Sotto il profilo giuridico, i cimiteri, dal greco antico “luoghi di riposo”, individuano il complesso dei beni e servizi necessari per la sepoltura dei defunti (così S. Pelillo, Cimiteri, 1989).
Ancora: il camposanto è luogo consacrato destinato alla sepoltura dei cadaveri sia per inumazione sia per tumulazione, e comprensivo delle dipendenze, ovvero degli edifici preposti allo svolgimento dei servizi accessori della continua azione cimiteriale.
La parola coemeterium (derivata – appunto – dal gr. κοιμάω, «mettere a giacere») appare in iscrizioni paleocristiane per indicare anche una sola tomba, ma presto trascorre al significato esclusivo di agglomerato sepolcrale, di necropoli.
Tecnicamente, si possono pure definire i cimiteri come (seppur con qualche empietà verbale) impianti speciali per “smaltimento” controllato di corpi umani ormai esanimi.
Qui, infatti, secondo i canoni delle più basilari regole igienico-sanitarie, e nel rispetto della pia devozione riservata ai morti, si consumano, in sicurezza, tutte le trasformazioni di stato (anche intermedie), in cui degradano rapidamente le salme, assai nocive per il mondo abitato dei vivi.
Il trattamento delle salme non può, dunque, essere considerato con gli stessi criterî che regolano genericamente la polizia sanitaria dei molteplici residui organici della vita (D.P.R. n. 254/2003), ma poiché si tratta in realtà di materiali biologici putrescibili e spesso contenenti germi patogeni, s’impone per essi una disciplina igienica, in modo che la difesa dei viventi si contemperi con la tutela morale e religiosa dovuta ai corpi dei nostri simili trapassati.
In cimitero attraverso i normali processi putrefattivi si ottiene la completa decomposizione cadaverica, sino alla raccolta delle singole ossa (scheletrizzazione/mineralizzazione delle parti molli).
La funzione cimiteriale è garantita sempre, senza soluzione di continuità, in un orizzonte temporale di ciclica perpetuità.
Il cimitero allora, per sua intima vocazione è a rotazione, non ad accumulo, dovendo necessariamente assicurare il c.d. Fabbisogno minimo anche per un futuro remoto, di posti feretro.
La fattispecie “cimitero” rientra nell’ampia categoria delle opere igieniche di interesse locale, in ciò assimilate agli acquedotti, alle fognature, ai mattatoi (DPR 15 gennaio 1972 n. 6 ed Art. 87 DPR 24 luglio 1997 n. 616) e parificati unitamente agli impianti cimiteriali di cui all’Art. 56 DPR n. 285/90 alle opere di urbanizzazione primaria ai sensi e per gli effetti dell’Art. 4 legge 29 settembre 1964 n. 847, integrato dall’Art. 44 Legge 22 ottobre 1971 n. 865 (Artt. 26-bis, D.L. 28 dicembre 1989 n. 415, convertito con modificazioni nella Legge 28 febbraio 1990 n. 39.
Dei campisanti, poi, deve esser tenuta aggiornata e a disposizione degli uffici comunali una planimetria in scala 1:500 del perimetro cimiteriale e dei terreni circostanti ricadenti nella fascia di rispetto, quest’ultima comprendente gli edifici eretti all’interno del cimitero, ivi inclusi i sepolcri privati, deve esser costantemente rivista ed adeguata ogni 5 anni oppure quando siano stati costruiti nuovi sepolcreti, ampliati i preesistenti o siano state apportate modificazioni al loro assetto interno (ad esempio una differente sistemazione dei diversi reparti o una variazione della viabilità interna.
Stante l’art. 824 del codice civile, i cimiteri (insieme ai mercati comunali) sono soggetti al regime del demanio pubblico, il cui inquadramento dogmatico si rinviene ai precedenti artt. 822 e 823.
Pertanto, sono inalienabili, non usucapibili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, salvo nei casi e nei modi contemplati dalle Leggi ad essi inerenti.
In merito all’esatta configurazione di questa particolare categoria di beni pubblici, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che i cimiteri costituiscano il c.d. demanio specifico e necessario di ogni Comune, definito tale in ragione della sua appartenenza ai Comuni (cfr.: Cass., 20 gennaio 1964, n. 114; C.g.a. reg. sic., 12 novembre 1974, n. 429; G. Clemente di San Luca, Cimitero, 1988; S. Rosa, Cimitero (dir. amm.), 1960; S. Pelillo, Cimiteri, 1989; N. Centofanti, I cimiteri, 2007).
