Autorizzazione all’estumulazione: atto dovuto o provvedimento discrezionale?

Una volta chiarita la situazione di “post maturità”del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, dovuta alla discrasia temporale tra la L. 8 giugno 1990, DSCF0023n.142, con l’attribuzione ai dirigenti di competenze esclusive in materia di autorizzazioni di polizia mortuaria (attribuzione che era già operante rispetto al D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, quanto meno per le norme corrispondenti), appare importante dover avere riguardo alla natura delle autorizzazioni di polizia mortuaria o, almeno, ad alcune di queste. Tra l’altro, quando si parli di autorizzazioni, deve ormai essere tenuto – sempre – presente l’art. 107, comma 3, lett. f) D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Risultano pertanto di competenza esclusiva degli “apicali” i provvedimenti di cui all’Art. 107 comma 3 lettera f) del Decreto Legislativo 267/2000 e gli altri atti loro attribuiti dallo statuto del singolo Comune e dai regolamenti (tra cui quello di polizia mortuaria locale).

L’estumulazione è ordinaria quando si esegue alla naturale scadenza della concessione; se non contemplata dal regolamento comunale o dalla “convenzione” dello stesso atto di concessione (dopo l’entrata in vigore del DPR 15 luglio 2003 n. 254 si cominciano a considerare ordinarie le estumulazioni dopo 20 anni, intesi anche come somma di più periodi trascorsi in diversi avelli) l’estumulazione straordinaria può esser negata ovviamente in forma scritta e motivata, indicando altresì il termine temporale l’autorità cui sia possibile ricorrere ai sensi dell’Art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif (Sereno Scolaro).

L’art. 86, comma1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, infatti, nel definire la regola, presenta anche la nidificazione di un’eccezione, con quell’inciso che così recita: “… ., quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private, a concessione perpetua, ….”, questa interpolazione altera, e non di poco, il quadro di riferimento antecedentemente delineato, in sostanza inibendo le ipotesi dell’estumulazione per questi feretri e in tali condizioni, comportando la non estumulabilità dei cadaveri tumulati in concessioni aventi il carattere della perpetuità.

Da qui, sorge, prima di tutto ed immediatamente, una questione che che riguarda la valutazione se le disposizioni dell’art. 88 possano anche applicarsi a queste situazioni o meno. Essendo tali salme in tali condizioni concessorie sostanzialmente “in-estumulabili”, se diamo alla norma una lettura letteralmente restrittiva, si dovrebbe concludere che un’eventuale domanda volta al trasferimento in altra sede formulata ex art. 88, comporti e il vincolo di opporvi rifiuto e la dichiarazione di decadenza dell’intera concessione in quanto la stessa domanda costituisce una violazione delle condizioni di uso della concessione perpetua, cioè un “ab-uso”, nel senso tecnico-giuridico del termine.

Le autorizzazioni di polizia mortuaria (es.:l’autorizzazione al singolo trasporto funebre) l’autorizzazione alla cremazione (16), ecc.), non hanno neworleanscemtallshorthomestead100 0037 op 450x600attinenza di sorta con l’ambito delle autorizzazioni sanitarie, spettando ai servizi comunali e avendo il carattere di autorizzazioni amministrative per determinate, singole ed individuate, attività od operazioni. Oltretutto, il fatto che (dal 13 giugno 1990!) non siano più neppure funzioni attribuite al sindaco, bensì ai dirigenti, fa venire meno la stessa questione sulla loro (eventuale) natura sanitaria Analoghe considerazioni, forse anche di minore spessore, potrebbero farsi per l’autorizzazione di cui all’art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, anch’essa richiedente una verifica “tecnica”, distinta e propedeutica rispetto alla fase autorizzativa. Tutte queste considerazioni portano all’unica conclusione dell’estraneità della natura sanitaria di tali autorizzazione, per collocarle nell’ambito delle autorizzazioni amministrative. Anche se, probabilmente, la questione è in sé mal posta, dal momento che non si tratta di autorizzazioni nelle attribuzioni del sindaco (ambito in cui, forse, potrebbe accademicamente anche sollevarsi tale problematicità) quanto di autorizzazioni nelle attribuzioni – esclusive e non derogabili – dei dirigenti, fin dall’entrata in vigore della L. 8 giugno 1990, n. 142, cioè in epoca in cui era ancora vigente il D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803.

