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In regime di DPR 285/1990 tutta la dottrina era concorde su questo postulato: per rimuovere una salma da un luogo inadatto e quindi intrinsecamente pernicioso occorre una certificazione che attesti la situazioni di concreto rischio, sulla base della quale potrà esser proposto da parte del medico necroscopo o del medico igienista il trasferimento del de cuius al deposito d’osservazione, indicando i motivi su cui si fonda la suggestione formulata dal medico intervenuto, così chi ha titolo a decidere sulla destinazione della salma è tenuto a richiedere l’autorizzazione al trasporto alla volta dell’obitorio/deposito d’osservazione/servizio mortuario ospedaliero. Si evince chiaramente come il medico necroscopo in questo processo sia solo un’interfaccia strumentale rispetto alla potestà autorizzativa che rimane in capo al comune, l’impossibilità di accordare direttamente il permesso di trasporto conduce all’impasse allorquando il decesso in abitazione inadatta si consumi durante le ore di chiusura degli uffici comunali. Alcuni giuristi ritenevano che per particolari circostanze (ad esempio il cosiddetto “recupero salma) il trasporto potesse aver luogo in base ad una premessa per il successivo rilascio, ex post, di una vera e propria autorizzazione al trasporto funebre.
Nel frattempo, però, la società italiana comincia ad avvertire nuovi bisogni e sensibilità, anche nella sfera del post mortem, si pensi alla pregevole volontà di socializzare il fenomeno morte, consentendo ai malati terminali di trascorrere le ultime ore della loro esistenza al riparo delle mura domestiche, senza poi incorrere nelle rigidità procedurali del DPR 285/90 che rendono molto complicato il trasporto a cassa aperta se non ricorrono le condizioni “estreme” di cui sopra.
La morte in abitazione privata comporta parecchi disagi anche logistici come la difficoltosa movimentazione del cadavere una volta completato il periodo d’osservazione, o la problematica chiusura del feretro (gli ambienti angusti mal si conciliano con l’uso di saldatori) , senza poi contare la presenza nelle stesse stanze dove la salma è stata composta di bimbi, persone facilmente impressionabili, soggetti con alterazioni psichiche…
Alcune leggi regionali affrontano molto coraggiosamente questa criticità, rendendo sempre possibile il trasferimento a cassa aperta delle salme previa la sottoscrizione di un modulo da parte del sanitario che constata la morte.
Possiamo allora portci questo quesito: in Lombardia I trasporti di salme a cofano aperto effettuati da strutture di ricovero, cura e socio assistenziali verso le abitazioni private o sale del commiato, devono essere eseguiti in qualsiasi orario del giorno e della notte?
Innanzi tutto la fattispecie in esame è disciplinata dall’Art. 4 comma 4 Legge Regionale 18 novembre 2003 n. 22 e dall’Art. 39 del regolamento regionale 9 novembre 2004 n. 6 così come modificato dal regolamento 6 febbraio 2007 n. 1
Nella polizia mortuaria i trasporti si suddividono in due grandi categorie:
1) Trasporti funebri (di salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri) autorizzati dal comune (Art. 107 comma 3 Decreto Legislativo n.267/2000) su istanza di parte e con decreto individuale e nominativo (Art. 23 DPR 285/1990). Essi sono regolamentati in via generale da un’ordinanza del sindaco ex Art. 22 DPR 285/1990.Il realtà per ossame, resti mortali e relative ceneri , quando non richiesti per ulteriore sistemazione in sepoltura privata la dottrina ammette la possibilità di adottare un unoco provvedimento comulativo. Mentre per resti morali, ossa o ceneri non hanno ragione di sussistere le precauzioni dettate dall’Art. 8 DPR 285/1990 La distinzione tra salma/cadavere e’ stata introdotta proprio al fine di regolare diversamente il trasporto di salma rispetto al trasporto di cadavere. Salma è il corpo umano privo delle funzioni vitali durante il periodo d’osservazione e prima dell’accertamento sull’effettività del decesso, cadavere, invece, la spoglia mortale pronta pwer esser racchiusa nella cassa e “smaltita” secondo la pratica funebre prescelta (inumazione, tumulazione, cremazione. Invero vi sarebbe anche la modalità del tutto residuale e teorica dell’imbalsamazione).
