Strutture del commiato e chiese

A quanto riportato da Merateonline, il segretario della Feniof, Alessandro Bosi, si è lanciato in una pubblicizzazione delle strutture del commiato, non dimenticando di lanciare critiche ai Comuni, colpevoli di non avere sufficientemente promosso la creazione di spazi per il commiato laico, e infine esaltando l’intervento "civile" degli impresari funebri.
Se non ci fossero stati gli impresari funebri come avrebbero fatto i poveri cittadini a garantire il commiato ai propri cari?
Vera e propria sensibilità e carità laica quella degli impresari funebri, forse dimenticando che le strutture per il commiato questi le fanno per motivi strettamente commerciali, ma su questo sorvola il segretario Feniof …
Dicono i maligni che l’Arciprete del posto sia rimasto con un palmo di naso, non aspettandosi una sottovalutazione così evidente dei tradizionali luoghi di culto.
Di seguito il testo come tratto dal sito informatico appunto di merateonline.it.

Quanto rilevato a Calusco d’Adda ed in altre provincie (non solo lombarde, ma anche in altre zone dItalia) evidenzia la necessità che nel nostro Paese trovino sempre maggiore evidenza strutture del commiato nell’ambito delle quali poter dar luogo a cerimonie laiche e civili. A ben vedere questa esigenza in Lombardia è stata ben recepita sin in fase di redazione della vigente normativa del settore funerario, al punto che nella L.R. 33/09 è stato dedicato uno specifico articolo, il 68, che cita "I comuni assicurano spazi pubblici idonei allo svolgimento dei funerali civili; questi spazi devono consentire la riunione di persone e lo svolgimento dell’orazione funebre nel rispetto delle volontà del defunto e dei suoi familiari". Quale considerazione si può fare innanzi all’immobilismo dei comuni in tal senso? Nel rispetto dei dolenti il primo sentimento è quello di indignazione nel rilevare che a 6 anni dalla citata normativa (in realtà sarebbero 12anni atteso il fatto che la legge originaria è del 2003) ancora vi siano situazioni di imbarazzo come quelle oggetto del redazionale sul meratese. Spezzando una lancia a favore dei comuni va detto che, stanti le attuali situazioni delle casse comunali… come dargli torto sul fatto di avere privilegiato altre iniziative ed attività invece che procedere con investimenti in direzione delle c.d. sale del commiato? Fortunatamente, nello specifico in Lombardia, la sensibilità delle imprese funebri verso simili tematiche ha consentito un certo sviluppo di strutture private, allorchè fruibili da chiunque lo richieda, presso le quali svolgere cerimonie di commiato laiche in alternativa o preliminari alla chiesa. E’ evidente che la sensibilità delle imprese funebri si accompagna alla volontà di fornire nuovi e qualificati servizi a vantaggio della clientela e per differenziarsi dalla sempre più agguerrita concorrenza, ma si rileva come senza l’intervento dell’imprenditoria privata questa esigenza della popolazione non avrebbe trovato risposta concreta. E un segno dell’evoluzione dei tempi oltre che di un intero settore, quello funebre, sempre attento alle mutate esigenze della clientela e delle liturgie laiche da quest’ultima talvolta rivendicate. Alessandro Bosi – Segretario Generale FeNIOF – Federazione Nazionale Imprese Onoranze Funebri

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6 thoughts on “Strutture del commiato e chiese

  1. X Federica,

    Ho atteso qualche giorno per replicare alla Sua missiva (i più maligni fanno coincidere questo “strano” silenzio con il week-end semi-vacanziero), così da ponderare meglio la possibile risposta.

