Trasporti internazionali: un cattivo esempio di federalismo funerario italiano

Nella tassonomia molto complessa del nostro ordinamento giuridico pluri-legislativo, ormai, dovrebbe ancora esser ancora pacifico un principio implicito: il diritto internazionale prevale sulla normativa locale ed interna.
Ed invece non è proprio così…almeno nella sempre più disarticolata polizia mortuaria.
La Legge suprema è chiara: solo lo Stato Centrale può legiferare nelle materie annoverate ed enumerate dell’art. 117, comma 2, lett. a) e lett. q) della Costituzione, appunto.

Non sono, infatti, mancati interventi inopportuni di Regioni e Province autonome in questi ambiti.
È il caso della Provincia autonoma di Trento, la quale con norme (regolamentari per di più), adottate ai sensi dell’art. 75, comma 7-ter della propria l.p. (Provincia autonoma di Trento) 11 settembre 1998, n. 28, con d.g.p. (Provincia autonoma di Trento) n. 157 del 1° febbraio 2008, ha “riattato” (sia permessa la lieve ironia) le disposizioni, sempre di rango regolamentare, del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, prevedendo (art. 5, comma 1) la titolarità sempre del Comune di decesso, ma anche, limitatamente all’introduzione di salma da Stati non aderenti all’Accordo fatto a Berlino il 10 febbraio 1937, quella del Comune di destinazione (art. 5, comma 2).
Trattandosi forse di modifica o integrazione, sin qui, volta a definire responsabilità e ruoli in termini di procedimento, deve riconoscersi come sussista realmente una potestà regolamentare della Provincia autonoma, in quanto le norme di procedura amministrativa (e, al suo interno, di competenza territoriale) possono abbastanza tranquillamente essere qualificate come non strettamente ricadenti nella sopraindicata titolarità legislativa, esclusiva, dello Stato.
Per altro, questa volta, con norma di rango primario, sulla materia è intervenuta anche la l.r. (Puglia) 15 dicembre 2008, n. 34 e succ. modif., il cui art. 11 è espressamente dedicato al “passaporto mortuario”, definendone (comma 1) una competenza geografica (aspetti che palesemente esulano dal potere delle Regioni di porre diritto).

La prefata disposizione è – a tratti – oscura siccome ha, oltretutto, la curiosa peculiarità per cui i commi successivi sono completamente avulsi dalla fattispecie complessa del trasporto internazionale di salme, e regolano tutt’altro.

Sempre in questo ambito, va segnalato come l’art. 26 l.r. (Veneto) 4 marzo 2010, n. 18 e succ. modif. (del tutto pedissequamente “imitato” dall’art. 26 l.r. (Friuli-Venezia Giulia) 21 ottobre 2011, n. 12, nonché l’art. 27 l.r. [Basilicata] 31 maggio 2016, n. 11) intervenga a propria volta a disciplinare il “trasporto funebre tra Stati”: aberrante!
La materia de qua è assolutamente estranea alla potestà legislativa, sia essa concorrente od esclusiva, delle Regioni, così in tale modo anche singolare il legislatore regionale statuisce un monstrum giuridico: infatti l’art. 26, commi 1 e 2 risultano del tutto pleonastici, palesemente inutili, stante il mero rinvio sostanziale alle previsioni dell’Accordo stipulato a Berlino il 10 febbraio 1937, mentre il comma 3 risulta del tutto anomalo, per almeno due ordini di ragioni.

Da un lato si attribuiscono competenze ad amministrazioni – e loro organi periferici – dello Stato con il richiamo (attribuzione) di funzioni alle autorità consolari (oggi regolate dal d.lgs. 3 febbraio 2011, n. 71 (e, all’epoca dell’emanazione della legge regionale, regolate dal D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200 e succ. modif.), ma anche per il fatto che si prevede come la relativa documentazione sia definita dal Ministero della Salute.
In altre parole, la legge regionale stabilirebbe funzioni e compiti di un’amministrazione dello Stato, a lei, per gerarchia, invece, sovraordinata. (sic!).

Meno male che in Veneto hanno rinunciato alla follia di darne, anche per il futuro, una qualche sfortunata ed illegittima definizione in ambito regionale.
Non solo, ma l’ultimo periodo del comma 3 non considera neppure, trattandosi di un “trasporto funebre tra Stati”, che vi sia un passaggio di confine della Repubblica, “dimenticando” ogni comunicazione ad autorità statali nel luogo di frontiera. Perplessità, in parte analoghe, potrebbero nutrirsi in relazione al comma 4.

Va benissimo il regionalismo di quella stagione politica, milieu politico e culturale da cui trae origine il federalismo funerario italiano, ma pensare ad un singolo ente locale che possa autonomamente normare situazioni o rapporti di extra territorialità STATALE, addirittura pare davvero eccessivo, perché eccedente i “paletti posti dalla stessa Cost. A difesa dell’Unità Nazionale.
Appare trasparente come nell’intento Legislatore Regionale sia insito un atteggiamento, per cosi dire, enciclopedico, quasi ecumenico, nel voler riunire in una sorta di unica fonte (è improprio, quanto erroneo parlare di testo unico “ragionato”) l’intero scibile della polizia mortuaria.
Un simile metodo tipico di quanti non abbiano minima dimestichezza con i problemi cui si accostano, è del tutto fisiologico quando, avventurandosi in un dato settore, specie se di nicchia ci si renda conto delle complessità, così come delle difficoltà di gestirle con gli strumenti a disposizione.
È solo affinando, di seguito, la la tecnica legislativa, e perseguendo i necessari approfondimenti, che si superano queste pulsioni proprie di neofiti, riuscendo (cosa che richiede tempo e maturazione, ma anche maturità) a sottrarsi a queste logiche, giungendo quindi ad una maggiore padronanza delle materie di un certo settore.
Ma, del tutto sostanziale, la persistenza di un’insuperabile incompetenza legislativa (così come anche regolamentare) delle regioni in queste materie.

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