2) Trasporti necroscopici disposti d’ufficio dalla Pubblica Autorità ai sensi del Paragrafo 5.2 Circolare Ministeriale 24 Giugno 1993 n. 24 quando il decesso sia avvenuto in luogo pubblico, per accidente (si tratta della cosidetta raccolta salme incidentate) o comunque non idoneo a fungere da deposito d’osservazione per la veglia funebre. la Lombardia estende questa funzione anche all’Autorità Sanitaria per i casi di propria competenza (si veda a tal proposito Art. 4 comma 3 Legge Regionale 18 novembre 2003 n. 22 ed allegato n. 9 Delibera Giunta Regionale 21 Gennaio 2005 n. 20278), quando cioè si debba preservare la salute pubblica dal rischio di contagio o contaminazione.
I trasporti necroscopici sono per loro stessa intima natura atipici e non possono esser ulteriormente codificati siccome in presenza di determinati presupposti la Legge indica un’Autorità, le attribuisce il potere di porre in essere qualunque tipo di atto e quindi di determinare qualunque tipo di effetto in ordine a situazionisoggettive indeterminate, al fine di provvedere secondo ciò che richiede una determinata situazione di necessità: a volte la stessa materia di intervento è indicata in modo del tutto generico o comunque
comprensivo delle più diverse evenienze, a volte invece è indicata in modo più preciso.
I trasporti a “cassa aperta” sono trasversali, perchè attengono ad ambedue le fattispecie prese in esame, sia nell’uno, sia nell’altro caso, però, non necessitano di autorizzazione comunale, la ratio della norma è infatti, permettere lo spostamento del corpo inanimato, in tempi rapidi, e senza inibire eventuali manifestazioni di vita, superando le criticità burocratiche legate agli orari di apertura degli uffici comunali.
Bisognerà, quindi specificare di volta in volta se si tratti di trasporto funebre a cassa aperta o di trasporto necroscopico a cassa aperta (in quest’ultimo caso se si esclude dal novero dei servizi necroscopici il funerale “sociale” ex Art. 1 comma 7Bis egge 28 febbraio 2001 n. 26 per indigenti, persone abbandonate o verso cui i congiunti dimostrino disinteresse, la formula ” a cassa aperta” risulterebbe persino pleonastica e ridondante, in quanto il trasporto necroscopico avviene sempre durante il periodo d’osservazione).
Mentre tutti i cadaveri sono sempre e comunque trasportabili (anche se, naturalmente, la sepoltura dovrebbe avvenire nel comune di decesso dove il camposanto è l’impianto istutuzionalmente preposto all’accoglimento dei cadaveri ai sensi del combinanto disposto tra gli Artt. 337, 341 e 341 Decreto 1265/1934 e gli Artt. 24, 50 DPR 285/1990) )Il trasporto funebre a cassa aperta sconta due pesanti limitazioni:
- non deve esserci pregiudizio per la salute pubblica
- escusione a priori della morte dovuta a reato per non inquinare elementi probatori al vaglio della magistratura.
Anche in questi due frangenti il trasporto mortuario è ammesso, quando necessario, ma si ricadrebbe nella fattispecie del trasporto necroscopico, perchè i soggetti legittimati a richiederlo“motu proprio” non sarebbero i famigliari del de cuius attraverso un atto di disposizione, ma i Pubblici Poteri.
Mentre il trasporto di cadavere si effettua con rigorosamente con la bara sigillata e saldata (se il feretro è costutuito da cofano ligneo e controcassa metallica o altro dispositivo a tenuta stagna ad essa assimilabile ex Art. 31 DPR 285/1990) il trasporto salma può avvenire a mezzo di una semplice cassa di legno (purchè foderata internamente con un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante ex paragrafo 5.3 Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24), un cassone rigido, una barella o il body bag (un sacco con il fondo atto a trattenere eventuali fuoriuscite di liquidi e munito di cerniera A più riprese interviene la stessa Regione con atti di tipo istruttivo, come appunto le Circolari esplicative 9 febbario 2004 7/SAN e 21 maggio 2005 21/SAN per precisare quanto segue: l’Art. 4 comma 4 della L.R. 22/2003 si riferisce unicamente ai trasporti precedenti all’accertamento di morte, essi, dunque, per tale ragioni non possono esser effettuati con le modalità di cui all’Art. 24 e seguenti del DPR 285/90, cioè a cassa chiusa, dovendosi assicurare che non vi siano ostacoli ad eventuali manifestazioni di vita.
