/1987) non dovrebbero esser curate ed eseguite esclusivamente (trattasi, infatti, di prestazioni erogate in regime di monopolio) dal gestore dello stesso servizio cimiteriale”
    quindi non credo che sia legale mettere un custode comunale per la parte burocratica e una ditta esterna per la parte di manovalanza.
    Poi se osserviamo il decreto legislativo 81/2008 dice: (” Il valore indicato dalla norma ISO 11228-1 per la «popolazione lavorativa adulta» (25 kg) protegge
    il 95% dei maschi, ma solo il 70% delle femmine, per cui non può essere efficacemente adottato per
    la tutela della salute della popolazione lavorativa adulta femminile, mentre rappresenta un buon
    limite protettivo per il lavoratori maschi. Si può osservare che il valore 20 kg, tuttora vigente in quanto peso limite prescritto dal R.D. n.
    635/1934, risulta essere in grado di proteggere il 90% della popolazione adulta di sesso femminile:
    questo valore, pertanto, soddisfa non solo gli ineludibili requisiti normativi, ma anche quelli
    dell’evidenza scientifica.
    In sintesi, per scegliere il valore di riferimento da adottare per la popolazione lavorativa maschile in
    sostituzione del valore di 30 kg, che e` stato abrogato, pare corretto fare riferimento al valore di 25
    kg della «popolazione lavorativa adulta», che e` in grado di proteggere il 95% della popolazione
    professionalmente esposta di sesso maschile.
    Per quanto riguarda la popolazione femminile professionalmente esposta, come già ricordato, il
    valore di riferimento, fissato in 20 kg dal R.D. n. 635/1934, e` tuttora vigente.”)
    Quindi di conseguenza la ditta che si occupa di tali lavori deve avere non meno di 5 dipendenti a regola per la tumulazione dal 1° al 3° piano e salendo almeno 6 operai in quanto in codesto cimitero non vi è la possibilità di adoperare un carrello elevatore ma solo ponteggi per mancanza di spazio.

  10. X Mauro,

    ohibò, non esiste nessuna previsione di Legge? Casco dalle nuvole! E il D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 recante disposizioni sull’Ordinamento Militare allora non è a tutti gli effetti la normativa di riferimento dello Stato Italiano? Gli Artt. di riferimento sono, appunto il 270 ed il 271.

    Le spoglie mortali dei caduti, se sepolte nei cimiteri civili, sono dispensate dall’ordinario turno di rotazione (esumazione/estumulazione):, tale loro sistemazione allora si configura come perpetua, è,per altro, sempre possibile su istanza di parte avanzata dai famigliari l’esumazione/estumulazione finalizzata al trasferimento dei resti in una nuova sepoltura privata e dedicata.

    Ad ogni modo, i familiari hanno titolo, previa autorizzazione del Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti del Ministero della difesa, a chiedere la consegna delle spoglie così da darvi altra destinazione, purché stabile e decorosa, s’intende!
    A rigore, i caduti per eventi bellici sono esenti dal turno ordinario di rotazione (ma ciç presuppone che siano stati, come avrebbe dovuto avvenire, inumati); essendovi stata una tumulazione (evidentemente su richiesta di familiari aventi titolo), non si vede come possa intervenirsi, salvo che la concessione non sia venuta a scadenza, caso nel quale troverebbe applicazione quanto previsto dagli artt. 85 (e 86, 5) dPR 10/9/19990, n. 285, fermo restando il vincolo della corrispondenza con il Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti e, in ogni caso, con operazione a totale ed integrale carico dei familiari.

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