    Per (s)-fortuna (dipende dalle prospettive un po’distorte di noi addetti ai lavori) il mercato dei funerali è anelastico, per definizione, cioè non si può aumentare la domanda ed il bisogno di servizi funerari con la pubblicità induttiva e persuasiva o peggio ancora mietendo, a guisa di sorella morte, cadaveri freschi con falcidie di corpi umani esanimi, ecatombi e stragi programmate, in un bel milieu grandguignolesco in perfetto stile festino macabro con compiacimenti orrorifico-apocalittici da apoteosi di danza macabra (L’omicidio, nelle sue varie forme e declinazioni di gravità, è ancora considerato REATO dalla Legge Italiana!).

    Sono volutamente paradossale ed eccessivo per stigmatizzare questo atteggiamento troppo venale e mercantile da parte di alcuni mestieranti del settore (uno dei più giustamente vilipesi e vituperati d’Italia dato l’elevatissimo tasso di cialtroneria che domina ed impera in questo ambito professionale!)…il decesso di qualcuno è faccenda troppo seria per esser lasciata in balia degli impresari funebri i quali, naturalmente, autoreferenziali, spavaldi e settari come sono, non studiano il diritto funerario, nè tanto meno approfondiscono una materia (la loro, tanto per capirci) in continua evoluzione, perché se cambia la società italiana, fatalmente muteranno anche i riti funebri e le pratiche del commiato.

    Attenzione: parlo da cattolico praticante, quindi lungi da me assalti ideologizzati e laicisti o intenti persecutori verso Santa Romana Chiesa, ma mi duole notale come la gerarchia ecclesiastica, molto lontana dallo spirito evangelico, stia diventando arcignamente aggressiva ogni qual volta essa veda minacciata una sua consolidata posizione di vantaggio, anche se inerziale: vuoi per stanca tradizione, abitudine, conformismo farisaico: esempio: nella mi provincia ci sono addirittura due case funerarie; orbene precise disposizioni dell’Arcivescovado impongono, pure comprensibilmente, che le cerimonia esequiale, secondo il protocollo “Ordo Exequiarum”, cioè il canone apostolico-romano recentemente riformato, tra l’altro, sia preferibilmente celebrata presso la parrocchia del defunto, dove, dunque, la persona scomparsa consumò la sua vita religiosa e magari ricevette i Sacramenti, le alternative “secche” e tranchant sono l’oratorio del cimitero o la cappellina delle camere ardenti ospedaliere: STOP!

    Altre destinazioni, salvo ricorrere ad un estenuante procedimento autorizzatorio caso per caso, non sono ammesse. Questa norma della curia, con cui si vieta ai Sacerdoti di celebrare Messe da Requiem, in trasferta se applicata rigidamente , metterebbe fuori giuoco la casa funeraria intesa anche come spazio dove tenere i riti a feretro chiuso, con grande scorno di chi ha investito qualche milioncino di Euro per dotare la propria funeral home di una sala polivalente del commiato: trattasi, infatti, di impianti e strutture di servizio 2.0 molto costosi.

    Ora, i titolari di funeral home, per non incorrere nelle legittime ire del Vescovo e, parimenti, far risparmiare ai clienti una nuova tratta (del tutto superflua) di trasporto funebre (dalla funeral home sino alla chiesa parrocchiale, per poi muovere alla volta del cimitero) hanno escogitato questo escamotage alla faccia del diritto canonico, ma formalmente corretto: la Santa Messa esequiale è de facto derubricata e depennata dall’agenda e dall’ordine dei lavori: i parenti del morto molto sollerti (vogliosi di sbrigarsi con gli adempimenti del post mortem, per poi scannarsi gioiosamente dal notaio per l’eredità) si accontentano del frugale e sobrio rito della “Levata” = benedizione della salma a cassa aperta, da parte di un ministro di culto e nulla di più, poi – chiuso il feretro, si parte verso il camposanto estromettendo la chiesa dal circuito del funerale. Il risultato quando due idee parimenti assolute , monopolistiche ed oltranziste si scontrano è evidente: l’Autorità Ecclesiastica mastica amaro e medita di intervenire, ovviamente nei modi e nel tempi biblici di istituzione bi-millenaria, ma per adesso accusa il colpo e tollera malvolentieri, sino a quando la funeral home (per adesso ancora piuttosto onerosa ed elitaria) diverrà fenomeno di massa, contendendo alla Chiesa (almeno dalle mie parti è così) il primato sulla funzione esequiale. I funerali civili, nemmeno questi esclusivo appannaggio delle funeral home, al momento non destano preoccupazione tra gli Alti Prelati…

