7 dipendenti dei cimiteri comunali di Genova denunciati per una serie di reati di vilipendio a tombe e cadaveri

Sette dipendenti comunali, quattro tumulatori e tre ispettori, sono stati denunciati dai carabinieri del comando provinciale di Genova per avere sistematicamente e per anni depredato i cadaveri esumati di protesi dentali e ortopediche, anelli e monili lasciati loro addosso dai parenti. I reati contestati sono vilipendio di tombe, sottrazione, distruzione e soppressione di cadavere, peculato, furto di arredi di interesse storico ed artistico, con l’aggravante di essere stati commessi in un luogo di sepoltura. I sette, tutti in servizio presso il cimitero monumentale di Staglieno a Genova, secondo i militari che hanno depositato presso la procura della Repubblica di Genova una dettagliata informativa, erano soliti rubare anche materiali pregiati, come marmi e arredi, nonchè statue e fregi.

Secondo le notizie che trapelano sull’indagine i 7 dipendenti infedeli avrebbero riciclato protesi dentali, anche non d’oro, protesi ortopediche di leghe pregiate (come di titanio) e zinco di bare. il caso ha subito assunto un rilievo nazionale e di esso si stanno già occupando giornali locali e nazionali e notiziari televisivi.

Il materiale rimosso dalle salme veniva suddiviso in bacinelle e stoccato all’interno degli armadietti dei tumulatori. Le dentiere, secondo i militari, erano acquisite in blocco da un ex dipendente dei servizi cimiteriali del Comune. Questi si recava con la moglie nella zona di Staglieno – dove sono sepolti anche alcuni suoi parenti – e passava le buste contenenti denaro all’ex collega in cambio degli oggetti sottratti ai morti. Le protesi ortopediche seguivano un «iter» più complicato. Ciascun impiegato del comune conosceva personalmente singoli acquirenti. I militari avrebbero fotografato lo scambio di denaro e protesi, annettendo all’informativa anche un dossier fotografico. Un’altra fonte di guadagno proveniva, secondo i militari, dalla riduzione delle bare originarie nei loculi in bare di zinco di forma contenuta (“sogliola”), senza attendere la scheletrizzazione come previsto dal regolamento, così da ricavare maggiore spazio, che assicuravano dietro compensi ‘in nero’ chiesti ai parenti dei defunti desiderosi di trovare un posto al cimitero. Una vera e propria serie di orrori, che denota l’abbrutimento di questi soggetti. Si ricorda che l’indagine ha avuto la piena collaborazione dell’Amminsitrazione comunale.

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  1. Sui feretri “sogliola” cioè casse di solo metallo a tenuta stagna in cui racchiudere i cadaveri indecomposti (rinvenuti allo scadere o della concessione, quando ex Art. 86 comma 1 DPR n.285/1990 si effettua l’estumulazione, oppure dopo il periodo legale di sepoltura pari a 20 anni ex Art. 3 comma 2 lettera b) DPR n.254/2003) si potrebbe persino esser più possibilisti; in questo senso:

    La circostanza segnalata è diffusa in diverse realtà territoriali laddove la mancanza di adeguati spazi nei campi terra non permetta l’ulteriore inumazione al fine di completare il processo di mineralizzazione delle salme o meglio dei resti mortali ordinariamente estumulati. Alla mancanza di spazi – che con una buona programmazione non dovrebbe verificarsi (si vedano a tal proposito gli Artt.58 comma 2, 59 e 91 DPR n.285/1990) – si aggiunge spesso la farragginosità procedurale e la lentezza dei (pochi) forni crematori funzionanti che posticipano la cremazione dei resti mortali finanche per diversi mesi, inficiando così l’iter semplificato per cremare i resti mortali da estumulazione introdotta con il DPR n.254/2003.

    Ad ogni modo, condividendo le corrette osservazioni critiche che conseguono ad una mancata regolamentazione dell’atipica disciplina dei cosiddetti feretri “sogliola” si ritiene opportuno suggerire di limitare tale confezionmento degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo solo agli effettivi casi di mancanza di aree da adibire a campo indecomposti, previa approvazione, possibilmente di una disciplina ad hoc, in sede di modifica del regolamento comunale di polizia mortuaria, tale da subordinare l’effettivo impiego di casse di lamiera ribassate all’adozione di specifica ordinanza sindacale ex Art. 86 comma 1 DPR n.285/1990. Infine si condivide l’opportunità di acquisire, prima dell’adozione delle norme formali di diritto positivo (ordinanza o regolamento), il relativo parere igienico-sanitario della competente ASL, soprattutto oggi, quando per effetto di disposizioni regionali viene omessa l’obbligatorietà di personale sanitario durante le operazioni cimiteriali.

  2. Il futuro della polizia mortuaria italiana???…Io RUBERO’, Tu RUBERAI ed Egli RUBERA’!!!

    Furto ed appropriazione indebita sono il paradigma di quest’obbrobrio.

