Diritto sul sepolcro “in sé”: profili civilistici

Il diritto sul sepolcro “in sé” , o altrimenti detto diritto al sepolcro “in…senso stretto”, ha per oggetto un immobile e riguarda l’uso, il godimento della cosa-sepolcro.

Chi vanta un tale diritto ha normalmente la possibilità di valersene per avviare la salma a quel sepolcro, oggetto del suo diritto; ma come soggetto del diritto sul cadavere, può anche dare alla stessa salma una destinazione differente.

Sotto un profilo molto asettico e funzionale potremmo vedere la “res” sepolcro, attorno cui ruotano e gravitano i diritti di sepoltura appunto, come uno stabile adibito ad uso funerario, o ancor meglio un un sacello atto a contenere stabilmente, in ambiente stagno, feretri (a loro volta contenitori chiusi di cadaveri).

La personalità umana ha tale valore per l’ordinamento giuridico che questo, oltre la soglia della morte, assume nella propria sfera di considerazione, ciò che resta dell’uomo stesso, con gli interessi connaturati. Siffatta tutela si manifesta anche attraverso la disciplina del sepolcro, cioè della [molto genericamente] cosa destinata ad accogliere le spoglie mortali del defunto.

Il “sepolcro” assume e rivela una funzione strumentale rispetto alla “salma”, consistente nel conservarla e assicurarne il rispetto (D. 11, 7, 2, 5: Sepulchrum est, ubi corpus ossave hominis condita sunt).

Il collegamento indiretto con la dimensione dei diritti personalissimi identifica nel sepolcro un bene avente natura peculiare, soggetto a specifiche disposizioni tecniche, volte a proteggere la salma da atti pregiudizievoli, contrari al rispetto dovuto ai defunti, ed alle norme di salute pubblica.

Tutti gli atti di gestione sul sepolcro (ex multis: rinuncia, rinnovo ristrutturazione del sacello, messa a norma dei posti feretro, con annessi oneri manutentivi…), ammessi dalla Legge afferiscono alla sfera giuridica del titolare del tumulo stesso.

Si rammenta come siano tassativamente vietati invece gli atti negoziali inter-privatistici sui sepolcri, che come tali sono extra commercium, sottratti al capriccio del mercato.

Quanto, poi alla relazione fra il titolare della cappella e il fondo su cui essa sorge, l’art. 823, comma 1o , c.c. statuisce che i beni demaniali non possano formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Si ritiene, comunque, che il diritto del concessionario sul bene demaniale sia da classificarsi con le categorie civilistiche, sia pure con i limiti alle prerogative del concessionario stesso imposti dall’interesse pubblico.

Il concessionario è, dunque, titolare di un diritto sul suolo altrui, comportante la facoltà relativa all’edificazione, al di sopra o al di sotto di un’area cimiteriale, o al mantenimento di una costruzione funeraria (ius monumenti), suscettibile di possesso, la cui manifestazione esteriore è data dall’esercizio del diritto stesso mediante l’edificazione e/o mediante la successiva disponibilità del manufatto.

Nell’opinione dottrinaria dominante, il diritto del privato opponibile verso terzi, appunto jure privatorum, è disciplinato, anche secondo l’epoca del suo sorgere, dalle norme in tema di proprietà (secondo una corrente di pensiero molto patrimonialista possibilità ammessa solo per le concessioni perpetue e quindi anteriori al d.p.r. n. 803 del 1975) o di superficie (secondo l’art. 952 c.c., diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione).

Quando si afferma che il diritto di proprietà del concessionario sul manufatto e sui materiali sepolcrali è soggetto a prescrivibilità, ci si riferisce alla fattispecie descritta dal secondo comma dell’articolo 99 del DPR n. 285 del 1990. Infatti il regolamento nazionale di polizia mortuaria dispone che, in caso di soppressione del cimitero, il materiale dei monumenti ed i segni funebri posti sulle sepolture private restino di proprietà dei concessionari, che possono trasferirli nel nuovo cimitero (vale a dire che viene loro riconosciuto lo ius tollendi).

Se però i concessionari rifiutano di agire in tal senso, tali materiali passano in proprietà del Comune. In realtà, ciò che si prescrive, in caso di non uso, è appunto lo ius tollendi del concessionario, a favore di un contrapposto ius retinendi del comune. In altre parole, nell’ipotesi di soppressione del cimitero, si assiste ad una riduzione del numero di facoltà di cui è sintesi il diritto di proprietà (limiti dovuti a ragioni di interesse pubblico), con la conseguenza che al concessionario rimane esclusivamente l’esercizio dello ius tollendi. Qualora tale diritto si prescriva per il mancato esercizio, il diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali passerà al Comune, già proprietario del suolo (accessione di mobili ad immobili).

Secondo un’autorevole orientamento dottrinario, poi, quello sul sepolcro in sé è un diritto reale innominato, poiché la proprietà dei singoli elementi mobili formanti il sepolcro non implica necessariamente la proprietà del corpus compositum, che non spetta al titolare perché gli fa difetto, sia pur limitatamente all’ipotesi di conflitto con il Comune, la piena tutela che caratterizza questo diritto, in ambito privatistico.