Nella polizia mortuaria l'”autorizzazione” è un provvedimento discrezionale di natura amministrativa che incide su diritti, condizionandone l’esercizio, a carattere ampliativo della sfera soggettiva dei privati, ma non costitutivo, in quanto esso non crea diritti o poteri nuovi in capo al destinatario, ma legittima solo l’esercizio di diritti o potestà già preesistenti nella sfera del soggetto, l’istruttoria finalizzata al rilascio di quest’ultima non dovrebbe mai eccedere dalla valutazione dei titoli formali, senza, quindi, valutazioni troppo intrusive sulle motivazioni di chi la richieda, c’è però un saggio del 15 dicembre 2005, a cura del Dr.Giuseppe Boffone, reperibile sul portale giuridico Altalex, in cui si smonta questa tesi dell’autorizzazione intesa quasi come un atto dovuto.

Oggetto di questo breve studio è un pronunciamento giurisprudenziale:

Consiglio di Stato, Sez. V, 29 novembre 2005, Decisione n. 6727:

“Secondo l’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990 (nel caso di specie, riprodotto nel locale regolamento di polizia mortuaria) il limite alla potestà sindacale di autorizzare l’estumulazione e il trasporto dei feretri va rinvenuto nell’assenso dell’autorità sanitaria sulle cautele da osservare onde evitare pregiudizi alla salute pubblica per il trasporto del feretro, ferme perciò restando le valutazioni del Sindaco circa l’opportunità del trasferimento, dato il carattere latamente discrezionale dell’autorizzazione. Pertanto, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990, il Sindaco ben può negare l’autorizzazione all’estumulazione e trasporto della salma sulla sola scorta della volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile”.

Innanzi tutto sarebbe più corretto parlare non tanto di estumulazione, quanto di traslazione, ossia di trasferimento della cassa in altra sepoltura senza dover necessariamente manomettere l’assetto del feretro stesso, ad esempio rimuovendone i coperchi, se esso verrà nuovamente avviato a tumulazione. Tutt’al più se il cofano accusa cedimenti o stress meccanico si praticherù il cosidetto “rifascio”, cioè la deposizione della bara in un cassone esterno di zinco.

Solo se il feretro dovesse esser inumato (cambiando, così, modalità di sepoltura) bisognerebbe togliere i coperchè per neutralizzare la lamiera di zinco.

Alla sua morte, il Mons. G.A. dispone attraverso la sua scheda testamentaria affinché la propria salma sia seppellita nel cimitero più vicino: in ottemperanza a tale volontà il feretro viene ospitato nel cimitero sito nel Comune del luogo della sua morte.
Ad avviso dei congiunti del defunto, tuttavia, durante gli ultimi periodi della sua vita, il Monsignore aveva più volte a chiare lettere espresso la propria volontà di essere sepolto vicino alla propria madre, ovvero in un luogo diverso dal cimitero del comune di decesso: la lettera della disposizione di ultima volontà, quindi, andrebbe interpretata alla luce di tali elementi rappresentativi e volitivi non solo notori ma aventi la consistenza di chiave di lettura della volontà testamentaria.
Il Comune resistente oblitera la teoria dei congiunti del de cuius e rigetta l’istanza di trasferimento della salma, dando così adito al contenzioso deciso dal Collegio di Palazzo Spada.

La prima questione di diritto posta all’attenzione del Consiglio di Stato è quella concernente la natura giuridica del provvedimento impugnato: tumulazione1ad avviso dei Giudici aditi, la soluzione è rinvenibile nel tenore letterale dell’art. 88, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (di approvazione del regolamento di polizia mortuaria) che demanda al sindaco di autorizzare l’estumulo dei feretri per trasferirli in altra sede così conferendo alla decisione adottata dallo stesso una valenza squisitamente provvedimentale perché assentiva o denegativa della relativa attività.
Quanto al merito della quaestio, il Collegio rileva come la natura del provvedimento di autorizzazione o diniego alla estumulazione sia prettamente discrezionale, nell’ambito dei limiti previsti dalla legge, con l’ulteriore conseguenze che, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 D.P.R. n. 295/1990, il sindaco può anche valutare la volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile.
Segnatamente, il Collegio ritiene che il potere discrezionale de quo sia confortato, nel suo contenuto “esteso”, dalla mancanza di indicazioni precise in merito al luogo di sepoltura, reperibili nell’ambito delle disposizioni di ultima volontà del de cuius.
Per la verità la statuizione resa in tal senso dal Consiglio di Stato, trova una forte obiezione nell’indirizzo giurisprudenziale datato, ad avviso del quale qualora il defunto non abbia indicato con assoluta certezza ed in modo definitivo la località, il punto e le modalità della sua sepoltura, l’electio sepulchri spetta in ordine di preferenza al coniuge superstite, ai parenti ed, infine, ai suoi eredi.
Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non è in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, nè disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto. (Corte di Cassazione, sez. 2^ civile, sent. n.9168 dell’11 dicembre 1987)

