Siringazione cavitaria senza formalina?

Il DPR 10 settembre 1990 n. 285 tratta con due disposizioni, invero piuttosto lacunose i trattamenti conservativi, molto diversi dalla tanatoprassi usulamente conosciuta in Europa e negli USA: L’Art. 32 (puntura conservativa a base di aldeide formica) e L’Art. 46 (imbalsamazione).

L’imbalsamazione è finalizzata ad una conservazione permanente, quasi sine die, del cadavere, idealmente proiettata verso l’eternità; la siringazione cavitaria, invece, ha la funzione di una temporanea sospensione dei processi putrefattivi, così da permettere in tutta sicurezza l’esposizione della salma a cassa aperta ed il suo trasporto, verso la destinazione ultima prescelta, senza nessun pericolo di ordine igienico-sanitario, dovuto alla perfusione, all’esterno del feretro, di miasmi e percolazioni cadaveriche, anche quando la bara sia confezionata con duplice cassa di legno e lamiera (Art. 30 DPR 285/1990), materassino assorbente, cerchiatura con fasce metalliche (le cosiddette reggette) o apposizione sul lato interno del coperchio di valvola depuratrice (Art. 77 comma 3 DPR 285/1990).

Oggi molte Regioni, con atti di varia natura (delibere, regolamenti…) anche sulla scorta del nuovo regolamento europeo (1451/2007/Ce) attuativo della direttiva 98/8/Ce in materia di immissione sul mercato di biocidi, come appunto l’aldeide formica, disapplicano non tanto la siringazione cavitaria in quanto tale, quanto la sua obbligatorietà nei casi tassativi di cui all’Art. 32 DPR 285/1990, affidandosi alla prudente valutazione del medico necroscopo, mentre rimane applicabile la normativa nazionale per trasporti interessati da extraterritorialità (Trasporti internazionali, regolati o meno dalla Convenzione di Berlino, Trasporti nazionali da regione a regione).

A TanExpo 2010 si è molto parlato di presentazione estetica della salma, in occasione della veglia funebre, in cui il defunto è esposto “a cassa aperta”, per l’ultimo omaggio e saluto.

Il trasporto salme (corpi umani privi di vita durante il periodo d’osservazione) a “cassa aperta” (dal luogo di decesso a quello dove sarà allestita la camera ardente) attuato da molte leggi regionali, ed, in maniera latente, presente anche nell’Art. 17 DPR 285/1990, implica una nuova filosofia funeraria, volta a comporre decorosamente il defunto, così da lasciarlo “a cassa aperta” per un lasso di tempo piuttosto lungo (almeno per la tradizione italiana) ben superiore alle canoniche 24 ore (Art. 8 DPR 285/1990).

Si apre allora la questione della tanatoprassi, in Italia, ancora vietata ex Art. 410 Codice Penale, siccome l’esposizione dei defunti “a cassa aperta” per periodi sempre più lunghi, anche dopo un trasporto intermedio, richiederà inevitabilmente, all’impresa funebre, una certa dimestichezza con le tecniche di tamponatura e sistemazione delle salme nel cofano mortuario, per evitare spiacevoli traspormazioni postmortali come rilascio di liquidi, gas maleodoranti, rigonfiamento delle parti scoperte come viso e mani, comparsa di lividi, ecchimosi, disidratazione dei tessuti…

Come, e soprattutto, quanto (in quali termini?) intervenire sulla salma, così da stabilizzarne il delicato assetto, dopo tolettatura e vestizione?

Alcuni propendono per la refrigerazione, mentre un’altra scuola di pensiero sostiene il metodo della puntura antiputrefattiva (senza ricorrere alla vera tanatoprassi, la quale contemplerebbe metodi piuttosto cruenti ed invasivi ed almeno nel nostro ordinamento giuridico, contra legem).

Quando praticare, allora, il trattamento conservativo, prima dell’incedere tumultuoso della putrefazione? Quando inizia il fenomeno percolativo (la salma si gonfia, diventa livida, rilascia liquidi e cattivi odori) la soluzione è una sola: ai sensi dell’Art. 10 DPR 285/1990 si procede con la chiusura anticipata della cassa.

