Una volta chiarita la situazione di “post maturità”del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, dovuta alla discrasia temporale tra la L. 8 giugno 1990, n.142, con l’attribuzione ai dirigenti di competenze esclusive in materia di autorizzazioni di polizia mortuaria (attribuzione che era già operante rispetto al D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, quanto meno per le norme corrispondenti), appare importante dover avere riguardo alla natura delle autorizzazioni di polizia mortuaria o, almeno, ad alcune di queste. Tra l’altro, quando si parli di autorizzazioni, deve ormai essere tenuto – sempre – presente l’art. 107, comma 3, lett. f) D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Risultano pertanto di competenza esclusiva degli “apicali” i provvedimenti di cui all’Art. 107 comma 3 lettera f) del Decreto Legislativo 267/2000 e gli altri atti loro attribuiti dallo statuto del singolo Comune e dai regolamenti (tra cui quello di polizia mortuaria locale).
L’estumulazione è ordinaria quando si esegue alla naturale scadenza della concessione; se non contemplata dal regolamento comunale o dalla “convenzione” dello stesso atto di concessione (dopo l’entrata in vigore del DPR 15 luglio 2003 n. 254 si cominciano a considerare ordinarie le estumulazioni dopo 20 anni, intesi anche come somma di più periodi trascorsi in diversi avelli) l’estumulazione straordinaria può esser negata ovviamente in forma scritta e motivata, indicando altresì il termine temporale l’autorità cui sia possibile ricorrere ai sensi dell’Art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif (Sereno Scolaro).
L’art. 86, comma1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, infatti, nel definire la regola, presenta anche la nidificazione di un’eccezione, con quell’inciso che così recita: “… ., quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private, a concessione perpetua, ….”, questa interpolazione altera, e non di poco, il quadro di riferimento antecedentemente delineato, in sostanza inibendo le ipotesi dell’estumulazione per questi feretri e in tali condizioni, comportando la non estumulabilità dei cadaveri tumulati in concessioni aventi il carattere della perpetuità.
Da qui, sorge, prima di tutto ed immediatamente, una questione che che riguarda la valutazione se le disposizioni dell’art. 88 possano anche applicarsi a queste situazioni o meno. Essendo tali salme in tali condizioni concessorie sostanzialmente “in-estumulabili”, se diamo alla norma una lettura letteralmente restrittiva, si dovrebbe concludere che un’eventuale domanda volta al trasferimento in altra sede formulata ex art. 88, comporti e il vincolo di opporvi rifiuto e la dichiarazione di decadenza dell’intera concessione in quanto la stessa domanda costituisce una violazione delle condizioni di uso della concessione perpetua, cioè un “ab-uso”, nel senso tecnico-giuridico del termine.
Le autorizzazioni di polizia mortuaria (es.:l’autorizzazione al singolo trasporto funebre) l’autorizzazione alla cremazione (16), ecc.), non hanno attinenza di sorta con l’ambito delle autorizzazioni sanitarie, spettando ai servizi comunali e avendo il carattere di autorizzazioni amministrative per determinate, singole ed individuate, attività od operazioni. Oltretutto, il fatto che (dal 13 giugno 1990!) non siano più neppure funzioni attribuite al sindaco, bensì ai dirigenti, fa venire meno la stessa questione sulla loro (eventuale) natura sanitaria Analoghe considerazioni, forse anche di minore spessore, potrebbero farsi per l’autorizzazione di cui all’art. 88 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, anch’essa richiedente una verifica “tecnica”, distinta e propedeutica rispetto alla fase autorizzativa. Tutte queste considerazioni portano all’unica conclusione dell’estraneità della natura sanitaria di tali autorizzazione, per collocarle nell’ambito delle autorizzazioni amministrative. Anche se, probabilmente, la questione è in sé mal posta, dal momento che non si tratta di autorizzazioni nelle attribuzioni del sindaco (ambito in cui, forse, potrebbe accademicamente anche sollevarsi tale problematicità) quanto di autorizzazioni nelle attribuzioni – esclusive e non derogabili – dei dirigenti, fin dall’entrata in vigore della L. 8 giugno 1990, n. 142, cioè in epoca in cui era ancora vigente il D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803.
