Il Corriere della Sera ha dedicato le pagine 8 e 9 dell’edizione dell’8 marzo 2008 al tema della cremazione. Di seguito si riportano gli articoli scritti tratti dal sito www.corriere.it
Cremazione, Italia divisa in due
In crescita nelle grandi città, al Sud solo lo 0,5 per cento
Forse è che il culto dei morti fa parte del nostro Dna, che siamo un Paese cattolico e non ci piace l’ idea di scomparire subito nel corpo, forse è che la popolazione invecchia più che altrove e gli anziani sono legati a tradizioni come quella del camposanto, sta di fatto che in Italia quando si arriva all’ ultimo giorno si continua a preferire la sepoltura. L’ inumazione in maggioranza, ma anche la tumulazione. La cremazione è una scelta minoritaria (10 per cento) mentre la media europea viaggia verso il 36 per cento. Con punte altissime nei paesi nordici, vedi la Gran Bretagna con il 73 per cento, la Svezia e la Danimarca con il 74 per cento. Eppure dal 2001 c’ è una legge, la 130, che consente non soltanto di scegliere la cremazione ma anche di decidere se lasciare l’ urna nei cimiteri, se disperdere le ceneri in natura o chiedere l’ affidamento della teca per la conservazione in casa. I dati (del 2006, con stime per il 2007 che si discostano di non più di mezzo punto) soltanto la Lombardia (30 per cento), e in particolare Milano con il suo 70 per cento, tira il carro verso l’ Europa. Per il resto, la media nelle Regioni settentrionali non supera il 16 per cento, se escludiamo anche alcune città come Bolzano (50 per cento), Como (50 per cento), Torino, Genova e Bologna (35 per cento). E al Centro, che si fa forte del traino di Roma (30 per cento), ci si avvicina a fatica al 10 per cento. Ma è soprattutto il Sud a frenare l’ allineamento europeo: qui non si va oltre lo 0,5 per cento. Con conseguenti problemi di affollamento nei cimiteri. Perché? Sereno Scolaro, responsabile Italia di Sefit, l’ associazione che riunisce le società funerarie di servizio pubblico aderenti alla Confservizi e alla Federutility, dà due spiegazioni. “La prima è di ordine strutturale. In Italia sono pochi gli impianti di cremazione. E fino a poco tempo fa sotto la linea Lazio-Marche non ce n’ era neppure uno. La seconda è antropologico-culturale. Soprattutto al Sud esiste un approccio religioso fortissimo al rito funebre e anche se oggi la Chiesa cattolica ha cambiato orientamento, per anni è stata contraria alla cremazione, e questo ha influito”. Che la mentalità sia uno dei problemi ne è convinto anche Daniele Fogli, responsabile delle attività internazionali della Sefit. “La cultura però cambia – dice -. La Francia e la Spagna che hanno una storia, anche religiosa, assimilabile alla nostra, sono più avanti di noi. Il numero e la vicinanza dei crematori influisce, se bisogna spostarsi da un luogo ad un altro lontano, prendere l’ aereo, con oneri eccessivi, spezzettando il rito funebre e non consentendo ai parenti di seguire il feretro. Dove gli impianti di cremazione ci sono, invece, la pratica non è più considerata scandalosa”. “Faccio un esempio – conferma Scolaro -. Fino all’ 87 la cremazione era a titolo oneroso, quell’ anno fu deciso di renderla gratuita per incentivarla. Dal 2001, con la legge quadro, non è più gratis, e nonostante questo il trend di crescita non s’ è fermato. Quando il servizio esiste, la barriera culturale si scardina”. Ma quanti sono gli impianti di cremazione in Italia? Risponde Fogli: “Sono 45, pochi rispetto alla media europea. In Europa, dove siamo fanalino di coda assieme a Grecia e Portogallo, viene contato un crematorio ogni 426 mila abitanti. In Italia siamo ad uno ogni milione e 363 mila abitanti. Dei 45 che funzionano, 31 sono al Nord, 9 al centro e appena 5 al Sud. E di questi uno, quello di Montecorvino Pugliano, unico nella Campania, è illegale perché sorge su un terreno privato mentre la norma vuole che sia sempre all’ interno dell’ area cimiteriale”. Il crematorio di Montecorvino Pugliano è sotto sequestro, dicono dall’ assessorato ai cimiteri di Napoli da dove arriva una notizia: “Il nostro crematorio è a buon punto. È terminata, collaudata e consegnata la parte in muratura, a marzo parte la gara per l’ impiantistica. Speriamo di inaugurarlo nel 2010”. Ad ogni modo, sarà difficile che al Sud la mentalità cambi in fretta. “A Palermo e a Bari – spiega ancora Fogli – ci sono i crematori ma sono ampiamente sottoutilizzati. E c’ è anche un problema normativo. La 130 è una legge quadro. Dopo la sua approvazione occorreva un regolamento attuativo che non fu fatto. Poi è subentrata la devolution e da allora la materia è di competenza regionale. Ma sono poche le Regioni che hanno provveduto con una legge. Le prime sono state Lombardia ed Emilia Romagna. Il Piemonte c’ è arrivato all’ inizio di quest’ anno. La Liguria in questi giorni. La Campania ce l’ ha ma non ha il crematorio. Senza una legge non è possibile la dispersione delle ceneri e il mantenimento in casa dell’ urna”. La Chiesa negli ultimissimi anni ha rivisto le sue posizioni. La cremazione oggi è “accettata e rispettata – spiega il vescovo di Cerignola, Felice Di Molfetta, presidente della commissione episcopale per la liturgia -. L’ importante è che ci sia la fede. Se la cremazione non mette in discussone la fede cristiana, il defunto ha diritto ai funerali ecclesiastici. Abbiamo invece ancora motivate perplessità riguardo alla dispersione delle ceneri. Ci sembra una scelta troppo panteistica, inoltre così viene meno la funzione del cimitero come luogo della memoria. Perplessità ne abbiamo anche riguardo alla conservazione a casa dell’ urna. Ci sono evidenti risvolti psicologici, la difficoltà di superare il lutto e il problema di quale fine faranno le ceneri quando verrà a mancare la persona che le conserva”.