  2. Nel mio comune è estremamente raro che la famiglia preferisca tenere la salma in casa, accade ma in forma minore. Vivo in Toscana, siamo lontani da certi tipi di tradizioni.
    Il quesito che pone sul mettersi contro le parrocchie ha perfettamente senso. Tuttavia non penso che andrei ad intaccare la schiera dei credenti i quali per ovvie ragioni sceglierebbero comunque la chiesa o il luogo di culto. Potrei “rubare” qualcuno fra gli “indecisi” quelli che finiscono a fare il funerale in chiesa solo perchè in fondo l’alternativa è non fare nulla. Siccome si dispiacciono a non fare nulla, senza porsi il problema etico della coerenza, finiscono a farlo in chiesa.
    Si è vero, in tal caso credo potrebbero farmi guerra. Ma io non mi presenterei mai come SOSTITUTO della chiesa bensì come ALTERNATIVA. Viviamo in una società civile, c’è spazio per tutti e abbastanza decessi per tutti 🙂
    Tra l’altro i funerali in chiesa, nel mio comune, sono calati drasticamente. Personalmente, non che io faccia campione statistico ma tant’è, ho assistito a solo 2 funerali in chiesa su una dozzina di decessi fra familiari e amici.
    Se le imprese funebri, alle quali ho perfettamente chiaro rimarrebbe il compito di gestire in toto tutto il funerale, mi si alleeranno e proporranno la mia “sala del commiato 2.0” fra i loro servizi secondo me può funzionare.
    Parlando dell’aspetto dell’investimento purtroppo l’accesso a fondi di garanzia o meno dei bandi regionali non prevede la destinazione ad imprese con codice ateco dei servizi funebri (chissà perchè…).

  3. X Federica,

    Il disbrigo pratiche per organizzare il trasporto funebre (= il funerale) e, magari, garantirne pure la materiale esecuzione con propri mezzi e personale, attiene ai compiti precipui dell’impresa funebre, quando essa operi, su preciso mandato della famiglia in lutto, quale agenzia d’affari ex Art. 115 Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza.

    Gli impresari funebri italiani, in generale, sono molto gelosi delle loro “prerogative”, anche verso i colleghi…detto inter nos, più che la concorrenza a volte si fanno pure i dispetti più trucidi…tutti amiconi, ben inteso, ma sempre pronti a crocifiggersi a vicenda.

    Ad ogni modo l’impresa funebre rimane in toto e pleno jure titolare del servizio funebre anche quando la famiglia decida di avvalersi di una struttura alternativa quale la funeral home o la semplice sala del commiato per il solo officio delle esequie.

    Nelle pieghe di questo composito puzzle deve esser individuato il potenziale mercato per l’offerta, alla cittadinanza, di una sala del commiato….le imprese, poi, sono molto solerti nell’adeguarsi.

    All’inizio degli anni ‘2000, quando ferveva, tra tutti gli addetti ai lavori, magari molto esterofili, il dibattito su quale modello di onoranze funebri importare nel nostro sistema funerario, magari attingendo da esperienze europee o extra-continentali (anglosassoni?) si scontravano, in buona sostanza, due filosofie, ripartite, invero, a loro volta su più sotto filoni. L’oggetto del contendere era il seguente: al di là degli aspetti medico-legali, igienico sanitari ed amministrativi, dove deve tenersi la RITUALITA’ dell’evento antropologico e sociale conosciuto come funerale? La domanda muoveva da una constatazione di fatto su cui s’innesta l’iniziativa del capitale privato che intercetta un reale bisogno delle famiglie italiane: gli spazi tradizionali del commiato pubblici e, quindi, istituzionali (depositi d’osservazione, obitori, servizi mortuari di strutture sanitarie) sono orrendi e la loro necessaria riforma attuata, sulla carta, con DPR 14 gennaio 1997, è stata un fallimento assoluto.

