Tra breve si apriranno le porte della Fiera TANEXPO 2010 a Bologna e la regina storica della manifestazione, la bara, quest’anno rischia grosso. Costruttori con stand ridimensionati per la crisi che ha investito da anni questo settore e attenzione più su altro: composizioni floreali, monumenti funebri, servizi, come tanatocosmesi e cerimonale. Le autofunebri sono col fiato corto e anche l’oggettistica cimiteriale sembra ormai conoscere una fase di stanza del mercato. Settore che tira più degli altri, invece, quello dei crematori e dei prodotti per la cremazione.
La bara rischia grosso in Italia? Abbiamo chiesto all’ing. Daniele Fogli, Presidente del Comitato tecnico per i cimiteri della EFFS (European Federation of Funeral Services), qualche considerazione sulla bara, visto che il comitato tecnico affronterà la questione della regolazione costruttiva delle bare sabato 27 marzo in una riunione a porte chiuse, presenti anche importanti costruttori europei e rappresentanti di gestori di pomep funebri, cimiteri e crematori che vengono da mezza Europa.
“Basta cercare in un dizionario – dice Fogli – che troviamo la “bara” definita come una “specie di cassa per portare un morto alla sepoltura”. Se rettangolare viene ordinariamente chiamata “cassa da morto”. Una “cassa”, sempre secondo il dizionario, è una “cavità che racchiude e protegge qualche cosa”.
Il termine inglese “coffin” corrisponde al termine italiano “bara”.
Negli USA viene normalmente usato il termine “casket”, che si riferisce ad una cassa a pianta rettangolare. In realtà questo termine deriva da “cofano”, parola usata soprattutto dai gioiellieri per riporvi una cosa preziosa.
E così la bara è contenitore di un cadavere, che serve al trasporto da un luogo ad un altro del cadavere, proteggendolo e racchiudendo una cosa preziosa.”Ormai non ci si sofferma più a pensare il perché delle cose. Invece è utile riflettere a cosa serve un abara per i diversi usi a cui è destinata, in funzione delle esigenze che man mano servono nella vita della bara. Si, una bara ha una vita – prosegue Fogli – che non si limita al solo periodo della cerimonia funebre e per il trasporto fino al cimietro o al crematorio. Fino ad ora hanno prevalso le esigenze di immagine sanitarie, ma ora vi sono anche altre esigenze da soddisfare, altrettanto importanti, quali quelle di favorire la cremazione o i processi di sceletrizzazione.
Occorrono nuove regole per le bare. Quelle esistenti in Europa sono una accozzaglia di stratificazioni, talvolta in contrasto tra loro, con vari Organismi che dettano le regole, senza tener conto di tutte le funzioni che devono svolgere le bare.
L’obiettivo della discussione che inizia proprio a Bologna nel nostro comitato tecnico è quello di andare al sodo, ai veri scopi delle bare e dell’accessoristica funebre. Solo così potremo cercare di avere regole che servono a tutti gli attori e per l’inetra vita delle bare. Ma semmai riparliamone sabato, alla luce delle risultanze dell’incontro.”
Per tutto il patrimonio cimiteriale sottoposto al regime normativo ante 10 febbraio 1976 (quando, cioè, entrò in vigore il DPR 803/1975) ossia delle concessioni perpetue (siano esse di loculo, nicchia, ossarino, tomba a sterro, edicola, cappella gentilizia, arcosolio…) si può puntare ad un ri-uso responsabile degli spazi sepolcrali, attraverso un’adeguata politica cimiteriale che incentivi, trascordi gli anni di sepoltura legale, la riduzione dei resti in cassetta ossario, o la cremazione degli inconsunti, anche se con l’obbligo di mantenerli in loco, nell’originaria sepoltura. In senso ampio, la tumulazione riguarda più i soli cadaveri, ma anche le loro trasformazioni di stato come resti mortali (Art. 3 comma 1 lettera b) DPR 15 luglio 2003 n. 254) ossa o ceneri.
Già il paragrafo 13 della Circ.Min. n. 24/1993 fu profetico, introducendo la possibilità di tumulare assieme au uno ed un solo feretro, più cassette ossario oppure urne, sia o meno presente una cassa, sino al naturale completamento della capacità ricettiva del sepolcro (Art. 93 DPR 285/1990). Così se c’è un adeguata programmazione dei cimiteri attraverso piano regolatore e regolamento comunale di polizia mortuaria anche un singolo loculo, altrimenti destinato a rimaner chiuso ed occupato per l’eternità, può trasformarsi in un piccolo sacello famigliare. In caso contrario, saremmo alla paralisi del sistema perchè se le estumulazioni si eseguono alla scadenza della concessione (Art. 86 DPR 285/1990) e per le tombe perpetue, ovvero senza scadenza, questa condizione temporale non si verificherà mai (altrimenti sarebbero a tempo determinato), molte tombe rimarrebbero in stato di abbandono.
In molte cappelle di famiglia (esempio: blocco murario epigeo in cui sono ricavati, diciamo, 10 loculi tutti già occupati) si dispone, da parte degli aventi titolo, l’estumulazione con conseguente cremazione dell’indecomposto o raccolta dei resti ossei in cassetta ossario, poi si radunano in un unico luculo, munito di tamponatura lapide ed iscrizioni tombali, le urne cinerarie e le cassette ossario, , così da liberare almeno gli altri 9 posti.
Senza nessun intento polemico… sono appena rientrato da TanExpo 2010 e verso già in stato comatoso.