Nella polizia mortuaria l'”autorizzazione” è un provvedimento discrezionale di natura amministrativa che incide su diritti, condizionandone l’esercizio, a carattere ampliativo della sfera soggettiva dei privati, ma non costitutivo, in quanto esso non crea diritti o poteri nuovi in capo al destinatario, ma legittima solo l’esercizio di diritti o potestà già preesistenti nella sfera del soggetto, l’istruttoria finalizzata al rilascio di quest’ultima non dovrebbe mai eccedere dalla valutazione dei titoli formali, senza, quindi, valutazioni troppo intrusive sulle motivazioni di chi la richieda, c’è però un saggio del 15 dicembre 2005, a cura del Dr.Giuseppe Boffone, reperibile sul portale giuridico Altalex, in cui si smonta questa tesi dell’autorizzazione intesa quasi come un atto dovuto.
Oggetto di questo breve studio è un pronunciamento giurisprudenziale:
Consiglio di Stato, Sez. V, 29 novembre 2005, Decisione n. 6727:
“Secondo l’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990 (nel caso di specie, riprodotto nel locale regolamento di polizia mortuaria) il limite alla potestà sindacale di autorizzare l’estumulazione e il trasporto dei feretri va rinvenuto nell’assenso dell’autorità sanitaria sulle cautele da osservare onde evitare pregiudizi alla salute pubblica per il trasporto del feretro, ferme perciò restando le valutazioni del Sindaco circa l’opportunità del trasferimento, dato il carattere latamente discrezionale dell’autorizzazione. Pertanto, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 del D.P.R. n. 285/1990, il Sindaco ben può negare l’autorizzazione all’estumulazione e trasporto della salma sulla sola scorta della volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile”.
Innanzi tutto sarebbe più corretto parlare non tanto di estumulazione, quanto di traslazione, ossia di trasferimento della cassa in altra sepoltura senza dover necessariamente manomettere l’assetto del feretro stesso, ad esempio rimuovendone i coperchi, se esso verrà nuovamente avviato a tumulazione. Tutt’al più se il cofano accusa cedimenti o stress meccanico si praticherù il cosidetto “rifascio”, cioè la deposizione della bara in un cassone esterno di zinco.
Solo se il feretro dovesse esser inumato (cambiando, così, modalità di sepoltura) bisognerebbe togliere i coperchè per neutralizzare la lamiera di zinco.
Alla sua morte, il Mons. G.A. dispone attraverso la sua scheda testamentaria affinché la propria salma sia seppellita nel cimitero più vicino: in ottemperanza a tale volontà il feretro viene ospitato nel cimitero sito nel Comune del luogo della sua morte.
Ad avviso dei congiunti del defunto, tuttavia, durante gli ultimi periodi della sua vita, il Monsignore aveva più volte a chiare lettere espresso la propria volontà di essere sepolto vicino alla propria madre, ovvero in un luogo diverso dal cimitero del comune di decesso: la lettera della disposizione di ultima volontà, quindi, andrebbe interpretata alla luce di tali elementi rappresentativi e volitivi non solo notori ma aventi la consistenza di chiave di lettura della volontà testamentaria.
Il Comune resistente oblitera la teoria dei congiunti del de cuius e rigetta l’istanza di trasferimento della salma, dando così adito al contenzioso deciso dal Collegio di Palazzo Spada.
La prima questione di diritto posta all’attenzione del Consiglio di Stato è quella concernente la natura giuridica del provvedimento impugnato: ad avviso dei Giudici aditi, la soluzione è rinvenibile nel tenore letterale dell’art. 88, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (di approvazione del regolamento di polizia mortuaria) che demanda al sindaco di autorizzare l’estumulo dei feretri per trasferirli in altra sede così conferendo alla decisione adottata dallo stesso una valenza squisitamente provvedimentale perché assentiva o denegativa della relativa attività.
Quanto al merito della quaestio, il Collegio rileva come la natura del provvedimento di autorizzazione o diniego alla estumulazione sia prettamente discrezionale, nell’ambito dei limiti previsti dalla legge, con l’ulteriore conseguenze che, nell’esercizio della discrezionalità attribuitagli dall’art. 88 D.P.R. n. 295/1990, il sindaco può anche valutare la volontà del defunto, ove questa sia chiara e inequivocabile.
Segnatamente, il Collegio ritiene che il potere discrezionale de quo sia confortato, nel suo contenuto “esteso”, dalla mancanza di indicazioni precise in merito al luogo di sepoltura, reperibili nell’ambito delle disposizioni di ultima volontà del de cuius.
Per la verità la statuizione resa in tal senso dal Consiglio di Stato, trova una forte obiezione nell’indirizzo giurisprudenziale datato, ad avviso del quale qualora il defunto non abbia indicato con assoluta certezza ed in modo definitivo la località, il punto e le modalità della sua sepoltura, l’electio sepulchri spetta in ordine di preferenza al coniuge superstite, ai parenti ed, infine, ai suoi eredi.
