Quante forzature e manomissioni “chirurgiche” della norma sul trasporto a “cassa aperta”, quando sarebbe stato molto più semplice eliminare quella surrettizia ed ambigua, quando non perniciosa, linea di instabile confine tra “salma” e “cadavere”!
Analogo provvedimento che consente il trasporto del “cadavere” a cassa aperta è stato adottato anche dalla Regione Toscana, ma neppure questa affronta la questione della compatibilità degli orari di apertura degli uffici comunali con l’imprevedibilità del momento del decesso, e della conseguente istanza di trasferimento da parte dei familiari, ma inserisce una diversa novella legislativa destabilizzante.
La competenza al rilascio dell’autorizzazione al definitivo trasporto del cadavere al cimitero (o all’Estero, ad esempio) viene, infatti, riversata sul Comune di destinazione, ovvero quello dove il cadavere è trasferito per le esequie (naturalmente se diverso dal Comune di decesso).
Si ottiene quest’effetto, però, con una formulazione (“Il Comune di destinazione provvede al rilascio del decreto di trasporto per il cimitero”) che ingenera alcuni dilemmi ermeneutici:
– la titolarità assegnata al Comune di destinazione serve solo se il trasferimento è avvenuto come “cadavere”, ovvero dopo l’accertamento di morte,
oppure anche se il de cuius sia stato traslato come “salma”?
– e ancora: vale solo se il cadavere è destinato al cimitero, o anche se sarà avviato al crematorio (che ex art. 343 comma 1 T.U. Leggi Sanitarie deve per forza insistere su suolo cimiteriale)?
– una domanda ultima, allora, sorge spontanea e legittima: quali la funzione e la ratio di questa distinzione tra “salma” e “cadavere”?
Bene si sono mosse, a nostro parere, le Regioni che, invece, hanno legiferato in epoca successiva. Esse, dunque, forti di quell’esperienza fondamentale (errando discitur!) delle Regioni, le quali avevano già sperimentato questa regolamentazione, non hanno studiato volutamente questo discrimen.
Esse, tuttavia, hanno pure consentito il trasferimento della persona defunta in luogo diverso da quello di decesso, su semplice richiesta dei familiari, motivati da ragioni di ordine psicologico, di opportunità o di logistica.
Così, infatti, la Regione Piemonte con il Regolamento D.P.G.R. 8 agosto 2012, n. 7/R, art. 11. Nessun riferimento a separazione alcuna tra salma e cadavere.
E ancora la Basilicata, con la propria l.r. n. 11/2016. Così pure la l.r. Veneto n. 18/2010.
Ora, è inoppugnabilmente vero: la legge regionale del Veneto prevede la cessazione del periodo di osservazione in concomitanza con l’accertamento di morte (asserzione pericolosa, la quale, peraltro, contrasta ed impinge con l’art. 74 del D.P.R. n. 396/2000, il quale menziona espressamente le canoniche 24 ore), ma, in ogni caso, la Regione Veneto, con una nota della propria Giunta regionale del 10 aprile 2017 ha tenuto a precisare quanto segue: “L’eventuale redazione del certificato necroscopico (omissis) non può essere addotto come impedimento ad un possibile trasferimento del defunto a cofano aperto entro le 24 ore, dal momento che ciò contrasterebbe con la facoltà garantita dall’art. 11 della stessa l.r. n. 18/2010″.
La Regione Friuli-Venezia Giulia, pur contemplando la separazione concettuale tra “salma” e “cadavere” così permette il trasferimento a cassa aperta nella sua l.r. n. 12/2011 come aggiornata da ultimo dalla l.r. n. 22/2017.
Entro trenta ore dal decesso, su richiesta dei familiari o di altri aventi titolo, la salma o il cadavere possono essere trasferiti al domicilio del defunto, alla struttura obitoriale o alla casa funeraria siti anche in Comune diverso, inclusi quelli delle Province confinanti con il territorio regionale, a condizione di reciprocità.
Altre Regioni hanno recepito questa distinzione nella loro normativa regionale, senza ulteriori provvedimenti chiarificatori.
È opinione diffusa, ormai, che l’intera materia funeraria necessiti di una radicale riforma, volta a ricondurre le regole fondamentali del post mortem, in un unico alveo o solco statale, sottraendole, in questo modo, alle fantasiose e cogitabonde elucubrazioni regionali.
“Parimenti è determinante che l’auspicabile Legge nazionale di settore non si abbandoni alla tentazione di assorbire passivamente dalle normative regionali, in un’improbabile reductio ad unum di innovazioni, importanti sì, ma alla prova dei fatti, mal congegnate, le quali si si sono rivelate più controproducenti che altro”. Chiudiamo, così, questo saggio con le lungimiranti parole, quasi profetiche, di Graziano Pellizzaro scolpite apertis et claris verbis, sulle pagine de “I Servizi Demografici”, n. 12/2017.