In effetti, la tumulazione “stagna” (cadavere racchiuso in duplice cassa ermetica a sua volta murata entro un vano impermeabile a gas e liquidi post mortali) nasce come ovvio corollario della sepoltura perpetua. La tumulazione sino a tutta la prima metà del ‘900 si configura come una pratica èlitaria e privilegiata per i soli ceti più abbienti. Ecclesiastici, nobili, esponenti dell’alta borghesia ambivano ad una destinazione delle loro spoglie capace di vincere il tempo, così da costituire ricordo e memoria per le nuove generazioni. Il cimitero monumentale italiano, basato sulla tumulazione si regge su questo principio. Mentre per il “vulgus”, ossia per gli strati più popolari della società era normale la sepoltura in campo di terra, con l’esumazione ordinaria dopo il periodo di sepoltura legale, gli aristocratici ed i nuovi ceti emergenti si riservavano una tomba dedicata, con il vincolo dell’eternità, non più nelle chiese (almeno dopo l’Editto Napoleonico di Saint Cloud), ma nei claustri cimiteriali, delle moderne necropoli costruite, per motivi igienico-sanitari, fuori del centro abitato.
Agli inizi del XX secolo la tumulazione, nel panorama cimiteriale italiano, rappresentava un’eccezione, attestandosi su percentuali nell’ordine del 2%. Occorrerebbero voglia e tempo per un esame comparativo sulla normativa funeraria, almeno nel periodo seguente all’Unità d’Italia. La NORMA nei regolamenti del 1898, del 1942, del 1975 e, da ultimo, del 1990, senza mai dimenticare il Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265 è sempre stata, per ogni comune, la disponibilità di un cimitero a sistema di inumazione.
Altro cardine e peculiarità del cimitero “all’italiana” è la concessione degli spazi sepolcrali, prima limitata al solo diritto di superficie, poi estesa anche a manufatti lapidei, colombari, edicole e loculi realizzati direttamente dal comune.
Il comune ha facoltà e NON il dovere di garantire posti feretro per la tumulazione.
Data la ormai endemica saturazione dei nostri cimiteri “scatolari” dovuti alla forte incidenza delle tumulazioni, un ritorno al passato, ovvero alla perpetuità delle concessioni, sarebbe un assurdo impraticabile, per ovvie ragioni logistiche e di bilancio. Con la compressione delle fasce di rispetto (Art. 28 Legge n. 166/2002) abbiamo raschiato il fondo del barile, i cimiteri, soprattutto nelle realtà metropolitane, non possono più espandersi.
Di per sè stessa la tumulazione è una tecnica inefficiente, perchè mira alla conservazione dei cadaveri, e non alla loro scheletrizzazione, così da liberare posto per nuove tombe.
Ora, invero, i desideri dei famigliari e degli stessi defunti (quando erano ancora in vita) quasi sempre confliggono con la fredda, algebrica politica cimiteriale e l’interesse della collettività.
Ognuno di noi, nel segreto del proprio cuore, in un afflato tardoromantico, ambirebbe alla tomba eterna, magari in attesa della Resurrezione (lo dico da cattolico, senza alcuna ironia).
Tutti noi, persino i più nichilisti, in fondo, vorremmo cullare il sogno dell’eterno riposo senza il “brusco risveglio” a causa dell’estumulazione. Come contemperare, allora, questi desideri così polarizzati?
Buongiorno Ingegnere,
molti anni fa i morti si seppellivano sotto terra, passati una decina d’anni si procedeva alla riduzione e i familiari provvedevano a ricoverare definitivamente i resti e ben pochi di questi finivano nell’ossario comune. La soluzione era intelligente. Le famiglie più abbienti, però, avevano le loro cappelle nelle quali conservavano i loro morti senza più toccarli. Con il miglioramento delle condizioni economiche anche chi non era abbiente in precedenza lo diventò e cerco di imitare chi già lo era. In definitiva niente più erba da togliere, sempre pulito, ecc. Per le condizione igieniche la soluzione conservativa è senza dubbio la migliore. Nel frattempo però è arrivato anche il “barriera” che permette di ovviare alla poco profumata soluzione della chiusura in solo legno.
Dal punto di vista tecnico qualsiasi soluzione può essere buona, ma questa deve tener conto del nostro sentire nei confronti di chi non è più fra noi. Non bisogna dimenticare che attorno a cimiteri, bare, lapidi, ecc. ruotano molti interessi che fanno si che il settore funzioni. Se non si tiene conto di tutte queste cose la soluzione trovata potrebbe poi fare acqua, cioè non funzionare e questo verrebbe a danno di tutti. Se vuole pubblicare la sua email, sarò lieto di contattarla.
x Frank
E Lei crede che con 50 anni cambino le cose? Ancora non si capisce che è la normativa italiana che è sbagliata e che se si chiude un morto dentro una cassa di zinco stagna, dentro una bara di legno, dentro un loculo stagno, il morto non si scheletrizza, ma si conserva. Che vogliamo fare, calcolare il fabbisogno di posti al cimitero sui vissuti o è meglio puntare a soluzioni di cimiteri a rotazione con il giusto apporto della cremazione?
Forse è bene che presti attenzione anche Lei, prima di scrivere!
Si spera non si giunga alle genialistiche conclusioni ante 1975 che portò le tumulazioni da perpetue a trentennali per non far più crescere i cimiteri.
Trent’anni si sono rivelati chiaramente insufficenti e qualche comunetto ha pensato bene di far rinnovare le concessioni. Nel frattempo abbiamo visto l’esplosione del numero delle cremazioni un pò per moda un pò per scarsa informazione. Questa volta prestate un pò di attenzione!