Il diritto del coniuge rimasto in vita a traslare la salma del coniuge defunto dal luogo di sepoltura ad altro sepolcro, che è limitato solo da diversa volontà del defunto, non è in contrasto con la pietas verso i defunti, perché la coscienza collettiva cui tale sentimento fa riferimento, non recepisce negativamente, nè disapprova la traslazione dei resti mortali per un seppellimento ritenuto ragionevolmente più idoneo e conveniente da detto coniuge superstite e dagli altri aventi diritto. (Corte di Cassazione, sez. 2^ civile, sent. n.9168 dell’11 dicembre 1987)
Secondo tale lettura ermeneutica, il titolare dello jus eligendi sepulchrum può altresì chiedere l’autorizzazione al trasferimento in altro luogo della salma nonostante la opposizione degli altri parenti, purché la nuova scelta sia sorretta da gravi ragioni e da adeguata motivazione, (cfr. Trib. Catania, 12/12/1982 in Giur. di Merito, 1984, 858; Cass. civ., sez. I, 27/01/1986, n.519 in Mass. Giur. It., 1986).
“In accoglimento del ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. proposto dall’erede testamentario (non parente), che assuma di agire per eseguire la volontà manifestata in vita dal defunto, nei confronti dei parenti, il pretore può ordinare che in attesa della definizione del giudizio di merito la salma sia tumulata nel cimiterodel luogo ove egli visse e morì. (Pretura di Firenze, ordin.29 novembre 1977)”.
Non solo: al di là della fattispecie concreta, generalmente la situazione giuridica de qua è inquadrata sistematicamente nell’ambito dei diritti soggettivi perfetti e non nel contesto degli interessi legittimi, (cd. ius sepulchri, ossia il diritto a essere tumulato nel sepolcro).
Inoltre, quanto all’addentellato normativo, l’art. 88 esplicitamente recita che “il sindaco può autorizzare, dopo qualsiasi periodo di tempo ed in qualunque mese dell’anno, l’estumulazione di feretri destinati ad essere trasportati in altra sede a condizione che, aperto il tumulo, il coordinatore sanitario constati la perfetta tenuta del feretro e dichiari che il suo trasferimento in altra sede può farsi senza alcun pregiudizio per la salute pubblica”.
Bisogna notare la riduzione di ogni discrezionalità nella funzione atribuita all’ASL, ma anche una traslazione della competenza dall’Autorità Amministrativa a quella tecnico-sanitaria la qiale si pone in posizione strumentale rispetto alla potestà autorizzativa del Comune.
Da questa ripartizione di ruoli l’autorizzazione all’estumulazione si riduce a mero atto di gestione a contenuto vincolato e scevro da ogni reale potere di valutazione o giudizio ed in quanto tale mon rigettabile.
Secondo un’interpretazione più “politica” dove a rilevare maggiormente sarebbe la preminenza del potere amministrativo il comune la formulazione dell’Art. 88 si configurerebbe, invece, quale norma a presidio degli interessi della collettività attraverso la mediazione del Sindaco, il quale “può autorizzare”, in senso positivo, e, a contrario, “non autorizzare” ma, sembrerebbe, limitatamente agli stessi motivi addotti dalla disposizione normativa, ovvero circostanze igienico – sanitarie afferenti al feretro.
Per ragioni di completezza, è opportuno precisare come, invece,non sorgano problemi analoghi, invece, nelle ipotesi di pratica funeraria della cremazione ovvero di dispersione delle ceneri, disciplinate dalla Legge n. 130 del 30 Marzo 2001, (laddove attuabile attraverso apposita normativa regionale) poiché non ha luogo l’evento materiale della tumulazione, mentre nello spirito del DPR 285 ed ancor più dell’Art. 343 Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265 le urne debbono esser racchiuse in una nicchia, capace di proteggerle da atti sacrileghi garantendo loro stabile e certa destinazione. L’unica vera novità rinvenibile nel corpus normativo del DPR 285/1990 è rappresentata dall’Art. 80 comma 6 dove si prevede la dispersione in cinerario comune su istanza del de cuius oppure per inerzia e disinteresse degli aventi titolo.
Lo sversamento in natura delle ceneri, proprio perché smaterializza la presenza fisica della spoglia mortale (prima incinerata, poi dispersa in natura, così da non esser più riconducibile ad un “unicum”), confligge pesantemente con il diritto alla memoria da parte dei superstiti ravvivato dal culto della tomba celebrato anche dalla letteratura con il carme foscoliano de “I Sepolcri”.