    Partiamo, comunque da questo presupposto giuridico: in ogni nosocomio, casa protetta ecc… tra le funzioni necroscopiche deve necessariamente esser garantita la presenza di un ambiente per la cura dei defunti, la loro osservazione e l’esposizione rituale degli stessi, proprio per ottenere il riconoscimento stesso della qualifica di ospedale o casa di cura (r.d. 30.9.1938, n. 1631, art. 2, comma 2, lett. g); in parte: l. 12.2.1968, n. 132, art. 19, comma 1, lett. m); d.m. 5.8.1977, art. 16, comma 2, lett. i) e art. 25, lett. a).

    Secondo alcune autorevoli opinioni, tra le più radicali e americanizzanti fulcro, motore e nucleo pulsante di questa rivoluzione sarebbe stata la futura funeral home, spazio in cui concentrare ed accorpare tutte queste prestazioni (dalla vestizione mortuaria, alla chiusura della cassa, senza dimenticare la celebrazione dei funerali in apposita sala interna) Altri, più moderati, avrebbero ritenuto più consono alla nostra cultura funeraria a mantenere lo schema classico del funerale italiano con la tratta del trasporto funebre alla volta del cimitero o del crematorio chi si interrompe in prossimità della chiesa (per i professanti il culto cattolico) o di altro edificio adibito ad officiare funzioni religiose (non cattoliche) o laiche…e qui si ritaglierebbe il suo spazio vitale pure la soluzione intermedia, della sala del commiato, rispetto alla faraonica funeral home.

    Invero per sparigliare le carte ci fu chi propose di accentrare la varie fasi del post mortem (dall’osservazione della salma alla sepoltura/cremazione del cadavere) direttamente in cimitero o nei suoi paraggi, come un po’ accade anche in Francia, con la casa funeraria ed annessa sala del commiato ricavata addirittura entro le mura del camposanto

    La funeral home rappresenta sicuramente un elemento di sintesi dove si possono riunire più servizi funerari ed operazioni di polizia mortuaria.

    Si tratta, però, di una soluzione estrema, ancora molto lontana dalla nostra cultura popolare.

    Soprattutto nel Centro-sud della Penisola, nella mentalità dell’italiano medio, la stessa di tante famiglie dell’alta borghesia, con notevoli capacità di spesa per eventi socialmente rilevanti, come appunto un funerale, il morto preferibilmente deve rimanere a casa dove tra le mura domestiche i famigliari potranno vegliarlo nell’intimità di un nido d’affetti e struggenti memorie.

    In tante regioni pur di trasferire la salma al proprio domicilio si fanno addirittura carte false, ma queste piccole bugie sono ampiamente comprensibili e giustificabili agli occhi delle autorità sanitarie per la loro fortissima componente emotiva.

    Poche famiglie, poi, salvo casi d’emergenza logistica, chiedono di trasferire la salma per avere un accesso più facilitato da parte d’ amici e parenti alla visita della camera ardente.

    In questa scelta, molto comune in altri paesi europei, si rileva una notevole componente estetica, del tutto estranea alle tradizioni funebri dell’Italia.

    Nel nostro contesto nazionale una casa funeraria acquisirebbe piena legittimità solo se pensata come un luogo in cui poter garantire prestazioni d’altissima qualità che in un domicilio privato o in una camera mortuaria pubblica, data la generale fatiscenza della morgue nei nostri ospedali, non potrebbero esser assicurati ai dolenti.

