Architettura e urbanistica cimiteriale in seminario

Da millenni in quasi ogni parte del mondo – e certamente nel nostro paese – l’architettura di qualità ha dedicato alle esigenze e ai problemi della “città dei morti” un’attenzione almeno pari a quella per le “città dei vivi”. Spesso con risultati altrettanto importanti e duraturi: dai sepolcri etruschi di Tarquinia e Cerveteri alla “tomba Brion” di Carlo Scarpa nel piccolo centro veneto di Altivole.

Nel tempo l’architettura e la “urbanistica cimiteriale” – la scienza che si occupa piuttosto della identificazione e definizione degli spazi destinati alle sepolture nell’ambito del tessuto urbano – hanno accompagnato e seguito l’evoluzione delle comunità, dal punto di vista socio-economico, culturale, religioso, politico, antropologico, persino tecnico-scientifico.
Del resto è un terreno in cui da sempre simbolico e concreto, sensibilità e potenzialità, presente e futuro cercano una sintesi efficace.
Ci sono momenti storici in cui questi percorsi evolutivi hanno brusche accelerate.
Fu così più di duecento anni fa, quando l’editto di Saint Cloud sospinse i cimiteri ai margini dei centri urbani, ma al tempo stesso cercò di farne uno “spazio civico condiviso” per tutti gli strati sociali, ed è stato così alla metà del secolo scorso, quanto gli accelerati e tumultuosi processi di inurbamento imposero i moduli costruttivi dell’edilizia intensiva per le “dimore dei morti” come per le case dei vivi, mentre per altri versi i cimiteri storici ottocenteschi tornavano ad essere inglobati nel tessuto urbano.

Oggi è dinanzi a noi – anzi, è già in atto – una svolta di pari forza.
Vi concorrono molti elementi: la pratica della cremazione, sempre più diffusa e ormai maggioritaria in larghe parti del paese, che minimizza evidentemente le esigenze di spazio e finisce per azzerare le preoccupazioni igienico-sanitarie che ispirarono la legislazione cimiteriale europea per due secoli; la complessità culturale della società contemporanea, con culture “altre” che entrano a pieno titolo nella convivenza urbana, un pluralismo religioso inedito per dimensione e qualità, sensibilità e convinzioni diverse che reclamano pari dignità nello spazio cimiteriale; la ricerca, propria della post modernità, di spazi e stili di vita differenziati, personalizzati e personalizzanti, antitetici alle tecniche e pratiche massificanti del ‘900.
Cambia probabilmente anche la “fruizione” degli spazi cimiteriali – forse in Italia con qualche ritardo rispetto ad altri paesi – dove si combinano le consuete pratiche di affetto familiare (in declino?) con una nuova attenzione alla valorizzazione storico-artistica e a momenti di “memoria condivisa” delle comunità cittadine o di segmenti socio-culturali. La fruizione turistica del patrimonio cimiteriale si “aggiunge” alla tradizionale fruizione affettivo-familiare, o la sostituisce? E l’impatto dei social media anche nel momento del ricordo e della memoria dei defunti – già importante in altri paesi europei, e in forte crescita in Italia – trasforma alla radice il rapporto tra cimitero e comunità, o semplicemente ne allarga i confini?

Come sempre è accaduto nella storia, esigenze e opportunità concorrono a sollecitare nuove risposte, sul piano architettonico (lo stile delle sepolture, gli spazi cimiteriali pensati per i defunti, ma ovviamente soprattutto per i vivi che li percorrono), sul piano urbanistico (la diffusione della cremazione può consentire il ritorno a piccoli “cimiteri di prossimità”?) e persino – con enormi interrogativi per le possibili conseguenze sociali e culturali – sul modello giuridico-ordinamentale (una Regione ha già legiferato per aprire le porte a “cimiteri di urne” a gestione privata; la Chiesa torna ad interrogarsi sull’opportunità di spazi propri per le sepolture). Infine, come sempre, occorre fare i conti con le risorse: l’evoluzione dei comportamenti e delle scelte personali e familiari ha un’incidenza immediata sui bilanci pubblici (dei Comuni, ad oggi unici responsabili dell’ultima dimora dei propri concittadini) e l’equilibrio costi-ricavi frana un po’ dovunque, imponendo la ricerca di nuove soluzioni, costruttive, ma anche gestionali.

Il confine tra il riconoscimento del pluralismo sociale e culturale e la separazione tra “tribù diverse” è sempre labile.
Comprenderlo e “governarlo” è forse la sfida più importante e difficile della contemporaneità, che sembra aspirare ad una nuova etica della convivenza e scivola troppo spesso nella contrapposizione aggressiva e sorda tra diversità irriducibili .
Questo è tanto più vero, forse drammatico, quando ci occupiamo di cimiteri e di sepolture, proprio per l’enorme carico simbolico che da sempre l’umanità connette a queste scelte. Per questo la mera razionalità sulla migliore gestione delle “spoglie mortali” non è mai stata sufficiente. Ad architetti e urbanisti, che da sempre sono necessariamente anche un po’ filosofi, antropologi, sociologi (ed economisti), spetta un compito enorme in questo difficile passaggio storico.

I CIMITERI NELLA CITTA’ – I CIMITERI COME CITTA’
una svolta culturale per la “città dei morti” pari a quella in atto nelle “città dei vivi”?

Seminario di studio e di ricerca promosso da SEFIT-UTILITALIA in collaborazione con la Fondazione MAXXI – Roma, 14 dicembre 2017, ore 15.00-19.00

One thought on “Architettura e urbanistica cimiteriale in seminario

  1. Di fondamentale importanza rivedere la normativa urbanistica sui cimiteri alla luce del progressivo incremento della cremazione e mi auguro della criocremazione. Va gradualmente rivisto il rapporto tra città e cimitero, mi auguro l’avvento vero dei cimiteri giardino, bosco, parco giochi, parco urbano ecc.

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