Attingo sempre ad alta ed erudita dottrina (Dante Buson sulle pagine de: Lo Stato Civile Italiano) per affrontare, con un breve commento, l’eterno, efferato problema, per noi beccamorti gestori di impianti cimiteriali, della concessione di spazi sepolcrali ad enti religiosi, congreghe, confraternite… Spesso, infatti, questi pre-esistono all’assetto del nostro sistema funerario post-unitario.
Per enti ecclesiastici s’intendono gli enti di religione o di culto riconosciuti come persone giuridiche nell’ordinamento statale, per quelli di orientamento cattolico-romano si veda soprattutto la Legge n. 222/1985, di riordino complessivo della loro articolazione,, dopo la riforma, ottenuta con il Concordato c.d. Craxi-Casaroli, dei Patti Lateranensi.
Non più recentemente, ma nemmeno in epoche remote, il T.A.R. della Campania (Salerno, Sez. II, sentenza 16 febbraio 2015, n. 381.) ha scrutinato l’annoso problema di individuare i titolari del diritto di sepoltura nel caso di concessione cimiteriale rilasciata ad un ente ecclesiastico, ed in particolare ad una Parrocchia, vera e propria struttura periferica nell’organizzazione, sul territorio, di Santa Romana Chiesa.
Come è notorio, la vigente normativa quadro permette ai Comuni di concedere aree cimiteriali per l’impianto di sepolture private a sistema di tumulazione o inumazione.
Destinatari di questa facoltà sono i privati, intesi sia come persone fisiche sia come famiglie ed altri soggetti giuridicamente qualificabili come enti.
La disposizione paradigmatica è costituita dall’art. 90 del d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (recante l’approvazione del Regolamento Nazionale di polizia mortuaria), la quale al comma 1 stabilisce che ” il comune può concedere a privati e ad enti l’uso di aree per la costruzione di sepolture a sistema di tumulazione individuale “, aggiungendo al comma 2 che ” Nelle aree avute in concessione, i privati e gli enti possono impiantare, in luogo di sepolture a sistema di tumulazione, campi di inumazione “, purchè quest’ultimi siano dotati ciascuno di adeguato ossario.
Sia nella prima sia nella seconda fattispecie, i beneficiari del diritto di sepoltura possono essere i singoli (si pensi, ad esempio, al loculo monoposto) le famiglie e le collettività.
Rilevanza assume, poi, l’art. 93, comma 1, del richiamato d.P.R. n. 285/1990, ai sensi del quale ” il diritto di uso delle sepolture private (…) concesse ad enti è riservato alle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall’atto di concessione ” (In ogni caso il diritto di sepoltura si esercita fino al completamento della capienza fisica del sepolcro).
In base a tale normazione generale, i giudici amministrativi hanno, innanzitutto, confermato che la Parrocchia rientra tra gli enti considerati dalla citata disposizione.
Del resto, la genericità del termine ” ente ” conduce a contemplare, nell’ambito applicativo della norma, una molteplicità di soggetti, quali gli enti morali, le istituzioni, le fondazioni, le associazioni con o senza personalità giuridica (???), (Indipendentemente ed a prescindere dalla natura laica o confessionale dell’associazione), gli enti e le comunità religiose (congregazioni, confraternite).
In buona sostanza per ” ente ” deve intendersi qualsiasi forma associativa, o corpo morale (se vogliamo ricorrere ad una definizione molto aulica) che tra gli scopi statutari preveda anche la sepoltura comune dei propri aderenti, senza fini di lucro o di speculazione.
In secondo luogo, il T.A.R. della Campania, nell’individuazione degli aventi diritto alla sepoltura, ha accolto un’interpretazione estensiva e molto dilatata del dato normativo, rigettando l’assunto secondo la quale la sepoltura, essendo riservata unicamente ai soggetti annoverati nel rispettivo ordinamento, dovrebbe intendersi limitata (nell’ipotesi in questione) ai soggetti appartenenti al Clero e non ai privati cittadini residenti nel Comune, sia pur fedeli e convinti praticanti.
Il possibile beneficiario del diritto di uso della sepoltura privata, realizzata dal relativo ente esponenziale, quale è appunto la Parrocchia, va dunque individuato nella comunità parrocchiale, in quanto “collettività” contemplata dalla norma, in persona dei suoi singoli componenti. E ciò, indipendentemente da una loro accettazione o fattiva partecipazione all’ente concessionario, poiché nella fattispecie il diritto alla sepoltura discende dalla mera appartenenza al medesimo.
Infatti, secondo i giudici amministrativi ” Chiarito che la comunità parrocchiale integra una delle possibili collettività i cui componenti possono aspirare a beneficiare del diritto di uso della cappella costruita dall’ente concessionario, non vi è dubbio che la formula normativa debba adattarsi alla specificità della sua composizione, legittimando l’assegnazione in uso dei loculi ai membri (rectius, ai fedeli) della Parrocchia, a prescindere dalle modalità più o meno formali e solenni della loro adesione “.
Va aggiunto, poi, che l’ampia composizione numerica della comunità parrocchiale non impedisce di giungere a siffatta conclusione. In effetti, l’elevato numero dei possibili beneficiari costituisce un dato meramente fattuale che non inficia la possibilità di differenziazione degli appartenenti alla Parrocchia dalla platea più generale ed indistinta dei cittadini del Comune.