A Bologna sui giornali è apparsa una diatriba tra l’arcivercovado (Mons. Vecchi) e un assessore del Comune di Bologna (Giuseppe Paruolo).
Causa: il destino delle ceneri dei morti cremati, che una legge regionale prevede possano essere disperse anche al di fuori dei cimiteri.
Paruolo aveva riservatamente sondato il numero due della Curia per verificare se era disponibile a benedire un campo destinato ad accogliere lo spargimento delle ceneri.
«No – la secca, e pubblica, risposta – le ceneri vanno conservate in un´urna e collocate in un cimitero. Spargerle così è una roba da americani».
Lo Jus Sepulcri in spazi consacrati (si pensi alle tombe recavate nei pavimenti delle chiese o nelle navate delle pievi cimiteriali) risale addirittura alle sepolture “ad sanctos”, ossia ai sepolcri costruiti in prossimità di teche, reliquiari ed altari dove riposavano le spoglie di Martiri e Santi, in quanto anche la solo loro vicinanza fisica avrebbe impetrato grazie presso L’Onnipotente e garantito ipso facto la vita eterna in paradiso.
Questa tradizione risale alle catacombe dei primi cristiani, poi, com’è ovvio, anche l’imprenditoria funebre dell’epoca (i cosiddetti “Vespillones”) foutarono l’affare ed iniziarono a porre tariffe e canoni per la concessione di nicchie ed avelli, nei luoghi più appetibili (ossia in quelli dove fosse stato sepolto qualche Santo).
La dispersione per la cultura italiana e cattolica in particolare è istituto di troppo recente acquisizione per poter esser correttamente metabolizzata e capita.
Se pero’ il campo destinato per la dispersione delle ceneri fosse della curia allora non sarebbe una americanata.
MAgari dietro il pagamento di un obolo…