    La gestione pubblica, davvero scadente, degli obitori potrebbe indurre molti utenti alla decisione di affidare la celebrazione delle esequie ad una casa funeraria, ma occorrerà molto tempo perché questa scelta di valori sappia imporsi sulle pratiche funerarie della popolazione italiana.

    Sono poi d’obbligo alcune osservazioni sulla funzione strategica delle case funerarie:

    1. I notevoli investimenti necessari per allestire camere ardenti a capitale privato non sarebbero sostenibili da parte delle piccole imprese. Una deregulation confusa e selvaggia, allora, renderebbe il tessuto dell’imprenditoria funeraria italiana subalterno alle decisioni ed alle politiche monopolistiche dei grandi gruppi, anche esteri, che si stanno affacciando con cospicui interessi sul mercato nazionale.

    2. Le camere ardenti rappresentano un momento istituzionale per la società italiana, il deposito d’osservazione per i cadaveri deve mantenere la sua rilevanza di pubblico servizio, soprattutto per garantire l’utenza dai rischi di una gestione corsara e spregiudicata da parte d’amministratori troppo sbilanciati verso l’aspetto mercantile e del businness che pure è una componente fondamentale nell’esercizio dell’attività d’estreme onoranze.

    3. L’Italia presenta un territorio già densamente popolato, soprattutto se pensiamo ai grandi centri urbani, ed anche l’edilizia cimiteriale, con tutte le difficoltà e le proteste ogni qual volta i comuni deliberano sgradevoli ampliamenti nei pressi delle zone abitate, sembra segnare il passo. Dove si potrebbe costruire allora una casa funeraria senza suscitare le ire della cittadinanza? La posizione deve esser fruibile anche per il pubblico più anziano quindi bisogna subito eliminare dall’elenco dei posti possibili le periferie estreme e più lontane delle nostre città. Una casa funeraria costruita in un quartiere residenziale, però, provocherebbe una sollevazione degli abitanti preoccupati per l’ingombrante vicinanza di una poco piacevole camera mortuaria.

    4. Nei paesi anglosassoni, e negli States in particolare, le funeral homes sono pensate come polivalenti alberghi per i morti anche per ovviare alla mancanza di strutture periferiche territoriali che siano un punto di riferimento ed identità “rituale” come appunto accade per le parrocchie italiane. In America, l’impresario funebre vive una strana sovrapposizione di ruoli perché, in diverse occasioni, è lui stesso ad organizzare anche la cerimonia religiosa. Importare questo modello rigido nel sistema italiano, senza una profonda rettifica, significherebbe aprire un rovinoso conflitto nei confronti delle autorità religiose, con il paradosso allucinante di una casa funeraria, pur sempre soggetto di mercato, che compete con la chiesa, intesa com’ente morale e luogo di culto, contendendole la celebrazione delle esequie entro le proprie mura. Le indicazioni della Santa sede in materia di funerali sono molto chiare: la Messa in suffragio deve esser officiata nella parrocchia del defunto, in quella stessa chiesa dove il morto ha consumato tutte le esperienze più importanti della propria fede come i sacramenti e la partecipazione all’Eucaristia. Quante famiglie potrebbero davvero preferire la casa funeraria alla propria parrocchia, quando oltre l’ottanta per cento dei funerali si tiene in chiesa? Il problema è complicatamente semplice e risiede in quest’enigma, altre interpretazioni sarebbero inutili, quasi dannose.

    E sin qui abbiamo sviscerato il problema della casa funeraria, questione, non secondaria che specie dalle mie parti (Modena, Emilia-Romagna) valenti impresari funebri (ormai autoproclamatisi – a ragione e con un po’ di civetteria – grandi visir delle nostrane pompe funebri, di lusso… per giunta) stanno superando con successo. Il vero nodo da sciogliere per l’opzione “SALA del COMMIATO” è legato alla reazione della Chiesa Cattolica e del suo presidio istituzionale sul territorio: Le parrocchie, le quali, dalla sala del commiato, moderna e confortevole, si vedrebbero “scippati” i funerali….poi detto tra noi chi avrebbe l’ardir di dichiarare “guerra” a Santa Romana Chiesa per il primato morale sulle esequie? Attenzione: già nel carme “I Sepolcri” il Foscolo, post editto napoleonico e laicista di Saint Cloud, si poneva quest’atroce interrogativo ed a distanza di oltre 200 anni ci stiamo ancora arrovellando attorno a questo quesito esistenziale.