Secondo tale lettura ermeneutica, il titolare dello jus eligendi sepulchrum può altresì chiedere l’autorizzazione al trasferimento in altro luogo della salma nonostante la opposizione degli altri parenti, purché la nuova scelta sia sorretta da gravi ragioni e da adeguata motivazione, (cfr. Trib. Catania, 12/12/1982 in Giur. di Merito, 1984, 858; Cass. civ., sez. I, 27/01/1986, n.519 in Mass. Giur. It., 1986).

“In accoglimento del ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. proposto dall’erede testamentario (non parente), che assuma di agire per eseguire la volontà manifestata in vita dal defunto, nei confronti dei parenti, il pretore può ordinare che in attesa della definizione del giudizio di merito la salma sia tumulata nel cimiterodel luogo ove egli visse e morì. (Pretura di Firenze, ordin.29 novembre 1977)”.

Non solo: al di là della fattispecie concreta, generalmente la situazione giuridica de qua è inquadrata sistematicamente nell’ambito dei diritti soggettivi perfetti e non nel contesto degli interessi legittimi, (cd. ius sepulchri, ossia il diritto a essere tumulato nel sepolcro).

Inoltre, quanto all’addentellato normativo, l’art. 88 esplicitamente recita che “il sindaco può autorizzare, dopo qualsiasi periodo di tempo ed in qualunque mese dell’anno, l’estumulazione di feretri destinati ad essere trasportati in altra sede a condizione che, aperto il tumulo, il coordinatore sanitario constati la perfetta tenuta del feretro e dichiari che il suo trasferimento in altra sede può farsi senza alcun pregiudizio per la salute pubblica”.

Bisogna notare la riduzione di ogni discrezionalità nella funzione atribuita all’ASL, ma anche una traslazione della competenza dall’Autorità Amministrativa a quella tecnico-sanitaria la qiale si pone in posizione strumentale rispetto alla potestà autorizzativa del Comune.

Da questa ripartizione di ruoli l’autorizzazione all’estumulazione si riduce a mero atto di gestione a contenuto vincolato e scevro da ogni reale potere di valutazione o giudizio ed in quanto tale mon rigettabile.

Secondo un’interpretazione più “politica” dove a rilevare maggiormente sarebbe la preminenza del potere amministrativo il comune la formulazione dell’Art. 88 si configurerebbe, invece, quale norma a presidio degli interessi della collettività attraverso la mediazione del Sindaco, il quale “può autorizzare”, in senso positivo, e, a contrario, “non autorizzare” ma, sembrerebbe, limitatamente agli stessi motivi addotti dalla disposizione normativa, ovvero circostanze igienico – sanitarie afferenti al feretro.

Per ragioni di completezza, è opportuno precisare come, invece,non sorgano problemi analoghi, invece, nelle ipotesi di pratica funeraria della cremazione ovvero di dispersione delle ceneri, disciplinate dalla Legge n. 130 del 30 Marzo 2001, (laddove attuabile attraverso apposita normativa regionale) poiché non ha luogo l’evento materiale della tumulazione, mentre nello spirito del DPR 285 ed ancor più dell’Art. 343 Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265 le urne debbono esser racchiuse in una nicchia, capace di proteggerle da atti sacrileghi garantendo loro stabile e certa destinazione. L’unica vera novità rinvenibile nel corpus normativo del DPR 285/1990 è rappresentata dall’Art. 80 comma 6 dove si prevede la dispersione in cinerario comune su istanza del de cuius oppure per inerzia e disinteresse degli aventi titolo.