Se facoltativa è la cremazione a maggior ragione ulteriormente di sola eleggibilità da parte del defunto è ritenuta la dispersione delle ceneri, come prevista dalla novella (Legge130 del 2001), che deve essere autorizzata solo dal de cuius senza possibilità di surroga da parte dei congiunti in dividuati con il criterio di poziorità enunciato dall’Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285, (con rinvio agli Artt. 74, 75, 76, 77 del Codice Civile i gradi di parentela)
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tempo fa recandomi al Cimitero di M…. (Lombardia), ho visto che il loculo di mia Madre era stato vuotato. Tempo dopo, avendo avuto informazione da parte di un’agenzia funebre, ho scoperto che era stata traslata la salma su richiesta di mia sorella e della figlia nel cimitero di V….. (Lombardia), nella tomba di loro famigliari, senza che io sia stato informato e avvisato di questa operazione fatta.
Spero di ricevere una sua indicazione se sia il caso di agire in qualche modo se ne vale la pena e cosa comporterebbe, per eventualmente riportarla a M.
X Donald,
Bisognerebbe (ma non è questa la sede più propria) esaminare preventivamente alcuni istituti giuridici tipici della polizia mortuaria, come ad esempio: la traslazione stessa, il procedimento di autorizzazione con acquisizione della volontà da parte di tutti gli aventi diritto, l’eventuale inammissibilità/improcedibilità della relativa istanza per eventuale vizio/carenza della volontà. Non è banale: crediamo che Lei, in tutta onestà, abbia ottime ragioni da far valere, in opposizione all’avvenuto trasferimento del feretro da un cimitero ad un altro ed a Sua insaputa. In secondo luogo sarebbe necessario appurare il possibile margine di discrezionalità applicabile al caso in esame (autorizzazione a contenuto solo vincolato?). Vi sono, poi, uffici di polizia mortuaria che adottano diverse modulistiche, da cui far emergere l’esercizio di un diritto di disposizione sulle spoglie mortali, si spera legittimo, e per questioni di semplificazione burocratica è ritenuta sufficiente la firma materiale anche di un solo avente titolo ad esprimersi, il quale dichiara solennemente in nome e per conto di tutti, fatto salvo il frangente di cui all’art. 76 D.P.R. n. 445/2000, con rinvio alla norma PENALE corrispondente. Vari sono i rimedi previsti dalla Legge: si trascorre dalla causa in sede civile (con tutta l’alea ed i costi elevati che un giudizio pur sempre comporta) soluzione, per altro sempre esperibile, al ricorso presso lo stesso Comune, perchè quest’ultimo si attivi in auto-tutela e riconosca il problema “a monte” della mancanza di volontà. Valuti pur Lei – liberamente – queste poche, ma essenziali informazioni. Lei consiglio, sempre se interessato, di acquistare (sì, a titolo oneroso) una risposta completa e personalizzata al Suo quesito, il costo – se paragonato alle spese legali di base per adire il Giudice, è MOLTO competitivo. L’apertura di una pratica a Suo Nome, presso questa Redazione, Le permetterà di sicuro un’analisi più puntuale e precisa sulla situazione rappresentata. Poichè pare esser Sua intenzione non fare acquiescenza, ossia accettare lo stato di fatto, ma al contrario combattere per il Suo “jus sepulchri”, capirà bene come anche noi non possiamo fornirLe tutte le indicazioni indispensabili, per difendesi da un’ingiustizia subita. Le consulenze redatte da parte di un team di professionisti hanno pur sempre un costo, ma si possono rivelare strumenti molto utili, anche perchè non tutti gli Avvocati praticano abitualmente il diritto funerario, ed una fase istruttoria di raccolta documentazione sarebbe indispensabile, quale sia la Sua scelta Rimaniamo sempre a disposizione per ulteriori chiarimenti e delucidazioni.
vorrei informazioni su una estumulazione straordinaria per mia madre che e’ morta nel 2017 ( 5 anni) e si trova in una cappella di famiglia.-
ho comprato un nuovo loculo e vorrei traslare la sua salma in questo nuovo loculo che si trova nello stesso cimitero. Poiche’ devono trascorrere 20 anni, chi mi deve autorizzare prima? qual’e’ l’iter?
X Ranieri,
Autorizza come sempre il Comune competente per territorio, nella persona del dirigente o di chi ne assolva le funzioni ex art. 107 comma 3 lett. f) D.Lgs N. 267/2000. Tra l’altro se il cimitero sede dell’operazione è lo stesso di nuova destinazione non occorre nemmeno il decreto di trasporto, bastando la semplice registrazione di variazione sugli appositi libri cimiteriali.