Iossa Mariolina
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(8 marzo 2008) – Corriere della Sera
Il caso Milano Urne con le ceneri in 7 funerali su 10. La tendenza. Conta anche il prezzo inferiore: 324 euro
MILANO – Sarà che va eternamente di fretta: dei 15mila funerali annui, 10.500 finiscono con una cremazione. Che numeri. Che divario con il resto d’ Italia. E se è vero come dice il filosofo Giulio Giorello citando Lucrezio che “quando si è morti, si è morti”, e se, sì, l’ intero Nord Europa crema un deceduto su due, e se, d’ accordo, ci sono gli americani che le ceneri, con la società Celestis, addirittura le sparano in orbita (con un razzetto spedito nello spazio, costo minimo 1.300 dollari), ecco, a Milano l’ urna è ormai cosa così sacra da esser diventata di moda. Il vescovo ausiliare Erminio De Scalzi dice che forse, con questo boom della cremazione, in città si sta diffondendo un “concetto sbrigativo della morte”. Insomma, prima si fa, meglio è. Giorello risponde con una domanda: “È giusto far marcire il proprio corpo oppure è meglio una bella fiammata, la fiammata del fuoco che sottende alla vita?”. Un altro filosofo, Paolo Del Debbio, rabbrividisce. Specie davanti al suggerimento interpretativo di Giovanni Bossi, presidente della società milanese per la cremazione: “Per alcuni, credo incida il prezzo. Si spendono 324 euro, dieci volte meno di una classica tumulazione. Certo, sono poi convinto che i motivi veri siano altri, assai meno materialisti”. Sarà. Del Debbio rabbrividisce lo stesso: “Trovo terribile che uno pensi a risparmiare davanti al decesso. Non ci voglio credere”. Giorello, ha sentito? “Guardi, preferisco usare i soldi in vita che tenermeli per quando devo andarmene”. Sia come sia, Milano se ne frega del dibattito, delle spiegazioni, di ragionarci sopra. Milano fa, e questo basta. Fa, e va. Va veloce. Dal 2004, quando le cremazioni superarono per la prima volta nella storia le tumulazioni (51 contro 49%), è stata un’ accelerata continua. Progressiva. Di tendenza. E però con meno massificazione e maggior libero arbitrio: all’ inizio c’ era una certa timidezza, un’ ortodossia, una scarsa sregolatezza nel senso che le ceneri venivano trasferite negli appositi ossari dei cimiteri e stop. Adesso, chi sceglie di disperdere i resti dove vuole è quasi la metà del totale (4 su 10), tanto che “a breve”, scommette Bossi, “i tradizionali ossari scompariranno”. In luogo del giardino di casa, dell’ urna sopra una mensola o sul comodino, e delle ceneri che volano in mare, su un atollo, su una vetta nepalese. Luoghi della memoria – amori, matrimoni, incontri che han segnato una vita – oppure luoghi sognati e mai raggiunti in vita. Una scrittrice “religiosa”, definizione sua, come Alda Merini, nell’ aumento delle cremazioni vede “il segnale di una fede fragile, quasi spenta”. A meno che, a meno che non sia una semplice questione di spazio: “I cimiteri son pieni, comincia a mancare posto”. Mica vero. O, almeno, non ancora. Secondo uno studio di Assoedilizia, “nel giro di una manciata d’ anni a Milano metà della superficie destinata alle “tombe a prato” resterà libera”. Con buona pace dei marmisti che, lamenta Alessandro Liuzzi, presidente dell’ associazione di categoria, “sono in crisi nera: a causa delle mancate commissioni, finirà che dovremo reinventarci una nuova specializzazione”. Assai probabile. Del resto Milano viaggia a velocità doppia rispetto all’ Italia. Forse è questione di storia, di origini: è qui che, nel 1876, fu fondata la prima società di cremazione. O forse, semplicemente, è che sui morti la città ha una marcia in piu. L’ impresa San Siro, per dire, ha realizzato la prima “casa funeraria”, una struttura “in cui trasferire la salma del defunto prima del funerale se si ha bisogno di tempo per organizzare la cerimonia oppure se si desidera che il corpo del familiare possa esser esposto alle visite in luogo più adeguato rispetto all’ abitazione o a un ospedale”. Nel 2004, antesignana, la Regione ha approvato una legge per consentire la dispersione delle ceneri in aree private, nelle abitazioni purché sull’ urna vi sia riportato il nome del defunto, e all’ aperto. Chi opta per le ceneri dice che, in città e in Lombardia, “siamo all’ avanguardia”. Che siamo dentro il futuro. Giorello rimanda invece al passato e a quell’ Eraclito secondo cui “tutto ha origine e tutto ritorna nel fuoco”. Quanto al presente, la Celestis ha appena annunciato la nuova missione spaziale e l’ apertura del bando di concorso per gli aspiranti defunti che, nel 2009, finiranno in cenere e vorranno finire sulla luna.
Galli Andrea
Pagina 9
(8 marzo 2008) – Corriere della Sera