Art. 36 D.P.R. n. 285/1990, ossa e zinco: una piccola incoerenza?

Il paragrafo 6 della Circ. Min. Salute 31 luglio 1998 n. 10 apre uno spettro di problemi e possibili soluzioni – molto concrete, per altro – davvero significativo.
Ad esempio: per la calcinazione, ossia la riduzione in cenere, le ossa, purché non richieste per una destinazione individuale, privata e dedicata, possono esser trasportate in forma massiva ed anonima, fuori del recinto cimiteriale, ed in direzione dell’impianto crematorio, in semplici contenitori lignei, cartacei o di altro materiale “ecologico” purché siano sempre facilmente combustibili e sublimabili, almeno per consolidata prassi operativa.
I recipienti, durante il tragitto, naturalmente il trasporto deve esser autorizzato nei modi canonici, debbono esser comunque sigillati, magari non proprio a tenuta stagna, in effetti, non per evitare percolazioni di liquami o perfusione di miasmi, ma solo per impedire eventuale trafugamento o sottrazione dell’ossame umano, per scopi non ammessi dalla legge (art. 43 commi 3 e 4 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285).
Lo zinco, usualmente, nella parte della legislazione più tecnica della polizia mortuaria, si rende necessario in presenza di parti organiche molli, ossia di tessuti che abbiano mantenuto la loro componente acque e siano, di conseguenza, ancora soggetti ai processi putrefattivi che producono i liquami cadaverici.

Per quale ragione, allora, il D.P.R. n. 285 del 1990 stabilisce che le ossa risultanti dalle operazioni cimiteriali di esumazione ed estumulazione, in caso sia stata richiesta dagli aventi titolo a disporne la loro riduzione, e conseguente tumulazione in celletta ossario o altro tumulo, debbano esser riposte in una cassetta zincata dallo stesso spessore delle vasche metalliche, con relativi coperchi richieste per la tumulazione ex art. 30 e 77 comma 1 D.P.R. citato.

Nel confezionamento di un feretro destinato a sepoltura in loculo, ad esempio, lo spessore minimo imposto dalla legge è una garanzia di tenuta della cassa alle violente flessioni della lamiera originate dalla sovrappressione dei gas sprigionati dal cadavere e soprattutto dai fenomeni corrosivi.
La stessa consistenza della lamiera, poi, dovrebbe contrastare l’azione erosiva dei liquidi cadaverici che si depositano sul fondo della cassa, a diretto contatto con la superficie di nastro metallico.

Questi criteri però non dovrebbero valere per gli… “ossarini”.
La legge, difatti, per gli ossari comuni impone una sola regola fondamentale: il loro contenuto (le ossa, ivi sparse) non deve esser visibile né accessibile al pubblico che frequenta lo spazio cimiteriale, mentre non si parla mai di dispositivi volti a garantire la perfetta ermeticità, come accade, appunto per i manufatti di zinco o la tamponatura dei loculi.
Spesso l’ossario comune è un pozzo, raggiungibile attraverso un’apertura sbarrata solo da una pietra o un imponente coperchio di cemento, senza obbligo alcuno di garantire l’impermeabilità della camera sotterranea.

Ricapitolando, quindi, le ossa umane, nella loro permanenza in cimitero, seguono un doppio percorso:
* Se sono richieste dai famigliari del de cuius, vengono deposte prima in una cassetta di lamiera zincata da chiudere tramite sigillatura a fuoco (o con altro metodo equivalente) e, successivamente, tumulate in una piccola nicchia muraria, in una cappella gentilizia, in un loculo.
* Se i famigliari non ne chiedono la riduzione in cassetta ossario, sono semplicemente destinate all’ossario comune, senza alcun vincolo igienico sanitario, come appunto la presenza dello zinco.

Se nelle cassettine ossario di zinco la chiusura serve solo ad assicurare le ossa contro possibili furti la saldatura come deve esser eseguita?
Il regolamento di polizia mortuaria, quando parla di chiusura degli zinchi, si riferisce esplicitamente solo alla chiusura delle casse zincate che racchiudono un cadavere, la saldatura, quindi, deve esser continua ed estesa lungo tutta la zona di contatto perimetrale tra vasca e coperchio, per isolare in modo totale dall’ambiente esterno la salma ed opporsi efficacemente alla perfusione dei gas (i liquidi, invece, per forza di gravità si concentrano verso il basso).
Per analogia, allora, lo stesso requisito dovrebbe valere anche per gli ossarini, dove, al contrario, non è presente materiale putrefattivo, oppure basterebbe saldare le sole estremità del coperchio alla scatola metallica?

Qual è la ragione di queste difformità regolamentari?
Siamo dinnanzi ad uno spunto di discussione, forse anche un po’ accademica, di grande interesse, che non dimenticheremo di approfondire nei prossimi mesi.

Written by:

Carlo Ballotta

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