Lo sversamento in natura delle ceneri, proprio perché smaterializza la presenza fisica della spoglia mortale (prima incinerata, poi dispersa in natura, così da non esser più riconducibile ad un “unicum”), confligge pesantemente con il diritto alla memoria da parte dei superstiti ravvivato dal culto della tomba celebrato anche dalla letteratura con il carme foscoliano de “I Sepolcri”.
Se facoltativa è la cremazione a maggior ragione ulteriormente di sola eleggibilità da parte del defunto è ritenuta la dispersione delle ceneri, come prevista dalla novella (Legge130 del 2001), che deve essere autorizzata solo dal de cuius senza possibilità di surroga da parte dei congiunti in dividuati con il criterio di poziorità enunciato dall’Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285, (con rinvio agli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile i gradi di parentela)

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Carlo Ballotta

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91 thoughts on “Autorizzazione all’estumulazione: atto dovuto o provvedimento discrezionale?

  1. Dipende tutto dall’ordinanza del Sindaco con cui ai sensi dell’Art. 82 comma 6 ed 86 comma 1 sono disciplinate le esumazioni, le traslazioni e le estumulazioni; è infatti l’ordinanza stessa a dettare il protocollo operativo cui dovranno attenersi i necrofori ed il gestore del cimitero.
    Spesso per motivi di opportunità ed efficienza la quadra di terra interessata dalle operazioni di scavo viene transennata, così da riuscire interdetta all’accesso dei visitatori del camposanto o di eventuali curiosi. Ci sono, poi ragioni di sicurezza: immaginiamoci le polemiche ed i risvolti giudiziari se qualche dolente che assiste all’esumazione per il ribrezzo causato dalla scabrosità dell’intervento dovesse, causa un malora, cadere inavveritamente nella buca.
    In certi comuni è comunque possibile seguire, seppur ad una certa distanza, tutto l’iter del dissotterramento: comunque non è per nulla piacevole vedere la benna dell’escavatore in azione, mentre apre la fossa, o ancora i necrofori calarsi nello scasso appena realizzato dalla pala meccanica per recuperare manualmente il feretro (o i suoi resti se esso si è già squarciato sotto il peso della terra) e trasbordare il cadavere, magari appena avvolto in un telo da recupero (è tipo un sacco in cui riporre il corpo, un po’ come avviene sulla scena degli incidenti stradali), nella nuova bara.
    Tralascio volutamente di descrivere gli acri e dolciastri “profumi” nauseabondi che si sprigionano durante il dissotterramento di un feretro senza indugiare nei dettagli di sgradevole impatto visivo ed olfattivo tipici della saldatura a fuoco necessaria per sigillare il codano di zinco nelle bare destinate a tumulazione in loculo stagno. Oddio, non c’è niente di peccaminoso nè immorale nell’assistere, ma perchè complicarsi la vita con un’ “OVERdose” di disgusto supplementare e di malessere, magari pochi mesi dopo aver già subito un lutto.

    Per evitare tutti questi “pasticci procedurali” (attacchi di panico, isterismi, pianti a dirotto e…svenimenti a bordo fossa come nei migliori films di Fantozzi) molto meglio starsene alla larga e lasciare ai necrofori l’ingrato compito di condurre a termine il lavoro per cui essi sono addestrati (almeno si spera); piuttosto un gestore del cimitero accorto e previdente potrebbe, anche per riavvicinare idealmente il defunto ai propri congiunti, elaborare e proporre, nel costo comprensivo della tariffa (si tratta, pur sempre di operazioni a titolo oneroso per l’utenza) una ancorchè semplice e stilizzata cerimonia per la tumulazione, magari con un piccolo corteo di parenti che accompagni ordinatamente il feretro verso il loculo di nuova sepoltura. Basta poco per “umanizzare” la tumulazione la quale è sì un momento tecnico nella conduzione di un cimitero, ma un fiore da collocare assieme al feretro nell’imbocco del tumulo, personale silenzioso, rispettoso ed in divisa e pochi altri accorgimenti rituali possono davvero dare un senso più alto e di valore morale ad un’, altrimenti, cruda e scabra operazione cimiteriale.

