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Importante
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Parere sulla gestione delle disposizioni funebri
Sono l’amministratore di una casa funeraria situata nella Regione Campania. Vorrei chiedere un parere riguardo a una situazione che si è verificata nella nostra struttura.
Recentemente, si è verificato il decesso di una signora che aveva tre figli, ma al momento della sua morte solo una figlia era ancora in vita. La figlia, che ha commissionato il servizio funebre, ha fatto trasferire la salma dalla struttura residenziale alla nostra casa funeraria e ci ha richiesto espressamente di non esporre la salma nella sala fino al suo arrivo il giorno successivo, poiché abitava all’estero. Inoltre, una volta arrivata, ci ha chiesto di non far vedere la salma a nessuno dei parenti.
La domanda che vorrei porvi è la seguente: è legittima questa disposizione? In particolare, i nipoti, figli dei figli deceduti della signora, avevano il diritto di vedere la salma? E noi, come responsabili della struttura, come dobbiamo comportarci? Dobbiamo seguire esclusivamente le disposizioni della figlia o i nipoti hanno qualche diritto in merito?
X Angelo Farnese
come noto, non si dovrebbe dare risposta gratuita a quesiti posti da operatori professionali, i quali si possono avvalere dei servizi a pagamento del sito, essendo questa vera e propria richiesta di consulenza.
Ma il caso posto dal lettore risulta particolarmente interessante per la comunità dei lettori e per chiunque svolga ricerche per una materia così delicata.
E così si fa una eccezione, augurandoci che il lettore che ha posto il quesito si senta in debito con chi gli sta fornendo risposta a questo quesito.
E’ pacifico, in base a giurisprudenza consolidata, che la modalità di sepoltura e pratica funebre come la cremazione, segue la legge ben precisa che chi ha titolo ad esprimersi è il de cuius (e quindi la persona morta, con istruzioni date in vita). A seguire il coniuge e, in sua assenza i parenti secondo i grado di parentela e in caso di concorrenza tutti i pari grado.
E’ altrettanto pacifico che vi è un diritto a visitare le spoglie mortali di un defunto da parte di parenti e quindi non si può inibire l’ingresso in una cappella privata funeraria o alla casa in cui è conservata l’urna cineraria in affidamento, perché la giurisprudenza ha chiarito che vi è un diritto alla visita delle spoglie mortali (Jus visitandi o anche diritto secondario di sepolcro), che non sono una cosa privata di chi detiene le chiavi della cappella o le chiavi del domicilio dell’urna affidata.
Ma NON vi è ancora giurisprudenza a noi nota specifica sul diritto di riservare un servizio (come è la esposizione di un feretro a cassa aperta con defunto) richiesto da un avente titolo XY solo a lui medesimo (come nel caso posto dal lettore) o ad una cerchia ristretta di persone scelte da XY.< bR>
Confliggono due aspetti, in questo caso: il diritto di chi si rivolge ad una casa funeraria per ottenere un servizio di qualità e quantità prescelta e il diritto di congiunti di poter dare l’ultimo saluto ad un proprio caro.
Personalmente si ritiene che per analogia con quanto già valevole per la visita di spoglie mortali post funerale, valga anche lo stesso principio nel caso di salma da esporre in casa funeraria, a meno che non vi siano questioni igienico sanitarie o comunque tali da non dar luogo per scelte dell’autorità competente. Alla stessa conclusione si perviene affidandosi ai principi di umana pietà.
Questioni di questo genere non si erano poste in precedenza, visto che una chiesa (luogo di svolgimento ordinario di esequie funebri) o prima di essa, un Servizio mortuario ospedaliero, sono la prima un luogo aperto al pubblico e il secondo un luogo di pubblico servizio e quindi per definizione non è possibile impedirne (se non per motivi stabiliti dalla Autorità competente) l’accesso.
Per la casa funeraria vi è quindi da comprenderne la natura, se cioé possa qualificarsi anch’essa come struttura (questa volta privata) di servizio pubblico, al pari del servizio mortuario di struttura sanitaria. Se cioé chi paga il servizio alla casa funeraria abbia titolo a “privatizzare” la morte, o meglio i riti esequiali per un defunto. Per come sono normate a livello regionale le case funerarie sembra sia possibile sostenere questa tesi di pubblico servizio.
Può essere di interesse però la lettura di un commento alla ordinanza di Corte di Cassazione, sez. III Civile, n.33276 del 29/11/2023 sul risarcimento del danno non patrimoniale a causa della mancata partecipazione al funerale di un genitore.
In sostanza la Cassazione, nell’ordinanza citata, dice che le relazioni familiari godono di tutela costituzionale (artt. 29 e 30 Cost.) e secondo la sensibilità comune la partecipazione alle esequie del proprio padre defunto costituisce evento necessariamente unico ed irripetibile, tale da scandire il momento del saluto e della consapevolezza della perdita subita.
Pertanto, la sussistenza di forzati impedimenti, causati dall’altrui inadempimento, alla partecipazione ad un evento siffatto può ragionevolmente essere collocata nell’ambito della soglia della risarcibilità imposta dal diritto vivente, non potendo essere relegata sic et simpliciter, senza alcun apprezzamento da parte del giudice di merito, nell’ambito del pregiudizio bagattellare (per la lettura integrale della sentenza si rimanda anche all’area Sentenze del sito http://www.funerali.org, visionabili dagli abbonati Premium).
In altre parole:
il gestore di una casa funeraria può essere chiamato in causa dai parenti esclusi dalla partecipazione alle esequie ed essere tenuto ad un risarcimento del danno causato?
La questione si pone e ha un suo fondamento.
Per cui si consiglia per dirimere sul nascere questioni di questo tipo e fino a che la giurisprudenza o la stessa normativa abbiano risolto il dilemma, di operare specificando nel regolamento di esercizio (o meglio nella carta dei servizi) della casa funeraria che l’accesso alle pubbliche esequie è appunto pubblico, tranne i casi denegati dalla competente Autorità (sanitaria, di Pubblica Sicurezza). Personalmente non accetterei deroghe da parte del familiare che ordina il servizio, ma laddove il gestore della casa funeraria ammettesse deroghe motivate al comportamento generale, per espressa volontà da parte del familiare avente titolo, almeno si cauteli con una liberatoria in forma scritta del familiare.
Concludo questo commento specificando che, sempre ad avviso di chi scrive, è diverso il caso in cui la casa funeraria disponga di camera ardente privata, riservata per appunto la esposizione privata del feretro e dove i familiari aventi titolo possono vegliare il proprio caro defunto. Anche in questo caso si pone però il problema di qualche familiare che sia escluso dal parteciparvi e quindi possa adire le vie giudiziarie per ottenere un risarcimento del danno subito.
Per cui è utile che la questione sia affrontata dal legislatore o si seguano criteri determinati dalla giurisprudenza dominante.