Riporto, qui di seguito un fatto realmente accaduto, seguito in prima persona dalla Redazione di www.funerali.org, cui provo a fornire una possibile interpretazione giuridica.
Quesito:
Cara Redazione, mio Padre, ora deceduto, subentra jure haereditatis per la quota di 1/6 nella titolarità dello Jus Sepulchi su di una preziosa cappella gentilizia, a concessione perpetua, sita nel cimitero di un’importante città emiliana; fingendosi, poi, unico intestatario della stessa e parente dei defunti ivi tumulati richiede, nell’anno 1982, l’estumulazione degli stessi al fine di liberare posti salma (i resti rinvenuti sono destinati al campo indecomposti o all’ossario comune) poi “inspiegabilmente” retrocede tutta la concessione al comune, così da divenirne dietro nuova assegnazione, unico concessionario ed attua, in questo modo, a proprio ed esclusivo vantaggio, una novazione del rapporto concessorio, non una semplice voltura. Tutto ciò è legale?
Risposta:
la regolazione degli effetti, in termini di “subentro” nella concessione, con relativo “spacchettamento” dello jus sepulchri (rectius: ripartizione in quote dello stesso) conseguenti al decesso del concessionario (fondatore del sepolcro) e’ regolata unicamente dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, cui deve sempre farsi necessario rinvio (anche se, a volte, vi sino Regolamenti comunali che nulla dicano in proposito ..), se i diversi discedenti del concessionario hanno rinunciato al diritto di sepoltura, rimanendo un unico discendente titolare della concessione, i rinunciandi, e loro aventi causa, non hanno ulteriori titoli.
Si ritiene del tutto improprio che, oggi giorno, il Regolamento comunale di polizia mortuaria disciplini la fattispecie dell’ereditabilità di un sepolcro, se non altro per il fatto che l’art. 71, commi 2 e ss. R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, è abrogato, con effetto solo ….. dal 10 febbraio 1976, quando, cioè entro in vigore il DPR n. 803/1975 Tra l’altro, quando tale disposizione vigeva, l’art. 71, comma 3 R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880 prevedeva come: “… La cessione o trasmissione lascia inalterati gli obblighi imposti dal comune all’originario titolare della concessione. …. “
Ammettendosi, ora, la trasformazione di un sepolcro da gentilizio (cioè, di famiglia) ad ereditario (aspetto sui cui si entra di seguito), il rapporto di concessione, se si sia perfezionato continua alle medesime condizionio di diritto originarie, mutandosi unicamente la figura del concessionario. Tuttavia, se la concessione è sorta, come mi par di intendere, anche dal regime di perpetuità cui è sottosposta, sotto l’imperio di una precedente disciplina si può ancora ragionare di eredità sul sepolcro…dopo tutto tempus regit actum, anchè perchè, essendo lo jus sepulchri un diritto non già patrimoniale, ma della personalità, legato a vincoli di sangue e, dunque, parentela, alla morte del fondatore (concessionario primo) dovrebbero succedere nella titolarità della concessione i suoi discendenti.
Per quanto riguarda l’eventuale trasformazione del sepolcro da gentilizio in ereditario, va ricordato come questa avvenga quando la famiglia del concessionario (quale individuata, a tale fine, dal Regolamento comunale di polizuia mortuaria) venga ad estinguersi (Corte di Cassazione, sez. 1^ civ. sent. n. 1672 del 16 febbraio 1988; Sez. 2^ civ., sent. n. 5015 del 29 maggioo 1990; Sez. 2^ civ., sent. n. 112957 del 29 settembre 2000; Sez. 2^ Civ. sent. n. 1789 del 29 gennaio 2007, tra le altre).
Ad ogni modo sia che lo status della tomba permanga quale sepolcro di famiglia o si trasformi in ereditario, deve escludersi la possibilità di estumulazione di feretri tumulati, salvo che nel caso di cui all’art. 88 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, stante l’espressa previsione in tal senso presente nell’art. 86, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Un’eventuale stumulazione richiesta in applicazione dell’art. 88 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 dovrebbe essere richiesta dai soggetti che hanno titolo di disporre delle spoglie mortali, cioè, al solito, dal coniuge o, in mancanza di questi, dai parenti nel grado più prossimo ed, in caso di pluralità di parenti nel grado più prossimo, da tutti questi.
Ammettendosi la trasformazione del sepolcro da gentilizio in ereditario chi subenti, in quanto erede, assume la qualità di concessionario, anche ai fini dell’art. 93, comma 1 dPR 10 settembre 1990, n. 285 (ammesso che vi siano posti disponibili). Secondo altra parte della dottrina, invece, il subentro jure haereditatis, mancando lo jus sanguinis, come elemento fondativo si limiterebbe all’assunzione dei soli oneri manutentivi, senza intaccare o, comunque, alterare la riserva di cui all’Art. 93 comma 1 II periodo DPR n. 285/1990.
