Scoperchiata un'altra pentola in ebollizione: si tratta della gestione di camere mortuarie ospedaliere laziali

Sul quotidiano La Repubblica, cronaca di Roma, del 7 febbraio 2014, è apparsa una notizia che conferma sulla necessità di por mano ad una seria legislazione dle settore funerari italiano, non condotta per mano da interessati imprenditori funebri o loro pseudo associazioni di categoria.
Al centro dell’inchiesta, di cui si sono appena chiuse le indagini, vi è la gestione delle camere mortuarie di ospedali della Regione Lazio e in particolare della capitale, gestione che doveva essere affidata, secondo le linee guida laziali, a dipendenti delle strutture ospedaliere stesse o a società di servizi.
Tutto nasce dall’interesse morboso di talune imprese funebri private di partecipare a gare per la gestione di camere mortuarie di strutture sanitarie.
Il meccanismo era tale da mettere la gestione delle camere mortuarie ospedaliere in mano a imprese funebri private, che in tal modo gestiscono di fatto i decessi ospedalieri e finiscono per assorbire l’80 per cento dei funerali con grave danno alla libera concorrenza tra imprese funebri e soprattutto ai cittadini che non riescono a scegliere liberamente e in serenità a chi affidare il proprio funerale.
Secondo il quotidiano La Repubblica ‘La storia ha inizio con l’insediamento di Renata Polverini alla guida della Regione: la governatrice infatti nel novembre del 2010 emana delle linee guida per la gestione delle camere mortuarie nelle Aziende Sanitarie stabilendo che "nel caso in cui si registri la mancanza di una struttura interna all’azienda stessa, si può indire una gara. "Le aziende sanitarie tuttavia dovranno avvalersi del divieto di partecipazione alla gara per le imprese di onoranze funebri e/o società "compartecipate" delle stesse".
E la cosa fin quì è chiara, anzi a Polverini avrebbe tentato di tener fuori dalal porta le imprese funebri.
Ma guarda caso una struttura sanitaria (il Pertini) indice una gara sulla base di tali inee guida regionali, vi è il ricorso di una ditta di pompe funebri perché il bando la escludeva e di conseguenza sulla esclusione voluta dalle lineee guida.
La impresa funebre vince il ricorso di fronte al Tar. Un atto che rende immediatamente nulle le linee guida regionali ( e da quel momento la Regione se ne disinteressa).
L’impresa funebre che ha presentato il ricorso viene chiamata da quella struttura sanitaria a gestire la camera mortuaria: in maniera irrituale, perché il bando dopo il pronunciamento del Tar avrebbe dovuto essere indetto di nuovo con la partecipazione di tutte le imprese.
Ogni successiva gara o deroga, poi, viene vinta sempre dalle stesse due ditte o da società da queste controllate.
Tra l’altro, vincere il bando al Pertini significa versare all’ospedale più di 40 mila euro al mese. Una cosa che lascia stupiti:
una struttura sanitaria che per fornire un servizio d’istituto si fa pagare 40.000 euro al mese, invece di pagarli.
C’erano titti gli elementi per sospettare qualche cosa, tant’è che poi è stata avviata una inchiesta.
Ma non è l’unica, nel frattempo a Tivoli il pm Giuseppe Mimmo ha mandato a processo per corruzione l’ex consigliere regionale del PdL e attuale sindaco di Sacrofano Tommaso Luzzi che riceveva da un impresario funebre mazzette per migliaia di euro in cambio dell’interessamento per la gestione di servizi funebri presso cliniche e strutture sanitarie, con l’obiettivo di ottenere la gestione delle camere mortuarie di Frascati.
C’è anche un’intercettazione che lo vede chiamare al telefono Luca Gramazio per chiedere rassicurazioni circa la gestione della camera mortuaria dell’ospedale di Nepi, che ha paura di perdere.
Tra sentenze del Consiglio di Stato, pareri negativi dell’Avcp (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici), linee guida decadute, la Regione Lazio non ci fa proprio una bella figura!

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