Si tratta, quindi, dei trasferimenti, entro un contenitore sì impermeabile (soprattutto sul fondo) ma non completamente sigillato, dal luogo del decesso a:
- Sala del commiato (casa funeraria)
- servizio mortuario ospedaliero (ex DPR 14 gennaio 1997) di istituto sanitario
- Obitorio o deposito d’osservazione comunale
- Abitazione del de cuius o dei famigliari (solo in Lombardia, in Emilia Romagna è, invece, consentito il trasporto a cassa chiusa verso
- L’abitazione del de cuius o dei suoi congiunti ex Art. 10 comma 6 L.R. 19/2004)
Per il quale non serve una specifica autorizzazione comunale essendo sufficiente il modulo 2, debitamente compilato, allegato alla delibera 20278 del 21 gennaio 2005.
L’elenco sembra non ulteriormente ampliabile, rimane, però, da valutare la legittimità di continuare ad allestire la camera ardente presso chiese, templi, edifici adibiti al culto, sedi di partiti, associazioni….) quando ricorrano i presupposti per tributare al de cuius speciali onoranze, questa possibilità, dopo tutto, non sembra completamente vietata, anche ai sensi dell’Art. 38 comma 2 Regolamento Regionale Lombardo 9 novembre 2004 n. 6.
Rimangono, implicitamente, in vigore anche in Lombardia le disposizioni generali in tema di trasporti funebri di cui al capo IV del DPR 10 settembre 1990 n. 285 (per altro sempre valide quando vi sia extrarerritorialità, per trasferimenti oltre i confini della regione) si è, quindi del seguente avviso: se si verificano le condizioni di cui sopra (ossia il trasferimento del “morto” può avvenire in piena sicurezza, è stata posta diagnosi di morte, si può fugare anche il solo dubbio di morte cagionata da evento criminoso) il medico sopraggiunto sul luogo dell’exitus deve complilare e sottoscrivere il modulo per il trasporto salma (sulla gratuità o meno della prestazione si può discutere, ma per maggiori approfondimenti si rinvia all’articolo “Servizi necroscopici in Lombardia parte I liberamente reperibile negli archivi di www.funerali.org.
Giusta l’Art. 22 (quando e se ancora pienamete applicabile) del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria anche il trasporto a cassa aperta (in quanto pur sempre “trasporto funebre”) potrebbe esser blandamente sottoposto a regolamentazione (magari definendo i percorsi stradali) l’istituto del tarsporto salma, però, nello spirito stesso della Legge Regionale Lombarda deve mantenere quale sua caratteristica peculiare una flessibilità pressochè assoluta che mal si concilia con l’idea di reggimentare l’attività di trasporto funebre insita nell’Art. 22 DPR 285/1990.
Il DPR 285/90 prevede la possibilità per un cadavere di essere trasportato prima che sia trascorso il periodo di osservazione, con le misure cautelative stabilite dall’articolo 17 e ad esclusione dei morti per malattie infettive (il morbo infettivo-diffusivo, quindi deve essere escluso a priori per poter autorizzare il trasporto a cassa aperta), previa autorizzazione del comune di decesso (tranne nei casi di morte sulla pubblica via e di feti, di cui al paragrafo 5.2 della circ. Min. Sanità n. 24 del 24/6/1993).
Molti autorevoli commentatori hanno sempre ritenuto la procedura enucleata dall’Art. 17 DPR 285/90, definita, in gergo, anche come trasporto a “cassa aperta”, una sorta di deroga al principio di portata più generale secondo cui il periodo di osservazione deve sempre consumarsi nel luogo di decesso, quando questo coincida con l’abitazione[1], intesa come luogo dove si trovava il defunto al momento della morte, purché il domicilio non sia inadatto o non sia pericoloso mantenere la salma al suo interno, oppure nei luoghi individuati dallo stesso DPR 285/90 nei casi obbligatoriamente in esso stabiliti:
· dall’articolo 12;
· dall’articolo 13
· nel servizio mortuario di cui al DPR[2] 14 gennaio 1997 (camera ardente ospedaliera ove è avvenuto il decesso) per i morti in strutture sanitarie.
