Riconosciuta per alcuni imputati il fatto di mafia per il processo a Foggia sul racket del caro estinto

Oggi è un giorno che verrà ricordato a lungo nell’imprenditoria funebre italiana. Vi è stata la equivalenza in uno specifico fatto per racket del caro estinto accaduto a Foggia nel 2007 e fatti di mafia. Quindi non semplice estorsione, corruzione, concussione, ma mafia!

A dirlo è il processo cosiddetto “Osiride terminato in questi giorni al Tribunale di Foggia, per fatti accaduti nel 2006 e 2007, conseguente ad arresti del maggio del 2007. Meglio di ogni altra considerazione può chiarire i fatti la ricostruzione che si legge sulle colonne del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno di oggi, in un articolodal titolo “Foggia, racket funerali:
11 condanne, tra infermieri e autisti di ambulanze”, che si riporta di seguito:

FOGGIA – I boss Roberto Sinesi e Federico Trisciuoglio nel 2006/2007 misero da parte i vecchi rancori per gestire insieme il ricco affare del caro estinto, imponendo una tangente di 500 euro alle imprese di pompe funebri per ogni funerale celebrato in città: inflitti 11 anni e 4 mesi a Sinesi detenuto nel carcere di Viterbo; 9 anni e 7 mesi per Trisciuoglio ai domiciliari per motivi di salute.

E’ quanto dice la sentenza del processo di primo grado «Osiride», conclusosi con 9 assoluzioni e 11 condanne per complessivi 44 anni e 3 mesi di reclusione.

In attesa di giudizio c’erano 20 foggiani tra becchini, medici, guardie giurate, dipendenti degli ospedali riuniti e del cimitero, autisti di ambulanze accusati a vario titolo di mafia, estorsioni e tentativi di estorsione, corruzioni, falso, minacce e inosservanza alla sorveglianza speciale. Il pm della Dda Francesco Cavone nell’udienza del 27 ottobre scorso chiese 2 assoluzioni e 18 condanne per complessivi 108 anni e 4 mesi di carcere.

«Sì, è mafia» Il racket del caro estinto – hanno detto alle 13.45 dopo due ore di camera di consiglio i giudici della prima sezione penale del Tribunale di Foggia – è un clan mafioso, reato per il quale sono stati condannati 3 dei 5 imputati cui era contestata questa accusa: il becchino Sinesi, il garagista Trisciuoglio e l’altro becchino Savino Buononato che si è visto infliggere complessivamente 8 anni e 8 mesi. Assoluzione da mafia ed estorsione per altri due imprenditori del settore onoranze funebri: Elio Loberto e Antonio Pepe, per i quali il pm chiedeva 10 anni di reclusione.
Il filone corruzione I giudici foggiani (presidente Antonio De Luce, a latere Carme Corvino e Elisabetta Tizzani) hanno in parte fatto propria l’impostazione accusatoria anche sul secondo filone dell’inchiesta «Osiride», quello della presunta corruzione di dipendenti ospedalieri e autisti di ambulanze: 8 le condanne inflitte (con 7 assoluzioni) per corruzione, ciascuna a 1 anno e 10 mesi, con l’esclusione dell’aggravante mafiosa. I presunti corrotti in cambio di modeste regalie avrebbero segnalato a soci dell’impresa di pompe funebri «Angeli», di cui faceva parte anche il boss Sinesi, il decesso di pazienti per favorire i becchini che potevano presentarsi subito dai familiari dei defunti e offrirsi per celebrare i funerali.
Ex nemici, poi soci L’inchiesta «Osiride» di squadra mobile foggiana e Dda partì nella primavera del 2006, dopo le scarcerazioni dei becchini Roberto Sinesi e Raffaele Tolonese (quest’ultimo condannato a 8 anni, 5 mesi e 20 giorni per mafia ed estorsione nel processo abbreviato). Secondo la tesi accusatoria i capi-clan Sinesi e Trisciuoglio (quest’ultimo attraverso il suo uomo di fiducia Tolonese) avrebbero superato i vecchi rancori che avevano visto i loro clan protagonisti della sanguinosa guerra di mafia del 2002/2003, accordandosi per gestire il ricco affare dei funerali e spartendosi il mercato.
La spartizione Tutte le imprese di pompe funebri, estranee al presunto «cartello» mafioso di cui facevano parte quattro agenzie foggiane, dovevano versare – dice l’accusa – un pizzo di 500 euro per ogni funerale celebrato in città. Un imprenditore ha raccontato in aula d’aver dovuto pagare oltre 50mila euro di pizzo in sei mesi di attività, con il clan che teneva aggiornato il conto dei funerali celebrati. In questa spartizione del mercato, inoltre, alcuni soci degli «Angeli» – la cooperativa dov’era stato assunto il becchino Sinesi dopo la sua scarcerazione nel marzo 2006 – si sarebbero accaparrati il monopolio dei funerali di pazienti deceduti in ospedale, grazie ad una fitta rete di complicità.
Arresti e processi Il blitz della squadra mobile scattò il 16 maggio del 2007 con l’arresto di 10 persone. La Dda al termine delle indagini chiese il rinvio a giudizio di 38 imputati: 12 becchini; 2 medici; 6 guardie giurate in servizio agli ospedali riuniti; 5 tra dipendenti e infermieri dei Riuniti e dell’ospedale «Don Uva»; 7 autisti di ambulanze; 3 dipendenti comunali in servizio al cimitero; ed alcuni privati. Il processo ai 38 imputati (la Dda contestava la mafia a 13 imputati; 5 tentativi di estorsione; 7 estorsioni; 2 falsi; 11 corruzioni; 2 peculati, oltre a minacce, favoreggiamento e inosservanza alla sorveglianza speciale) si era sdoppiato nel maggio 2008 durante l’udienza preliminare. In 20 furono rinviati a giudizio per essere processati a Foggia e ieri si è arrivati alla sentenza di primo grado con 11 condanne e 9 assoluzioni; altri 18 scelsero il rito abbreviato ed al termine dei processi di primo e secondo grado in 13 sono stati condannati e 5 assolti.

Fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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