Tutti i passaggi tecnico-amministrativi necessari sono accuratamente sviluppati e scrutinati a questa pagina, cui si rinvia:
https://www.funerali.org/cimiteri/la-traslazione-nellordinamento-italiano-di-polizia-mortuaria-648.html
Ex art. 88 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria per traslare semplicemente un feretro, purchè integro, non si deve attendere il lasso temporale di 20 anni, previsto, invece, come periodo legale di sepoltura in tumulo stagno, per altre fattispecie (resti mortali) di interesse medico-legale.
Non ho visto mio padre deceduto ho visto solo la cassa chiusa ho un dubbio sul identità del defunto cioè mio padre cosa posso fare x verificare la identità del defunto
X Francesco,
necessariamente prima della chiusura/sigillatura del feretro, quando appunto si appongono il/ùi coperchio/i l’addetto al trasporto deve verificare sotto sua responsabilità e quindi attestare:
1) l’identità del de cuius in primis, attraverso riconoscimento diretto, confronto con documento di identità testimoni…)
2) poi l’esecuzione a regola d’arte del confezionamento bara.
Questo verbale di garanzia (da molti sottovalutato, ma di importanza strategica) è conservato agli atti in cimitero, assieme agli altri titoli di sepoltura.
Se si riuscisse a rintracciarlo in tempi rapidi si potrebbe tranquillamente risalire a chi lo abbia compilato tra gli addetti dell’impresa funebre. Su questo fantomatico modulo del c.d. controllo necroscopico di conformità feretro, girano tra Comuni e Regioni le più svariate e fantasiose tipologie di modulistica o fac-simili già predisposti dagli uffici pubblici. Inutile dilungarsi nel calcolo delle probabilità, se non si ha accesso agli atti.
Buongiorno, la Parrocchia di cui sono titolare è proprietaria di un antico cimitero presso la vecchia Pieve del Paese. Il Comune adducendo che il sito è appunto proprietà privata non provvede a manutenzione alcuna. La Parrocchia da tempo non concede più inumazioni, con il proposito dell’estinzione del sito. Chiedo: come deve procedere la proprietà per l’esumazione delle salme presenti nel terreno e la collocazione dei resti nell’ossario presente all’interno della chiesa plebanale? Ringrazio di cuore della risposta.
X Don Alberto,
il cimitero de quo è un sepolcreto “particolare”, ossia privato a fronte di una generale demanialità del camposanto sancita dal Cod. Civile, ex plurimis. I cimiteri privati soggiacciono alle stesse regole previste per quelli pubblici, si vedano allora tutte le disposizioni dedicate alla “Soppressione dei Cimiteri”, nel reg. naz. polizia mortuaria D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 che transitivamente valgono anche per il vostro caso, invero del tutto insolito. Lo smantellamento di un cimitero ancora in funzione comporta una procedura aggravata, poichè incide sull’assetto urbanistico del territorio e soprattutto sottopone il cambio di destinazione di uso dell’area prima adibita ad campo d’inumazione, a vincoli piuttosto stringenti, con un lungo percorso di transizione dallo specifico “uso cimitero” ad un ipotetico ed estremo “uso parcheggio”. Le Leggi e le res in campo funebre, non erano forse consacrate agli Dei Mani, (almeno all’epoca del mio liceo classico era così…). Si rinvia alla normativa citata, per un quesito più approfondito potete sempre contare su questo servizio, ma on demand, acquisendo a titolo oneroso una risposta – in medias res – più specifica e dettagliata, anche per eventuale consulenza amministrativa che dovesse rendersi opportuna., prima di intraprendere un iter burocratico alquanto complesso da padroneggiare (almeno per chi Le scrive è così). Rimango a disposizione, così come la redazione tutta.
Nostro figlio era sposato con una brasiliana,deceduto dopo 3 anni di matrimonio la moglie si accompagna con altra persona ed a un figlio con questi, dopo 10 anni di convivenza si risepara ,non si è mai curata della tomba del marito (nostro figlio) ora noi genitori vorremmo riesumarlo e cremarlo ,per poi detenere in casa i resti mortali. possiamo farlo ? oppure dobbiamo chiedere l’autorizzazione a quella che fu per lui la moglie ?
Grazie delle delucidazioni in merito. Enrico e Anna
X Enrico ed Anna,
rapporti personali a parte, magari poco idilliaci, è, e rimane il coniuge superstite il primo ed unico soggetto ad esercitare in via esclusiva, il diritto di disposizione sulla spoglia mortale di Vostro figlio. Occorre, pertanto la sua firma sulle rispettive istanze di disseppellimento e cremazione.
Grazie della puntuale risposta sul quesito posto. Enrico e Anna