Ogni alto posto “atipico” deve sempre esser preventivamente autorizzato, mentre occorre che sia sempre garantita la sorveglianza perché:
· possano repentinamente esser registrate manifestazioni di vita ancorché flebili e quasi impercettibili, prestando tutte le cure del caso
· i corpi umani non siano oggetto di profanazioni o di atti volti a dissimulare responsabilità di natura penale, inquinando eventuale materiale probatorio di natura medico legale al vaglio dell’autorità giudiziaria.
L’art. 4 comma 4 della Legge regionale 22/03 poi implementato dall’Art. 39 del regolamento attuativo n.6/04 introduce una rivoluzione nei servizi funerari perché rimuove le rigidità imposte dal DPR 285/90 in materia di trasporti a cassa aperta consentendo una maggior libertà alle famiglie che vogliano vegliare la spoglia di un proprio caro in un ambiente diverso da quello in cui si è verificato il decesso.
In effetti con l’entrata in vigore della Legge n. 22 del 18 novembre 2003 per ottenere l’autorizzazione allo spostamento di una salma basta la richiesta dei famigliari ed il titolo in virtù del quale è possibile procedere con il trasporto è un semplice certificato medico (non occorre più l’autorizzazione amministrativa rilasciata dal comune che, invece, rimane competente per i trasporti dopo il periodo d’osservazione, quando, cioè il feretro chiuso e sigillato parte per la sua destinazione finale (cremazione, sepoltura in cimitero, o fuori di esso, tumulazione privilegiata, estero).
Questa importante novità permetterà, soprattutto quando la riforma verrà metabolizzata e capita dalle famiglie e anche da noi operatori funebri di socializzare l’evento morte[3] in modo da renderlo meno traumatico, scegliendo di volta in volta l’ambientazione più adatta per la veglia funebre.
Con quali strumenti, allora, effettuare il trasporto a cassa aperta per trasferire le salme dal luogo di decesso verso il servizio mortuario ospedaliero di strutture sanitarie pubbliche o private, il domicilio del de cuius, la sala del commiato
L’Art. 4 al comma 04 della Legge n.22/03 parla in modo abbastanza generico di un contenitore impermeabile non sigillato, in modo da garantire un trasporto rapido, decoroso ed in condizioni di piena sicurezza, per la salute pubblica e per gli stessi necrofori.
Proviamo, ora, ad esaminare alcune possibili tecniche che soddisfino la “ratio” del sullodato Art. 4 comma 4.
L’imballo di cui sopra potrebbe essere:
A) Una semplice cassa funebre[4] in legno massello, non importa se con spessori e specifiche da tumulazione (Art. 30 DPR 285/90) o inumazione (Art. 75 DPR 285/90), foderata, però, all’interno, ai sensi del paragrafo 5.3 circ. Min. n.24 del 24 giugno 1993, con una couvette in materiale impermeabile, ossia con un dispositivo plastico ad effetto barriera che però non dovrà esser completamente chiuso, poiché la perfetta ermeticità a gas e liquidi post mortali potrebbe compromettere o, addirittura, inibire eventuali manifestazioni di vita come, appunto, il respiro. Non mi pare un metodo molto pratico né tanto meno razionale perché contravviene allo spirito del Decreto Legislativo 626/94, una bara anche se di legno dolce, è molto pesante, non si capisce perché i necrofori debbano trascinarsi a spalla lungo la tromba delle scale un peso inerziale del tutto inutile che si aggiunge alla massa da movimentare costituita dalla salma. L’involucro plastico deve, poi, esser periodicamente sostituito, perché con il tempo tende naturalmente a degradarsi, così da non offrire più la sicurezza dell’impermeabilità.