I cimiteri, dunque, sono impianti pubblici attraverso i quali i Comuni fanno fronte alle esigenze primarie della propria collettività e del territorio (art. 13 D.Lgs n.267/2000), che si sostanziano nel bisogno materiale di igiene pubblica e nell’aspirazione spirituale al culto dei propri cari (v. A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, 1974).
All’utilizzo di default, quindi istituzionale (art. 337 T.U.LL.SS, art. 50 D.P.R. n.285/1990), da parte dell’ente comunale, può affiancarsi un uso „particolare“ e dedicato, posto in essere dai privati, mediante forme di concessione amministrativa (di area, fabbricato o porzione dello stesso ex Capo XVIII D.P.R. cit.), che riguardano la costruzione di sepolture a sistema di tumulazione individuale ovvero plurima, epigea o ipogea, oppure (ma si tratta di un’ipotesi remota visto lo scarso ricorso in tempi recenti a questa pratica) anche per l’impianto di campi di inumazione, purché siano dotati di apposito ossario.
Vigente, invece, il Codice Civile del 1865, le aree cimiteriali non parevano ancora riconducibili in forza della Legge, al demanio pubblico – una prima questione da esaminare attiene, allora, alla natura giuridica delle stesse, nel rivolgere delle epoche. Invero una lettura della dottrina dell’epoca consente di rilevare l’esistenza di un dibattito in merito al carattere demaniale dello spazio sepolcrale in questione.
In proposito appare prevalente la tesi favorevole alla demanialità dei cimiteri, nonostante si rilevino talune voci discordanti, secondo le quali la circostanza che l’allora vigente Reg. Speciale 25 luglio 1892, n. 448, di polizia mortuaria, agli art. 107 e segg., e segnatamente all’art. 109, prevedesse l’esistenza di “sepolcri particolari eretti da privati in terreni di loro proprietà per deporvi cadaveri o ceneri di persone appartenenti alla loro famiglia”, sarebbe sembrata sufficiente a negare l’esclusività per lo Stato della funzione svolta a mezzo dei cimiteri (funzione che consisteva «nel provvedere alla inumazione dei cadaveri secondo i dettami dell’igiene, della sanità pubblica e della morale» e da cui derivava la possibilità di «scartare l’ipotesi che, nel caso dei cimiteri privati, o “particolari”, lo Stato delegasse al singolo l’esercizio della sua funzione».
Ecco una carrellata della più autorevole dottrina: E. GUICCIARDI, Il Demanio, Padova, 1934, 153; «la caratteristica comune a tutte le cose comprese nell’art. 427 è questa: vi è un godimento comune. (…) Non basta che un determinato bene sia destinato ad un servizio pubblico per caratterizzarlo demaniale: occorre che si tratti di res publico usui destinata»:C. FADDA, Nota ad Appello Brescia 4 ottobre 1887, in Foro. It., 1888, I, 429; cfr., inoltre, G. INGROSSO, Demanio comunale, in N.D.I., IV, 1938, 695).
A sostegno del carattere demaniale delle aree cimiteriali si sottolinea come non «bisogna confondere la funzione esclusiva dell’ente pubblico con il mezzo che può essere necessario, ma non esclusivo per compierla […] e tantomeno si può indebitamente sovrapporla con quell’insieme di attività pubbliche che l’ente esercita sul bene in relazione allo scopo di salvaguardare la sicurezza del servizio e l’integrità della funzione»
(P. DEL PRETE, Natura giuridica dei cimiteri e diritti del concessionario, in Giur. it., 1939, III, 5 e s.; S. ROMANO, Principi di diritto amministrativo italiano, Milano, 1912, 534; «finché il cimitero serve ad un uso pubblico è proprietà demaniale del Comune e segue la sorte delle proprietà di codesta natura; cessato l’uso […] diviene bene patrimoniale»: S. GIANZANA, Le leggi sulla sanità pubblica, Torino, 1883, 85; si vedano, altresì, in merito: A. VIGORITA, Di alcuni aspetti della concessione di aree cimiteriali, in Giur. compl. Cass. civ., 1953, I, 143; F. CAMMEO, Corso di dir. amm., Padova, 1911-1914, II, 1027; L. MEUCCI, Istituzioni di dir. amm., Torino, 1909, 372, nota 3; G. ZANOBINI, Il concetto di proprietà pubblica e i requisiti giuridici della demanialità, Torino, 1923, 37 s.; E. PRESUTTI, Istituzioni di dir. amm.,Messina, 1931, I, 232; C. VITTA, Sanità pubblica. I singoli obbiettivi della amministrazione sanitaria, in Primo Trattato Completo di Diritto Amministrativo Italiano, a cura di V.E. ORLANDO, I, 708; O. SECHI, Cimitero (diritto ecclesiastico), in D.I., VII, 2 parte, Torino, 1897- 1902, 22; G. GIORGI, La dottrina delle persone giuridiche o corpi morali, IV, Firenze, 1894, 328; V. ANDREIS, Cimiteri, in E.G.I., III, 2 parte, Milano, 1913, 195; D. PIROZZI, Sepoltura, in E.G.I., XV, 2 parte, Milano, 1915, 671; V. CONTI, I Cimiteri (Studio teorico-pratico), in La Legge, 1875, III, 96; M. PIACENTINI, Cimiteri, in N.D.I., III, Torino, 1938, 124; L. RAGGI, Diritto amministrativo, Padova, 1931, III, 230).
