Ancora sul reparto cimiteriale islamico a bergamo

Interessante lettera pubblicata su Bergamonews.it sulla questione del cimitero islamico:

Egregio Direttore,

mi permetto di inviare questa lettera per dare un piccolo contributo alla discussione che in queste ultime settimane si è accesa sul tema dell’apertura del cimitero islamico di Colognola. Premetto che non è mia intenzione entrare nel merito delle questioni amministrative o legali in corso, né tanto meno esprimere un giudizio politico sulla questione.

Da semplice cittadino, dopo aver letto tanti articoli e commenti, voglio esprimere una mia considerazione sul problema.

È “una questione di civiltà, umanità e giustizia” ha ribadito il sindaco Tentorio. Vi sono “i diritti in gioco” ha scritto il Vice Presidente Acli di Bergamo. Numerosi giornalisti parlando del funerale del piccolo Yasin (seppellito grazie ad una deroga del sindaco nel cimitero di Colognola) hanno titolato “Yasin, simbolo del dialogo”. I genitori del piccolo Yasin hanno detto che “si può vivere uniti e in pace anche se di religioni diverse” e poi ancora “è ora che ci si renda conto che questa è l’Italia e che l’amore vince su tutto, anche sugli scontri tra religioni e battaglie politiche”.

Sono frasi molto belle e toccanti queste che ho appena riportato, sono frasi che partono tutte da un presupposto: gli islamici non possono seppellire i propri cari in Italia e soprattutto a Bergamo. Commentando la presenza al funerale dell’Assessore ai servizi sociali, il Presidente della Comunità Islamica Bergamasca, a conferma di quanto sopra riportato, ha detto: “Per noi la convenzione non può aspettare. Ci vediamo costretti a portare le salme dei nostri morti nei paesi d’origine, ma si tratta di cittadini italiani, le cui famiglie vivono qui da anni”.

E se questo presupposto fosse falso? E se l’apertura di una sezione speciale del cimitero islamico in Colognola fosse un privilegio e non un diritto? Mi spiego meglio.

Tutti i cimiteri di Bergamo e d’Italia non sono cimiteri cattolici, sono cimiteri civici dove possono essere seppellite tutte le persone senza distinzione di origine, di cittadinanza e di religione. Pertanto in tutti i reparti del Cimitero Monumentale e degli altri due (Grumello e Colognola) i musulmani possono oggi, ma anche ieri essere tranquillamente seppelliti.

E quindi dove è il problema a Bergamo? È forse impedito a qualcuno che abbia una religione diversa dalla cattolica di seppellire i propri cari? Non mi risulta.

E allora come mai nasce questo equivoco? Come mai si fanno affermazioni tanto toccanti quanto fuorvianti? Per difendere una idea o un progetto, dico io, che è tutto il contrario dell’ideale di integrazione che gli stessi rappresentanti della comunità musulmana vogliono far credere.

Infatti la legge italiana dà facoltà e non obbligo ai Comuni di istituire all’interno dei cimiteri civici delle sezioni speciali per i non cattolici, forse nella convinzione che l’integrazione si può conseguire anche condividendo gli spazi all’interno dei cimiteri, senza creare particolari delimitazioni.

In ogni caso, tutte le regole del cimitero civico e sottolineo tutte, devono essere rispettate anche nelle sezioni speciali, in quanto parti integranti del cimitero stesso.

Il fatto che la Comunità Islamica di Bergamo, per esempio, abbia espressamente voluto e ottenuto un accesso con una porta distinta rispetto all’entrata utilizzata da tutti mi fa pensare che non ci sia una volontà di integrazione ma invece una volontà di distinzione e separazione rispetto alla nostra comunità. Le istituzioni devono quindi assecondare tale rivendicazioni ? E più in generale noi tutti intesi come comunità dobbiamo accettare, per paura di essere tacciati di razzismo, tale visione di “integrazione”?

Io penso di no, penso invece che le tematiche dell’integrazione debbano essere strettamente collegate al rispetto delle regole (che debbono valere per tutti ), al principio dell’equità e al principio che i fondamenti delle nostra cultura e del nostro “stare insieme” non possono essere derogati per i desideri di alcune minoranze.

R. Cadonati

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