La revoca può essere un istituto validamente esperibile quando il vantaggio maggioritario della comunità possa richiedere un intervento di questo tipo – fortemente “invasivo” nella sfera del privato, da parte dei pubblici poteri, siccome anche la protezione delle opere di inte resse storico od artistico, spesso altamente presenti nei nostri cimiteri monumentali, rientra nel concetto più ampio di pub blico interesse, di cui costituisce una estrinsecazione.
Potrem mo asseverare, dunque, che l’esigenza primaria di preservare opere di interesse storico o artistico sia abbastanza facilmente definibi le, e rispetto ad essa possano individuarsi le azioni di salvaguardia e cura caso per caso necessarie, ma, così, non si può dire del pubbli co interesse in sé, in astratto, per la sua intrinseca connotazione più sfumata ed in qualche modo frutto di una scelta politica.
Ad una sua enucleazione non si può che pervenire se non con un processo di complessiva ponderazione, in cui si ponga a raffronto l’utilità particolare del singolo concessionario (= vedersi assicurato lo Jus Sepulchri quale portato ultimo del rapporto concessorio) con quello della intera collettività cittadina, con l’attento esame di tutti gli elementi e le circostanze che ne siano in giuoco, dopo tutto la politica, intesa in senso nobile, non è mai l’arte dell’esattezza e presenta, come ogni umana decisione, un alto margine di discrezionalità, non certo immune da errori o vizi.
Trattandosi di una libertà dell’ente concedente, il ricorso all’istituto della revoca della concessione deve essere motivato, regola per altro comune ad ogni provvedimento amministrati vo, non solo perché testualmente lo prescriva l’art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241, ma anche per elementari considerazioni, fors’anche più pragmatiche, di intelligenza amministrativa (concetto che, purtroppo si sta dileguando!) di garanzia degli interessi legittimi delle persone (concessionarie) nei cui confronti l’adozione del provvedimento di revoca potenzial mente viene a produrre gli effetti ablativi della concessione, cioè una diminuzione di diritti (ma, forse, questi sono solo mere aspettative proiettate nell’oscuro post mortem, almeno in taluni casi, non essendo lo Jus Sepulchri un diritto in sé assoluto, ma da relativizzare, ad esempio, ai sensi dell’Art. 93 comma 1 II Periodo D.P.R. 285/90) di cui siano titolari.
Tale azione di ri-equilibrio implica che l’avvio della procedura di revoca sia effettuato con un prudente apprezzamento delle diverse posizioni individuali, con una seria e fondata comprensione, in maniera sinottica, del dispiegarsi varie ragioni in campo, pur dominando, comunque quelle della comunità nel suo complesso.
Quindi, si dovranno impiegare tutti i mezzi idonei a difendere la posizione soggettiva dei concessionari da eventuali abusi dell’Autorità Locale, spaziando dalla comunicazione dell’avvio del procedimento, alla partecipazio ne allo svolgimento dello stesso ex L. n.241/1990, secondo principi di trasparenza, e quant’altro, perché solo assicurando una adeguata tutela ad essi, potranno sostenersi le reali motivazioni di pubbli co interesse che conducono al provvedimento di revoca, quale privativo della concessione, aspetti che non devono essere valu tati esclusivamente in termini asetticamente burocratici, ma risultano, al contrario, elementi strutturali per poter correttamente pervenire alla revoca, senza, ad esempio, strascichi giudiziari dinanzi al T.A.R, per altro, sempre in agguato, data l’endemica litigiosità non solo endo-famigliare, che spesso si scatena sui diritti di sepolcro.
La revoca della concessione non rientra nella categoria degli atti amministrativi generali per i quali non è prescritta la notifica individuale, vertendo essa su un provvedimento avente destinatari determinati. Nel diritto amministrativo applicabile alla polizia cimiteriale l’istituto della revoca si concretizza, allora, come un provvedimento di ablazione della con cessione, esso si configura, cioè, come il contenuto di un atto d’imperio, da parte di chi detenga la plenitudo potestatis (da non confondersi, mai con l’arbitrio o il capriccio sfrenato del potente di turno!), avente l’effetto di sottrarre a qualcuno il godimento di un diritto o l’esercizio di un interesse, che viene, quando ne sussistano le condizioni, posto in essere dall’Amministrazione Comunale.
Nel caso delle concessioni cimiteriali, l’Ente Locale, nella specie, non agisce tanto nella sua qualità di parte di un rapporto giuridico di concessione ad ogni modo para-contrattuale, poiché comunque asimmetrico e sbilanciato a favore del pubblico, quanto di Pubblica Autorità.
Fermo restando che la spettanza alla sottoscrizione finale degli atti (nella forma di una determina dirigenziale?) con cui si disponga solennemente la revoca di una concessione cimiteriale, sempre almeno dopo adeguata istruttoria per di più aggravata, è attinente alle funzioni ed ai compiti considerati dall’art. 107, comma 3 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif., competenze le quali non possono essere derogate se non per espressa previsione di legge (successivo comma 4).