In altri termini si ribadisce pertanto che la funzione esclusiva del Comune in ordine ai cimiteri rimane «quella della sanità pubblica e dell’ordine» (P. DEL PRETE, Natura giuridica dei cimiteri e diritti dei concessionari, cit., 4) e non coincide, quindi, con il singolo uso dei sepolcri, «i quali detto ente ben può conce ai privati senza che perciò si abbia un’alterazione dell’esclusività della funzione» (G. C. DI SAN LUCA, Voce Cimitero, in Enc. giur., Vol. VI, 1).
Attualmente il carattere demaniale dei cimiteri, come noto, è da ricondursi alla previsione dell’art. 824 c.c. – entrato in vigore nel 1942 – ed è confermato dalla massima giurisprudenza («la concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta al regime demaniale dei beni, indipendentemente dalla eventuale perpetuità del diritto di sepolcro»: Cass. civ., sez. un., 16 gennaio 1991, n. 375; la concessione da parte del Comune di aree o porzione di edifici in un cimitero pubblico configura concessione amministrativa di beni soggetti a regime demaniale, indipendentemente dall’eventuale irrevocabilità o perpetuità del diritto al sepolcro: Cass. Civ., 27 luglio 1988, n. 4760).
A prescindere dalle dispute tutte accademiche circa la qualificazione del bene come demaniale, la competenza comunale sui Cimiteri non è mai stata posta in dubbio, giusta anche le previsioni del regolamento di polizia mortuaria (d’ora in avanti, regolamento di P.M.), d.P.R. n. 285 del 1990, il quale, all’art. 49, riprendendo il testo unico delle leggi sanitarie (approvato con r.d. n. 1265 del 1934, c.d. TULLSS, cfr.: artt. 337, 343 comma 1 II periodo e 394), dispone che ciascun Comune si doti di almeno un cimitero a reparto inumatorio, di idoneo dimensionamento, mentre i Comuni di maggiori dimensioni ne avranno uno per ogni frazione se il collegamento tra le stesse non risulta agevole, salva l’ipotesi per piccoli comuni contermini di costituirsi in consorzio per l’esercizio di un unico cimitero (analoghe statuizioni si rinvengono all’art. 47 del precedente regolamento approvato con d.P.R. n. 803 del 1975).
Inoltre, molteplici sono le funzioni in materia attribuite al Comune tra cui si segnalano la vigilanza sui cimiteri, il rilascio delle autorizzazioni per la sepoltura e per pratiche considerate non ordinarie quali imbalsamazione e – anche solo formalmente – cremazione nonché la disciplina di tempi e modalità per il trasporto dei cadaveri.
L’unica eccezione alla competenza comunale su detti beni è costituita dai c.d. cimiteri di guerra, che appartengono allo Stato e rientrano nell’ambito del patrimonio indisponibile (vedasi T.U. Ordinamento Militare) Infatti, ai Comuni sono attribuiti compiti di vigilanza anche sui cimiteri c.d. privati, realizzati antecedentemente all’entrata in vigore del TULLSS del 1934 ed oggi non più previsti, né ammessi dalla normativa attualmente in vigore.
1 Non appare sostenibile (anche in relazione al principio affermato all’art. 22, comma 3 L. 7/8/1990, n. 241, ma si veda anche il succ. art. 25, comma 3) l’argomentazione sulla natura “informale” delle planimetrie, stante la definizione di “documento amministrativo” data dall’art. 22, comma 1, lett. d) L. 7/8/1990, n. 241, in cui non rileva, afi fini di una tale qualificazione, l’aspetto “formale”, quanto quello funzionale (cioè quanto serva all’attività della P.A.), impianto ribadito, ed accentuato, anche dall’art. 1, comma 1, lett. a) dPR 28/12/2000, n. 445. A maggiore ragione, se si consideri come l’art. 54 d.P.R. 10/9/1990, n. 285 non richieda minimamente la rispondenza a requisiti formali delle planimetrie cimiteriali, ma – solo – la loro tenuta.