  2. grazie mille per le delucidazioni,volevo sapere un ultima cosa,quando avverrà l’esumazione è possibile per i parenti essere presenti per dare un ultimo saluto al caro defunto?oppure è meglio evitare per evitare spiacevoli ricordi?grazie ancora

  3. Gli atti di disposizione su di sè (Art. 5 Codice Civile), ed in subordine sulla propria spoglia mortale o, ancora su quella dei propri congiunti essendo diritti della personalità, quando non anche “personalissimi”, restano regolati dalla Legge Statale ex Art. 117 lettera m) Cost, così come novellato dalla Legge di Revisione Costituzionale n.3/2001; si applica pertanto il principio di poziorità (potere decisionale + priorità nello scegliere) delineato dall’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990 in tema di cremazione, ma pure estensibile, per analogia, a qualunque destinazione di un cadavere, anche dopo un primo tempo di diversa sepoltura.

    Prevale quindi la volontà del defunto, manifestata con disposizione testamentaria oppure anche oralmente o in via informale ,(quando non in contrasto con la legge, ben inteso), e nel silenzio del de cuius, in subordine, s’impone la volontà dei suoi più stretti consanguinei, con l’unica eccezione dello Jus Coniugii il quale travalica anche lo jus sanguinis, ossia il diritto che discende dalla consanguineità.

    Per la procedura da seguire in modo da ottenere l’esumazione del feretro prima inumato si rinvia a questo link: https://www.funerali.org/?p=695

    In estrema sintesi i passaggi amministrativi ed operativi sono i seguenti:

    Se il regolamento comunale di polizia mortuaria, vero dominus della situazione, in quanto il fenomeno funerario locale è disciplinato dal comune non introduce criteri più stringenti sulle limitazioni stagionali o temporali per eseguire le esumazioni straordinaria il comune, nella persona del dirifente ex Art. 107 comma 3 Lettera f) D.LGS n.267/2000 (detta autorizzazione, infatti, si configura come un atto gestionale) con la “DOVUTA CAUTELA” di cui all’Art. 116 D.LGS n.271/1989 autorizza il disseppellimento sulla base dei titoli formali prodotti dai diretti interessati, ossia istanza in bollo rivolta alla Pubblica Amministrazione (cioè all’ufficio della polizia mortuaria) e Jus Sepulchri, ossia titolo di accoglimento nel nuovo sepolcro; quest’ultimo titolo assolutamente necessario si traduce nell’atto di concessione di un loculo, in quanto la tumulazione, quale sepoltura privata e dedicata sorge sempre dietro al rilascio di una concessione amministrativa di area su cui erigere un sepolcro a sistema di tumulazione o di una cessione in uso di manufatto sepolcrale o, ancora, di porzione dello stesso, perchè il cimitero è pur sempre bene appartenente al demanio comunale ex Art. 824 comma 2 Codice Civile.

    Quando il feretro sarà dissotterrato la sola cassa lignea di 20 mm di spessore impiegata al momento della prima sepoltura (Ai sensi dell’Art. 75 comma 1 DPR n.285/1990, con la sola eccezione di cui al comma 2, nelle inumazioni non si possono impiegare casse metalliche) che, per altro, potrebbe già essersi squarciata sotto il peso del terreno o, comunque, fortemente lesionata, sarà sostituita con la doppia bara lignea e metallica (cofano in legno di 25 mm di spessore + controcassa di zinco di cui all’Art. 30 DPR n.285/1990 + dispositivi assorbenti + valvola depuratrice altrenativa all’uso della cerchiatura della bara con liste di metallo) richiamata dall’Art. 77 DPR n.285/1990).

  4. a Marzo 2011 è morta una mia cara zia ed essendo l’unico parente l’ho seppelita nella terra nel cimitero di Savona,ora però sono venuto a conoscenza che lei voleva essere sepolta nei loculi.dopo 8 mesi posso trasferire il corpo in un loculo… e la bara va sostituita o va bene la stessa che ha ora… grazie per un eventuale risposta.

  5. X Valentina,

    Fosse per me, così da poterLa aiutare direi… “Qui finisce la legge…e comincio io”!…ma, parafrasando Vasco, noi italici (o…italioti???) non siamo mica gli americani, in quanto, fuor di metafora, nel nostro sistema legislativo la norma formale ed ingiusta, se non per manifesta illegittimità, è difficilmente aggredibile, da una parte in causa, anche quando, nella sua rigida omnicomprensività, produca palesi ingiustizie.