    L’atto predatorio e la fame cannibalica di quattrini diventano proprio un problema antropologico.

    Dunque: indossato togone fantozziano da Alto Magistrato di Cassazione e parruccone in naftalina da giudice inglese del ‘700 mi accingo come sempre a giocare il solito ruolo di avvocato (…o necroforo???) del DIAVOLO.

    Un necrofilo ha una morbosa attrazione verso i cadaveri, proprio li adora e se li spupazza GRATIS tutto compiaciuto per il proprio sollazzo (o…SOLLUCCHERO???).

    Quaesti, invece, non erano affetti da parafilia (= grave e fortemente patologico disturbo del comportamento affettivo ) ma da semplice propensione alla rapina: RUBAVANO! Erano furbetti del camposanto, mica dei deviati da manicomio!

    Giustificherei maggiormente una squadra di baldi affossatori che, durante il turno domenicale, d’estate, per giunta e con un caldo assassino, seguissero il GP di Formula1 sbivaccati sulla botola dell’ossario comune con spaghetti in cottura, birrone ghiacciato, cicche sparse ovunque, tifo indiavolato e…rutto libero! Sbracati sì, ma cero più onesti dei luttuosi trafficanti di protesi dentarie!

    Nell’Amleto di Shakespeare due diligenti becchini, mentre preparano una fossa, sono intenti a discettare sulle loro personalissime questioni metafisiche di settore (chi fu, all’alba della creazione, il primo necroforo della storia???) i monatti manzoniani de i Promessi Sposi (Capitolo .XXXIV) sono turpi e grandiosi nella loro empietà di sciacalli (oggi, più delicatamente li chiameremmo gli “Avvoltoi” delle camere ardenti), ma a Staglieno si è oltrepassato ogni più bieco livello di pornografica indecenza. Siamo all’oscenità più (im)pura!. L’Horror cinematografico, a confronto, è un genere per educande di Oxford.

    Adesso, nessuno pretende dal personale cimiteriale inclinazioni accademiche o letterarie, se i tumulatori non conoscono a memoria il Cano XXXIII del Paradiso dantesco fa lo stesso, ma almeno un po’ di decenza.

    Lungi dal fare dell’inutile retorica, in quanto gli “scoppiati” e i fuori di testa sono una categoria trasversale in rapida ascesa (non solo nella polizia mortuaria) sono d’obbligo alcune osservazioni: il cosidetto “feretro sogliola”, cioè la sola cassa di zinco,al posto del doppio cofano di legno e metallo, in cui ri-tumulare il resto mortale (Art. 3 comma 1 lettera b) DPR n.254/2003) è una prassi, in realtà, molto diffusa, ancorchè ILLEGALE!!!. Insomma non è un segreto (non si dice, ma si FA!); la rivista “I Servizi Funerari” nel n.4/2007 parla di questa pratica come di “Una tecnica di tumulazione spuria non contemplata da nessuna norma positiva”, siccome ex Art. 77 DPR n.285/1990 la tumulazione di cadavere richiede sempre la duplice cassa di cui all’Art. 30 DPR n.285/1990, mentre per la ri-tumulazione (https://www.funerali.org/?p=279) del resto mortale precedentemente estumulato è necessario il “rifascio” della bara con cassone zincato ex Art. 88 DPR n.285/1990 solo quando l’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo presenti ancora parti molli, con conseguente percolazione di liquidi post mortali ai sensi del paragrafo 3, III Periodo Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10.

    Addirittura secondo alcuni giuristi per ri-tumulare un resto mortale “asciutto”, ossia ormai privo di parti molli e di liquidi cadaverici basterebbe anche il semplice contenitore di cui alla Risoluzione Ministero della Salute p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004.

    Tumulare un corpo indecomposto in modo non conforme al DPR n.285/1990 non significa necessariamente disossarlo o squartarlo, in questo caso così estremo la fattispecie sarebbe di natura penale (Art. 87 DPR n.285/1990 il quale, ovviamente, rinvia all’Art. 410 Codice Penale), così come è reato strappare denti o protesi ai cadaveri, con l’aggravante di perseguire, con tale comportamento delittuoso ed immorale, il fine di lucro.

    Se però il cadavere, decorso il periodo legale di sepoltura (10 anni per l’inumazione 20 anni per la tumulazione ex DPR n.254/2003) non è più tale, ovvero è divenuto, secondo il criterio cronologico dettato dal DPR n.254/2003 semplice “resto mortale”? LO scenario è inquietante, perchè la Legge (Art. 410 Codice Penale) punisce il vilipendio di cadavere, non quello, eventualmente, di resto mortale e nel nostro ordinamento l’analogia non si applica mai alla norma penale (Art. 14 Codice Civile, Art. 25 Cost, Art. 2 Codice Penale).