  4. La ringrazio per la sua celere e dettagliata risposta.
    Nella mia regione per “sala del commiato” si intende solo un luogo dove celebrare il rito a feretro chiuso, senza funzioni di camera ardente ed osservazione dei cadaveri.
    Nella mia città vi è già un unica sala del commiato. E’ della società privata che si occupa di cremazione. La società ha sede all’interno del cimitero comunale, in un tempio che comprende sia l’impianto crematorio sia la suddetta sala del commiato. In questa sala del commiato, si possono fare riti a feretro chiuso (la bara quindi è presente!).
    Considerato il fatto che la normativa permette un luogo di sosta intermedia del funerale ad esempio per celebrare cerimonie in chiesa, non capisco come potrebbero proibire la medesima sosta in un altro luogo non “sacro” predisposto ad hoc (sempre a feretro chiuso intendo!).
    Per le questioni si competenze fra comune e comune la ringrazio per le delucidazioni. La mia idea sarebbe comunque di affittare la sala per funerali del mio comune, se ci fossero richieste da comuni limitrofi penso che sarà l’agenzia funebre che si occupa del funerale ad occuparsene…
    I miei dubbi vertono anche non solo sulla fattibilità legislativa e amministrativa ma anche su quella operativa, domandandomi se le OF del mio comune poi sarebbero propense a proporre il mio servizio o meno…

  5. X Federica,

    Qui dobbiamo, subito, capirci sui *nomi* che, come diceva il Manzoni, saranno anche solo puri e purissimi accidenti (in senso filosofico, s’intende!), almeno in letteratura, ma ricoprono una funzione fondamentale quando si ragiona in termini di definizioni giuridiche. Occorre pertanto una fondamentale disambiguazione (ed il lessico delle legislazioni regionali, spesso pasticciato e confuso, non aiuta di certo!)

    In alcuni contesti territoriali la “sala del commiato” o “struttura del commiato”, come si dice dalle mie parti, qui in Emilia-Romagna, nel mio feudo funerario modenese, corrisponde alla vera e propria funeral home anglosassone, è cioè un edificio, gestito da privati, appositamente attrezzato affinché le salme (corpi umani privi di vita) esposte a cassa aperta possano stazionare per il periodo d’osservazione, ( detto più volgarmente: per la veglia funebre) previsto dalla legge e dove officiare riti esequiali, laici o religiosi.
    In altre realtà locali (penso al Veneto) principalmente la “sala del commiato” che così si differenzia dalla casa funeraria vera e propria, è il posto dove tributare semplicemente onoranze funebri a feretro già chiuso e confezionato in rapporto alla tipologia del trasporto funebre ed alla destinazione ultima del defunto. Si tratta, insomma, di un ambiente alternativo alla più classica parrocchia, sinagoga, moschea, tempio crematorio, ma parimenti autorizzato dalla legge, in quanto si caratterizza come luogo di sosta intermedia di un funerale, in relazione alla celebrazione delle cerimonie.

    La Regione Toscana ha introdotto la distinzione funzionale e semantica tra salma/cadavere (e relativi trasporti), prevedendo, anche, che il primo (trasporto di salma) possa avvenire con destinazione in strutture per il commiato, ma tale legislazione non regola ancora nel dettaglio le strutture per il commiato, il riferimento d’obbligo e residuale è allora al DPR 14 gennaio 1997, unica norma nazionale applicabile al caso.