In linea generale vale l’Art. 8 DPR 285/1990, secondo cui nessun corpo umano, ancorchè privo di vita, può subire azioni o manipolazioni irreversibili (eviscerazione, autopsia, cremazione, sepoltura…) prima: a) del completo decorso del periodo d’osservazione ordinariamente fissato in 24 ore, b) dell’avvenuta visita necroscopica, anche a mezzo di elettrocardiogramma protratto per non meno di 20 minuti.

Ora, una determinata corrente della dottrina ritiene la salma davvero intoccabile almeno sino a quando il medico necroscopo abbia accertato l’incontrovertibilità del decesso, secondo altri studiosi, invece, più possibilisti, se non si rilevano indizi di morte violenta o dovuta a reato (Artt. 74, 76 e 77 DPR n. 396/2000; Art. 3 DPR 285/1990, e, da ultimo, Circolare del Ministero dell’Interno n. 30 del 07/06/2007), giusto per non inquinare il materiale probatorio, al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, sono possibili tutte le cure estetiche e di igiene personale, non invasive, e, quindi, tipiche dei vivi come rasatura, vestizione, detersione del corpo, shampoo, make up…

Sono, per converso, vietate tutte le operazioni cruente come, appunto, la siringazione cavitaria o la deposizione in cella frigorifera.

Alcuni tanatoprattori, soprattutto, nei casi di decesso presso un domicilio privato, dove, ovviamente, non si possono porre in essere tecniche di conservazione piuttosto estreme, propongono di collocare una semplice piastra refrigerante sotto la schiena del defunto, senza, così, dover apporre il coperchio trasparente sulla cassa, dotato di guarnizioni stagne e dispositivo di ricircolo per l’aria raffreddata da apposito motore.

Si tratta di un espediente “border line”, per conciliare igiene e sentimenti dei dolenti; l’uso di apparecchiature refrigeranti, durante il periodo d’osservazione, se inidoneo al manifestarsi di, anche se flebili, manifestazioni di vita, al di là dell’aspetto penale, configurerebbe una violazione ex Art. 107 DPR 285/1990, il quale rinvia alla sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’Art. 358 Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265.

Recentemente, almeno due regioni, ossia Lombardia e Piemonte, dopo aver bandito la formaldeide, almeno su scala locale, hanno recepito nel proprio ordinamento locale di polizia mortuaria, un’importante novità, ossia la sostituzione della formaldeide con un prodotto dalle caratteristiche parimenti conservanti rispetto ai tessuti organici (almeno per i primi tempi), non tossico, non cancerogeno nè, tanto meno inquinante.

Secondo una certa corrente di pensiero, ben presente negli stand di TanExpo 2010 e tra gli addetti ai lavori, questa nuova iniezione di balsamo antiputrefattivo, effettuata a livello della cavità addominale, in prossimità della fossa iliaca, sulla scorta dell’Art. 32 DPR 285/1990, è, di per sè stessa, certo, efficace, almeno nell’immediato;ma non preserva il cadavere dalle sue a volte disgustose trasformazioni post mortali sopratutto a carico delle parti non coperte dai vestiti, come, appunto, mani e, soprattutto, viso.

Altri operatori, invece, ritengono la semplice siringazione cavitaria,con il nuovo prodotto dell’industria chimica, idonea a “congelare”, seppur temporaneamente, l’insorgere dei fenomeni degenerativi postmortali a carico dei tessuti molli, siccome l’iniezione nelle viscere bloccherebbe la fermentazione batterica.

 

 

 

 

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Carlo Ballotta

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2 thoughts on “Siringazione cavitaria senza formalina?

  1. Oggi la ricerca chimica fornisce un notevole contributo alla medicina legale

    I trattamenti conservativi riescono particolarmente difficili e scabrosi, soprattutto quando debbano esser effettuati a domicilio, siccome prevedono, pur sempre, tecniche invasive per drenare i liquidi perfusivi ed inserire nel comparto artero-venoso una soluzione a base di formolo o suoi diretti derivati.

