“Abbiamo timore davanti alla morte perché, quando ci troviamo verso la fine dell’esistenza, c’è la percezione che vi sia un giudizio sulle nostre azioni, su come abbiamo condotto la nostra vita, soprattutto su quei punti d’ombra che, con abilità, sappiamo spesso rimuovere o tentiamo di rimuovere dalla nostra coscienza”. Lo ha detto il Papa nell’udienza generale in Vaticano, dedicata alla festività di Ognissanti. Per Benedetto XVI, “in un certo senso i gesti di affetto e amore che circondano il defunto sono un modo di proteggerlo nella convinzione che essi non rimangano senza effetto nel giudizio”.
Il mondo di oggi, ha poi detto il Papa, “è diventato apparentemente più razionale, o meglio, si è diffusa la tendenza a pensare che ogni realtà debba essere affrontata con i criteri della scienza sperimentale e che anche alla questione della morte si debba rispondere non con la fede ma con le scienze sperimentabili. Proprio in questo modo si è tuttavia finiti di cadere in una forma di spiritismo, in tentativi di avere qualche contato con il mondo al di la morte, quasi immaginando una realtà che sarebbe una copia di quella presente”.