    Come dicevano gli antichi giuristi latini: “SUMMA LEX, SUMMA INIURIA!”

    Purtroppo la Normativa Italiana, per giurisprudenza costante e per norma formale cristallizzata nell’Art. 79 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285, nel considerare chi possa disporre, in termini di diritti personalissimi e di pietas, di salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri, valuta solo i titoli formali, ossia lo jus coniugii e lo jus sanguinis (con il primo, il quale prevale addirittura sul secondo) senza considerare i vincoli di tipo affettivo, vero e vissuto, tra due persone o, peggio ancora i rapporti di natura poco idilliaca (prossima al disinteresse) che, magari, intercorrano tra parenti legati, tra di loro, solo da un vincolo “familiare” solo di natura giuridica, ma per nulla avvertito come tale e come moralmente obbligatorio.

  6. Buongiorno, tre mesi fa è morto il mio convivente.
    E’ stato sepolto nel cimitero di Cagliari, su mia richiesta; ma questa richiesta è stata contrastata dai fratelli, per cui per ovviare al contrasto in quel momento si è detto che si sarebbe riparlato della questione nei mesi successivi.
    In questi giorni ho fatto loro presente che non sono favorevole ad un trasferimento in un cimitero della penisola. (loro non sono sardi e vorrebbero portarlo da loro)
    Temendo un nuovo conflitto, vorrei sapere come mi posso per portare avanti la mia richiesta.
    Aggiungo che i rapporti tra il mio convivente e i familiari erano scarni, con alcuni fratelli l’ultimo contatto telefonico era avvenuto tre mesi prima della morte; inoltre sebbene io avessi chiesto il loro supporto (perchè il mio convivente era malato) mi era stato negato e nessuno di loro è venuto in sardegna.
    Vi ringrazio anticipatamente per l’attenzione

  7. l’impresa funebre di norma ( cioé laddove non sia stata regolata l’attività funebre con legeg regionale) è semplicemente dotata di autorizzazione al commercio per articoli funerari (quella generica non alimentare) e di autorizzazione come agenzia d’affari ex art. 115 T.U.LL.P.S.. Qualora l’impresa fosse in possesso unicamente di dette autorizzazioni il Comune NON può ammetterla a fornire servizi che, per loro natura, configurano la necessità di impresa di servizi edili. Pertanto solo nel caso che l’impresa di pompe funebri sia anche impresa edile (registrazione alla Camera di commercio e possesso delle previste autorizzazioni per quella specifica attività).

    Di solito, se non ricorrono i presupposti di cui sopra le operazioni cimiteriali non sono materia di impresa funebre, il cui compito deve, o almeno dovrebbe, terminare con la consegna del feretro, all’ingresso del cimitero, alla squadra di necrofori addetti alla tumulazione.

    Si ricorda il Testo Unico in tema di sicurezza sul lavoro approvato con Decreto Legislativo n.81/2008, quindi non si capisce a quale titolo un PENSIONATO possa attendere alle opere di smuratura del loculo ed all’estrazione del feretro.

    Nel caso di estumulazione volta a successiva traslazione l’impresa funebre può fornire, se richiesto dai parenti del defunto, il cassone esterno di zinco se il feretro è lesionato e c’è bisogno del cosiddetto “rifascio” ex Art. 88 DPR n.285/1990 e paragrafo 4 Circ. Min. n.10/1998.

    La Regione Piemonte con Deliberazione della Giunta Regionale 5 agosto 2002, n. 115-6947 e soprattutto con Legge regionale 25 giugno 2008, n. 15 ha prima sospeso, poi abolito l’obbligo della presenza di personale AUSL durante le estumulazioni, tuttavia quest’ultime debbono esser effettuate, pur sempre, da operai qualificati ed all’uopo autorizzati dal comune, soprattutto quando vi sia il rischio di contaminazione con i liquami cadaverici liberati dalla bara in cui vi sia stato il cedimento della cassa di zinco.