    Secondo un’autorevole interpretazione, forse troppo rigida però, o comunque da mitigare, magari in prospettiva futura, la conseguenza inevitabile sarebbe questa: dette sale, in Toscana non potrebbero che essere finalizzate a “riti” in presenza di feretro (cioè quando pervenga la bara già sigillata) e questo aspetto corroborerebbe la Sua Tesi e l’opportunità di dedicarsi alla costruzione di una sala del commiato, non di una completa funeral home.

    Mi siano consentite alcune postille sotto il profilo del procedimento amministrativo:

    l’Art. 24 comma 3 del DPR 285/90 – recante l’approvazione del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria – prescrive che, in caso di sosta del corteo funebre presso comuni intermedi, per il tributo di speciali onoranze, il decreto di autorizzazione sia comunicato ai sindaci di questi comuni.

    Esempio: la processione in coda all’autofunebre parte dalla località di X, si ferma nel comune di Y, dove è stata allestita una seconda camera ardente, per poi raggiungere il cimitero ubicato nel comune di Z.

    Come può il sindaco del comune di X autorizzare la sosta intermedia presso la camera ardente apparecchiata nel comune di Y (ovvero in un altro distretto amministrativo) senza aver ottenuto il previo consenso proprio dalle autorità cittadine del comune di Y?

    Non è più logico che il sindaco di X, prima di autorizzare la sosta intermedia, s’informi presso i propri colleghi del comune di Y, al fine di sapere se il suddetto comune di Y permetta ai feretri la sosta in particolari luoghi, da definire di volta in volta, adatti al tributo di speciali onoranze?

    Sì, in effetti, si segue una procedura simile: il sindaco del comune X emana il decreto di autorizzazione, da comunicare agli eventuali Comuni di sosta, dopo avuto formale assicurazione sulla disponibilità ed idoneità sanitaria dei locali da adibire a camera ardente da parte dei comuni interessati dalla sosta intermedia.

    Spesso è proprio l’impresa funebre che provvede a questi adempimenti, riferendo, sotto propria responsabilità, al sindaco del comune di partenza il consenso, da parte degli altri comuni, a che si proceda con l’autorizzazione al trasporto.

    L’eventualità di una seconda camera ardente, collocata in un comune intermedio, merita qualche ulteriore chiosa.

    Se il trasporto verso questa seconda camera ardente avviene prima che sia completamente trascorso il periodo d’osservazione la salma deve esser movimentata a cassa aperta (art. 17 DPR 285/90).

    Naturalmente in caso di salme infette in trasporto “a cassa aperta” non è possibile.

    Se la seconda camera ardente è allestita per l’esposizione della salma occorre una duplice valutazione di natura sanitaria da parte dell’AUSL del Comune Y:

    1. Idoneità del luogo sotto il profilo igienico a fungere come luogo dove continuare il periodo d’osservazione[1]

    2. Accertamento sulla non pericolosità del mantenimento della salma in quel determinato luogo.

    Di norma è l’ordinanza del Sindaco sui trasporti funebri, in attuazione dell’Art. 22 DPR 285/90, ad individuare gli ambienti terzi[2], rispetto a:

    · Domicilio privato in cui si è verificato il decesso.

    · Servizio mortuario ospedaliero o di altre strutture sanitario/assistenziali (casse di cura, case di riposo, oppure ospizi)

    · Obitorio.

    · Deposito d’osservazione.

