Art. 74 DPR 285/1990: madre e neonato

untitledPremessa: L’articolo 74 del D.P.R. n. 285, dispone che possano essere sepolti in una stessa fossa soltanto madre e neonato, morti in concomitanza del parto. La ratio di tale disposizione é da individuarsi nel fatto che, a causa della diversità di dimensione dei due corpi, anche in seguito alla mineralizzazione, essi non possono essere confusi. Se a ciò si aggiunge che ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del D.P.R. citato, le ossa umane e gli altri resti mortali assimilabili debbono in ogni caso essere raccolti in cassetta di zinco, recante il nome e cognome del defunto, oppure nel caso non sia possibile l’identificazione del defunto cui appartengono, la cassetta dovrà recare l’indicazione del luogo e della data in cui sono stati rinvenuti, appare evidente l’intenzione di conservare l’identità e l’individualità dei resti mortali anche in un momento successivo alla sepoltura, cosa che risulterebbe estremamente complessa in caso di cassetta resti non individuale.

Nella fattispecie, il suddetto art. 74, in caso di commorienza tra neonato e puerpera, derogando alle disposizioni generali sull’inumazione, prevede per i due corpi la possibilità di esser deposti nella stessa cassa, oppure sepolti, con due casse diverse, nella stessa fossa.

Madre e figlio deceduti in concomitanza del parto possono esser composti nella stessa cassa anche in caso di tumulazione? Per analogia, allora, il criterio di madre e figlio incassati nel medesimo cofano si applica anche al regime normativo della sepoltura in cella muraria?

No, nol modo più assoluto!

Madre e figlio morti al momento del parto non possono essere collocate nello stesso feretro da tumulazione. Attualmente il DPR 285/1990 è chiaro nel consentire questa pratica solo per inumazione.

Le loro spoglie, invece, possono essere collocate insieme nello stesso tumulo solo nel caso di 2 urne, oppure di 1 feretro più un’urna.

Tale possibilità è stabilita dal paragrafo 13.3 della circolare n. 24 del 24/6/1993 del Ministero della Sanità.

Lo stesso loculo, quindi, non può accogliere due bare, a prescindere dalle loro effettive dimensioni. (Per il feretro di un neonato si avrebbe un ingombro molto simile a quello di una cassettina ossario, quindi non ci sarebbero problemi di spazio).

E’difficile, però, comprendere la logica che ha ispirato il legislatore nella stesura del art. 74 DPR. 285/90. Perchè mai madre e figlio deceduti in concomitanza del parto possono esser sepolti: Nella stessa fossa (ma in due diverse e distinte bare) Nella stessa cassa solo in caso d’inumazione?

Il senso più profondo e “romantico” di quest’istituto normativo, di cui all’art 74 del DPR 285/90, dovrebbe esser l’ inscindibile intimità e comunione “materiale” tra il corpo della madre e quello del bimbo appena nato.

Non dimentichiamo, poi, come tra i valori “costituzionali” del DPR 285/1990 ci sia pur sempre il sentimento di pietà verso i defunti.

Chi vi scrive continua, pertanto, ad ignorare il senso logico di un discrimen “affettivo” tra tumulazione ed inumazione.

Alla fine, come recita un celebre brocardo il cuore ha ragioni che la dea ragione non può sempre intendere, tuttavia nel nostro ordinamento vige questo principio: “Ubi lex voluit, lex dixit”: ossia il diritto positivo, cui tutti dobbiamo attenerci, e solo quello posto espressamente dal legislatore e formalizzato nelle disposizioni dei testi legislativi.

Se ci diffondiamo in un’analisi storica sull’evoluzione normativa della polizia mortuaria il DPR 285/1990 tradisce un certo ritardo culturale siccome considera l’inumazione in cimitero, ex Art. 337 Regio Decreto n.1265/1934 come naturale tecnica di smaltimento per i cadaveri, tale prestazione “sociale” ex Art. 12 comma 4 Legge Legge 29.10.1987, n. 440 era addirittura gratuita prima dell’avvento dell’Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26.

Lo stesso Legislatore, però, con il paragrafo 10 della Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24 sembra, implicitamente, prender atto del problema quando egli stesso ammette come la richiesta di inumazioni, rispetto agli standards di inizio XX secolo, si sia fortemente compressa a favore della tumulazione, pratica funebre che si impone quale costume di massa invece di rimanere quella forma di sepoltura elitaria e residuale contemplata dal Regio Decreto 1265/1934 (Artt. 340 e 341) ed, a cascata di tutti i regolamenti nazionali di polizia mortuaria succedutisi in epoca post-unitaria sino all’attuale DPR 10 settembre 1990 n. 285.

La Lombardia, però, con l’Art. 16 comma 2 del proprio regolamento regionale 9 novembre 2004 n. 6 è intervenuta a parziale correzione di quest’assimmetria consentendo la collocazione dei corpi di madre e neonato nella medesima cassa da tumulazione, mentre permane il divieto di murare due bare distinte nello stesso tumulo.

E’da notare come questa limitazione permanga anche in Lombardia dove per effetto dellArt. 16 comma 2 Reg. Reg. 9 novembre 2004 n. 6 nello stesso avello, anche in presenza di un feretro possa esser sepolto addirittura un contenitore per esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo, quindi un cofano dagli ingombri simili ad una normale bara per soggetto adulto.

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Carlo Ballotta

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