Il DPCM del 3 novembre scorso non ha esplicitamente menzionato, tra le varie prescrizioni, la gestione delle aperture di parchi, piazze e cimiteri, delegando sostanzialmente le autorità locali a prevedere eventuali misure più restrittive sul proprio territorio.
Questo ha originato, di conseguenza, situazioni diverse da Comune a Comune, da Regione a Regione.
Così a Varese è possibile recarsi al cimitero, ma solo nel proprio Comune di residenza.
A Vimodrone (MI) il Sindaco ha deciso, con propria ordinanza, di chiudere orti comunali e cimiteri, per coerenza con le normative nazionali ed a tutela e protezione soprattutto della popolazione anziana, che maggiormente frequenta tali luoghi.
A Savigliano (CN), tutti i cimiteri cittadini sono stati chiusi, mentre è ancora possibile la celebrazione di funerali e messe.
A Torino dove, in una giornata, si sono contati ben 86 funerali, anche i cimiteri risultano sottoposti ad un afflusso decisamente superiore rispetto alla media. Pur restando aperti, vengono anche qui sollecitate le massime cautele da parte dei visitatori, così come per i partecipanti alle cerimonie funebri, su protezione individuale e distanziamento.
In Calabria, definita dal DPCM fra le regioni rosse, in un primo momento molte amministrazioni locali – come Reggio Calabria – hanno ritenuto di procedere, tramite lo strumento delle ordinanze contingibili e urgenti, alla chiusura dei cimiteri comunali, fino al 3 dicembre prossimo, per scongiurare pericolosi assembramenti ed il rischio di contagi.
Successivamente, ad esempio nella stessa municipalità di Reggio Calabria, si è pervenuti alla revoca di tali ordinanze, procedendo alla riapertura dei cimiteri ed invitando i cittadini a tenere comportamenti responsabili, utilizzando i dispositivi di protezione individuale ed evitando ogni assembramento.
E la situazione si presenta ancora in continua e complessa evoluzione, visto il peggioramento della situazione epidemiologica. Dall’11 novembre cinque regioni sono passate dalla zona gialla a quella arancione – Abruzzo, Basilicata, Toscana, Liguria e Umbria – ed inoltre l’Istituto Superiore di Sanità ha confermato che tutte le regioni potrebbero rapidamente rientrare nel range di alto o moderato rischio, in rapporto all’attuale decorso della pandemia.