Fonte: l’articolo su questo stesso sito https://www.funerali.org/cimiteri/cimitero-diritto-vigente-parte-1-2-67493.html
Buon giorno. Qualche mese fa è deceduto mio fratello, mia cognata non ha accettato che lui venisse tumulato nel loculo di famiglia( che si affaccia sul vialetto principale del cimitero) in quanto è stato cremato e visto che anche lei ha espresso la volontà di essere cremata ha preferito un loculo a parte per avere una “casa” tutta loro anche dopo la morte. A me è dispiaciuto molto perché mio padre e mio fratello erano legatissimi. Vorrei cortesemente chiedere se se posso esporre una foto in porcellana di mio fratello nella lastra del loculo rimasto vuoto senza il consenso di mia cognata? Grazie
X Angela,
la scelta di luogo e tipologia di sepoltura (c.d. electio sepulchri) spetta di diritto, innanzi tutto, al de cuius stesso, nel suo silenzio prevale, pur sempre, la volontà del coniuge superstite, e poi, in subordine, ai suoi più stretti congiunti, per vincolo di consanguineità.
Spesso questioni così spinose finiscono avanti il giudice, poichè l’autorità amministrativa comunale resta estranea a queste dispute, limitandosi a mantenere lo status quo, sino al pronunciamento della Magistratura, in sede civile. A nostro avviso è possibile esporre in un sacello di famiglia un foto ricordo di persona altrove sepolta, purchè sia precisato che essa non è fisicamente presente nel sepolcro, come cadavere o sue trasformazioni di stato. Sulla lapide, ad esempio, si potrebbe benissimo apporre il foto-ritratto, sulla lapide, premmettendo però, come esso sia solo un ricordo commemorativo e non una vera e propria lastra sepolcrale. Di solito, con l’escamotage del cenotafio, si ricorre alla formula di: “In spirito” con, se si vuole, nome e cognome dell’estinto.
Grazie mille buona giornata
Buongiorno, in in seguito alla sua gentile risposta ho posato la foto in porcellana di mio fratello nel loculo di famiglia ancora vuoto, senza informare mia cognata che si è indignata vietandomi da ora in poi di posare Fiori sulla tomba “ vera” di mio fratello, cosa che prima facevo regolarmente. Può vietarmi questo? Esiste una legge in proposito?Confido nella vostra risposta, grazie
X Angela,
tanto per esser chiari e senza voler parafrasare, impunemente, il celebre prologo del classicissimo poema omerico dell’Iliade: “Narrami, o Angela l’ira funesta della cognata…”.
Fuor di metafora, seria ed inopportuna, vedrei, in un ipotetico giroscopio, il Suo problema in questo modello esploso in, almeno, due direzioni.
1) L’apposizione della nuova foto, sulla lastra sepolcrale del loculo rimasto vuoto, è stata autorizzata dal Comune, il quale, anche dopo breve istruttoria, ha AUTORIZZATO l’operazione? Se sì, giuoca a Suo favore la forza legittimante di un provvedimento formale emesso ad hoc, dall’autorità comunale.
2) Senza voler esser troppo sofisticati, Sua cognata può anche indignarsi, ma non può impedire il Suo pieno potere, all’esercizio effettivo del diritto secondario di sepolcro: trattasi di principio dapprima pretorio, cioè frutto non di una esplicita scelta legislativa, nello jus positum, quanto, piuttosto, portato di un’omogenea giurisprudenza, di costante orientamento, sviluppata dai Tribunali Italiani, nel dirimere controversie di tal fatta.