    All’estumulazione finalizzata alla raccolta dei resti ossei o all’avvio a cremazione del resto mortale provvede sempre il personale necroforo in servizio presso il cimitero, anche per lo smaltimento e lo stoccaggio dei rifiuti cimiteriali (rottami metallici, assi lignee, inerti lapidei provenienti da smurature e similari, stracci, avanzi di imbottiture….) ai sensi del DPR n.254/2003.

    Le operazioni cimiteriali sono funzione propria del comune in quanto il cimitero è bene appartenente ad demanio comunale (Art. 824 comma 2 Codice Civile) tuttavia, se il regolamento comunale di polizia mortuaria ammette questa possibilità, configurandosi la tumulazione quale sepoltura privata che il comune ha facoltà e non obbligo di concedere (Art. 337 Regio Decreto n.1265/1934 e Capo XVIII DPR n.285/1990) i concessionari per i lavori sui sepolcri privati (anche il semplice loculo appartiene a questa fattispecie) possono avvalersi anche di ditte terze rispetto ai necrofori comunali, esse però debbono esser autorizzate a lavorare in cimitero e rilasciare regolare fatturazione.

    il D.U.R.C. (documento unico regolarità contributiva) è necessario laddove l’impresa che fornisce i servizi li svolga per il Comune (attraverso appalto o concessione di servizi). Se invece le prestazioni di servizio vengono effettuate direttamente nei confronti di privati non è necessario il D.U.R.C..
    I servizi cimiteriali, nel tempo, sono stati soggetti a diverse norme, caratterizzati anche dal fatto di essere considerati servizi indispensabili per garantire l’igiene e la salute pubblica.
    Essi vengono, in genere, forniti nell’ambito del cimitero comunale, demaniale ai sensi dell’articolo 824 del codice civile.

    I servizi necroscopici e cimiteriali erano inoltre stati inseriti nel novero dei servizi indispensabili per l’ente locale, ai sensi del D.M. 28 maggio 1993 e soprattutto dal Decreto Legislativo n.216/2010.
    Come noto per servizi pubblici a domanda individuale devono intendersi tutte quelle attività gestite dall’ente in economia diretta, non pubbliche funzioni, poste in essere ed utilizzate a richiesta dell’utente e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale.
    Con la legge 26/2001 il servizio dei cimiteri, ad esclusione delle pubbliche funzioni connesse, è così divenuto servizio pubblico a domanda individuale, se gestito in economia diretta. Può essere erogato anche nelle altre forme previste dal Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

  8. Vi volevo chiedere se esiste una normativa che tutela le imprese funebri in materia di estumulazione.Questo perchè, io avendo un impresa funebre in provincia di Alessandria, tante volte mi trovo nei cimiteri dei paesi in cui operiamo, il muratore o il pensionato che svolge attività di esumazione chiamato dai parenti del defunto da esumare.Mi sembra che per eseguire questi lavori occorra una regolare iscrizione alla camera di commercio inerente l’attività svolta (onoranze funebri).In attesa di un commento o qualche risposta porgo i miei più cordiali saluti.

  9. Non si ragione in termini di “eredi”, ma di discendenti jure sanguinis, ossia per diritto di consanguineità, la condizione di “erede” attiene ad una situazione patrimoniale, ragion per cui gli eredi potrebbero anche non essere congiunti, cioè consanguinei del de cuius, e, quindi, non sorgerebbe in capo a loro lo jus sepulchri (o meglio: lo Jus Inferendi Mortuum In Sepulchrum), ossia il diritto di scegliere per i propri defunti il luogo e la modalità di sepoltura.

    In via generale, nel silenzio del de cuius o in assenza di sue specifiche disposizioni testamentarie per il post mortem si applica il principio di poziorità (potere di scelta + preminenza nel decidere) desumibile, estensivamente, dall’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990.

    Occorre, così il consenso di tutti gli aventi titolo jure sanguinis, prevale il coniuge superstite su tutti, poi si segue l’albero genealogico (ascendenti e discendenti, sino al sesto grado di parentela ex Artt. 74 e seguenti del Codice Civile.. In caso di parità tra gli aventi diritto a disporre del de cuius occorre l’unanimità.