B) vasca di zinco con i requisiti di cui all’Art.30 DPR 285/90 usata come controcassa (interna o esterna) nei cofani da tumulazione. Nemmeno questa volta mi pare una proposta intelligente, certo, una cassa metallica è molto più leggera di una lignea e trattiene benissimo eventuali percolazioni di liquame, non servirebbe nemmeno munirla di coperchio[5] (non deve assolutamente assicurare la tenuta stagna), tuttavia le vasche zincate quasi mai sono studiate con punti di presa, attacchi o maniglie per facilitarne la manovrabilità, soprattutto in spazi angusti come potrebbero essere pianerottoli o ballatoi, la lamiera, poi, a causa dei sottilissimi spessori può risultare molto tagliente, di conseguenza, molto pericolosa.
C) contenitore rigido di materiale impermeabile, facilmente lavabile e disinfettabile. Si tratta o di un cassone con le caratteristiche di cui all’Art. 31 DPR 285/90 ( nel qual caso i necrofori avranno l’avvertenza di rimuovere il coperchio o, comunque, di lasciarlo socchiuso così da permettere lo scambio di gas con l’esterno essenziale per la ventilazione polmonare quando la salma dovesse “svegliarsi” dallo stato di morte apparente) oppure di una più semplice barella[6] munita di sponde. Le uniche due criticità potrebbe essere l’eccessivo peso (questo cassone è progettato per accogliere al proprio interno un feretro di legno e non un semplice corpo) e qualche noia di handling, ossia di maneggevolezza, già riscontrata nel punto A)
D) Lettiga “a cucchiaio” realizzata in materiale plastico: Gli ultimi dispositivi proposti dalla più moderna industria funeraria hanno mutuato la stessa filosofia costruttiva delle lettighe usate durante le operazioni di soccorso per persone ancora vive.
Questa tipologia costruttiva permette di sollevare agevolmente un corpo senza dover compiere particolari sforzi o faticosi movimenti.
La procedura è piuttosto semplice, ma davvero efficace: in caso di cadaveri riversi al suolo basta lasciar scivolare sotto la loro schiena il supporto rigido, molto sottile, di cui si compone la portantina, se si presentano difficoltà è sufficiente girare il morto su di un fianco, così da facilitare l’inserimento della stessa. Tale barella è una sorta di monoscocca leggerissima e può esser sistemata direttamente nel cassone predisposto per ricevere il cadavere, così non occorre più sfilare la salma dal suo piano d’appoggio dovendola afferrare per spalle e gambe. Il suo uso e complementare a quello del sacco. Cinture di sicurezza, distribuite in più punti, assicurano saldamente il corpo alla barella, impedendo rovinose cadute. Per lavorare con la massima sicurezza conviene predisporre tra la schiena della salma e la barella una traversa di materiale impermeabile, magari trattata con polveri assorbenti e disinfettanti, così da trattenere eventuali fluidi rilasciati dalla salma durante i trasferimenti di carico ed i cambi di pendenza ineliminabili quando ci si muove lungo una rampa di scale.
E) sacco, che presenta la parte su cui appoggia internamente il corpo in grado di trattenere eventuali perdite di liquidi cadaverici (ecco la necessità della impermeabilità). Il sacco non viene sigillato, per cui ha una cerniera non completamente tirata, per consentire il passaggio di aria e se vi dovessero essere segni di vita, riconoscerli. Questo dispositivo rappresenta la soluzione migliore ed è mutuato dall’esperienza dei cosiddetti recuperi salma sul luogo di un sinistro stradale. In quei casi il rischio che si diffondano nell’ambiente esterno umori cadaverici è elevatissimo, siccome è molto probabile la perfusione di sangue o altri umori oppure il distacco di tessuti e parti anatomiche a causa di lesioni e ferite profonde riportate dai corpi dalle vittime durante l’impatto mortale.
L’uso di un sacco leggero impermeabile è, allora, una prescrizione igienica imprescindibile.