    Occorre, infatti, prima aspirare tutto il sangue e stoccarlo in particolari fusti, e solo in un secondo tempo verrà immesso nell’apparato circolatorio il fluido conservante

    Bisogna poi sempre ricordare l’estrema tossicità della formaldeide: è altamente cancerogena, provoca irritazioni dermatologiche e con i suoi vapori può arrecare danni irreparabili alle mucose nasali alterando pesantemente il senso dell’olfatto

    Anche la pratica di piccole incisioni per individuare i vasi sanguigni o rimuovere eventuali ostruzioni al passaggio del balsamo, come grumi di sangue rappreso, che ristagnino nei vasi, diventa problematica, se effettuata dinnanzi allo sguardo sgomento dei dolenti.

    Ecco, allora, un’importante innovazione introdotta dalla scuola madrilena di tanatoprassi.

    Nella capitale spagnola, infatti, è molto attivo un gruppo di ricercatori universitari che, da anni, sta testando nuove sostanze capaci di arrestare i processi putrefattivi, senza gli effetti indesiderati e nocivi per la salute degli operatori funebri tipici dell’aldeide formica.

    E’ stato, dunque, messo a punto un rivoluzionario balsamo a base non di formalina, ma di perossidi ed alcoli, ad alto potere biocida.

    Per semplificare potremmo, a ragione, parlare di un potentissimo antibiotico, o, perdonate l’azzardo concettuale, di una “super” chemioterapia del post mortem.

    L’azione combinata di tali sostanze chimiche sarebbe in grado di stroncare, anche per lungo tempo, l’attività tumultuosa di quei microrganismi responsabili della degenerazione a carico di tessuti e parti molli che aggrediscono il corpo umano subito dopo la morte.

    La grande novità consiste nell’uso topico di questi prodotti, così non occorrono più aghi o sonde per incanulare vene o arterie, perché basta applicare il composto direttamente sulla pelle del defunto per ottenere un risultato apprezzabile, anche sotto l’aspetto estetico.
    Esistono, però, ancora alcuni dubbi operativi, l’efficacia dell’uso superficiale potrebbe esser pesantemente ostacolata dalla tendenza del cadavere a rilasciare tramite evaporazione gli umori acquei presenti nei tessuti più vicini all’epidermide.
    Un balsamo troppo volatile potrebbe svanire in tempi molto rapidi senza esser assorbito in quantità sufficiente dalla pelle.

    Ecco allora come per stabilizzare l’assetto chimico della salma, anche per un periodo abbastanza lungo, sia comunque necessaria una metodica iniettiva così da raggiungere, in tutta sicurezza, gli organi interni e le masse molli presenti nelle viscere., ovvero quelle zone del corpo umano dove più aggressiva è l’azione dei fenomeni putrefattivi.

  2. Il balsamo presentato a Tanexpo 2010 che tanto ha interessato gli operatori del settore nel tentativo sempre più insistente di abolire l’uso della formalina, nella soluzione in cui viene presentato :(iniezione cavitaria di 300/500 cc) ha l’obiettivo di sostituire l’iniezione di formalina nei casi previsti dal DPR 285/1990 ART 32. La salma trattata può quindi essere trasportata nei periodi di maggior caldo senza che inizi il fenomeno putrefattivo. Allo studio della Chemical un balsamo colorato parente del Biozero sulla falsariga di quanto utilizzato negli Stati Uniti da aziende gestite da Italo americani (nemo profeta in patria sigh!..), per un utilizzo che non sia limitato all’iniezione in prossimità della fossa iliaca ma nell’ambito di un trattamento di tanatoprassi completo. Stiamo facendo delle prove attraverso delle nostre collaboratrici francesi per vedere i risultati anche nei casi di colorazione verde della salma o di deturpazioni degli arti periferici e del viso.Per ora gli esiti paiono soddisfacenti. Vi terremo al corrente

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