    Le vedove, pertanto, essendo affini non hanno diritto a pronunciarsi, nel caso di specie è necessaria un’autorizzazione di tutti i nipoti, perchè il comune di prima sepoltura rilasci:

    1)Autorizzazione ad esumazione o estumulazione
    2) Autorizzazione al trasporto,

    mentre il Comune di Fossato di Vico, quale comune di nuova sepoltura dovrà perfezionare l’autorizzazione all’accoglimento ex Art. 50 DPR n.285/1990, dunque verificare che le spoglie mortali dei defunti vantino diritto d’accoglimento (Jus Sepulchri) in un particolare sepolcro, magari, se si tratta di un sepolcro privato, in forza del loro legame di consanguineità con il concessionario della tomba stessa, siccome, nel nostro ordinamento di polizia mortuaria il sepolcro (detto, appunto gentilizio) ha natura familiare.

    Senza aver dimostrato preventivamente lo Jus Sepulchri il comune di prima sepoltura non può accordare le due autorizzazioni di cui sopra, in quanto il trasporto funebre soggiace alla regola della tipicità (ogni luogo meta di un trasporto funebre deve essere prima individuato ed autorizzato dalla competente Autorità Territoriale, solo dopo, una volta acclarato lo Jus Sepulcri si provvederà materialmente al disseppellimento ed al trasporto stesso).

    Il comune, quale titolare ultimo ed esclusivo delle funzioni di polizia mortuaria (il cimitero exrt. 824 comma 2 Codice Civile è demanio comunale anche ai sensi degli Artt. Artt. 337, 343 e 394 Regio Decreto 1265/1937, Artt. 49 e seguenti DPR n.285/1990 ed Art. 14 Decreto Legislativo n.267/2000, senza dimenticare il D.M. 28 maggio 1993 e d il recente Decreto Legislativo n.216/2010) procede d’ufficio nella propria istruttoria, per valutare i titoli formali, su istanza di parte (ovvero degli aventi diritto) rimanendo estraneo alla ripartizione delle spese. Quanti richiedano un’operazione cimiteriale sono obbligati in solido nei confronti dell’Autorità Amministrativa, la quale deve riscuotere i rispettivi oneri, altrimenti chi firma l’autorizzazione provocherebbe un danno all’erario comunale con conseguente segnalazione alla Corte dei Conti (Art. 93 Decreto Legislativo n.267/2000. Tutte le operazioni cimiteriali, infatti, ex Art.1 comma 7bis Legge n.26/2001 sono servizi a titolo oneroso per l’utenza.

    Di solito, nei regolamenti comunali di polizia mortuaria, per snellire i passaggi burocratici si ricorre a questa formula: “Chi richiede un’operazione cimiteriale si ritiene agisca in nome e per conto di tutti gli aventi diritto”, lo strumento normativo è rappresentato dall’Atto sostitutivo di atto di notorietà ex DPR n.445/2000; il comune, così, non entra nel merito di eventuali vertenze o disaccordo tra i soggetti legittimati, al massimo mantiene fermo lo status quo, “congelando” il procedimento sino a quando non sia stata raggiunta un’intesa, ancorchè laboriosa, tra gli aventi diritto.

    Di conseguenza gli aventi causa Jure Sanguinis, più prossimi ai nonni defunti, cioè i nipoti disposti ad accollarsi gli oneri possono tranquillamente ripartire i costi tra di loro, ma occorre pur sempre il consenso anche di quei due che non vogliono partecipare alle spese.

  10. I nonni di mio marito (che hanno avuto 6 figli, tutti deceduti) sono sepolti a Roma. Dopo il decesso dell’ultimo dei figli, avvenuto pochi giorni fa, si è pensato di trasferire le salme dei nonni in Umbria, poichè quasi tutti i loro figli deceduti si trovano nello stesso cimitero di Fossato di Vico.
    Si debbono sostenere delle spese di trasferimento. Delle 6 famiglie degli eredi (vedove e nipoti) un paio non intendono partecipare alle spese.

    Le domande sono:
    – si deve avere il parere di tutti i congiunti/discendenti (ovvero di tutte e sei le famiglie) per il trasferimento?
    – le vedove dei figli o i nepoti possono rifiutarsi di pagare la parte delle spese che si ottiene dividendole per 6?
    – E’ possibile dividere le spese solo tra coloro che vogliono partecipare ad esse procedendo al trasferimento?

    Distinti saluti e grazie

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