Un eventuale testamento, infatti, non potrebbe individuare le persone aventi titolo alla tumulazione, in quanto per questo opera la riserva dell’appena citato art. 93, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285, ma potrebbe individuare l’erede che, separatamente, potrebbe assuumere, in quanto, appunto, erede, la qualità di concessionario se e quando il sepolcro si trasformi da gentilizio in ereditario.
Quando si parli di trasformazione del sepolcro di famiglia (detto, anche, gentilizio) in ereditario, deve tenersi presente come la qualità di erede non derivi solo da testamento, ma anche da successione legittima. Ne consegue che, a seguito del decesso delle persone attualmente concessionarie (che si presume sianmo subentrate al concessionario/fondatore del sepolcro nei modi e forme stabiliti per un tale subentro dal regolamento comunale di polizia mortuaria, “fonte” spesso silente, ipotesi nella quale si deve considerare quale concessionario ancora il fondatore del sepolcro, mentre coniuge e discendenti sarebbero solo persone aventi diritto di sepoltura e, quindi, sprovvisti della qualità/titolarita’ a disporre per testamento, quanto meno per quanto rigaurdi il sepolcro, proprio per il fatto di non essere a loro volta concessionari) e se non vi sia testamento (da parte dell’ultimo concessionario in vita), se il sepolcro si trasformi da gentilizio ad ereditario, dovrà farsi riferimento alle persone che siano eredi dell’ultimo concessionario, secondo le regole proprie della successione legittima.
Nel comportamento di Suo padre si ravvisano due fattispecie di reato: falso privato in atto pubblico e violazione di sepolcro, entrambe, però, non più perseguibili per il decorso dei termini di prescrizione (il fatto risale a più di 30 anni fa) e, se non ho inteso male, per la sopraggiunta morte del reo (o presunto tale), in quanto la responsabilità penale, per la legge italiana, è strettamente personale.
il caso da Lei prospettato è abbastanza atipico, mi limito, pertanto, senza conoscere nel dettaglio il regolamento comunale di polizia mortuaria della Sua città e, soprattutto le clausole inserite nell’atto di concessione (o nella convenzione che sovente lo accompagna) ad alcune considerazioni di ordine generale. In buona sostanza le questioni sono due:
estumulazione “sine titulo” (= illegale) in quanto priva del titolo di legittimazione jure sanguinis (consenso di tutti gli aventi diritto, secondo criterio di poziorità) a pronunciarsi formalizzato al comune) volta a recuperar spazio, in termine di loculi, in una sepoltura privata e gentilizia a concessione perpetua
cambio di titolarità di una porzione dell’edificio sepolcrale con conseguente novazione del rapporto concessorio (estinzione di quello precedente affinchè se ne instauri uno nuovo secondo differenti regole: una su tutte la durata a tempo determinato invece della precedente perpetuità.
Con ogni probabilità Suo Padre, con abile manovra (bisogna pur ammettere una certa scaltrezza in tutta questa azione), ha agito così, rinunciando, però, alla condizione di maggior favore della perpetuità della concessione, per almeno due ordini di ragioni. La prima è facilmente intuibile: estromettere gli altri contitolari dallo jus sepulchri precedentemente acquisito jure haereditatis, sottraendo loro la disponibilità di uso di otto preziosi loculi “eterni”, la seconda, più subdola e sottile, è una diretta conseguenza di quest’ultima, ossia modificare unilateralmente la cosiddetta “riserva”, specificata nell’atto di concessione, cioè il novero delle persone riservatarie dello jus sepulchri, poichè il sepolcro privato e gentilizio, se non per espressa volontà del fondatore, nasce sibi familiaeque suae, quindi per sè e per la propria famiglia, su quest’aspetto almeno v’è un orientamento costante della più autorevole giurisprudenza. Vale a dire che Suo padre, ponendo in essere un nuovo rapporto concessorio ancorché sullo stesso sacello funerario, ha sottratto lo jus sepulchri ai vecchi riservatari, così da conferirlo esclusivamente a sé ed al proprio nucleo famigliare, nel quale bisogna pienamente considerare anche Lei, quale figlia. Lei, quindi, non vedrebbe comunque, compromesso il Suo diritto di sepolcro.
La nuova concessione risalente al 1982 è palesemente viziata per i motivi di cui sopra, il comune, pertanto, nella persona del Dirigente o di chi ne assolva le funzioni, non può esimersi dal’adottare un atto dichiarativo della decadenza dalla concessione (o, se si voglia, di annullamento della concessione per difetto dei presupposti per porla in essere), nonché a procedere a quanto stabilito dall’art. 331 CPP (ricordando che l’omissione, o il ritardo,determinerebbe, a carico del soggetto obbligato, la fattispecie di cui all’art. 361 CP)., in relazione, quanto meno, all’art. 485, quando non sussista la fattispecie dell’art. 495, 1 CP.
Gli otto loculi di cui sopra rientreranno nella piena disponibilità del comune e, quest’ultimo, in base alle procedure stabilite dal proprio regolamento, provvederà a riassegnarli, in via amministrativa, se non si vuole rischiosamente adire l’Autorità Giudiziaria, la pronuncia della decadenza mi pare l’unico rimedio possibile.