    Una tale ipotesi, ovviamente se ed in quanto previso o dal regolamento comunale di polizia mortuaria, oppure, dall’atto di regolazione (ordinanza sindacale sui trasporti funebri) di cui all’art. 22 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, rimarrebbe, comunque, oggetto di specifica autorizzazione comunale (rientrando nelle competenze di cui all’art. 107, comma 3, lett. f) testo unico, approvato con D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

  6. Salve. Premetto che non sono un operatore OF. Da diverso tempo sto prendendo in considerazione di aprire una “sala del commiato” privata, che possa fornire un servizio di altissima qualità per la celebrazione di funerali laici (o di altre religioni che non abbiano rituali in luoghi di culto). Vivo in Toscana ina provincia dove in media ci sono circa 200mila decessi l’anno, di cui 3200 circa di persone sotto i 40 anni (purtroppo non sono riuscita a reperire i dati relativi al solo comune).
    Nel mio comune è già presente una piccola sala del commiato (gestita salla so.cre.m) all’interno del tempio crematorio a sua volta all’interno del cimitero. La sala è piccola, spoglia e non particolarmente confortevole, la mia idea sarebbe quella di fornire un servizio di maggior livello, confort e qualità.
    Inizialmente l’idea era di aprire una vera e propria funeral home con camera mortuaria aperta a tutte le imprese funebri, perchè al momento la sosta delle salme nell’attuale camera mortuaria pubblica attigua all’ospedale è di una tristezza inenarrabile: luoghi fatiscenti, mancanza di privacy, totale mancanza di parcheggio… ma ho capito che è un idea irrealizzabile. In primis per l’ingente investimento che richiede e poi per la complessità burocratica di un settore così complesso.
    Però mi pare di capire che invece aprire e gestire una speciale sala del commiato, quindi unicamente a feretro chiuso e come sosta fra il trasporto dalla camera mortuaria (o dall’abitazione) al cimitero sia di realizzazione più “semplice”.
    Una sala accogliente e molto confortevole dove si da la possibilità a parenti ed amici di celebrare la vita del defunto senza dover per forza ricorrere alla messa in chiesa.
    Un luogo dove non ci sono veri e propri officianti (l’idea è che ci sia qualcuno, adeguatamente formato, che con poche parole “inizia” la celebrazione) ma sia lasciato a parenti ed amici la possibilità di parlare, leggere, ricordare e qualsiasi altra cosa si sentano di fare. Offrire la possibilità di servizi come un sobrio buffet con bevande ad esempio, proiezioni di foto e/o filmati del defunto, un adeguato comfort climatico, musica personalizzata, fiori personalizzati (ma con addobbi più “aperti” e meno in stile classico tipo cronoe)…posizionata in un luogo che abbia grande facilità di parcheggio e di movimento e facilmente raggiungibile.

    Nella mia testa ho le idee ben chiare su “come dovrebbe essere”, con tanto di saletta a vetri isolata acusticamente e attrezzata con giochi e film dove i genitori possono tenere o lasciare i bambini. Un punto nursery nel bagno femminile. Divani, sedute comode, colori e luci che invitano alla calma.
    L’idea è quella di collaborare con tutte le agenzie funebri del mio comune (7), che possono proporre ai clienti questa possibilità offrendola come un servizio in più.
    Potrei stabilire un prezzo da applicare ai servizi di OF (con un margine di manovra di ricarico molto ristretto) e potrei proporre il servizio anche direttamente ai privati che me lo chiedono (in questo caso chi si dovrebbe occupare della documentazione per il trasporto funebre? sempre l’OF? come fa se c’è un funerale in chiesa?).
    Secondo voi l’idea è fattibile?
    Stavo pensando di andarne a parlare anche con il Sindaco, che si è insediato solo lo scorso anno e politicamente ha spezzato un monopolio politico durato 70 anni e magari potrebbe essere interessato anche al ritorno d’immagine che una cosa del genere può avere.
    Secondo voi che investimento richiederebbe una struttura di questo tipo?
    E mi rivolgo a coloro che sono del settore… se nel vostro comune aprisse una (bella) sala del commiato offrireste il suo affitto fra i vostri servizi? Come vi comportereste? Preferireste avere l’esclusiva? (ma mi par di capire che legislativamente non è possibile) vorreste avere libertà di applicare qualsiasi ricarico a tale servizio?
    Spero che possiate darmi delucidazioni e consigli, grazie.

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