La concessione ha natura traslativa e crea verso gli altri privati, un diritto soggettivo perfetto, di natura reale particolare, che si affievolisce in interesse legittimo verso il comune, quando esigenze di interesse pubblico, per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongano o consiglino l’esercizio del potere di revoca della concessione. Tale diritto viene limitato de norme di legge e da quelle dell’ente concedente, il quale in materia ha una certa potestà regolamentare, entro il quadro del Capo XVIII D.P.R n. 285/1990.

“Al rilievo secondo cui nell’ordinamento vi sono ipotesi di diritti in special modo reali, che, pur fruendo nei riguardi di alcuni terzi di una protezione ridotta, non cessano per tale motivo di appartenere al tipo corrispondente (che fruisce della protezione più piena), si replica che altra cosa è quando questo fenomeno si verifica per ragioni contingenti e, comunque, con carattere di temporaneità (come per l’acquirente di un immobile, privo di tutela verso altro acquirente che abbia precedentemente trascritto il proprio atto di acquisto), altra cosa quando invece si verifica — come nell’ipotesi de qua — per ragioni immanenti, connaturate alla struttura stessa della fattispecie giuridica” (G. Musolino).

Fondandosi, dunque, lo ius sepulchri essenzialmente su un sostrato materiale, (= un corpus edilizio dove tumulare feretri), senza il quale verrebbe meno la sua stessa ragion d’essere e la possibilità di un pieno ed effettivo esercizio, si potrebbe affermare che ius sepulchri e diritto reale sulla cappella non possono che essere considerati in stretto collegamento fra loro, così che l’ammissibilità di una circolazione separata dell’uno dall’altro debba escludersi, non trovando fra l’altro giustificazione economica il diritto reale sul mero sepolcro privato del diritto primario.

A conclusione analoga si potrebbe giungere partendo dal diritto sul sepolcro, riguardo al quale, anche se configurato come superficie, potrebbe dirsi che lo ius utendi (unica facoltà ammessa, non essendo concepibile uno ius fruendi, per la natura del bene) corrisponde innanzitutto alle facoltà che vengono classificate come diritto primario.

Tali considerazioni appaiono riferibili alla fattispecie comune di sepolcro (sepolcro familiare), nel quale è la stessa lex sepulchri, dal punto di vista civile, e la sua trasposizione nella concessione amministrativa (per gli aspetti pubblicistici), a non consentire la circolazione del diritto sul sepolcro separato dal diritto primario.

Il sepolcro familiare, infatti, informato al principio di unità assoluta, oltre che alla destinazione generica, comune alle costruzioni cimiteriali per il culto dei defunti, deve rispondere alla destinazione specifica determinata dal fondatore, che rileva, ai fini della questione de qua, come fonte prima di individuazione/delimitazione dell’oggetto del diritto attribuito.

Lo ius sepulchri in senso stretto (ius sepeliri), ossia il diritto ad essere tumulato nel sepolcro, riguarda un manufatto murario costruito su terreno demaniale: il cimitero.

Per questa ragione, anch’esso come il diritto sul sepolcro trae origine dalla concessione, che garantisce al privato limitati e specifici poteri, e si atteggia, verso gli altri privati, come diritto soggettivo, assistito dagli strumenti di tutela all’uopo previsti, e, nei riguardi dell’ente pubblico, come diritto affievolito in senso stretto, con gli strumenti di protezione relativi. Lo ius sepeliendi appare configurarsi in connessione così aderente al diritto sul sepolcro, da potersi dire che quest’ultimo è il diritto su un determinato sepolcro per il fine del seppellimento.

In definitiva, dalla concessione del terreno demaniale, destinato ad area cimiteriale al fine di edificazione e/o uso di una tomba, potrebbe dirsi derivare in capo al privato un diritto di natura reale sul bene (così detto diritto sul sepolcro), seppur sui generis, la cui manifestazione viene costituita prima dall’edificazione (e/o mantenimento) e poi dalla sepoltura.

Di conseguenza, potrebbe ancora osservarsi che diritto sul sepolcro e ius sepeliendi costituiscono due aspetti della medesima posizione giuridica, fra l’altro estinguendosi entrambi, con riguardo a ciascun singolo titolare, al momento della morte, e cioè quando dovrebbe attuarsene l’esercizio nella maniera più completa, con la tumulazione della salma dell’avente diritto nella nicchia spettantegli. Infatti (art. 93 comma 1 II periodo D.P.R. n. 285/1990) lo stesso jus sepulchri, come legittima aspettativa quando si è in vita, spira ex sè divenendo non più esercitabile per la carenza di spazio fisico e recettivo della tomba.

Soccorre allora lo ius mortuum inferendi, che consta delle facoltà relative al compimento degli atti necessari a che il cadavere sia tumulato nel sepolcro per lui destinato o scelto. Tale ultimo diritto (già sorto in vita, per effetto della concessione, in capo al soggetto — ora da seppellire —, con riferimento ai familiari che gli premuoiono) trova riscontro all’atto della morte del titolare del diritto primario nei familiari ex lege sepulchri o, se il sepolcro è individuale, nei medesimi soggetti titolari dello ius eligendi sepulchrum.

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Carlo Ballotta

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