Il diritto secondario di sepolcro (iter ad sepulchrum, nella versione latina, che, per i giuristi romani si sarebbe concretizzato in una sorta di servitù di passaggio) secondo molti giureconsulti più moderni, costituirebbe un diritto personalissimo di godimento intrasmissibile e imprescrittibile, esso, agli effetti concreta, si traduce sempre nella facoltà di accedere al sepolcro per porre in essere atti votivi e di pìetas verso i propri morti, tra cui anche il depositare fiori, pregare…
Egregio direttore la ringrazio per la sua risposta ma ho dimenticato di precisare che, visto che trattasi di un loculo di famiglia progettato e costruito a spese di mio padre, non ho ritenuto dover chiedere alcuna autorizzazione al comune, avrei dovuto? In questo caso mia cognata può fare qualcosa contro di me? Grazie ancora buonasera
X Angela,
di norma, qualsiasi lavoro di marmeria, in cimitero dovrebbe, pur sempre, esser autorizzato, magari perchè non leda l’unità architettonica dell’edificio funerario: Più maliziosamente, su queste autorizzazioni molto specifiche, il Comune è legittimato ad esigere un diritto fisso d’istruttoria. Un buon marimista dovrebbe esser conscio di queste procedure minime. Molto, però dipende dal regolamento comunale di polizia mortuaria e dal piano regolature cimiteriale, con relativi strumenti attuativi.
Per sicurezza, se previsto dalla locale fonte normativa, richieda “ora per allora” una piccola autorizzzazione, la porrebbe al riparo da eventuali lievi guai. Non avrei tanto paura della possibile reazione scomposta di Sua cognata, con la quale – immagino – sussistano rapporti ben poco idilliaci che nemmeno il diritto funerario più esasperato potrà mai ricomporre, anzi alle volte eccitare un contezioso, pure avanti il giudice, altro non fa se non esulcerare ancor più gli animi.
Un consiglio spassionato: segua queste piccole indicazioni e rimanga SEMPRE sotto l’imperio della Legge.
X Silvano,
I Cimiteri privati rappresentano un’incognita sotto il profilo del loro inquadramento dogmatico…almeno per i puristi del diritto funerario.
A volte i loro rispettivi titolari e proprietari hanno natura di enti ecclesiastici o di persone giuridiche private riconosciute ai termini dell’Art. 12 Cod. Civile, ma spesso risulta quasi impossibile individuarne, con certeza, la personalità, specie quando il loro momento originario risalga ad epoche molto lontane nel tempo.
La fattispecie storica dei cimiteri privati o “particolari”, legittimi purché preesistenti all’entrata in vigore del TULLSS – Regio Decreto n. 1265/1934 – , nemmeno poi così rarefatta, almeno in certe zone d’Italia, è regolata, in via residuale dall’Art. 104 comma 4 del DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Non si nasconde come tali sepolcreti NON COMUNALI costituiscano, spesso, un problema di non facilissimo approccio, sia per la difficoltà di fare riferimento agli atti fondativi, sia perché la loro origine remota non sempre consente di aver estremamente chiaro il rapporto sussistente, senza, magari, poter disporre neppure degli elementi essenziali per valutare se sia sia in presenza di un vero e proprio camposanto privato o di un semplice reparto speciale del cimitero in concessione ad un ente (confraternita???) talora anche per altre motivazioni contingenti e locali, in cui in modo frequente giuocano atteggiamenti scarsamente idonei a favorire un normale dialogo tra i diversi attori del sistema funerario ed il conseguente esercizio delle potestà comunali in materia di vigilanza igienico-sanitaria e di accertamento della sussistenza dello jus sepeliri in capo agli aventi diritto…o presunti tali.
in genere, quando titolari di questi sepolcreti siano enti ecclesiastici tali controlli sono più facili, anche in relazione al processo di riordino che ha interessato appunto gli enti ecclesiastici come risultato ultimo delle revisioni del Concordato tra Chiesa Cattolica Romana e Stato Italiano firmato il 18 febbraio 1984 (e si veda, nel dettaglio, la Legge 20 maggio 1985 n. 222) da cui emerge che essi debbano esser riconosciuti titolari della personalità giuridica ai fini civili.
Per altro occorre, comunque, rapportarsi all’atto costitutivo, allo statuto dell’ente ed all’ordinamento interno ai fini del rilascio delle autorizzazioni alla sepoltura (ex Art. 102 DPR n. 285/1990) dovendo la competente autorità comunale acclarare caso per caso se esista o meno lo Jus Sepulchri quale titolo di accoglimento del defunto, in quella determinata ed atipica destinazione.
L’omissione di tale obbligo insuperabile da parte del preposto ufficio comunale implica il suo determinante concorso nella violazione della norma di cui all’Art. 340 TULLSS oltre ad una grave infrazione ai doveri disciplinari.
Scrivo dalla Toscana.
Quali leggi generali o speciali debbono rispettare i tanti cimiteri privati sparsi nell’Italia Centrale e Meridionale soprattutto. Chi autorizza la costruzione dei manufatti sepolcrali? E le relative operazioni di sepoltura/disseppellimento per il loro effettivo uso possibilmente a rotazione?