    Certo, il giudice è soggetto soltanto alla Legge (Art. 101 comma 2 Cost) ed il DPR 15 luglio 2003 n. 254 è, appunto, un regolamento, ossia una fonte del diritto di rango secondario, ma in data 9 novembre 1999 la Cassazione ebbe a decidere su un caso simile (distruzione di cadavere Art. 411 Codice Penale) giungendo all’assoluzione dell’imputato in base a questo ragionamento: Come può configurarsi, infatti, un tentativo di distruzione di cadavere laddove non vi sia il cadavere, ma solamente dei resti mortali? Grimaldello per questa interpretazione fu la Circ. MIn. 31 luglio 1998 n. 10, la quale è atto istruttivo interno alla pubblica amministrazione e non fonte del diritto.

    Comunque la violazione del regolamento comunale di polizia mortuaria e delle relative ordinanze applicative importa la salzione amministrativa pecuniaria di cui all’Art. 16 Legge 16 gennaio 2003 n.3.

    Trasgredire al DPR 10 settembre 1990 n. 285 implica, invece, la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’Art. 358 Regio Decreto n.1265/1934.

    Rivendere lo zinco (o eventualmente il piombo) proveniente da estumulazione, quindi lo smaltimento illecito dei rifiuti cimiteriali, integra l’infrazione al DPR 15 luglio 2003 n. 254 (in particolare all’Art. 17 per le responsabilità del servizio di custodia cimiteriale) con relativi provvedimenti sanzionatori di cui all’Art. 51 e seguenti del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

    Gli oggetti preziosi rinvenuti durante le operazioni cimiteriali dovrebbero esser presi in consegna dal responsabile del servizio di custodia e deposti in cassaforte sino alla loro riconsegna agli aventi diritto (o all’acquisizione d’imperio al patrimonio del comune quando vi sia manifesto disinteresse).

    Post scriptum: dal 3 giugno 2005 tre viti di preziosissimo titanio (è un metallo molto raro; usato, per esempio, nei motori di Formula 1…da modenese me ne intendo) gentilmente impiantatemi dell’ASL n. 16 di MOdena mi tengono incollata la clavicola della spalla sinistra dopo un brutto incidente, se dovessi mai entrare in un cimitero infestato da necrofori avidi e dediti al mercimonio delle protesi dovrei, forse, preoccuparmi? Mi sbraneranno??? Sbudelleranno un loro collega???? Rifileranno le mie pregiate viti al reparto corse della Ferrari???

    Post post scriptum: in relazione all’art. 2, comma 461, L. 24 dicembre 2007, n. 244 il gestore dei servizi cimiteriali e dell’impiano di cremazione dovrebbe approntare una “carta dei servizi”, ovvero una sorta di protocollo per garantire la qualità e, quindi, la soddisfazione finale dell’utente. Con apposita modulistica si invitano i famigliari del de cuius a garantire sull’assenza di dispositivi potenzialmente dannosi per il crematorio come stimolatori cardiaci alimentati con nuclidi radioattivi; perchè, invece, non dichiarere anche eventuali monili indossati dal morto per tutelarlo contro… I LADRI???

  3. Da il Giornale del 20/672010
    L’indagine, che pure ha già accertato parecchio, non si ferma. Si può dire anzi che sia «allo stato embrionale» – ribadisce il procuratore capo Francesco Lalla – e debba riservare ulteriori sorprese. Lo ammettono, anche loro quasi increduli, i carabinieri della Compagnia Portoria, sottolineando che nei giorni scorsi è stata solo depositata una prima informativa con un gruppo di nomi di dipendenti comunali che il pm assegnatario dell’inchiesta, Vittorio Ranieri Miniati, starebbe per indagare. Finora nessun arresto.

  4. Si riporta una dichiarazione del Direttore Generale del Comune di genova
    ‘Nei mesi scorsi anche il mio ufficio ha fatto delle segnalazioni, ma le presunte razzie ai cadaveri non mi colgono di sorpresa. Questi lavoratori, sempre a contatto con la morte, e addetti ad un’attività ritenuta socialmente poco qualificante, sono soggetti ad un abbrutimento psicologico. Quanto accade è sintomatico di uno stress che può sfociare in una devianza o in una depressione»: a parlare è il direttore generale del Comune di Genova Mariangela Danzì, che sta mettendo mano alla riorganizzazione dei servizi cimiteriali. «Abbiamo anche dato del denaro in più a chi svolge questo tipo di lavoro, ma alla fine non è con gli incentivi o con le punizioni che si governa. Pensiamo che la risposta al problema possa essere quella di una rotazione del personale e una vigilanza sanitaria del loro stato psicologico’, spiega Danzì.

    ‘Peccato che il legislatore ritenga non ci siano stress correlati al lavoro nelle pubbliche amministrazioni – aggiunge -. Invece ci sono. Ad esempio anche gli addetti ai servizi sociali, spesso sviluppano forme di depressione, demotivazione, e senso di inadeguatezza». «Personalmente comunque – conclude – mi fa più orrore una turbativa d’asta, l’omissione di atti dovuti, o chi utilizza una carica pubblica per l’interesse di terzi’.
    Fonte: Il Secolo XIX

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