Umana pietà di un padre e difficioltà a svolgere i servizi funebri a l'Aquila

Il seguente brano è stato tratto dalla lettera di un padre (Sergio Bianchi) di una delle vittime del terremoto dell’Aquila, pubblicata su il Messaggero del 2 maggio 2009 – la posta dei lettori – (titolo: Terremoto, i fatti di cui non si parla:la denuncia del padre di Nicola Bianchi). La umana pietà di un padre straziato dalla morte di un giovane figlio, che critica il modo col quale si è avuto l’incassamento dei morti. Utile sarebbe anche avere il contraltare e cioé la difficoltà di chi è stato chiamato ad operare in tali condizioni.

…… omissis …..Un’altro grande dolore, e questo tutto evitabile,è stato provocato dal modo, totalmente non trasparente e affrettato, in cui le salme sono state trattate. A parte il via vai di bare che si incrociavano e si perdevano in chissà quali meandri, (arrivavano infatti quella della protezione civile, dirottate a un certo punto verso destinazione sconosciute per far posto a quelle portate dall’azienda che ha preso in carico le funzioni funebri di tutti i defunti), inaccettabile è stato il modo con cui le salme, dopo l’obitorio e gli accertamenti previsti, sono state accatastate nelle bare stesse.

Nessuna preventiva pulizia dai calcinacci, nessuna attenzione a vestirle e presentarle ai cari, fretta e approssimazione poiché i morti erano tanti e non bisognava andare per il sottile! Personalmente ho ripreso, discutendo e litigando, il corpo di mio figlio per dargli le cure e la dignità che non può essere sostituita con fanfare pubbliche e bandiere patriottiche.

… omissisis … Io chiedo a questo Paese una giustizia civile che individui delle responsabilità e dia il segnale che non si può fare tutto quello che si vuole sulla pelle delle persone. Ma vorremmo anche che le vittime fossero ricordate, una per una, con delle borse di studio che il nostro Governo dia a giovani che vogliano intraprendere gli studi interrotti da queste giovani vite spente in una notte di aprile. Nessuno ce le riporterà a casa ma sarà un modo per ricordarle. E come ricordarle se non parlarne, parlare delle loro vite, dei loro sogni, desideri. Parlare dei loro traguardi raggiunti e che avrebbero voluto raggiungere.

Invece anche questa volta e in questa occasione la nostra politica e chi la governa ne ha approfittato per poter fare sfilate e propaganda elettorale e non per fare giustizia, giustizia che è dovuta a chi non c’è più e a chi resta. Giustizia penale, civile ma anche etica e morale. Come quella di chi poteva far qualcosa e non l’ha fatto, dalla protezione civile al governatore della regione, dal magnifico rettore al sindaco, dagli organi di stato a quelli dell’informazione. Giustizia che continuano a non fare non parlando delle VITTIME.

Sergio Bianchi
Il Padre di Nicola Bianchi

Fonte: www.ilmessaggero.it

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