Questi contenitori flessibili e monouso sono realizzati con materiali plastici di notevole resistenza agli sforzi meccanici, ma assolutamente biodegradabili, sono, poi, monouso (non c’è quindi il bisogno di doverli pulire dopo ogni intervento entrando in contatto, seppur accidentalmente con il materiale organico perso dal corpo trasportato)
F) Telo dotato di maniglie. E’per molti aspetti analogo al sacco da recupero, in qualche misura, però, è meno elegante e discreto perché non cela la salma alla vista indiscreta di curiosi o di soggetti che potrebbero facilmente impressionarsi incontrando vis a vis un defunto nell’androne delle scale. Per tale evenienza basterebbe avvolgere il corpo esanime in un lenzuolo, così da preservarne l’intimo pudore, si avrà l’avvertenza di liberare bocca e vie respiratorie per i motivi precedentemente enumerati commentando l’Art. 17 del DPR 285/90.
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[1] Secondo la norma di diritto positivo, Art. 12 DPR 285/90, l’obbligo di trasporto in obitorio/deposito d’osservazione per le persone morte a domicilio sussiste SOLO nel frangente di abitazioni inadatte e la valutazione sulla presunta inidoneità spetta solo al medico del Servizio di Igiene Pubblica o, in subordine, al medico necroscopo, il medico di medicina generale non ha titolo, in quanto troppo influenzabile dai famigliari del de cuius.
[2] talune regioni hanno modificato tale norma nazionale per adattarla alla propria realtà
[3] Spesso i malati terminali chiedono di esser trasferiti a domicilio per trascorrere gli ultimi momenti di vita nell’intimità dell’ambiente domestico, ma i famigliari inconsciamente si oppongono perché non sanno o non vogliono confrontarsi con l’eventualità scabrosa del morto in casa.
[4] In Lombardia bisogna far riferimento all’allegato 3 del regolamento n.6/04
[5] La copertura semplicemente da appoggiare sulla vasca potrebbe avere l’unica funzione di nascondere il corpo allo sguardo di persone estranee al lutto.
[6] Di solito si procede in questo modo negli ospedali, quando bisogna spostare il morto dal reparto in cui era ricoverato sino in camera mortuaria, per vestizione ed incassamento, ma gli istituti ospedalieri per i trasporti interni sono dotati di ascensori e montacarichi, così il personale parasanitario non deve mai movimentare “a spalla” le salme.
Per la Signora Silavana:
Art. 40 Reg. REg. 9 novembre 2004 n. 6 così come modificato dal Reg. REg. n. 1/2006 entrambi valevoli solo per la regione Lombardia:
Si riporta un estratto di queste disposizioni normative:
Art. 40
(Denuncia delle cause di morte ed accertamento di morte)
1. La denuncia delle cause di morte è effettuata secondo le modalità e flussi informativi previsti dalla normativa nazionale vigente, entro 24 ore dal decesso.
2. La denuncia delle cause di morte è effettuata dal medico curante e in caso di sua assenza da colui che ne assume le funzioni.
3. In caso di riscontro diagnostico o autopsia, la denuncia delle cause di morte è effettuata dal medico che esegue detti accertamenti.
4. Nei casi di morte per malattia infettiva o di persona affetta o portatrice di malattia infettiva, vengono adottate le cautele individuate dalla Giunta regionale.
5. Nel caso di cadaveri portatori di radioattività, l’inumazione o la tumulazione sono precedute dalla misurazione di emissione radiante dal feretro, che deve risultare non superiore al limite previsto dalla normativa vigente in materia di radioprotezione.
6. L’accertamento di morte, con modello approvato dalla Giunta regionale, è effettuato:
a) dal direttore sanitario o medico suo delegato, quando il decesso avvenga in struttura sanitaria e la salma non sia trasferita ad altra struttura per il periodo di osservazione;
b) dal direttore o responsabile sanitario o altro medico da loro delegato, in caso di decesso presso altra struttura residenziale, socio-sanitaria o socio-assistenziale;
c) dal medico incaricato delle funzioni di necroscopo dall’ASL territorialmente competente, in caso di decesso in abitazione privata o altro luogo non rientrante nei precedenti punti.
7. L’accertamento di morte è effettuato entro 24 ore dal decesso; se il decesso è avvenuto nei giorni festivi, l’accertamento è effettuato entro le ore 8,00 del primo giorno feriale successivo e comunque non oltre 48 ore dal decesso.
Anche a livello nazionale (DPR 285/1990) la scheda istat (Art. 103 Regio DEcreto n. 1265/1934) può esser compilata 24 ore dopo l’accertamento del decesso tramite visita necroscopica