La circolare del Ministero della Sanità numero 24 del 24 giugno 1993 asserisce che la rispondenza del feretro alle prescrizioni stabilite dall’art. 30 del D.P.R. 285/90, nonché, in caso di decesso dovuto a malattie infettive diffuse, a quanto posto dagli artt. 18 e 25, e infine l’avvenuto trattamento antiputrefattivo, è certificato dal personale a ciò delegato dall’unità sanitaria locale del luogo di partenza unitamente alla verifica dell’identità del cadavere.
Sull’onda del riformismo federale e caotico in capo funerario, necroscopico e cimiteriale, a causa della sciagurata competenza regionale in materia sanitaria, le Regioni revisionano pesantemente le procedure di polizia mortuaria, di fatto demedicalizzandole.
Nel rispetto dei principi di snellimento dei procedimenti amministrativi, la sospensione di alcune attività sanitarie, in materia funeraria, determina un vuoto normativo che il legislatore con la riforma regionale non ha saputo colmare.
Di per sè, l’azione di polizia mortuaria non comporta, scientificamente, particolare rischio tutelabile dalla struttura sanitaria nazionale eccetto il frangente (vedasi ad es. pandemia da CoVid-19 e conseguente intervento di profilassi internazionale) di morti per malattia infettivo-diffusiva di cui al D.M. 15 dicembre 1990).
Il vero fattore che conduce a sostenere la tesi di una sospensione di controlli igienico sanitari sull’attività di trasporto funebre, spesso per legislatore regionale è dato da:
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- la produzione di bare è un processo ormai standardizzato e la conformità del feretro alle disposizioni di legge rientra tra le certificazioni di qualità del prodotto;
- il rischio da microrganismi patogeni al momento del trasporto del cadavere è praticamente nullo;
- nella letteratura scientifica non è stata documentata la possibilità di trasmissione di microrganismi patogeni a seguito di manipolazioni di cadaveri o feretri.
Tutto ciò, naturalmente, ante CoVid-19, per defunti, CoVid-19 positivi si veda ancora Min. Salute, Circ. n.818/2021.
L’assenza scientifica di vere, inconfutabili motivazioni per poter dimostrare possibili rischi sanitari pubblici nelle ordinarie operazioni regolamentate, ad es. dagli artt. 16 parzialmente, 20, 21, 32, 79, 83, 84, 86, 88, 94, 101 del D.P.R. n.285 /1990, a norma del D.Lgs. n.229/99, esclude che quest’ultime siano a carico del S.S.N., non rispondendo questa vigilanza a necessità assistenziali tutelabili a ragione della pubblica salute.
É pacifico in dottrina che tale atto di dovuta verifica riguardi esclusivamente prescrizioni ed accorgimenti di carattere igienico sanitario inerenti al trasporto funebre soggetto alla vigilanza dell’A.U.S.L. (art. 16, comma 2 del D.P.R. 285/90).
L’attività non sarebbe autocertificabile a norma dell’art. 49 del D.P.R. 445/ 2000 che prescrive i limiti di utilizzo delle dichiarazioni sostitutive, specie nelle verbalizzazioni sanitarie.
Da una prima lettura di molte Leggi Regionali appare lapalissiano anche l’involontario congelamento delle relative infrazioni venendo meno l’effettivo controllo, da parte di un soggetto accertatore terzo, ma in realtà le medesime sono sempre (nominalmente) in vigore.
Di fatto, anche in passato (remoto?) la verifica del feretro non veniva sempre accuratamente eseguita se non limitatamente alla presenza della valvola, dello zinco o del manufatto plastico sostitutivo, in funzione della modalità di sepoltura ed in alcune A.S.L. era auto-dichiarato dalla medesima impresa funebre che godeva del privilegiato conflitto di interessi in violazione dell’art. 328 C.P. in capo al responsabile del servizio pubblico, se non anche quella dell’art. 347 C.P., tanto più che le Regioni non dispongono di competenza per l’aspetto penale delle omissioni.
Cosicché appare ovvio come le sanzioni amministrativo-pecuniarie previste dall’art.358 T.U. leggi sanitarie in materia se pur non abrogate o sospese divengano di difficile applicazione e non facile contestazione ex L. 689/1981.
Di fatto la sospensione dell’attività di verifica ed idoneità feretro non è certamente giustificabile con il solo presupposto che la produzione di bare sia un processo standardizzato che rientra tra le certificazioni di qualità del prodotto: con la globalizzazione vengono prodotte in vari Paesi del mondo e tanti produttori non hanno la certificazione di qualità del prodotto, oppure attestano soli i procedimenti aziendali.
Inoltre, la certificazione di qualità è ancora un processo aziendale facoltativo e non obbligatorio.
Il rischio che tavole di compensato nobilitato divengano una bella cassa in noce costruita non a norma è forte, così come il pericolo di trasportare un feretro non a norma in funzione delle prescrizioni richieste sia per il trasporto sia per il seppellimento dal D.P.R. 285/1990.
X Giorgio,
la sola cassa di legno (tipico contenitore mortuario per trasporto) non è da sé idonea a trattenere eventuali percolazioni cadaveriche, durante – almeno – il giorno del funerale. Laddove sia previsto l’obbligo della doppia cassa lignea e metallica (sostanzialmente la controcassa di zinco) detta condizione tassativa di impermeabilità del feretro, purchè destinato a cremazione, può esser assicurata con dispositivi parimenti a tenuta stagna, ma sostitutivi del nastro di zinco. (= più facili da smaltire) e di sicura applicazione, ormai collaudata in decenni di esperienza da tutti gli impresari funebri italiani. Tutto ciò in linea generale, fatte quindi salve, normative speciali (Circ. Min. 818/2021 per CoVid-19) o locali (reg. comunali di polizia mortuaria) di cui non siamo però a conoscenza.
Buongiorno
Vorrei gentilmente informazioni sulla tenuta di casse da morto destinate alla cremazione e per questo formate dalla sola componente lignea . Grazie e saluti cordiali